LIMITAZIONE DEL DIRITTO ALLA DETRAZIONE IN IPOTESI DI ABUSO DEL DIRITTO.
3.1.6. La posizione dell’Amministrazione finanziaria italiana.
Con la sentenza Part Service è stato chiarito che la posposizione della “valida ragione economica” rispetto al primo elemento di valutazione, cioè, l’illiceità del risultato ottenuto, tale valutata rispetto alla norma tributaria, richiede un’inversione del criterio valutativo dell’elusione: essa diviene perseguibile, ai fini fiscali, non solo e non tanto per la sua costruzione (civilistica e, se del caso, simulata), né per la sua causa, riferita alle “valide ragioni economiche” (anch’essa valutata in senso civilistico, come giustificazione dell’operazione e dei contratti ad essa collegati), ma,
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semplicemente, in quanto agli effetti che produce e, nello specifico, all’infrazione di una norma che non possa essere elusa171.
In tema di elusione, si è espressa anche l’Amministrazione finanziaria, che ha emanato due circolari sul punto172, entrambe successive alla pronuncia Halifax.
La prima delle istruzioni in rassegna annota (giustamente, sotto il profilo teorico) che “l’accertata esistenza da parte dei giudici comunitari di una clausola
generale antiabuso immanente nel sistema della sesta direttiva, che consente di perseguire determinati comportamenti dei contribuenti nell’ambito della realizzazione di un obiettivo di carattere generale dato dalla lotta alle frodi e agli abusi, fa sì che la stessa integri il contenuto della direttiva medesima e risulti, quindi, anch’essa direttamente applicabile negli ordinamenti nazionali”.
La predetta circolare prosegue affermando che “alla luce delle considerazioni
sino ad ora esposte, (…) gli uffici possano (e debbano) tener conto, in sede di controllo, dei principi enunciati in via generale dalla Corte di giustizia, in tema di abuso del diritto, facendone applicazione in tutti i casi in cui possono configurarsi i presupposti prima richiamati”.
A titolo meramente esemplificativo, oltre al caso di interposizione
soggettiva specificatamente esaminato dalla Corte di Giustizia nella sentenza
Halifax, l’Agenzia delle Entrate elenca alcune ulteriori possibili fattispecie di abuso, quali:
a) Fatturazione anticipata
La fatturazione anticipata (rispetto agli eventi in presenza dei quali l’operazione si considera effettuata), ove non supportata da valide ragioni economiche da parte di contribuenti soggetti ad un regime di detraibilità limitata, potrebbe comportare un vantaggio fiscale a favore di questi ultimi in termini di maggior detrazione con riferimento al pro rata di detraibilità del periodo; ciò ovviamente nei casi in cui lo strumento della rettifica alla detrazione non possa essere utilizzato per correggere questo effetto;
b) Variazioni in diminuzione
171 Cfr. CENTORE, L’abuso di diritto nella giurisprudenza comunitaria, in Corr. trib., 14/2012, p. 1025.
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La variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 633 del 1972, rileva nel sistema come mera facoltà del contribuente, posto che la stessa ove anche non realizzata, non produce di norma effetti distorsivi. Tuttavia, con riguardo ad operazioni di cessione effettuate – ad esempio - in regime speciale, possono emergere profili di elusività soprattutto quando l’operazione avviene tra soggetti collegati in base all’appartenenza al medesimo gruppo. Avendo presente che il cedente emette fattura con l’aliquota propria del bene ceduto, ma opera la detrazione in maniera forfetaria, con ciò realizzandosi un vantaggio economico che la legge riconosce solo al soggetto che opera nell’ambito del predetto regime speciale, si osserva che in caso di eventi che darebbero luogo ad una variazione in diminuzione, può configurarsi un abuso delle norme disciplinanti il regime speciale qualora si ometta di effettuare detta variazione, con la conseguenza che di fatto parte del vantaggio economico attribuito dal sistema all’operatore in regime speciale transita verso il cliente di quest’ultimo;
c) Fenomeni di abuso nella prassi commerciale
Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento CE n. 1777/2005, recante norme di applicazione della Sesta Direttiva IVA (ora Direttiva 112/2006) “allorché un
fornitore dei beni o un prestatore di servizi esige che per l’accettazione del pagamento mediante carta di credito o di debito il cliente paghi un importo a lui stesso o ad un’altra impresa e allorché il prezzo complessivo che tale cliente deve pagare resta invariato a prescindere dalla modalità di pagamento, tale importo è parte integrante della base imponibile per la cessione di beni o la prestazione di servizi, a norma dell’articolo 11 della direttiva 77/388/CEE.”
La ratio della disposizione comunitaria è volta a contrastare possibili fenomeni elusivi sottesi ad alcune pratiche invalse in campo commerciale, che tendono a ridurre, ma solo fittiziamente, la base imponibile dell’IVA.
Ogniqualvolta, si accerti - sulla base di adeguati e rigorosi riscontri – una prassi commerciale ispirata alla finalità che il richiamato Regolamento comunitario intende contrastare, sarà possibile invocare, oltre che la norma regolamentare richiamata (in quanto direttamente applicabile), anche il più generale principio dell’abuso del diritto contenuto nella sentenza Halifax.
Da quanto sopra illustrato, sembrerebbe quasi che l’abuso del diritto sconfini nella condotta illecita, pur rimanendo diverso ontologicamente dalla frode.
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La definizione dell’abuso di diritto e, con essa, l’individuazione del confine rispetto alla frode sono magistralmente individuate nelle Conclusioni rese dall’Avvocato generale nel caso Axel Kittel173 ove, nel riassumere i precedenti giurisprudenziali sul tema174, si precisa che “per delineare la nozione di abuso del
diritto in rapporto all’Iva (…) è indispensabile che la libertà dispositiva del soggetto passivo venga esercitata rispettando i vantaggi del suo regime giuridico. In altre parole, occorre rispettare la volontà del legislatore, ciò che non avviene allorché, dietro l’apparente osservanza delle prescrizioni della norma, si cerca e si ottiene un risultato opposto alle previsioni di quest’ultima”.
Secondo le indicazioni della Corte dei Conti europea, refluiscono nella frode comunitaria le situazioni in cui “un “operatore scorretto” (…) cui è stato attribuito
un numero di identificazione Iva, (…) con intenzioni potenzialmente fraudolente si porta o simula di portarsi acquirente di beni o servizi senza pagare l’Iva, e che fornisce questi beni o servizi fatturando l’Iva, senza tuttavia corrisponderla alle autorità nazionali interessate. I clienti dell’”operatore scorretto” possono agire in buona fede oppure essere anch’essi implicati nella frode. I clienti possono richiedere al fisco il rimborso dell’Iva che hanno pagato all’”operatore scorretto””175.
Nei suoi termini essenziali, i contorni della frode sono delineati nell’operazione artatamente posta in essere allo scopo di ottenere un indebito vantaggio, come, ad esempio, nel caso delle frodi derivanti da operazioni inesistenti, in particolare, di tipo oggettivo, cioè, nel caso in cui l’operazione sia semplicemente cartolare. Diverso, in senso strutturale, è l’abuso di diritto, il cui limite viene identificato nella libertà riconosciuta alle parti di costruire l’operazione nel modo più vantaggioso possibile, purché il risultato non sia contraria agli obiettivi perseguiti dalla normativa applicata.
173 Cfr. Conclusioni dell’Avvocato Generale Dàmaso Ruiz-Jarabo Colomer, presentate il 14 marzo 2006 nella causa Axel Kittel (sent. 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, in GT - Riv. giur. trib.n. 10/2006, pag. 837, con commento di CENTORE, L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria in tema di frodi IVA, e in Rass. trib. n. 1/2008, pag. 235, con commento di CARDILLO, Tutela della buona fede e dell’affidamento del soggetto passivo nelle frodi Iva mediante operazioni “carosello”.
174 Cfr. Corte di Giustizia, 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen, in GT - Riv. giur. trib. n. 4/2006, pag. 377, con commento di SIRRI e ZAVATTA, La responsabilità degli operatori coinvolti nelle frodi IVA.
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Sicché, volendo riassumere l’atteggiamento di controllo dell’operazione “sospetta” deve, innanzi tutto, essere teso alla verifica della presenza della frode, con la conseguenza di dichiarare non ammissibile la detrazione, con i limiti di buona fede e cooperazione individuati dalla Corte di Giustizia nel caso Teleos176, che saranno meglio esaminati nei prossimi capitoli. Successivamente, occorre valutare la sussistenza di un elemento elusivo posto in essere dalle parti per giungere ad un risultato, attraverso un percorso diverso da quello, si può dire, normale ed ordinario.
In presenza di tale atteggiamento, la ricerca non è terminata ma, come insegna la Corte di Giustizia (e come riconosce la stessa Amministrazione finanziaria nella circolare retro richiamata)177 occorre valutare se il diverso percorso utilizzato rechi ad un risultato lecito o illecito. In questo secondo caso, l’abuso è illecito, cioè, contrario alle disposizioni delle norme comunitarie, con la conseguenza che l’operazione dovrà essere rimossa in quanto ai suoi effetti (sul punto sarà bene ritornare in prosieguo).
Diversamente, se il risultato è ammesso, l’operazione, ancorché simulata, deve essere riconosciuta come valida, in quanto agli effetti che produce178.
3.1.7. La giurisprudenza successiva della Corte di giustizia e i limiti posti