• Non ci sono risultati.

Il peculiare significato che il principio di neutralità assume in ambito IVA: il divieto di una doppia imposizione e la neutralità dell’imposta per

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 48-54)

DEL PRINCIPIO DI NEUTRALITÀ DELL’IMPOSTA

3.2 Il peculiare significato che il principio di neutralità assume in ambito IVA: il divieto di una doppia imposizione e la neutralità dell’imposta per

soggetti economici in un’ottica di parità di trattamento.

Come già visto nel paragrafo precedente, il principio di neutralità fiscale dell’imposta sul valore aggiunto è stato affermato dalla Corte di giustizia, dapprima con riguardo agli scambi che interessano gli ordinamenti di due Stati membri, in

49

un’ottica che possiamo definire interstatale99 e successivamente con riguardo agli scambi che interessano l’ordinamento di un solo Stato membro100.

Segnatamente, il primo caso in cui la Corte di giustizia si è occupata della neutralità fiscale in un contesto interstatale è stato il caso Schul, riguardante l’Iva all’importazione di un bene ceduto da un soggetto privato.

Un residente francese aveva ceduto un bene che aveva acquistato nuovo quale consumatore finale, ad un residente olandese. La Sesta Direttiva prevedeva quale autonomo presupposto di imposta l’importazione: l’acquirente olandese al momento dell’importazione aveva, quindi, dovuto corrispondere l’Iva. A fronte dell’imposta versata dall’acquirente olandese non vi era stato alcun rimborso d’imposta al cedente francese, non essendo questi un soggetto Iva per quanto riguardava l’operazione. Il prezzo del bene ceduto comprendeva, quindi, una parte del tributo pagato dal francese al momento dell’acquisto e anche su di esso era stata pagata l’Iva dall’olandese al momento dell’importazione. Si verificava, pertanto, nel caso di specie una doppia imposizione che non si sarebbe verificata, se la compravendita fosse stata effettuata tra due soggetti appartenenti al medesimo contesto statale, poiché in tale caso la cessione non sarebbe rientrata nel campo di applicazione dell’imposta.

L’applicazione dell’imposta non rendeva, quindi, neutrale sotto il profilo fiscale l’acquisto del bene nei due Stati membri della Comunità ed il sistema d’imposta non raggiungeva lo scopo per cui era stato introdotto: rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione delle merci. La neutralità fiscale nel caso in esame riguardava la parità di trattamento fiscale e le Corte decise di risolvere la questione sulla base del principio di non discriminazione101.

99 Cfr. ex multis, Corte di giustizia, sentenza 5 maggio 1982, C-151/81, Schul; Corte di giustizia, sentneza 21 maggio 1985, C-47/84, Schul II; Corte di giustizia, sentenza 26 febbraio 1991, C-119/89, Commissione v. Repubblica italiana.

100 Cfr. Corte di giustizia, sentenza 27 giugno 1989, C-50/88, Kuhne; Corte di giustizia, sentenza 25 maggio 1993, C-193/91, Mohsche.

101 ADONNINO, Il principio di non discriminazione nei rapporti tributari tra Paesi membri secondo le norme CEE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle comunità, in Riv. Dir. Fin., 1993, I, p. 69, rileva come in tale caso si verifica «una incompatibilità relativa, solamente nella misura in cui la percezione del tributo all’importazione causi effettivamente una doppia imposizione».

50

Successivamente la Corte affermò, sempre in relazione agli scambi internazionali, che il principio di neutralità fiscale comporta il divieto di una doppia imposizione102.

Il principio di neutralità fiscale non rimase nella giurisprudenza della Corte di giustizia circoscritto agli scambi tra diversi Stati membri103, ma fu affermato con altrettanta costante giurisprudenza, dapprima, in relazione agli scambi in uno stesso Stato membro e poi quale generale principio informatore del sistema comune d’imposta, determinando il passaggio da un principio di neutralità fiscale che aveva quale precipua espressione il principio di parità di trattamento, ad un principio di neutralità fiscale che aveva anche la funzione di assicurare la neutralità impositiva nei passaggi intermedi il consumo finale.

In questa accezione, la neutralità dell’imposta consiste nel fatto che il carico fiscale subito dal consumatore finale è esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi consumati, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione antecedente alla fase dell’imposizione.

La neutralità fiscale rappresenta un principio generale di diritto comunitario, come affermato dalla Corte di giustizia nel caso Marks & Spencer, ove è stata considerata quale enunciazione del principio di parità di trattamento, e può anche essere considerata “a rovescio”, in quanto, postulando l’applicazione dell’imposta sul consumo finale dei beni e servizi nei casi previsti dalla direttiva, presuppone la non applicazione del tributo nei soli casi previsti dalla direttiva, al fine di non violare i predetti principi104.

L’obiettivo della neutralità è assicurato, come più volte ripetuto, proprio dalla presenza, nel meccanismo di funzionamento del tributo, dell'istituto della detrazione,

102 La Corte di giustizia, sentenza 25 febbraio 1988, causa 299/86, Drexl, affermò, infatti, che secondo la sua costante giurisprudenza «l’applicazione dell’Iva all’importazione non può avere per conseguenza che un prodotto di importazione sia soggetto ad una doppia imposizione perché ciò è in contrasto con l’art. 95 del Trattato». La dottrina, alla luce di quanto sopra affermato, ha ritenuto che la Corte abbia voluto formulare un principio generale di divieto di doppia imposizione in ambito Iva. Cfr. FILIPPI, Mancata esecuzione da parte della Repubblica italiana di una sentenza della Corte di Giustizia che accerta un inadempimento e riflessioni sul principio di non discriminazione, in Dir. Prat. Trib., 1993, II, p. 435 ess. In tal senso anche PORCELLI, Ancora sulla doppia imposizione Iva all’importazione, in Dir. Prat. Trib., 1992, II, p. 561.

103 Sul punto si veda, FILIPPI, L’imposta sul valore aggiunto nei rapporti internazionali, in Corso di diritto tributario internazionale, Padova, 1999, p. 157 e ss.

104 F. SCHULYOK, The ECJ's Intepretation of VAT Exemptions, in International Vat Monitor, vol. 21 n. 4-2010, p. 270.

51

per effetto del quale l’incidenza dell’onere fiscale non subisce alcuna variazione qualunque sia il numero dei passaggi che un bene (o un servizio) subisce nel ciclo produttivo e distributivo fino a giungere al consumatore finale, il quale, non potendo fruire dell'istituto, sarà costretto a subire l’imposizione105.

Il tributo, conseguentemente, non incide (di norma) sull’operatore economico, risultando una mera “partita di giro”, salvo divenire un effettivo elemento di costo quando il destinatario della prestazione, anche se operatore economico, agisce in veste di consumatore finale106, ovvero gravare anche sull’attività economica nelle ipotesi in cui sussistano limitazioni alla detrazione per il soggetto passivo del tributo.

Ne deriva, pertanto, che la neutralità dell’imposta si realizza in virtù del frazionamento del tributo, il quale, seppur dovuto per ogni fase del ciclo, è successivamente oggetto di un diritto di credito, con conseguente imposizione finale unica sul prezzo del prodotto al consumo, in misura predeterminata esattamente corrispondente all’aliquota prevista per i diversi beni e servizi.

In dottrina si è sostenuto che un sistema tributario è neutrale quando non turba le libere scelte dei singoli contribuenti nell’economia di mercato, ovvero limita i suoi effetti in termini di scelte dei singoli rispetto all’ipotesi di assenza di imposte; si evidenziava altresì la neutralità strumentale dell’imposta, nel senso che la fiscalità deve essere orientata in modo da non modificare i rapporti che, in sua assenza, esisterebbero tra i prezzi.

Sotto tali profili, l’imposta sul valore aggiunto presenta un elevato grado di neutralità, con riferimento a consumatori, imprese, settore produttivo ovvero impiego di fattori della produzione. In particolare, nei confronti dei consumatori l’imposta risulta neutrale in quanto grava su tutti i beni proporzionalmente al loro valore e, almeno tendenzialmente, ne eleva proporzionalmente il prezzo riducendo così al minimo l’influenza del fattore fiscale sulle scelte dei consumatori stessi; inoltre, sotto il profilo della struttura delle singole imprese, la neutralità dell’Iva si manifesta nell’uniforme incidenza sui prodotti di uguale valore, a qualsiasi stadio del processo di produzione o di distribuzione, con la conseguente non influenza del fattore fiscale

105 Sul tema, cfr., anche, GIONTELLA, La maggiorazione della detrazione dell'Iva, in Rass. Trib., 1989, I, p. 87 e ss.

106 LUPI, Le imposte sui redditi, sul valore aggiunto e sui trasferimenti, Milano, 1991, p. 266, il quale sottolinea che per “consumatore finale” si intende chi acquista al di fuori dell'attività imprenditoriale, artistica o professionale.

52

determinato dall’imposta sul valore aggiunto sulle scelte economiche degli operatori; con ciò differenziandosi da quanto accadeva con riferimento ad altre imposte sulla cifra d’affari, che inducevano all’integrazione verticale delle imprese.

Infine, la neutralità si manifesta anche in ordine alla combinazione dei fattori della produzione, in relazione ai quali l’imposta non discrimina il lavoro a vantaggio o a svantaggio del capitale, risultando neutrale anche da tale angolazione, non alterando i rispettivi costi dei fattori produttivi e non incidendo, dunque, sui rapporti di produttività marginale ponderata. Molti pregi riconosciuti generalmente all’Iva, possono ritenersi riconducibili alla neutralità, quali ad esempio lo stimolo al progresso tecnico derivante dall’incoraggiamento degli investimenti, a differenza di altri tipi di imposizione che, al contrario, attraverso la doppia tassazione di alcuni fattori produttivi, disincentivavano gli investimenti.

Il principio di neutralità impositiva, pur imponendo, come visto sopra, che l’imposta sia applicata soltanto sul valore netto delle merci o dei servizi in ciascuna fase della produzione o della distribuzione e pur essendo un principio fondamentale del sistema d’imposta, non è tuttavia, un principio assoluto, in quanto nell’attuale fase di applicazione dell’imposta l’armonizzazione non è completa107.

Si può comunque affermare con certezza che il sistema d’imposta tende ad una neutralità impositiva; la tendenziale neutralità impositiva come divieto di doppia imposizione è dimostrata dalla esenzione dall’imposta, prevista dall’art. 13, parte B, lett. c), della Sesta Direttiva per le cessioni di beni che non hanno dato luogo a detrazione: tale norma mira proprio ad evitare una doppia imposizione contraria al principio di neutralità del tributo108.

Il principio di neutralità impositiva non significa, peraltro, soltanto divieto di doppia imposizione, ma anche parità di trattamento fiscale tra i diversi soggetti d’imposta109.

Il principio di neutralità impositiva vieta, infatti, che il meccanismo di funzionamento dell’imposta possa provocare oneri, di natura tributaria o finanziaria,

107 Corte di giustizia, sentenza 5 dicembre 1989, C-165/88, ORO Amsterdam Beheer BV e Concerto BV.

108 Il principio di neutralità fiscale dell’imposta sul valore aggiunto e quindi il divieto di doppia imposizione in ambito Iva era già stato affermato dalla Corte di giustizia nelle cause Kuhne e Mohsche, cit.

53

negli scambi precedenti il consumo finale e, in tal senso, esso implica per sua stessa natura il divieto di doppia imposizione, inteso come divieto di una imposizione in misura diversa da quella derivante dall’applicazione del tipico meccanismo di funzionamento dell’imposta.

Dall’altra parte, occorre precisare altresì che il meccanismo di funzionamento dell’imposta non deve essere applicato, neanche, in modo tale da permettere un salto d’imposta, ossia in modo da permettere che beni e servizi giungano al consumo finale senza l’applicazione dell’imposta al di fuori dei casi tassativamente previsti dalla Sesta Direttiva: la non applicazione dell’imposta, infatti, viola il principio della neutralità fiscale sia sotto il profilo della neutralità impositiva sia sotto il profilo della parità di trattamento110.

Il principio di neutralità fiscale vieta, infatti, che i soggetti passivi subiscano un trattamento impositivo differenziato, se effettuano le stesse operazioni non soltanto in riferimento ad un ambito interstatale ma anche in ambito interno111.

Tirando le fila di quanto fin qui esaminato, possiamo affermare che il principio di neutralità fiscale impone che i beni e le prestazioni di servizi di uno stesso tipo, essendo in concorrenza gli uni con gli altri, ricevano lo stesso trattamento sotto il profilo dell’Iva, con la conseguenza che tali operazioni debbano essere assoggettate ad un’imposizione uniforme112 o debbono godere della stessa esenzione113.

Il principio di neutralità impositiva e il principio di parità di trattamento fiscale presuppongono, tuttavia, da un lato che l’imposta abbia il più vasto ambito di applicazione possibile in relazione alla cessione di beni ed alle prestazioni di servizi e dall’altro che l’imposta sia detraibile nella stessa identica misura per i soggetti che esercitano una medesima attività economica.

110 GIORGI, Detrazione e soggettività passiva, cit, p. 6 e ss.

111 Corte di giustizia, sentenza 6 novembre 2003, C-45/01, Dornier; Corte di giustizia, sentenza 10 settembre 2002, C-141/00, Kugler.

112 Corte di giustizia, sentenza 3 maggio 2001, C-481/98, Commissione v. Repubblica francese. 113 GALLO, Profili di una teoria dell’imposta sul valore aggiunto, Roma, 1974, p. 13 e ss.

54

3.3 Le limitazioni del diritto alla detrazione consentite dalla Direttiva

Nel documento Il diritto alla detrazione e le frodi Iva (pagine 48-54)

Outline

Documenti correlati