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6.5 Ciò che influisce sull'uomo (43, 1-45, 52)

Collera e desiderio hanno dunque origine nel corpo, o meglio nel corpo così animato dalla natura, la parte inferiore dell'anima del mondo; ed è la facoltà vegetativa che presiede a queste funzioni. Queste considerazioni spiegano come tutti gli esseri siano legati insieme proprio in quanto partecipano di quest'anima.

Queste considerazioni spingono a domandarsi quale sia il ruolo e il potere dell'uomo in relazione agli influssi che provengono dal tutto e agli stessi incantesimi e forze magiche che talvolta interagiscono con gli eventi naturali.

Una risposta a tali questioni è fornita nella parte finale del nostro scritto. L'uomo per la parte più alta della sua anima è insensibile alle magie (ἀπαθὴς, 43, 2), per la sua ragione è libero dai condizionamenti (43, 2-3); invece per quella parte più bassa, per quell'anima che condivide con l'universo e che è ἄλογον (43, 4) è esposto al patire:

«Tutto ciò che è rivolto ad altro, infatti, subisce l'incantesimo dell'altro; questo a cui è rivolto lo incanta e lo attira; solo ciò che è rivolto verso se stesso, dunque, è libero da incantamenti. Per questa ragione, inoltre, ogni azione è soggetta ad incantesimi, e tale è tutta la vita dell'uomo pratico: egli è mosso infatti verso ciò che lo affascina».

«πᾶν γὰρ τὸ πρὸς ἄλλο γοητεύεται ὑπ' ἄλλου· πρὸς ὃ γάρ ἐστιν, ἐκεῖνο γοητεύει καὶ ἄγει αὐτό· μόνον δὲ τὸ πρὸς αὐτὸ ἀγοήτευτον. διὸ καὶ πᾶσα πρᾶξις γεγοήτευται καὶ πᾶς ὁ τοῦ πρακτικοῦ βίος· κινεῖται γὰρ πρὸς ταῦτα ἃ θέλγει αὐτόν» (43, 16-20).

Osserviamo nel nostro passo una nuova occorrenza del nostro termine:

i. alla l. 43, 19 il verbo κινέω è riferito alla vita dell'uomo d'azione, mossa verso altro, verso ciò che lo incanta, πρακτικοῦ βίος· κινεῖται γὰρ πρὸς ταῦτα ἃ

θέλγει αὐτόν;

Questo passo mette in aperto contrasto la figura dell'uomo saggio rispetto a quella dell'uomo pratico: quest'ultimo si muove verso ciò che lo attrae, ed è quindi passibile d'incantamento; ciò dipende dal fatto che tutto ciò che rientra nella sfera della πρᾶξις non è per sé, ma diretto ad altro, esponendosi così a quel sistema simpatetico di influssi, dell'agire e del patire, che lega insieme tutte le cose; in questo senso, ciò da cui cui l'uomo pratico è mosso e trascinato non sono realmente fatture e artifizi magici, bensì quello stesso legame che la sua natura intrattiene con tutte le altre cose. È solo quando ci rivolgiamo a noi stessi che siamo realmente liberi da incantamenti: l'uomo saggio si oppone agli influssi facendo appello alla parte più alta della sua anima, nel rivolgimento e nella contemplazione di sé (44, 1): e poiché ciò che è contemplato non è diverso da colui che contempla, l'uomo saggio realizza la propria vita e la propria azione perché la sua ragione non è soggetta a fallimento. L'uomo pratico invece non realizza la sua natura: non è più la ragione a determinare

l'impulso, bensì quelle passioni che derivano dalla parte concupiscibile e irascibile dell'anima:

«La cura dei figli e la preoccupazione per il matrimonio esercitano un'attrazione evidente, e così tutto ciò che alletta gli uomini riuscendo dolce ai loro desideri. Quanto alle azioni, quelle provocate dall'impeto hanno carattere irrazionale, e così quelle originate dai desideri, inoltre le azioni politiche e la brama delle cariche hanno come causa l'azione del potere che è in noi».

«τέκνων μὲν γὰρ ἐπιμέλειαι καὶ πρὸς γάμον σπουδαὶ φανερὰν τὴν ὁλκὴν ἔχουσιν, ὅσα τε ἀνθρώπους δελεάζει ἡδέα γινόμενα ταῖς ἐπιθυμίαις. πράξεις δὲ αἱ μὲν διὰ θυμὸν ἀλόγως κινοῦνται, αἱ δὲ δι' ἐπιθυμίας ὡσαύτως, πολιτεῖαι δὲ καὶ ἀρχῶν ὀρέξεις τὸ φίλαρχον τὸ ἐν ἡμῖν ἔχουσι προκαλούμενον» (44, 6-12).

i. Alla l. 44, 9-10 il verbo κινέω è impiegato per indicare la causa efficiente delle nostre azioni: alcune sono mosse dal θυμός e possono essere classificate come irrazionali, altre invece sono mosse dal desiderio, πράξεις δὲ αἱ μὲν διὰ θυμὸν

ἀλόγως κινοῦνται, αἱ δὲ δι' ἐπιθυμίας ὡσαύτως.

Il nostro termine designa l'origine di alcune azioni, la cui radice è la parte irrazionale dell'anima; altre azioni seguono i bisogni naturali che rispondono all'accrescimento e alla conservazione della vita; tutte quelle azioni che riguardano solo un'immagine del vero sono suscettibili di forze attrattive, dei sortilegi della magia e della natura (44, 25-30). Le azioni belle sono invece quelle libere da ogni magia.

Ciascun essere col suo agire e il suo patire, con la sua natura e le sue disposizioni (45, 3) contribuisce al fine del tutto. Come ogni parte del singolo animale coadiuva l'organismo nel suo intero, secondo il ruolo e la funzione che le compete, così ogni parte dell'universo agisce sulle altre e a sua volta patisce, in base a ciò di cui è capace la sua natura ricettiva. Si produce in questo modo una sorta di sentire comune del tutto (οἷον συναίσθησις παντὸς

πρὸς πᾶν, 45, 8); questo sentire comune è la marca dell'unità di quest'universo, dove tutto

ha un ordine e si compie secondo giustizia293: perfino lo stolto è condotto

inconsapevolmente alla sua destinazione, mentre il saggio si reca nel posto dovuto prima ancora di mettersi in viaggio.

«in un piccolo essere vivente piccoli sono i cambiamenti delle parti e le forme di coscienza, e in esso le parti non possono esistere come esseri viventi, se non, forse, in certi animali e per poco tempo. Ma in quello in cui le distanze sono così grandi, in cui inoltre ogni parte ha libertà di movimento e gli esseri viventi sono molteplici, i movimenti e gli spostamenti devono essere più grandi».

293 Un ordine, ricordiamolo, in cui vi è spazio per l'azione individuale, per il caso e la necessità, cfr. III, 1

«ἐν μὲν γὰρ ὀλίγῳ ζῴῳ σμικραὶ τῶν μερῶν αἱ μεταβολαὶ καὶ συναισθήσεις καὶ οὐκ ἔστιν ἐν αὐτῷ τὰ μέρη ζῷα εἶναι, εἰ μή που ἐπὶ βραχὺ ἔν τισιν· ἐν δὲ τῷ ἐν ᾧ διαστάσεις τε τοσαῦται καὶ ἕκαστον τῶν ἐν αὐτῷ χάλασιν ἔχει καὶ ζῷά ἐστι πολλά, τὰς κινήσεις δεῖ καὶ τὰς μεταστάσεις μείζους εἶναι. ὁρῶμεν δὲ καὶ ἥλιον καὶ σελήνην καὶ τὰ ἄλλα ἄστρα ἐν τάξει μετατιθέμενα καὶ μετακινούμενα» (45, 33-39).

In questo passo troviamo due nuove occorrenze del nostro termine:

i. nel primo caso il riferimento è ai movimenti e ai cambiamenti per così dire, di grande portata che si manifestano in questo universo ricco di forme di vita varie e molteplici, κινήσεις δεῖ καὶ τὰς μεταστάσεις μείζους εἶναι (45, 38-39);

ii. alla l. 45, 39 troviamo un muovo impiego del verbo μετακινέω, impiegato insieme al verbo μετατίθημι per indicare la traslazione del sole, della luna e degli astri, secondo un certo ordine, ἥλιον καὶ σελήνην καὶ τὰ ἄλλα ἄστρα ἐν

τάξει μετατιθέμενα καὶ μετακινούμενα (45, 39).

Un certo cambiamento va poi assegnato anche alle anime, perché queste non mantengono sempre il medesimo carattere, e ognuna in base a quanto ha subito e ha fatto si reca nel luogo che le spetta secondo l'armonia del tutto.