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2.1 Contro il movimento incausato: prospetto del problema (1, 1 2, 17)

Il primo passo che affronteremo introduce a un ampia sezione polemica dello scritto (1- 8), volta a chiamare in causa e a discutere diversi approcci e teorie in riferimento al tema dominante della trattazione, quello della causalità. Cerchiamo di capire quale sia il primo bersaglio critico e in che modo risulti implicato il nostro termine:

«Per le cose che invece divengono, oppure che, si, sono sempre, ma non sempre compiono la stessa attività, occorre dire che tutto ciò avviene in virtù di cause. L'incausato non si deve ammettere, e non va lasciato spazio né a vuote declinazioni, né ad un subitaneo movimento di corpi che accada senza motivo precedente né ad un impulso sconsiderato dell'anima, sorto senza che nulla l'abbia mossa a fare quello prima non faceva. Proprio in questo modo una necessità ancora maggiore stringerebbe l'anima: non appartenere a se stessa ed essere invece trasportata da movimenti del genere, che non sarebbero né voluti né causati. Hanno infatti potere di muoverla o l'oggetto del volere ‒ esterno o interno che sia ‒ o l'oggetto del desiderio; se invece nulla a cui aspiri la muove, allora non si muoverebbe affatto».

«περὶ δὲ τῶν γινομένων ἢ ὄντων μὲν ἀεί, οὐ τὴν αὐτὴν δὲ ἐνέργειαν ποιουμένων ἀεὶ κατ' αἰτίας ἅπαντα λεκτέον γίνεσθαι, τὸ δ' ἀναίτιον οὐ παραδεκτέον, οὔτε παρεγκλίσεσι κεναῖς χώραν διδόντα οὔτε κινήσει σωμάτων τῇ ἐξαίφνης, ἣ οὐδενὸς προηγησαμένου ὑπέστη, οὔτε ψυχῆς ὁρμῇ ἐμπλήκτῳ μηδενὸς κινήσαντος αὐτὴν εἰς τό τι πρᾶξαι ὧν πρότερον οὐκ ἐποίει. ἢ αὐτῷ γε τούτῳ μείζων ἄν τις ἔχοι αὐτὴν ἀνάγκη τὸ μὴ αὐτῆς εἶναι, φέρεσθαι δὲ τὰς τοιαύτας φορὰς ἀβουλήτους τε καὶ ἀναιτίους οὔσας ἢ γὰρ τὸ βουλητόν - τοῦτο δὲ ἢ ἔξω ἢ εἴσω - ἢ τὸ ἐπιθυμητὸν ἐκίνησεν· ἤ, εἰ μηδὲν ὀρεκτὸν ἐκίνησεν, [ἢ] οὐδ' ἂν ὅλως ἐκινήθη» (III, 1 (3) 1, 13-24).

Isoliamo all'interno di questo passo le prime cinque occorrenze del temine in oggetto alla nostra ricerca:

i. il primo riferimento è al movimento dei corpi, κινήσει σωμάτων (1, 17),

51 Sul titolo dello scritto si veda Porfirio, VP, IV, 26 e XXIV, 61-62.

52 Analizzeremo in questo trattato diciotto occorrenze del nostro termine, in particolare: III, 1 (3) 1, 17; 1,

caratterizzato come improvviso, τῇ ἐξαίφνης (1, 17), nel senso di essere sciolto da una concatenazione causale che lo riconduca a un movimento precedente; ii. nel secondo caso il richiamo è al movimento dell'anima che avverrebbe in

corrispondenza di un impulso privo di senso, ὁρμῇ ἐμπλήκτῳ (1, 18): è, infatti, assente l'oggetto che muove l'anima e che è in grado di spiegare il passaggio da ciò che prima non faceva, οὐκ ἐποίει (1, 19), a ciò che ora compie;

iii. in questo senso, come mostrano le restanti tre occorrenze di

κίνησις

, ciò che

muove l'anima è un oggetto, sia esso inerente alla volontà, βουλητόν (1, 22) – percepito o rappresentato –, o al desiderio, ὀρεκτὸν (1, 23);

iv. se nessun oggetto muove l'anima, μηδὲν ἐκίνησεν, questa non si muove affatto,

οὐδ' ἂν ὅλως ἐκινήθη (1, 24-25)53.

In entrambi i casi esaminati, il movimento repentino dei corpi e quello immotivato dell'anima, ciò che viene messo in evidenza è l'assenza di una relazione causale: il movimento concepito come privo di causa, (ἀναιτίους, 1, 22), sia esso introdotto in ambito corporeo che psichico, è in quanto tale da rifiutare.

L'analisi delle prime due occorrenze di κίνησις e i loro riferimenti mostra come queste s'inseriscano all'interno di una breve sezione di carattere introduttivo, in cui viene delineato concisamente un catalogo di dottrine messe al bando; non possono essere in alcun modo ammesse:

i. inclinazioni vuote di senso, (οὔτε παρεγκλίσεσι κεναῖς χώραν, 1, 16); ii. un movimento dei corpi avulso da quelli precedenti (1, 17);

iii. un movimento incausato dell'anima (1, 18).

Le tre posizioni delineate sono esempi da rifiutare all'interno dell'indagine che sta per essere condotta; l'ambito della ricerca riguarda tutte le cose che divengono, e fra queste, certamente a titolo speciale, è inclusa l'anima54: infatti, mentre la sua natura appartiene alle

cose che sono sempre, (τῶν ὄντων ἀεί, 1, 13), i suoi atti sono soggetti a mutamento, (οὐ τὴν

αὐτὴν δὲ ἐνέργειαν ποιουμένων ἀεὶ, 1, 13). L'obbiettivo è quello della ricerca delle cause:

l'anima e le cose che vengono dopo di lei devono essere ricondotte ad una causa, (κατ'αἰτίας ἅπαντα λεκτέον γίνεσθαι, 1, 14); proprio perché contravvengono a quest'ultimo assunto, a), b) e c) sono giudicate inammissibili; la loro paternità è, come nel costume del nostro pensatore, taciuta esplicitamente; tuttavia una riconduzione ai loro sostenitori è resa possibile da riferimenti testuali sufficientemente diretti: nel primo assunto, a), è richiamato il termine declinazione, (παρεγκλίσις, 1, 16): è la ripresa di una terminologia tecnica che sembra voler riportare il lettore ad un ambito ben preciso, quello del pensiero epicureo55: secondo ciò che si apprende sulle dottrine di questa scuola, tutta la

53 In relazione alle righe 23-24 in cui compaiono le ultime tre occorrenze del nostro termine, H.-S.² p. 235

indica come fonte: Aristotele, De anim., III, 10, 433 a 27-28; id. Metafisica, Λ 7, 1072 b; id. De motu, 6, 700 b, 23-24.

54 Il riferimento è certamente alla posizione intermedia dell'anima e a quell'aspetto per cui l'anima ha a che

fare col corporeo.

55 I riferimenti a cui rinviano H.-S.² p. 234, sono a Filodemo, De signis, 36, 13 e al frammento 280 nella

realtà deriverebbe da corpi indivisibili e immutabili, pieni di natura: le proprietà originarie degli atomi sarebbero peso, grandezza, forma e movimento; è la tradizione antica a darci notizia del movimento originario degli atomi, concepito come una caduta verso il basso in virtù del loro peso, lungo linee perpendicolari56; questa cinetica eterna e per natura costante

degli atomi sarebbe tuttavia soggetta all'alterazione data dagli urti: la traiettoria rettilinea degli atomi può subire deviazioni, appunto παρεγκλίσις, e sarebbero proprio queste deviazioni a spiegare la loro aggregazione, da cui trae origine la composizione dei corpi. Tuttavia, la trattazione plotiniana caratterizza questi spostamenti come privi di senso, (κεναῖς, 1, 16), riferendosi probabilmente al loro essere completamente fortuiti e privi di causa57.

Risulta ora evidente come le tre posizioni rigettate siano affette da un sintomo comune: una concezione del movimento privo di causa; a), b) e c) possono essere concepite come differenti articolazioni di una medesima teoria di stampo epicureo, in cui il movimento incausato degli atomi sarebbe all'origine della realtà fisica e dei moti dell'anima; tuttavia i riferimenti di b) e c) si adattano perfettamente anche ad alcuni assunti della dottrina stoica58.

Sembrerebbe che la trattazione sulle cause del divenire adotti come terreno di scontro un ambito privilegiato, quello della concezione di movimento. Nei primi due bersagli polemici a) e b), sono ravvisate le conseguenze che deriverebbero dal concepire un movimento incausato all'origine della realtà: il divenire naturale e i corpi stessi risulterebbero privati di qualunque ordine, relegati a un dominio inintelligibile; l'anima invece, c), sarebbe consegnata alla necessità, la spiegazione dell'agire sarebbe vincolata a movimenti meccanici e involontari; non sarebbe certamente l'anima la causa motrice del vivente.

Il movimento appare in questo senso una sorta di lente focale tramite cui si sviluppa l'indagine sulle cause della realtà sensibile concepita nei suo vari aspetti: l'anima, i corpi, il divenire in se stesso.

Tuttavia, la ricerca a cui si appresta la trattazione plotiniana ha una portata totale in un senso primario e ancora più ampio; a chiarirlo sono proprio le linee iniziali e direttive dello scritto: della realtà tutta, tanto gli esseri che divengono quanto quelli che sono, (ἅπαντα τὰ

γινόμενα καὶ τὰ ὄντα, 1, 1), deve essere ricercata la causa, (αἰτία), che genera i primi e fa

essere i secondi, oppure considerare se alcuni fra essi o tutti siano senza causa, (ἄνευ

56 Cfr. Cicerone, De fato, X, 22, nell'edizione (a cura di) A. Magris, De Fato, il destino, Mursia edizioni,

Milano 1994.

57 Come spiega M. Chappuis, Plotin..., pp. 66-67, il termine κεναῖς introduce un piccolo gioco di parole

nella critica plotiniana a questa teoria: il vuoto insieme agli atomi, è ciò che nell'ottica epicurea spiega tutta la realtà, tanto nel sua aspetto fisico che sul versante etico; ma vuoto o vano è anche l'attribuzione spregiativa plotiniana, che probabilmente richiamandosi ad una critica conosciuta, sottolinea la completa casualità di queste deviazioni; dello stesso avviso sembrano essere le considerazioni di, in: L. Brisson, J. F. Pradeau, Plotin..., p. 161 n.5; per uno studio sulla interpretazione plotiniana del pensiero epicureo rimando a: J.-P. Dumont, Plotin et la doxographie épicurienne, «Les cahiers de Fontenay» 1981, 19-22, pp. 191-204.

58 Come suggerisce l'analisi di M. Chappuis, Plotin..., pp. 65-66 che rimanda a Crisippo, e in particolar

modo per l'ultimo argomento a Zenone di Cizio; si vedano gli specifici riferimenti nelle pagine sopra menzionate. In riferimento al termine ὁρμῇ che compare nell'assunto c), rimando alla nota esplicativa di A. Petit, Traité 3..., n.7, p. 162.

αἰτίας, 1, 5).

La domanda sull'individuazione delle cause e delle non cause della realtà è inquadrata tracciando una “griglia di possibilità logico-combinatorie”59, lo spazio pensabile della

ricerca, ricavato dal metodo immediatamente adottato, quello diairetico; la prima suddivisione del procedimento ci restituisce due ambiti di ricerca di platonica memoria60.

Quello dei τὰ ὄντα sembra essere il primo dominio ad essere preso in considerazione: questo sembrerebbe lo spazio concettuale popolato dagli esseri eterni, (τῶν ἀιδίων, 1, 8); fra le cose che sono eternamente opera nuovamente una distinzione: da una parte i πρῶτα

ὄντα (1, 9), che in quanto tali non possono essere ricondotti ad altro; dall'altra parte, ciò che

ne procede e che riceve dai primi il proprio essere, (ὅσα δὲ ἐκ τῶν πρώτων ἤρτηται, ἐξ

ἐκείνων τὸ εἶναι ἐχέτω, 1, 10-11).

Com'è evidente, ciò che è privo di causa trova, dunque, un certo spazio nella trattazione plotiniana e assurge ad un ruolo ben definito, quello di principio, potremmo dire, in senso forte; la catena causale è così posta: dal primo le realtà successive e dall'essere di queste i loro atti, (τοῦτο γάρ ἐστι τὸ εἶναι αὐτῷ, τὸ τοιάνδε ἐνέργειαν ἀποδιδόναι, 1, 12-13).

Al contrario, come è stato mostrato, tutte le cose che divengono sono secondo una causa: i diversi atti dell'anima, il divenire e il movimento di ogni corpo sono tutti κατ'αἰτίας, come pretende la non ammissibilità di a), b) e c).

i. τὰ ὄντα:

i. πρῶτα ὄντα, senza una causa;

ii. ἐκ τῶν πρώτων ἤρτηται, hanno tutti una causa; ii. τὰ γινόμενα, hanno tutti una causa

Una volta inquadrato l'andamento dell'indagine è ora possibile procedere ad un secondo passo: rintracciare, per quanto concerne l'ambito del divenire, le cause prossime di ogni cosa, (προσεχεῖς, 1, 25) per ricondurvele. Metodo e terminologia adoperati sembrano riflettere la lezione aristotelica61: si procede gradualmente, partendo dal dominio più

perspicuo, quello della prassi: la causa prossima di tendenze e scelte – nell'esempio, il recarsi in piazza –, viene individuata nella rappresentazione e nella credenza, data dall'idea che sia necessario vedere qualcuno o riscuotere un debito62. Un altro dominio di cause

59 Come mostra M. Chappuis, Plotin..., p. 60 e ss. 60 Cfr. Platone, Tim., 28 a e ss.

61 Come indica M. Chappuis, Plotin..., p. 69, il riferimento è ad Aristotele, Fisica, A 1, 184 a 10-23, in cui è

delineato il metodo della ricerca che parte da ciò che è più semplice e manifesto per noi a ciò che è più semplice e manifesto in se stesso; anche gli esempi che seguono immediatamente nella trattazione plotiniana sembrano fare eco all'opera dello Stagirita: l'esempio del recarsi in piazza è compare in Aristotele, Fisica A 5, 196 b 33-34; il riferimento alla salute e al medico lo si trova in id. Metaph., Λ 4, 1070 b 33; per l'ultimo esempio cfr. Phys., B 7, 198 a 26-27.

62 Sui riferimenti di questo esempio rimando ai riferimenti riportati supra n. 54; mi sembra importante

notare come l'esempio sia in linea con quanto detto precedentemente alle ll. 1, 22-24: in questo caso l'oggetto della volontà è interno, la rappresentazione che sia necessario vedere qualcuno o riscuotere un debito spiega il recarsi in piazza dell'individuo.

prossime individuato è quello che riguarda le tecniche, (τέχνας, 1, 28) e la ποίησις: è il caso della produzione della salute in virtù dell'arte medica e di chi è capace di esercitarla63.

L'ultimo ambito riguarda la natura, φύσις (1, 36), e rivela un livello di complessità maggiore; l'esempio è quello della generazione: tale evento richiede, per essere spiegato, non solo del riferimento ad causa prossima, il padre, ma anche di un contributo esterno, (συνεργὸν ἔξωθεν, 1, 33), che espleta un ruolo causale in maniera sinergica al primo: tale ausilio sembra essere il frutto di una concatenazione di fattori di un certo tipo, «ad esempio una dieta particolare, oppure, andando più lontano, un seme più fluido, oppure una donna adatta a generare» (1, 32-36)64. Appare necessario il ricorso a differenti tipologie di cause65:

nel caso della procreazione la causa prossima risulta necessaria ma non sufficiente: devono entrare in gioco dei motivi complementari.

L'indagine apre così ad un nuovo scenario: la possibilità e l'esigenza di trascendere l'apparato delle cause prossime che può rivelarsi insufficiente a rendere ragione di alcuni eventi; l'esortazione è ad un'ascesa nell'ordine delle cause, bisogna infatti andare più in alto, alle cause prime e che stanno al di là, (ἐπὶ τὰ πρῶτα καὶ ἐπὶ τὰ ἐπέκεινα αἴτια ἀνιόντων, 2, 4).

L'argomentazione sull'insufficienza delle cause prossime sospinge la trattazione ad un livello differente, come sembra trasparire dal ricorso al metodo dialettico: nel caso della nascita del bambino l'effetto richiede, per essere spiegato, insieme alla causa prossima una molteplicità di cause; si passa ora alla considerazione di una serie di esempi in cui la stessa causa prossima è all'origine di effetti molteplici, differenti e talora contrari: così, le medesime circostanze possono portare un uomo ad essere virtuoso e un altro no; le stesse condizioni ambientali provocano la malattia di uno e la salute di un altro, la ricchezza di alcuni e la povertà di altri.

Viene così mostrata l'esigenza del ricorso ad un ordine esplicativo differente, e ad un grado ulteriore della trattazione, quello delle cause lontane (τὰ πόρρω ἀξιοῦσιν, 2, 9).