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4.2 Il movimento, vita del corpo (6, 1-77)

La riflessione procederà all'analisi di quell'altra realtà che deve essere inclusa fra gli incorporei152 a titolo della sua impassibilità; tuttavia, un altro passaggio è preliminare a

questo: poiché l'impassibilità è conferita alla materia in virtù del suo non essere (7, 2), è necessario stabilire cosa significhi dire “essere” e “non essere”, ovvero quale sia l'essere di quelle realtà che sono κατὰ τὸ εἶδος (6, 1), il non essere dei corpi, da una parte, e quello della materia, dall'altra. Questa distinzione è costruita indicando, in primo luogo, quelli che sono i caratteri dell'essere in senso autentico, perché in questo modo si coglierà la differenza con quell'essere che viene attribuito ai corpi e soprattutto col non essere della materia: in riferimento a quest'ultima deve, infatti, emergere la radicale eterogeneità rispetto all'intelligibile, dal momento che insieme a questi è fatta rientrare fra gli incorporei. Il breve

excursus in cui vengono menzionati i caratteri dell'essere vero e assoluto appare ricalcato

sulla pagina del Sofista platonico153; dall'essere che è pienamente nulla può distanziarsi (6,

149 Secondo B. Fleet, Plotinus..., p. 131-132, Plotino utilizza il termine nello stesso senso in cui lo ha

utilizzato nel c. 2, a cui qui si aggiunge l'esempio del musicista e della armonia che caratterizzano la parte vegetativa dell'anima nel suo ruolo di causa efficiente.

150 Cfr. supra, n. 138 e 139.

151 Si veda J. Laurent, Traité 26..., p. 222 n. 82.

152 A. H. Armstrong, Plotinus..., p. 232 n. 3 nota che «that matter is bodiless was contemporary Peripatetic

doctrine, clearly stated by Alexander of Aphrodisias in the introductory section of his De anima (cp. Especially p. 5; 19-22 Bruns»; cfr. B. Fleet, Plotinus..., p. 147. Sulla materia e le sue caratteristiche rimando allo scritto II [12], 4; Per un'analisi approfondita della questione si faccia riferimento a: J.-M. Narbonne, L'impassibilité de la matière dans l'Ennéade III 6 [26] : doctrine stoïcienne ou innovation plotinienne?, «Cahiers des études anciennes», 29 (1995), pp. 69-74; Id. La métaphysique de Plotin, J. Vrin, Paris 1994, pp. 41-57; D. O'Brien, La matière chez Plotin: son origine, sa nature, «Phronesis», 44 (1999), pp. 105-122; si veda inoltre G. M. Gurtler, Plotinus: Matter and Otherness, On Matter (II 4 [12]), «Epoché», 9 (2005), pp. 197-214.

153 Si tratta della lettura data da E. E. Bréhier, Ennéades..., p. 102 ss.; B. Fleet, Plotinus..., p. 149-150

ridimensiona questo riferimento mettendo in luce come le ll. 6, 19-24 e 29-34 non rientrino nel raffronto proposto: propone, invece, di considerare questo passaggio come un ampliamento di quanto si legge nel Sofista in vista dell'affermazione di una propria caratterizzazione dell'essere che è veramente; a questo proposito, lo stesso B. Fleet rimanda a P. Hadot, Être, vie et pensée chez Plotin et avant Plotin, in: E. R. Dodds (ed.) Les sources de Plotin. Dix exposés et discussions, «Entretiens sur l’Antiquité Classique», tome V,

12), è perfetto (τελέως ὂν, 6, 12) perché si mantiene in se stesso, ed è causa dell'essere apparente dei fenomeni (6, 14); permane necessariamente nella vita e nello specifico in una vita perfetta (ἐν τελείᾳ ζωῇ, 6, 15)154 senza la quale sarebbe ridotto a non essere; s'identifica

con l'Intelligenza e la saggezza assoluta perché è una realtà compiuta, che non è potenza del non essere o di un essere particolare (6, 17-18) ma di tutto ciò che è; è eterno e immutabile e nulla gli si aggiunge altrimenti sarebbe altro da sé e non essere; ha in sé tutte le cose insieme155 ed è uno e tutto.

Rispetto a una siffatta natura che posto occupano i corpi?

«Se poi qualcuno supponiamo che dicesse: com'è possibile che siano enti ed enti reali, le cose che non esercitano costrizione e forza, che non offrono resistenza e non sono affatto visibili, come l'anima e l'intelletto? E passando ai corpi, com'è possibile che sia più ente della stabile terra l'elemento che si muove di più ed è meno pesante di essa? E che di questo sia più ente l'elemento situato sopra? E che poi specialmente lo sia il fuoco che sfugge ormai alla natura corporea?»

«εἰ οὖν τις λέγοι· πῶς δὲ τὰ μὴ θλίβοντα καὶ μὴ βιαζόμενα μηδὲ ἀντίτυπα μηδ' ὅλως ὁρώμενα, ψυχὴ καὶ νοῦς, ὄντα καὶ ὄντως ὄντα; καὶ δὴ καὶ ἐπὶ τῶν σωμάτων μᾶλλον γῆς ἑστώσης τὸ μᾶλλον κινούμενον καὶ ἐμβριθὲς ἧττον, καὶ τούτου τὸ ἄνω; καὶ δὴ καὶ τὸ πῦρ φεῦγον ἤδη τὴν σώματος φύσιν;» (6, 36-41).

Isoliamo all'interno del nostro passo una nuova occorrenza diκίνησις:

i. alla l. 6, 40 è alla maggiore mobilità di uno fra i corpi, ἐπὶ τῶν σωμάτων […] τὸ

μᾶλλον κινούμενον;

Nel nostro passo è fatto riferimento a quello che fra i corpi risulta il meno pesante, (ἐμβριθὲς ἧττον, 6, 40), e quello maggiormente mobile (μᾶλλον κινούμενον, 6, 40), in riferimento a quell'altro corpo dotato fra tutti di maggiore stabilità, la terra (ἐπὶ τῶν

σωμάτων μᾶλλον γῆς ἑστώσης, 6, 39)156; non solo la considerazione della terra ma anche il

riferimento successivo ad un altro corpo, quello che sta in alto (τούτου τὸ ἄνω, 6, 40), e il richiamo esplicito al fuoco, suggeriscono come il paragone che qui prende forma riguardi proprio i quattro elementi e alcune qualità che essi presentano.

Il terreno su cui si svolge tale comparazione è quello dell'essere e dell'essere in senso proprio (ὄντα καὶ ὄντως ὄντα, 6, 38); infatti, sembrerebbe si possa dire che alcuni elementi partecipano maggiormente dell'essere rispetto ad altri e ciò secondo i due criteri che abbiamo elencato inizialmente: mobilità e consistenza.

Fondation Hardt, Vandoeuvres-Genève 1960.

154 Mentre E. Bréhier, Ennéades..., p. 102 ss. riferisce questa caratterizzazione alla pagine di Sofista 246 e 5, B.

Fleet, Plotinus..., p. 151 sottolinea l'importanza di Platone,Tim. 46 c 7 e ss.

155 Cfr. Anassagora, Sulla natura, fr. 1, nell'edizione H. Diels-W. Kranz, Die Fragmente der Vorsokratiker, I-III,

Weidmann, Berlin 1951.

156 Su questo punto si veda J. Laurent, Le corps de la terre, in: L’Homme et le monde selon Plotin, ENS Editions,

Si delinea in questo modo una sorta di gradazione sulla base dell'essere degli elementi: la scala procederebbe dal corpo più pesante e meno mobile, la terra, per poi passare all'acqua, elemento più instabile e leggero della terra; queste qualità si riscontrano maggiormente in quell'elemento che va verso l'alto, l'aria, per essere ancora più rilevanti nel fuoco, che per leggerezza e mobilità sembra quasi non appartenere alla natura dei corpi (πῦρ φεῦγον ἤδη τὴν σώματος φύσιν, 6, 41)157.

Infatti, quelli fra i corpi che presentano una consistenza terrosa e una certa pesantezza presentano una sorta d'incapacità, poiché tendono a cadere, a precipitare sugli altri corpi per mancanza di vigore proprio: impattano come corpi morti sulle altre realtà, urtandole violentemente e pericolosamente. Al contrario, quelle realtà che gravano meno sulle altre, in ragione della loro mobilità e leggerezza sono maggiormente sufficienti a se stesse,

αὐταρκέστερα (6, 42), e nell'ambito degli enti fisici sono quelle che partecipano in maniera

maggiore dell'essere; insomma, la solidità e la consistenza della terra, piuttosto che costituire una prova del suo spessore ontologico, al contrario ne rivela la fragilità; la massa, che presuppone il peso e il volume, è quanto di più opposto alla vita pura dell'essere vero.

Queste affermazioni vanno concepite in aperta contrapposizione con le teorie di alcuni materialisti, che riecheggiano lo scontro fra giganti di platonica memoria158: non a caso la

posizione difesa da costoro consisterebbe proprio nella rivendicazione della natura del vero essere come corporea: la materia e tutto quanto essa è capace di sorreggere, i monti le rocce e la terra proprio in virtù della loro impenetrabile durezza e della loro capacità di percuotere, costringerebbero, secondo costoro, all'evidenza della loro sostanzialità (ὁμολογεῖν αὐτῶν τὴν οὐσίαν, 6, 36).

Contro costoro, capacità di movimento e leggerezza sono fatte valere nella battaglia che nell'ottica plotiniana intende dimostrare come siano proprio quelle realtà che maggiormente si allontanano dai caratteri corporei – urto, resistenza, consistenza, visibilità – a potersi dire maggiormente essenti; e ciò perché il modo di essere delle realtà corporee è quello delle realtà che non sono, (μὴ οὖσιν εἶναι, 6, 32), mentre l'essere vero non è né corpo, né sostrato dei corpi. Pertanto, partecipano maggiormente dell'essere quelle realtà i cui caratteri si distanziano il più possibile da quelli corporei: non a caso sono dette le realtà prive di vita, i cadaveri che sono chiamati ad esemplificare il minore grado di essere:

«vedevamo poi che il movimento è come una vita esistente nei corpi; e dal momento che conserva un'immagine di essa è più presente nelle cose che hanno meno corpo, poiché è la carenza di essere a rendere più corpo la cosa carente sotto questo aspetto».

«ἡ δὲ κίνησις ὥσπερ τις ζωὴ οὖσα ἐν τοῖς σώμασιν ἦν· καὶ μίμησιν ἔχουσα ταύτης μᾶλλόν ἐστι τοῖς ἧττον σώματος ἔχουσιν, ὡς τῆς ἀπολείψεως τοῦ ὄντος ὃ καταλείπει μᾶλλον τοῦτο σῶμα ποιούσης» (6, 49-53).

Isoliamo all'interno del nostro passo una nuova occorrenza di κίνησις:

157 Sulla caratterizzazione del fuoco cfr. Aristotele, De gen. et corr., II 8, 335 a 18 ss.

i. alla l. 6, 49 il nostro sostantivo è identificato con un certo tipo di vita che è presente nei corpi, κίνησις ὥσπερ τις ζωὴ οὖσα ἐν τοῖς σώμασιν;

Il movimento costituisce, dunque un'immagine, (μίμησιν, 6, 50), a livello sensibile di quella τελεία ζωή (6, 15) che è un aspetto intrinseco dell'essere è veramente tale; ciò trova un'ulteriore conferma nel fatto che anche in riferimento all'anima il movimento era stato definito come la sua vita (3, 25); quindi, il corpo meno consistente e maggiormente dotato di mobilità, presenta, per questi suoi caratteri, una maggiore affinità con l'essere.

Per questo, come valeva per gli elementi, il movimento è presente soprattutto nelle realtà meno corporee; invece, va posto inversamente per le affezioni che tanto affliggono la realtà quanto più sono corporee. Così, mentre l'elemento dell'acqua, se diviso facilmente ripristina per così dire il proprio essere e la propria unità, ciò non vale invece per la terra che se separata rimane dislocata nelle sue parti: infatti quanto più una realtà è corporea e divisibile tanto più è vicina al non essere.