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6.2 L'immagine dell'anima come cerchio in movimento (10, 1-15-20)

L'universo è un tutto unitario proprio in virtù dell'anima che dà forma e vita a tutte le sue parti, di modo che tutto è retto dalla medesima armonia. Questo legame simpatetico che unisce le parti del tutto lo rende al contempo ordinato e intelligibile, di modo che a partire da una determinata conoscenza si perviene ad un'altra, dal causato è possibile risalire alla causa, dedurre il conseguente dal precedente. Ciò significa che è possibile cogliere non soltanto il legame delle realtà terrestri a quelle celesti, ma anche quello di queste ultime alle realtà intelligibili: i cieli, infatti, sono κατὰ λόγον (35, 12), cioè dipendono da quelle ragioni formali che l'anima contempla in sé nel suo principio, quelle stesse ragioni formali da cui derivano le ragioni seminali che ordinano questo cosmo (39, 3-10).

La realtà sensibile, dalla sfera terrestre a quella celeste, è dunque legata e ancorata a quella intelligibile per il tramite dell'anima; tutte le realtà dipendono nel loro essere e nella loro intelligibilità dalla realtà che le precede. L'immagine dei cerchi concentrinci ha proprio la valenza di esemplificare quest'ordine273:

«Venerabile è un'anima siffatta, simile ad un cerchio che si adatta intorno al centro, prima superficie estesa dopo il centro, estensione inestesa; così infatti possiede ogni cosa. Se poi uno volesse considerare il bene come il centro, considererà l'intelletto come un cerchio immobile e l'anima come un cerchio mobile, mosso dal desiderio. L'intelletto infatti possiede e circonda il bene immediatamente mentre l'anima desidera il bene al di là dell'essere. La sfera dell'universo poi, che contiene l'anima così desiderante, si muove anch'essa spinta dal desiderio naturale. Ma il suo desiderio naturale come corpo è rivolto a ciò che rispetto ad esso è interno; il che significa abbracciarlo e girargli tutt'attorno, con se stesso; quindi muoversi in circolo».

«σεμνὸν γάρ τι καὶ ἡ ψυχὴ ἡ τοιαύτη, οἷον κύκλος προσαρμόττων κέντρῳ εὐθὺς μετὰ κέντρον αὐξηθείς, διάστημα ἀδιάστατον· οὕτω γὰρ ἔχει ἕκαστα. εἰ δὲ τἀγαθόν τις κατὰ κέντρον τάξειε, τὸν νοῦν κατὰ κύκλον ἀκίνητον, ψυχὴν δὲ κατὰ κύκλον κινούμενον ἂν τάξειε, κινούμενον δὲ τῇ ἐφέσει. νοῦς γὰρ εὐθὺς καὶ ἔχει καὶ περιείληφεν, ἡ δὲ ψυχὴ τοῦ ἐπέκεινα ὄντος ἐφίεται. ἡ δὲ τοῦ παντὸς σφαῖρα τὴν ψυχὴν ἐκείνως ἐφιεμένην ἔχουσα ᾗ πέφυκεν ἐφίεσθαι

273 In riferimento a questa metafora rimando allo studio di: J.-F. Pradeau, L'imitation du principe, Plotin et la

participation, J. Vrin, Paris 2003, p. 51 e ss.; sul valore della metafora nell'argomentazione plotiniana: M. Di Pasquale Barbanti, La Metafora in Plotino, Bonanno, Catania 1981; R. Ferwerda, La signification des images et des métaphores dans la pensée de Plotin. J. B. Wolters, Groningen 1965; E. A. Moutsopoulos, Le problème de l'imaginaire chez Plotin, J. Vrin, Paris 1980; J.M. Charrue, Plotin et l'image, «Les études classiques», 73 (2005), pp. 39-66. Tramite questa immagine sono rappresentati non solo le analogie e le differenze fra i vari livelli si realtà ma anche come ognuna di queste abbia al proprio centro il primo principio come suo fondamento; per un approfondimento e un ampliamento su questi temi si veda: W. Beierwaltes, Denken des Einen. Studien zur neuplatonischen Philosophie und ihrer Wirkunggeschichte, V. Klostermann, Frankfurt 1985, trad. it.: Pensare l’Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, introduzione di G. Reale, trad. di M.L. Gatti, Vita e Pensiero, Milano 1991; S. Lavecchia, Una via che conduce al divino: la «homoiosis theo» nella filosofia di Platone, pref. di Thomas Alexander Szlezák, Vita e Pensiero, Milano 2006.

κινεῖται. πέφυκε δὲ ᾗ σῶμα τοῦ οὗ ἐστιν ἔξω ἐφίεσθαι· τοῦτο δὲ περιπτύξασθαι καὶ περιελθεῖν πάντη ἑαυτῷ. καὶ κύκλῳ ἄρα» (16, 20-31).

Osserviamo nel nostro passo quattro nuove occorrenze di κίνησις:

i. la prima compare alla l. 24 e presenta una caratterizzazione metaforica dell'Intelligenza, espressa nei termini di un cerchio immobile, νοῦν κατὰ κύκλον

ἀκίνητον (16, 24);

ii. alle ll. 24-25 è indicata una seconda caratterizzazione, questa volta dell'anima, rappresentata da un cerchio che contrariamente al primo è dotato di movimento,

ψυχὴν κατὰ κύκλον κινούμενον;

iii. il moto del cerchio dell'anima ha la propria origine nel desiderio, κινούμενον δὲ

τῇ ἐφέσει (16, 25);

iv. alla l. 16, 28 il verbo κινέω designa il movimento della sfera del tutto, un movimento che avviene secondo un desiderio naturale, [scil. τοῦ παντὸς σφαῖρα]

πέφυκεν ἐφίεσθαι κινεῖται.

Il centro di questi cerchi è il bene ed è proprio il punto di riferimento che permette di comprendere la caratterizzazione e i rapporti fra le realtà che si dispongono intorno a questo centro. Infatti, l'Intelligenza è rappresentata dal cerchio più prossimo al bene, ha il possesso di questo, avvolgendolo (νοῦς εὐθὺς καὶ ἔχει καὶ περιείληφεν, 16, 26); proprio perché l'Intelligenza ha immediatamente presso di sé il bene-centro, il cerchio che la rappresenta non necessita di movimento. L'anima invece desidera il bene che è oltre l'Intelligenza e pertanto si muove; insieme a questa va posta pure la sfera del tutto che si muove anch'essa di un moto naturale (16, 28-29). Ora, poiché la natura di quest'ultima realtà è quella del corpo, il suo desiderio è come se provenisse dall'esterno, per cui ambisce anch'essa al centro e al bene, lo circonda compiendo un giro intorno a sé, quindi percorre un'orbita circolare.

Questo schema concentrico acquisisce un certo potere esplicativo in relazione ai nessi fondativi e strutturali fra le realtà, esemplificando la natura del loro legame nei termini di una certa affinità e un certo possesso del principio da cui derivano, ma anche della differenza rispetto a questo. Ora, nelle realtà di lassù questa differenza non si esprime se non nel modo dell'alterità, mentre esteriorità e separazione locale, come ci ha mostrato il riferimento alla sfera del tutto, non appartengono che alle realtà di quaggiù274.

Tuttavia l'anima è apparsa legata tanto al proprio principio quanto alla sfera del tutto: è necessario chiarire quale sia il rapporto dell'anima con quest'ultima realtà, il cui movimento ha una connotazione spaziale e temporale; dopo aver escluso che le anime degli astri siano capaci di memoria, la domanda è ora rivolta all'anima nella sua interezza; infatti, dal momento che gli astri stanno sempre rivolti lassù e non hanno né coscienza né memoria del movimento percorso, si può dire altrettanto di quell'anima che invece ha propriamente a che fare con le realtà di quaggiù, perché è il loro principio ordinatore e loro guida?

274 Su questi argomenti rimando alla lettura del capitolo dedicato allo scritto V, 1(10), Le tre ipostasi

La questione risulta ancora più complessa e spinosa se si considera che proprio il tempo intrattiene un certo legame con l'attività dell'anima perché deriva proprio da questa (ὑποστάσει τὸν χρόνον περὶ τὴν τῆς ψυχῆς ἐνέργειαν καὶ ἐξ ἐκείνης, 15, 4)275. Ora, se il

tempo possiede diversità e divisione (15, 8-9 e 15, 5-4) anche gli atti dell'anima da cui il tempo origina dovrebbero risultare divisibili e in successione, e di questo svolgimento l'anima dovrebbe avere ricordo.

Ora è proprio in virtù del legame dell'anima col suo principio, un legame che si costituisce al contempo nell'identità e nella differenza276, che una tale considerazione viene

esclusa; infatti, come l'Intelligenza è completamente avulsa dal prima e dal poi (19, 5-6) priva di ogni mutamento, e la sua è una vita unica nella dimensione dell'eterno (15, 2) così la realtà psichica, le nostre anime insieme a quella del tutto, sono ἀίδιοι ψυχαί (15, 17); il tempo viene dopo di queste (χρόνος ὕστερος, 15, 18), insieme a quanto di temporale e spaziale contiene.

L'attività dell'anima dipende dalla saggezza dell'Intelligenza, una saggezza che permane stabilmente (μενούσης φρονήσεως, 10, 12) e che è inalterabile (οὐ τρεπομένης, 10, 13). Queste caratteristiche valgono dunque anche per l'attività psichica: questa, infatti non subisce deviazioni, come il cessare di rivolgersi all'Intelligenza o il cessare di dominare la realtà sensibile. E neppure la sua volontà è diversa dalla saggezza che l'anima stessa possiede per il suo legame con l'Intelligenza (12, 46). L'anima dunque permane uguale a se stessa (10, 26): se unica è l'anima, una è la sua azione (μία ψυχὴ καὶ ἓν ἔργον, 10, 15), un'azione che non presenta né una successione temporale né la successione che è propria del ragionamento e del dubbio; infatti, non agisce progettando, calcolando di volta in volta, ma dispone di tutte le cose in una dimensione eterna (9, 1-2). Ciò significa che da un lato l'anima riproduce in immagini l'ordine intelligibile che contempla (10, 12); questo modello secondo cui l'anima produce permane in se stesso, ma non come un qualcosa di altro dall'anima, ma come un paradigma che l'anima ha in se stessa (12, 33-34); come esemplifica la metafora dei cerchi concentrici, l'anima non possiede il proprio principio come una realtà anteriore che deve raggiungere: il suo è un movimento vitale e non spaziale perché quella realtà è eternamente presente in lei. In questo senso, l'anima già conosce e non si mette in cerca di qualcosa, né ha bisogno di acquisire qualche conoscenza: la sua è una saggezza che si trova in una condizione di quiete (12, 17) perché possiede in sé il suo traguardo: infatti, la saggezza non le è estranea (12, 47), tant'è che produce senza ricorrere ad uno strumento acquisito (12, 48); l'anima possiede questa saggezza che è ragione formale, insieme di tutte le cose (11, 27).

Così mentre le ragioni formali nell'anima sono tutte insieme (16, 5-6) successione e separazione si realizzano quaggiù (16, 19); e mentre il principio è stabile, ciò che si genera è vario e multiforme: tutti i cambiamenti che intercorrono nello sviluppo biologico di un medesimo vivente vanno ricondotti allo svolgimento di quella ragione seminale di cui dispone nella sua completezza (11, 23).

E questo dispiegarsi è un dispiegarsi naturale che muove internamente e dal principio; è

275 Cfr. III, 7 (45), 11-13.

276 W. Beierwaltes, Identität und Differenz, V. Klostermann, Frankfurt 1980, trad. it.: Identità e differenza,

introduzione di A. Bausola, trad. di S. Saini, Vita e Pensiero, Milano 1989; M. Ninci, Un problema plotiniano: l'identità con l'uno e l'alterità da lui, «Giornale Critico della Filosofia Italiana», 21 (2001), pp. 461-506.

questo l'ordine che la parte più estrema dell'anima, la natura, dispone nel tutto e nei singoli esseri (11, 1-2). La natura viene dopo la saggezza ed è un'immagine di questa (13, 3) e conserva la luce delle ragioni formali che contempla nell'anima (13, 5). Così come nel singolo vivente i processi sono molti e dispiegati nel tempo (11, 19) così anche nel tutto le parti si comportano come gli organi di un unico vivente e l'ordine naturale che le armonizza è simile a quello che regola i singoli germogli di un'intera pianta (11, 11).

In questo modo la saggezza dell'anima si riflette nella saggezza e nella stabilità del cosmo, saggezza varia e semplice nello stesso tempo, che determina la permanenza pur nel movimento di quest'unico grande vivente.

Ma se ciò da cui dipende l'attività dell'anima è questa stessa saggezza che l'anima possiede, non si può neppure sostenere che l'anima conosca i suoi atti in modo parziale e secondo il tempo: li conosce come la sua stessa unica vita (9, 3), una vita eterna e infinita (9, 17) e un unico atto che è rivolto al tutto. In questo modo l'anima genera e governa tutte le realtà con lo stesso ordine con cui dirige il moto orbitale.

Pertanto ciò che l'Intelligenza ha di suo l'anima invece lo riceve eternamente e la sua vita consiste in una comprensione eterna delle realtà che le appaiono; per questo l'anima non necessita di acquisire alcuno strumento, né di operare tramite calcolo e ragionamento: queste, infatti, costituirebbero per lei, insieme alla memoria, un'aggiunta e un qualcosa di esterno; invece, l'anima ha la capacità di prevedere il prodursi delle realtà perché per lei il pensiero del futuro in nulla è diverso da quello del presente (12, 27-28).

La natura, invece, non ha alcuna conoscenza ma si limita a creare trasferendo nella realtà materiale e corporea ciò che possiede: in ciò opera come un corpo caldo che dona la forma al corpo con cui è in contatto senza perdere il suo calore (13, 10-11); l'attività produttiva della natura non è in alcun modo frutto di deliberazione: questa né ha percezione o cognizione di sorta (13, 14), non ha rappresentazione e neanche memoria (13, 11-12).