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6.3 Sul movimento e sull'anima della terra (22, 1-27, 37)

Dopo aver stabilito che all'anima dei cieli e a quella del tutto non appartiene in alcun modo la memoria, l'analisi gravita ora sulla sfera terrestre, per comprendere se anche la terra disponga di un'anima e di quali facoltà questa sia capace:

«perché infatti potrebbero averla [scil. l'anima] i corpi ignei, e non il corpo terrestre? Sia questo che quelli sono corpi, e neppure gli astri possiedono muscoli, carne, sangue o umori, come non li possiede la terra; benché la terra sia più varia e composta da ogni genere di corpo. Se poi si obbietta che la terra si muove con difficoltà, questo si riferisce solo all'assenza del movimento locale».

«διὰ τί γὰρ τὰ μὲν πύρινα δύναται, τὸ δὲ γήινον οὔ; σῶμα γὰρ ἑκάτερον καὶ οὐκ ἶνες οὐδὲ ἐκεῖ οὐδὲ σάρκες οὐδ' αἷμα οὐδὲ ὑγρόν· καίτοι ἡ γῆ ποικιλώτερον καὶ ἐκ πάντων τῶν σωμάτων. εἰ δ' ὅτι δυσκίνητον, τοῦτο πρὸς τὸ μὴ κινεῖσθαι ἐκ τόπου λέγοι τις ἄν» (22, 22-27).

i. Nella sua prima occorrenza il nostro termine è qualificato come un δυσκίνητον (22, 26), cioè come un movimento che avviene con particolare difficoltà: si tratta della caratterizzazione del movimento della terra;

ii. la seconda occorrenza si ricollega alla prima: nuovamente a proposito della terra è fatto riferimento alla mancanza di un particolare tipo di movimento, quello locale: μὴ κινεῖσθαι ἐκ τόπου (22, 26).

La difficoltà di movimento della terra è collegata all'assenza di un moto locale. Che questa venga identificata come uno dei corpi più stabili e pesanti, meno inclini al movimento non risulta un dato nuovo: già nel ventiseiesimo scritto la terra risultava contrapposta al fuoco e alla sua estrema mobilità, nel confronto a quello che fra i corpi è il più stabile di tutti (ἐπὶ τῶν σωμάτων μᾶλλον γῆς ἑστώσης277); questo stesso confronto è

presente nel passo riportato: la domanda riguarda il perché si conceda tanto facilmente un'anima ai corpi di natura ignea ‒ probabilmente il riferimento è al corpo del cielo che è costituito principalmente di fuoco278 ‒ e non si debba invece concederla alla terra.

Ancora una volta il movimento è concepito come il fattore che denota un essere dotato di anima; tanto che l'assenza del movimento locale potrebbe indurre a credere che la terra non sia animata. In realtà va messa in evidenza una precisazione: le difficoltà di movimento sono riferite esclusivamente, nel caso della terra, al moto locale; si potrebbe ipotizzare che la terra disponga di ulteriori movimenti esenti, invece, da difficoltà.

Bisogna ammettere che anche il corpo terrestre possiede una propria anima e che è un vivente divino e dotato d'intelligenza; il passo riportato inizialmente è ripreso in maniera alquanto simile poche righe più avanti:

«ma se è così perché non dovremmo assegnare anche alla terra la facoltà di sentire? Ma quali sensazioni avrà? Perché non il tatto innanzitutto, di una parte rispetto all'altra – nel qual caso la sensazione è inviata al principio direttivo – e del tutto rispetto al fuoco e agli elementi? Se infatti, il corpo terrestre si muove con difficoltà non per questo è immobile. Saranno comunque sensazioni non di piccoli ma di grandi eventi. Per quale ragione? Perché all'anima che è nella terra non devono sfuggire i movimenti più grandi».

«εἰ δὲ τοῦτο, διὰ τί οὐ καὶ τὴν γῆν αἰσθάνεσθαι δώσομεν; ἀλλὰ ποίας αἰσθήσεις; ἢ διὰ τί οὐ πρῶτον ἁφὴν καὶ μέρει μέρους ἀναπεμπομένης ἐπὶ τὸ ἡγούμενον τῆς αἰσθήσεως καὶ τῷ ὅλῳ πυρὸς καὶ τῶν ἄλλων; καὶ γὰρ εἰ τὸ σῶμα δυσκίνητον οὔτι γε ἀκίνητον. ἀλλ' ἔσονται αἱ αἰσθήσεις οὐ τῶν μικρῶν, ἀλλὰ τῶν μεγάλων. ἀλλὰ διὰ τί; ἢ ὅτι ἀνάγκη ψυχῆς ἐνούσης τὰς κινήσεις τὰς μεγίστας μὴ λανθάνειν» (26, 5-12).

i. Comune è l'utilizzo alla l. 9 del termine δυσκίνητον per designare il movimento della terra;

277 III, 6 (26), 6, 39, rimando il lettore alle analisi svolte al capitolo quarto.

ii. la seconda occorrenza del nostro termine compare immediatamente dopo per negare completa immobilità della terra, οὔτι γε ἀκίνητον (26, 9);

iii. alla l. 26, 11 il nostro sostantivo designa dei movimenti di grossa portata che non devono sfuggire all'anima della terra, ἀνάγκη ψυχῆς ἐνούσης τὰς κινήσεις τὰς

μεγίστας μὴ λανθάνειν.

Se già in precedenza era stata ammessa la presenza dell'anima nel corpo della terra, si aggiunge la questione ulteriore che qui va dibattuta e a cui queste righe mirano: quella di potere attribuire la capacità di sentire all'anima della terra; a questa ad esempio non possono sfuggire i moti più importanti (26,11).

La difficoltà del concedere alla terra una capacità sensitiva va incontro a due questioni da dirimere: occorre stabilire, da un lato, il valore e la necessità degli organi di senso nel processo percettivo, quindi ammettere la loro presenza nel corpo terrestre; dall'altro, il fine e l'utilità della sensazione per il corpo della terra. In riferimento al primo punto le ll. 23, 32- 34 sanciscono la necessità degli organi di senso perché abbia luogo il processo percettivo. Il loro ruolo risulta, infatti, indispensabile dal momento che fungono da realtà intermedia e di raccordo, non solo fra l'oggetto esteriore e conosciuto e il soggetto conoscente, ma anche fra la realtà psichica intellegibile e quella sensibile. Sono infatti gli organi di senso a subire le affezioni, si fanno cioè simili all'oggetto colto perché presentano la medesima affezione e sono così capaci di accogliere quelle forme che poi l'anima riconosce. Gli organi di senso svolgerebbero, in questo modo, la funzione di “proporzione” che mette in relazione i due estremi, l'intellegibile e il sensibile, i πάθη e gli εἴδε279; sono infatti gli organi di senso a

rendere possibile la sensazione cioè il coglimento da parte dell'anima delle qualità dei corpi nonché l'assunzione della loro forma (23,1-3). Tuttavia, la terra non possiede gli stessi organi che possediamo noi dal momento che una differenza negli organi si trova anche fra noi e gli animali. Bisogna invece concepire il sentire dell'anima della terra come un sentire simpatetico basato sulla reciproca sintonia fra le sue parti e il tutto (26,1-3). In riferimento al problema dell'utilità della sensazione per la terra anche in questo caso viene fornita una risposta che si basa su una distinzione rispetto agli altri viventi. In generale infatti si può dire che le sensazioni siano finalizzate all'utile perché quando un corpo patisce al di sopra di una certa intensità l'anima è messa in guardia da una tale affezione e scatena quindi un meccanismo di risposta (24, 4-8). Nel caso della terra la sensazione trova la sua utilità in quanto finalizzata alla buona disposizione di tutte le cose, e in modo particolare delle vicende umane (26,10-15). L'anima della terra ha dunque sensazione in un senso simpatetico, al fine di disporre tutte le sue parti secondo questa simpatia. Le piante possiedono un'immagine di quest'anima, appunto la facoltà vegetativa. La facoltà sensibile viene in un secondo tempo e non è più insieme al corpo ma lo domina; ancora oltre va posta il resto dell'anima e l'Intelligenza.