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10.1 Parte prima Movimento e Tempo (7, 1-13, 69)

Le condizioni di possibilità della ricerca che si sta per intraprendere sono due; la prima riguarda il soggetto che opera l'indagine: è solo in virtù di un'affinità “strutturale” e originaria che ci è possibile porci la domanda e arrivare alla comprensione della natura dell'eterno a partire dalla nostra condizione temporale (5, 1-15 e 6, 1-10). La seconda condizione di possibilità riguarda l'oggetto della nostra ricerca: se è una natura affine a permettere la conoscenza dell'eterno, non vale l'inverso: non è in virtù della nostra dimensione temporale che conosciamo il tempo; per quanto eternità e tempo siano ἕτερον (1, 1), poiché il primo riguarda ciò che è sempre mentre l'altro ciò che diviene, è anche necessario ammettere che fra loro vi sia una certa somiglianza (ὁμοιότητα, 1, 24).

Tenendo a mente queste premesse fondamentali e tenuto conto dell'ambito tematico della trattazione fin qui svolta, focalizzeremo la nostra attenzione dapprima su quella parte della riflessione plotiniana dedicata alla confutazione delle δόξαι erronee sul tempo (7, 10) per poi procedere all'unica possibile comprensione del tempo, analizzandolo nella sua relazione con l'eternità417.

415 Sul titolo si veda Porfirio, VP, V, 45 e XXIV, 73.

416 In particolare sono centotredici le occorrenze rinvenute: III, 7, 2, 21; 2, 26; 3, 9; 4, 32; 7, 19; 7, 19; 7, 20; 7,

22; 7, 23; 7, 24; 7, 25; 7, 25; 8, 1; 8, 2; 8, 3; 8, 5; 8, 6; 8, 7; 8, 9; 8, 12; 8, 15; 8, 15; 8, 20; 8, 23; 8, 24; 8, 25; 8, 31; 8, 32; 8, 35; 8, 37; 8, 40; 8, 44; 8, 45; 8, 48; 8, 48; 8, 50; 8, 52; 8, 54; 8, 54; 8, 55; 8, 58; 8, 60; 8, 62; 8, 63; 8, 65; 9, 1; 9, 4; 9, 11; 9, 20; 9, 25; 9, 26, 9, 27; 9, 29; 9, 31, 9, 33; 9, 36; 9, 37; 9, 39; 9, 41; 9, 43; 9, 45; 9, 51; 9, 52; 9, 56; 9, 60; 9, 67; 9, 72; 10, 1; 10, 7; 10, 13; 10, 15; 11, 17; 11, 19; 11, 28; 11, 28; 11, 33; 11, 35; 11, 44; 11, 50; 11, 51; 12, 17; 12, 21; 12, 35; 12, 40, 12, 41; 12, 43; 12, 46; 12, 52; 12, 53; 12, 58; 12, 60; 13, 3; 13, 6; 13, 6; 13, 7; 13, 8, 13, 9; 13, 9; 13, 10; 13, 11; 13, 25; 13, 31; 13, 33; 13, 34; 13, 36; 13, 38; 13, 54; 13, 57; 13, 57; 13, 58; 13, 59; 13, 60; 13, 61; 13, 62.

417In riferimento a questo scritto faccio riferimento a: W. Beierwaltes, Plotin. Über Ewigkeit und Zeit

(Enneade III 7), V. Klostermann, Frankfurt 1967, trad. it.: Eternità e tempo, Enneade III 7. Saggio introduttivo, testo con traduzione e commentario, introduzione di G. Reale, trad. di A. Trotta, Vita e Pensiero, Milano 1995; M. Guyot, Traité 45 (III, 7) L'éternité et le temps, in: L. Brisson, J. F. Pradeau. (Dir.) Plotin..., Vol. 8, pp.

10.1.1 Ciò che il tempo non è: prospetto dossografico e analisi del problema.

Nonostante eternità e tempo, per la loro vicinanza all'essere umano, costituiscano tematiche di larga fruizione, la loro natura rimane difficile da afferrare veramente (1, 5-10); così molti fra gli antichi e venerabili pensatori si sono cimentati nel tentativo di comprenderli e definirli. Punto d'avvio, – e come si vedrà anche di ritorno –, della ricerca è che qualcuno fra i παλαιοί è giunto a cogliere il vero (τὸ ἀληθὲς, 1, 14). Ancora una volta, lungi da poter essere inteso come sterile esercizio esegetico delle teorie espresse dal divino Platone, la ricerca in cui ci conduce il nostro pensatore è un avventuroso percorso alla comprensione della nostra vera dimensione, un viaggio fatto di ἀνάβασις e κατάβασις e di numerosi punti di contrasto con quelle dottrine che possono deviare dal corretto modo di pensare; sono, infatti, sempre le concrezioni a velare il nucleo originario.

La trattazione sul tempo si articola dapprima in un momento negativo, una pars

destruens in cui vengono confutate le erronee δόξαι sul tempo. L'ottica in cui devono essere

colte queste complesse critiche è l'errore comune che contro di esse viene rivendicato: l'aver analizzato il tempo solo in relazione al divenire e al movimento fisico non ha permesso di coglierne la sua vera natura418.

Il primo passo che riportiamo ci offre una sorta di prospetto dossografico delle dottrine che verranno confutate; queste vengono presentate non in relazione ad un criterio cronologico, ma in maniera logica a partire dal concetto di movimento che acquisisce un significato fondamentale in relazione al tema trattato.

«Per prima cosa forse è opportuno dividere in tre le tesi sul tempo; perché il tempo o è il cosiddetto movimento, o è definibile come ciò che è mosso, oppure è qualcosa che appartiene al movimento. Asserire, infatti, che esso è quiete o ciò che è in quiete, oppure qualcosa che alla quiete appartiene, ci porterebbe assai distanti dalla nozione del tempo che non è mai identico a sé. Ora, tra coloro che lo equiparano al movimento alcuni sembrerebbero voler dire che esso è ogni movimento, altri che è il movimento dell'universo. Quelli poi che lo definiscono come ciò che è mosso sembrano riferirsi alla sfera dell'universo. Tra quelli, infine, che lo giudicano come qualcosa che appartiene al movimento, alcuni lo definiscono estensione del movimento, altri misura del movimento, altri ancora, in generale, conseguenza di esso, riferendosi sia ad ogni tipo di movimento che a quello ordinato».

«τριχῇ δ' ἴσως διαιρετέον τοὺς λεγομένους περὶ αὐτοῦ λόγους τὴν πρώτην. ἢ γὰρ κίνησις ἡ λεγομένη, ἢ τὸ κινούμενον λέγοι ἄν, ἢ

15-126; F. Ferrari, Plotino. L'eternità e il tempo, intr. di M. Vegetti, Egea, Milano 1991; J.E. McGuire, S. K. Strange, An Annotated Translation of Plotinus Ennead III 7: On Eternity and Time, «Ancient Philosophy», 8, 2, 1988, pp. 251-271; Id., Plotinus on the Nature of Eternity and Time, in: L. P. Schrenk (ed.), Aristotle in Late Antiquity, Washington D. C. 1994, pp. 22-55; R. Chiaradonna, Il tempo Misura del movimento? Plotino e Aristotele (Enn. III 7 [45]) in: M. Bonazzi, F. Trabattoni, Platone e la tradizione..., pp. 223-250.

418 È curioso notare insieme a A. Smith, Eternity and Time, in: L. P. Gerson, Cambridge Companion to Plotinus,

κινήσεώς τι τὸν χρόνον· τὸ γὰρ στάσιν ἢ τὸ ἑστηκὸς ἢ στάσεώς τι λέγειν παντάπασι πόρρω τῆς ἐννοίας ἂν εἴη τοῦ χρόνου οὐδαμῇ τοῦ αὐτοῦ ὄντος. τῶν δὲ κίνησιν λεγόντων οἱ μὲν πᾶσαν κίνησιν ἂν λέγοιεν, οἱ δὲ τὴν τοῦ παντός· οἱ δὲ τὸ κινούμενον λέγοντες τὴν τοῦ παντὸς ἂν σφαῖραν λέγοιεν· οἱ δὲ κινήσεώς τι ἢ διάστημα κινήσεως, οἱ δὲ μέτρον, οἱ δ' ὅλως παρακολουθοῦν αὐτῇ· καὶ ἢ πάσης ἢ τῆς τεταγμένης» (III, 7 (45) 7, 17-27).

Le otto nuove occorrenze del nostro termine ci introducono ai tre grandi filoni dossografici che definiscono il tempo in relazione al movimento; la relazione fra tempo e movimento sembra giustificata sulla base dell'esclusione dell'associazione di tempo e stasi, e ciò in virtù della peculiarità della natura temporale di non permanere mai identica419: ciò

porta ad escludere dal decalogo che sta per essere formulato, la teoria di coloro che riferiscono che il tempo consista nella quiete, o che sia ciò che è in quiete o qualcosa della quiete420. Si tengono presenti le posizioni di coloro che ritengono che il tempo possa essere

definito in relazione al movimento secondo queste tre differenti modalità:

1. il primo è un caso di identità fra tempo e movimento, [scil. χρόνος] κίνησις ἡ

λεγομένη (7, 19)421;

1.1. fra coloro che identificano tempo e movimento vi sono quelli che fanno coincidere il tempo con ogni forma di movimento (κίνησιν λεγόντων οἱ μὲν

πᾶσαν κίνησιν, 7, 22-23);

1.2. altri, invece, lo identificano col movimento del tutto (οἱ δὲ τὴν [scil. κίνησιν]

τοῦ παντός, 7, 23-24).

2. nel secondo caso il participio medio passivo indica che il tempo può essere identificato con ciò che viene mosso (τὸ κινούμενον, 7, 19);

2.1. costoro farebbero riferimento alla sfera del tutto (οἱ δὲ τὸ κινούμενον

λέγοντες τὴν τοῦ παντὸς [scil. Κίνησις], 7, 24).

3. nel terzo caso il tempo è concepito come qualcosa del movimento (κινήσεώς τι τὸν

χρόνον, 7, 20),

3.1. fra coloro che considerano il tempo come qualcosa del movimento alcuni lo identificano come l'intervallo del movimento (οἱ δὲ κινήσεώς τι ἢ διάστημα

κινήσεως, 7, 25);

3.2. altri come la misura del movimento (οἱ δὲ μέτρον, 7, 26);

3.3. altri ancora come una conseguenza del movimento (παρακολουθοῦν αὐτῇ, 7, 27), sia di qualsiasi movimento o del movimento ordinato. Il tempo non è identico al movimento

419 Come in Aristotele, Phys., IV 10-11.

420 È possibile che vi sia dietro questa enunciazione un riferimento a coloro che facevano consideravano il

tempo in relazione alla quiete, fra questi forse il riferimento può essere ai Megarici o ai Diodorei.