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Il ciclo di vita del prodotto e le strategie di marketing

Nel documento Fondamenti di Marketing - Terza edizione (pagine 166-170)

Quando un’impresa lancia un nuovo prodotto sul mercato deve anzitutto stimolarne la conoscenza, poi l’interesse, la sperimentazione e l’acquisto. Ciò richiede investimenti temporali, nonché la definizione di differenti strategie e tattiche di marketing. Infatti, in fase iniziale saranno soprattutto gli innovatori (per dettagli, si veda, più avanti, la Figura 6.6) ad avvicinarsi al prodotto. Se questo risulta soddisfacente, sarà acquistato da un nu- mero maggiore di acquirenti (gli adottanti iniziali) e, successivamente, con l’ingresso di nuovi produttori e l’aumento della notorietà del prodotto stesso, la penetrazione diverrà massima. Il concetto di ciclo di vita del prodotto fornisce dunque un utile quadro di rife- rimento per sviluppare efficaci strategie di marketing nelle diverse fasi del ciclo.

Le strategie di marketing in fase di introduzione

In questa fase, le principali voci su cui generalmente si concentrano gli investimenti so- no la promozione e il prezzo. Le spese promozionali saranno particolarmente elevate, non solo per convincere i distributori a introdurre in assortimento il nuovo prodotto, ma anche per informare il consumatore potenziale e stimolarlo all’acquisto. Anche i prezzi tenderanno a essere alti, poiché la produzione è ancora relativamente limitata e si ren- dono opportuni alti margini unitari per sostenere i rilevanti investimenti necessari alla crescita (Buzzell 1966). Considerando congiuntamente le variabili testé analizzate, si de- lineano quattro principali strategie, di seguito commentate (Figura 6.3).

La strategia di scrematura rapida prevede il lancio di un nuovo prodotto con un prezzo e un esborso promozionale elevati. In questo caso l’impresa intende perseguire il massimo profitto lordo unitario possibile, pur investendo molto in promozione. Ciò non solo per far conoscere il prodotto, ma anche per costruire una preferenza di marca a di- scapito di potenziali nuovi entranti. Condizione fondamentale per l’applicazione della strategia di scrematura è l’esistenza di acquirenti disposti a pagare un prezzo elevato pur di entrare in possesso del nuovo prodotto.

La strategia di scrematura lenta consiste, come nel caso precedente, nell’introdurre sul mercato un nuovo prodotto a un prezzo elevato, al fine di massimizzare il profitto lordo unitario. La comunicazione ottiene invece minore attenzione, non solo per mante- nerne basso il livello di spesa, ma soprattutto perché il mercato obiettivo è di dimensio- ni limitate e palesa una buona conoscenza del prodotto. La concorrenza potenziale non appare imminente e gli adottanti iniziali manifestano volontà di acquisto, nonostante il prezzo elevato.

La strategia di penetrazione lenta, come pure quella rapida, prevede l’introduzione del prodotto a un prezzo basso per incoraggiarne una rapida accettazione. I costi promo- zionali vengono mantenuti limitati, con lo scopo di aumentare il profitto netto, in quan- to l’impresa ritiene che la domanda abbia un’elasticità elevata rispetto al prezzo e bassa rispetto alla promozione. Questa strategia di penetrazione si dimostra valida nel caso di mercato esteso, che conosce l’esistenza del prodotto, è sensibile al prezzo e fa prevedere una concorrenza potenziale di media entità.

La strategia di penetrazione rapida, infine, è quella che consente la più rapida dif- fusione commerciale sul mercato, in quanto è caratterizzata da prezzi bassi e da promo- zione elevata. A differenza della strategia precedente, è opportuna quando il prodotto è poco conosciuto, la concorrenza potenziale è forte e i costi di produzione si riducono no- tevolmente all’aumentare delle quantità prodotte.

Non esiste una strategia generalmente migliore di un’altra, ed è raro che un’azienda decida di mantenere stabile nel tempo un determinato approccio strategico. Scelte ed evoluzioni temporali dipendono fortemente dal mercato servito e dalla modifica dello stesso, nonché dalla situazione competitiva esistente e prospettica.

scrematura rapida scrematura lenta penetrazione rapida penetrazione lenta Alta Alto Basso Bassa PROMOZIONE PR EZ ZO Figura 6.3 Le strategie di marketing in fase di introduzione del CVP.

Le strategie di marketing in fase di crescita

La crescita, come accennato, è una situazione di mercato in cui si registrano incrementi sensibili nelle vendite, nell’ampiezza del mercato servito, nel numero di concorrenti atti- vi. Soprattutto l’aumento della pressione competitiva induce le imprese presenti sul mer- cato a migliorare la qualità del prodotto e ad aggiungere nuove caratteristiche e modelli. Vengono inoltre stimolati l’ingresso in nuovi segmenti di mercato e in diversi canali di- stributivi, nonché la riduzione dei prezzi dei beni con caratteristiche base, al fine di at- tirare gli acquirenti più sensibili al prezzo. Non di rado le spese pubblicitarie assumono obiettivi diversi: vengono rivolte principalmente a stimolare gli acquisti, invece di con- centrarsi sulla semplice notorietà (tipica della prima fase del CVP).

Chiaramente, in questa fase, le imprese che intendono migliorare la propria posizio- ne competitiva non possono esimersi dal mantenere elevati gli investimenti in innovazio- ne di prodotto, in promozione e nella distribuzione. Ne consegue che i profitti non po- tranno essere massimizzati in questa fase, ma nella successiva.

Le strategie di marketing in fase di maturità

La fase di maturità è quella che generalmente dura più a lungo; inoltre, la maggior parte dei prodotti si trova in questa partizione del CVP. La fase di maturità può essere suddi- visa in 3 periodi:

1. maturità in crescita, 2 maturità stabile, 3 maturità in declino.

Nel primo periodo assistiamo a una vistosa riduzione del tasso di sviluppo del merca- to: i canali distributivi sono tendenzialmente saturi e i nuovi acquirenti rientrano senza dubbio nel gruppo dei “ritardatari”. Nella maturità stabile il mercato è saturo e le vendite sono principalmente dovute al riacquisto o alla crescita della popolazione (naturale o at- traverso movimenti migratori). Nel terzo periodo il tasso di sviluppo del mercato è nega- tivo, in quanto alcuni consumatori iniziano a rivolgersi ad altri prodotti.

Anche se vi è una notevole riduzione del tasso di sviluppo delle vendite, è questa la fase in cui si ottengono i maggiori profitti. È dunque comprensibile riscontrare un ina- sprimento della pressione competitiva, che spesso si concretizza nella pratica di sconti e promozioni, oppure nell’incremento di spese pubblicitarie o investimenti in ricerca e sviluppo per individuare ulteriori soluzioni di prodotto. Come conseguenza, le imprese meno efficienti sono indotte a ritirarsi dal mercato.

Le principali strategie adottate dalle imprese che vedono i propri prodotti stazionare in questa fase del CVP prevedono:

l modifiche di mercato; l modifiche di prodotto;

l modifiche delle altre variabili del marketing mix.

Le modifiche di mercato tipicamente attengono al tentativo delle aziende di aumentare i volumi di vendita della propria marca, incrementando il numero degli utilizzatori e/o il consumo per utilizzatore. L’aumento degli utilizzatori può essere ottenuto stimolando i nuovi acquisti, entrando in segmenti di mercato non ancora serviti o, da ultimo, cercan- do di sottrarre clienti alla concorrenza. Per esempio, possiamo cercare di stimolare la vendita dei collutori da noi prodotti spiegando, soprattutto a vantaggio dei non utilizza- tori, i benefici che ne possono derivare alla loro salute gengivale. Possiamo poi entrare

in nuovi segmenti di mercati individuando canali distributivi non raggiunti (per esempio i distributori automatici nelle stazioni) oppure nuovi clienti (gli alberghi a quattro stelle per cui potremmo realizzare confezioni speciali di collutorio da rendere disponibili agli ospiti). Potremmo poi insidiare la posizione della concorrenza ricorrendo alla pubblicità comparativa, utilizzando naturalmente una creatività ammessa dalla normativa naziona- le vigente (in Italia è possibile fare riferimento, nei confronti, solo a elementi oggettivi quali prezzi e componenti di prodotto).

L’incremento delle vendite per effetto di maggiori consumi da parte dei clienti at- tuali può essere conseguito stimolando un uso più frequente (per esempio, lavarsi i denti utilizzando il nostro dentifricio dopo ogni pasto), un maggior consumo ogni volta che il prodotto viene utilizzato (per esempio, ripetere due volte lo shampoo a ogni lavaggio), oppure suggerendone nuovi utilizzi (per esempio, attraverso l’inserimento di ricette sulle confezioni degli alimenti).

Le modifiche di prodotto possono attenere alle prestazioni funzionali (qualità), al miglioramento delle caratteristiche (dimensioni, peso, nuovi materiali, accessori), al mi- glioramento del design o dello stile (estetica). Questi interventi hanno senso solo se le modifiche possono essere effettivamente apportate e se le stesse sono credibili agli oc- chi dei clienti target. Inoltre, deve essere chiaro alle imprese che le variazioni apportate ai prodotti generano incrementi nel prezzo di vendita (e questi incrementi devono essere accettabili per i clienti target) e, secondariamente, che modifiche di successo sono fa- cilmente imitabili. Da ultimo, mutamenti nello stile possono incontrare l’opposizione, o quanto meno il mancato gradimento, da parte dei clienti più affezionati. A supporto di quest’ultima affermazione presentiamo il caso “Cosa” di Piaggio, che mostra in concreto la rischiosità di modificare prodotti inseriti sul mercato da tempo (quadro 6.1).

Chiaramente, per stimolare la permanenza di un prodotto nella fase di maturità, non- ché le vendite specifiche del marchio aziendale, possono essere proposti cambiamenti

Quadro 6.1

All’inizio degli anni Ottanta, Piaggio decise di lanciare una nuova linea di prodotto per rinnovare la Vespa e, nel con- tempo, rafforzarsi nel settore degli scooter, che in quel periodo viveva una fase di stallo anche per la presenza sul mercato di nuovi modelli, spesso offerti a costi concor- renziali. Tra le varie opzioni, era stata ipotizzata una Vespa 200 c.c. con motore raffreddato a liquido, ma il manage- ment optò per una soluzione più ardita in comparazione con la precedente offerta: un prodotto derivato dalla Ve- spa tradizionale, ma con un design più moderno e un’im- magine differenziata.

La volontà di cambio radicale era sottolineata anche dal nome: non più “Vespa”, ma “Cosa”. L’operazione, tuttavia, non ebbe molto successo: Cosa, che a differenza di Vespa montava numerose parti in plastica, aveva un prezzo eleva- to, e non segnò la svolta attesa, anche se contribuì all’evo- luzione tecnica e stilistica dello scooter che, tornato a es- sere “Vespa” e costantemente aggiornato, rimane ancora un best seller dei nostri giorni.

totali o parziali del marketing mix di prodotto: un pricing più aggressivo, una migliore visibilità sui punti di vendita, una modifica nel mix di comunicazione o del messaggio pubblicitario, l’introduzione di promozioni o altro ancora.

Sulle modifiche del mix in situazione di maturità, come pure sulla maggiore o mino- re efficacia degli strumenti di comunicazione non esiste accordo tra gli esperti d’azien- da: per alcuni sarebbe più efficace la pubblicità, per altri la promozione delle vendite. Un’altra osservazione può essere proposta in merito alle modifiche degli altri strumenti di marketing. Anch’essi possono essere facilmente imitati dalla concorrenza, soprattutto le riduzioni di prezzo o l’inserimento di servizi aggiuntivi.

Le strategie di marketing in fase di declino

Per molti prodotti, con il passare del tempo, si avvicina la fase di declino. Ciò può avve- nire a causa dell’innovazione tecnologica e anche per il mutamento dei gusti o delle esi- genze dei consumatori. Senza dubbio questa evenienza va accuratamente preparata alla luce della propria situazione di mercato rispetto alla concorrenza, alle decisioni dei con- correnti e alle caratteristiche del settore di appartenenza.

È chiaro che in questo stadio alcune imprese si ritireranno dal mercato e che si ri- durranno le tipologie di prodotto offerte e dei canali distributivi utilizzati (canali mar- ginali). Subire passivamente questa fase può costringere a sostenere costi inutili fina- lizzati al mantenimento forzato di un prodotto a domanda ridotta, oppure escludere lo sfruttamento di opportunità derivanti dall’uscita dal mercato della maggioranza delle imprese concorrenti. Sarà dunque necessario prevedere un sistema di identificazione dei prodotti deboli (vendite e redditività di prodotto), nonché un monitoraggio accurato del mercato e delle decisioni della concorrenza. Questi segnali dovrebbero essere correlati a specifiche azioni di marketing: aumentare gli investimenti per ottenere una posizione dominante, disinvestire rapidamente, eliminare gruppi di clienti poco promettenti con- centrandosi sui più redditizi ecc.

Le principali strategie adottabili in questa fase sono lo sfruttamento o il disinvesti- mento. Nella situazione di sfruttamento l’impresa cercherà di ridurre progressivamente i costi relativi al prodotto (per esempio ricerca e sviluppo, comunicazione), tentando di massimizzare il guadagno per unità venduta. Il disinvestimento si può concretizzare at- traverso l’alienazione o la dismissione di un’attività aziendale. Nel caso di dismissione dovranno comunque essere prese delle decisioni a impatto sul medio-lungo termine che attengono ai ricambi e all’assistenza necessari per servire la clientela attuale.

Il portafoglio prodotti di un’impresa

Nel documento Fondamenti di Marketing - Terza edizione (pagine 166-170)