Dopo essersi informato sulle varie marche di prodotti esistenti, il consumatore valuta le
alternative sulla base delle informazioni raccolte o richiamate alla mente. Dato che un numero eccessivo di opzioni lo porterebbe alla paralisi decisionale, impedendogli di fare le sue scelte (Shankar et al. 2006), innanzitutto egli procede a una prima selezione, in- dividuando un gruppo ristretto di prodotti, cioè selezionando le alternative che a suo avviso meritano un’analisi più approfondita. Per farlo, normalmente stabilirà dei limiti, cioè valori minimi e massimi che ritiene di poter accettare per le varie caratteristiche del prodotto: per esempio, normalmente il consumatore ha un’idea piuttosto chiara del- la fascia di prezzo accettabile per il prodotto che desidera acquistare. Quando si fanno scelte, i segni hanno la loro importanza: una particolare etichetta, una marca, persino il rivenditore possono influire sulla percezione del prodotto da parte del consumatore. Il prezzo, per esempio, viene spesso utilizzato come indice di qualità, ma tale effetto può stemperarsi in presenza di altri segnali. Lo scopo di questa procedura è quello di ridurre
1 IKEA è un acronimo che
deriva da Ingvar Kamprad, nome e cognome del fonda- tore, ed Elmtaryd Agunna- ryd rispettivamente il nome della fattoria e del villaggio nel quale il fondatore vive- va. Il gruppo IKEA, pro- duttore di arredamento e complementi d’arredo, ha 131.000 collaboratori ed è presente in 41 nazioni, ma realizza l’81% del suo fat- turato (oltre 24,7 miliardi di euro) in Europa. IKEA permette la restituzione del prodotto in caso di ripensa- mento fino a 90 giorni dopo l’acquisto (estesi a 6 mesi se il cliente è titolare di carta IKEA family).
la confusione, che ha tre matrici: la somiglianza, il sovraccarico d’informazioni e l’ambi- guità. Confusione e sovraccarico d’informazioni hanno due conseguenze: fanno rinviare la decisione e favoriscono la fedeltà, nel senso che il consumatore preferisce dare conti- nuità agli acquisti piuttosto che rischiare un’insoddisfazione derivante dalla scelta di un prodotto o di una marca differenti (Walsh et al. 2007; Wang 2006).
A volte l’applicazione dei valori limite provoca l’esclusione delle alternative di pro- dotto comprese nel gruppo ristretto, nel qual caso il consumatore è costretto a rivedere le regole che si era dato. Ciò lo può portare a creare una gerarchia di regole. Per chi ha responsabilità di marketing, la sfida spesso è quella di assicurare che il suo prodotto entri a far parte del gruppo da prendere in speciale considerazione.
Se il consumatore utilizza le informazioni raccolte per giungere alla decisione finale, il problema per le aziende è quello di comprendere come le elabora, al fine di effettuare le scelte definitive d’acquisto tra le alternative aperte. Tuttavia i processi di valutazione sono molteplici e possono contenere elementi sia oggettivi (prezzo, caratteristiche di pro- dotto) sia emotivi (notorietà di marca, utilizzo da parte di testimonial). La maggior parte dei modelli descritti dalla letteratura (Kotler 2003) contemplano il consumatore come un individuo che formula giudizi su basi fondamentalmente razionali. Dal suo punto di vista, un prodotto può essere considerato come un insieme di attributi che consentono la soddi- sfazione dei propri bisogni. Per esempio, per un computer portatile le caratteristiche ana- lizzate potrebbero essere: il tipo di processore, la memoria di sistema, la grandezza dello schermo, il peso, il prezzo, la scheda grafica. Per gli attributi evidenziati l’interesse dei singoli varierà a seconda del peso assegnato a ognuno di essi. Facile immaginare come per un abituale viaggiatore per lavoro il peso assuma priorità, mentre per un amante del cinema o dei videogiochi la scheda grafica sia fondamentale. Il mercato di un determinato prodotto potrà dunque essere segmentato a seconda della priorità data ai singoli attributi. Il procedimento di analisi che passa attraverso la definizione delle caratteristiche impor- tanti per i consumatori e del loro peso sulla decisione d’acquisto prende il nome di model-
lo del valore atteso (Fishbein 1967). Il suo utilizzo può indurre l’impresa a optare per una delle seguenti iniziative: modificare le caratteristiche del prodotto, modificare gli elemen- ti evidenziati dalla comunicazione istituzionale o di prodotto, modificare le opinioni sul- le marche concorrenti, modificare il peso attribuito ai diversi fattori da parte dei clienti. Così come l’abbiamo descritto, il processo decisionale può apparire lungo e com- plesso, ma la maggior parte di noi assume numerose decisioni d’acquisto in tempi brevi, senza passare attraverso tutte le fasi indicate. Ciò avviene perché per la maggior parte degli acquisti molti acquirenti utilizzano procedimenti di tipo euristico, cioè applicano regole semplici del genere “se… allora”, che riducono il rischio avvalendosi come guida dell’esperienza passata. Per esempio, un viaggiatore internazionale che si trova in una città estera può decidere di mangiare soltanto in ristoranti affollati di avventori locali, sulla base dell’ipotesi che gli abitanti di una città dovrebbero sapere quali sono i migliori ristoranti del luogo.
L’euristica si suddivide in tre categorie:
l l’euristica di ricerca, riguardante le regole per trovare le informazioni; l l’euristica di valutazione, concernente il giudizio sulle offerte di prodotto; l l’euristica di scelta, relativa alla valutazione delle alternative.
Il quadro 3.1 presenta le differenti tipologie di comportamento d’acquisto, evidenzian- do i principali impatti sull’attività di marketing delle imprese.
Nel processo decisionale può intervenire una serie di interruzioni, cioè punti nei quali la ricerca viene temporaneamente sospesa.
Le fasi del processo di acquisto variano a seconda del ti- po di decisione che il cliente deve assumere: acquistare dei fazzoletti di carta, oppure una nuova automobile. È chiaro che le decisioni relative a beni più dispendiosi implicano un processo più lungo e probabilmente il coinvolgimento di più persone nella valutazione.
Assael (1981) ha ipotizzato di classificare il comporta- mento d’acquisto del consumatore in quattro tipologie, di seguito rappresentate.
QUADRO 3.1 I tipi di comportamento d’acquisto
Secondo lo schema proposto, i comportamenti d’acquisto vengono distinti in base al livello di coinvolgimento e alla conoscenza e differenziazione percepita dei marchi pre- senti sul mercato. Il livello di coinvolgimento può ritener- si alto qualora il bene sia costoso, sia acquistato di rado o abbia un significato importante per l’acquirente. Le iniziati- ve di marketing delle imprese saranno differenti a seconda che il cliente percepisca differenza tra le marche o meno.
Nel caso di prodotti posizionati nel quadrante A, indub- biamente dovranno essere messe a disposizione molte in- formazioni, in quanto il processo di apprendimento cogni- tivo risulta complesso (per esempio, acquisto di un nuovo PC portatile). Cruciale sarà comprendere dove i potenziali clienti ricercano le informazioni e quali siano maggiormen- te influenti sulla decisione d’acquisto. Inoltre, risulterà as- sai importante coinvolgere il personale dei punti di vendita che ha grande influsso sulla decisione finale.
Per quanto attiene al quadrante B, in cui il consumatore non percepisce significative differenze tra le marche (per esempio, acquisto di un tappeto), pur avendo un elevato coinvolgimento giustificato dal valore monetario del bene, i comportamenti aziendali dovranno essere diversi. È pro- babile che l’acquirente sia disposto a visitare vari punti di vendita per vedere che cosa è disponibile, ma con altret- tanta probabilità la decisione potrebbe essere piuttosto rapida a causa delle ridotte differenze di marca percepite. La scelta finale sarà strettamente legata alla convenienza in termini di prezzo, di tempo e di localizzazione del negozio. Spesso, dopo l’acquisto, il consumatore entra in uno stato di dissonanza, che lo induce a cercare informazioni per es- sere rassicurato circa la bontà del suo acquisto.
Per i beni ad acquisto abituale e basso valore economi-
co, il comportamento d’acquisto risulta ovviamente sem- plificato, soprattutto nelle fasi di ricerca e valutazione delle informazioni. Anche il dopo acquisto sembra essere privo di un reale significato, dato lo scarso livello di coinvolgi- mento. Nel caso di beni collocabili nel quadrante D, in cui non vengono percepite differenze tra le marche, le azioni di marketing su cui risulta più opportuno concentrarsi so- no le promozioni basate sul prezzo, gli incentivi all’acquisto, le forme di comunicazione essenziali che puntano più sul- la ripetitività del messaggio che sulla durata o articolazio- ne dei singoli annunci. In alternativa è plausibile cercare di trasformare un prodotto a basso coinvolgimento in uno a coinvolgimento più elevato (questo è stato fatto, per esem- pio, per i cioccolatini Ferrero Rocher, immancabili ai ricevi- menti di un fantomatico ambasciatore, oppure per lo zuc- chero Zefiro, in grado di addolcire all’istante la “grinta” di Vittorio Sgarbi). Un’altra possibilità è l’aggiunta di caratte- ristiche al prodotto (per esempio, le vitamine a una bibita). Queste strategie possono però innalzare solo lievemente il livello di coinvolgimento, che non diventerà mai complesso. Nel caso in cui, invece, la differenza tra marche sia ele- vata (quadrante B), le azioni di marketing saranno differen- ti a seconda che ci troviamo di fronte al leader di mercato oppure a marchi minori. Il leader dovrà rendere il più pos- sibile abituale l’acquisto dei propri prodotti, lavorando sul posizionamento nei punti di vendita e sulla comunicazio- ne, che deve mantenere elevato il ricordo (pensiamo a Ba- rilla con i propri biscotti Mulino Bianco). Le altre marche cercheranno invece di stimolare l’infedeltà del consumato- re operando sulla leva prezzo, offrendo campioni prova o promozioni e stimolando il desiderio di cambiare attraver- so i contenuti della propria comunicazione.
comportamento d’acquisto complesso
comportamento d’acquisto voltoallaricerca
dellavarietà comportamento
d’acquisto voltoallariduzione
delladissonanza comportamento d’acquisto abituale C A D B Alto coinvolgimento Significative differenze tra le marche Poche differenze tra le marche Basso coinvolgimento Ad at ta to d a A ss ae l 1 98 1.
Le interruzioni sono generalmente provocate dalla comparsa di alcune categorie di eventi:
l atteggiamento degli altri, quali l’opinione di un congiunto o di un amico (quanto
più forte è l’atteggiamento negativo degli altri e quanto più questi sono vicini al con- sumatore, tanto più questi sarà indotto a rivedere le sue intenzioni d’acquisto);
l stimoli ambientali, come le promozioni sul punto di vendita (per esempio, prodotti
offerti con la formula 3 × 2: paghi 2 e prendi 3 prodotti);
l stati emotivi, come i bisogni fisiologici;
l informazioni inattese, per esempio una variazione nella disposizione del negozio o
alcuni cambiamenti negli attributi del prodotto;
l situazioni non previste, come la riduzione del livello di reddito o l’intervento di
una spesa più urgente (si è rotta la lavatrice, dunque posticipo la sostituzione del tele- fono cellulare);
l conflitti, che emergono quando il consumatore si accorge che il piano decisionale
originario non può essere seguito o compare un piano alternativo non coerente con quello originario.
Per esempio, sorge un conflitto tra approcci quando viene offerto un secondo prodotto che sembra in grado di svolgere il medesimo compito con pari efficacia. La conseguen- za è che il consumatore è costretto a operare un confronto e il modello di ricerca viene temporaneamente sospeso. Un conflitto tra approccio e selezione può emergere quando il consumatore scopre che il prodotto costa molto più del previsto. Infine, un conflitto tra selezioni può nascere quando le due alternative individuate sono entrambe sgradite (un esempio potrebbe essere la riluttanza a spendere per un paio di scarpe nuove affiancata dal desiderio di non trovarsi in imbarazzo calzando quelle vecchie).
L’effetto dell’interruzione dipende dall’interpretazione dell’evento data dal consu- matore. A volte l’interruzione attiva un nuovo obiettivo finale (per esempio, una lunga escursione fuori casa progettata per fare acquisti può trasformarsi nella ricerca di un lo- cale dove sedersi a bere un caffè) o una scelta diversa (per esempio, quando si incontra un amico che consiglia una determinata marca). A volte l’interruzione è talmente seria da far abbandonare del tutto la ricerca; in questi casi è la forza dell’interruzione ad assu- mere importanza. È chiaro che un’improvvisa voglia di bere una tazza di tè difficilmente farà interrompere definitivamente un processo di ricerca, ma la notizia di aver perso il lavoro può sicuramente indurre a farlo.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i consumatori riprendono il processo di solu- zione del problema non appena lo stimolo è stato assorbito e accettato o respinto.
Acquisto
La fase successiva è quella dell’acquisto effettivo: il consumatore definisce la marca ri- chiesta, sceglie un rivenditore di sua fiducia e poi un appropriato metodo di pagamento.