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Iniziative per il commercio mondiale

Nel documento Fondamenti di Marketing - Terza edizione (pagine 61-64)

Distribuire i prodotti a un pubblico internazionale consente, di norma, di realizzare eco-

nomie di scala nei costi di fabbricazione, ricerca e sviluppo e marketing. La maggior

parte dei governi cerca di favorire le esportazioni delle imprese nazionali, perché il con- seguente afflusso di valuta estera consente al paese di importare beni essenziali (per esempio minerali di alluminio o petrolio), necessari per sostenere l’economia nazionale.

Ma il commercio mondiale presenta anche un risvolto negativo: talvolta, oltre a beni e servizi, vengono esportati valori culturali che provocano l’indebolimento o la scom- parsa di tradizioni culturali locali. Ci sono evidenze di come America Latina e Afri- ca abbiano perso quote sui mercati mondiali proprio a causa dell’internazionalizzazione (Preston 1993). La visione generalmente condivisa, tuttavia, è che il commercio mondia- le crei più ricchezza e consenta standard di vita più elevati per la maggior parte della po- polazione mondiale. Il commercio, quindi, è considerato benefico in termini di vantaggi economici e in tutto il mondo i governi cercano di incentivarlo, nei limiti dell’interesse nazionale. La Tabella 2.6 elenca alcune delle principali iniziative avviate negli ultimi an- ni con l’intento di favorire gli scambi a livello planetario.

L’intenzione che anima l’azione di molti governi è quella di ridurre i dazi doganali per incrementare il commercio mondiale e, al tempo stesso, creare blocchi commerciali che possano reciprocamente bilanciarsi. Il predominio degli Stati Uniti ha motivato i pa- esi di minori dimensioni a unirsi o a collaborare; ormai vi sono pochi dubbi che Unione Europea, Mercosur e Forum economico dell’Asia e del Pacifico contribuiranno signifi- cativamente alla competizione mondiale.

La maggior parte dei governi si mostra incline a incentivare le esportazioni dei prodotti di origine nazionale, ma preferirebbe limitare il più possibile le importazio- ni, allo scopo di preservare l’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Molti paesi in via di sviluppo impongono agli importatori barriere doganali per proteggere i settori industriali nazionali, ancora nelle prime fasi del ciclo di sviluppo. Sfortunatamente, in molti casi queste misure producono effetti negativi, perché i comparti protetti tendono a diventare inefficienti, non dovendo competere con i più efficienti produttori stranieri (Preston 1993). Per esempio, nel 1983 il Venezuela adottò una politica di limitazione del- le importazioni imperniata su un sistema di tassi di cambio multipli: un tasso di cambio ufficiale, un altro per il pagamento del debito, un terzo per le esportazioni essenziali e un quarto per il libero mercato. Gli importatori dovevano attendere mesi prima di ottenere valuta estera e ricevevano il saldo solamente a merce giunta a destinazione. Il sistema era tutt’altro che efficiente e non favoriva la creazione di un clima di fiducia, ma sicura- mente proteggeva i fabbricanti venezuelani. Sfortunatamente, i paesi dell’America Lati- na e dell’Africa non riuscirono a ottenere una riduzione dei dazi con altri paesi e, quindi, i prezzi delle loro esportazioni salirono a tal punto da essere fuori mercato; mentre altri paesi sviluppavano sistemi di scambio internazionale sempre più efficienti, il terzo mon- do continuò a perdere terreno (Preston 1993).

Cultura

Le differenze culturali riguardano religione, lingua, istituzioni, credenze e comporta- menti comuni ai membri di una società. Chi ha responsabilità di marketing dovrebbe avvalersi dei consigli di qualcuno nato e cresciuto nei paesi in cui la sua impresa inten- de iniziare a operare, perché le differenze culturali non sempre sono chiare ed evidenti.

Esempi di errori generati da incomprensioni linguistiche ce ne sono moltissimi. Il marchio Nova della General Motors, dagli spagnoli viene tradotto come “non funziona”; in francese colloquiale, Gerber significa “vomitare” e non è difficile immaginare i pro- blemi che questa coincidenza ha creato al produttore di alimenti per l’infanzia che por- Tabella 2.6

Istituzioni e iniziative per il commercio mondiale.

Nome Descrizione World Trade Organization (Organizzazione mondiale per il commercio)

Un insieme di trattative in corso a livello internazionale per ridurre le tariffe doganali che si frappongono al libero scambio tra le nazioni. Le trattative, avviate al termine della seconda guerra mondiale in seno all’organismo chia- mato General Agreement on Tariff and Trade (GATT), coinvolgono circa 116 paesi. Tra i paesi industrializzati, i dazi sono scesi da una media del 40% nel 1947 al 5% circa di oggi.

Unione Europea Gruppo di 27 paesi che hanno cancellato i dazi tra gli stati membri. I con- trolli alle frontiere sono ormai ridotti al minimo (e in qualche caso del tutto scomparsi) e 17 dei paesi membri usano la stessa moneta (euro). Vi sono ancora molti problemi da superare per raggiungere una maggiore unità, ma l’Unione Europea rappresenta un importantissimo blocco commerciale. North American Free

Trade Agreement (NAFTA)

Con la creazione di un’unione doganale tra USA, Messico e Canada, questo

trattato ha annullato la gran parte dei dazi tra gli stati membri, a eccezione di alcuni prodotti agricoli.

Mercosur Grazie a questo trattato di unione doganale stipulato tra i paesi sudamericani è già possibile viaggiare in tutto il continente senza passaporto (i cittadini dei paesi sudamericani devono soltanto esibire la carta d’identità) e gran parte delle barriere doganali sono state rimosse.

Gruppo di Cairns (IMF) L’accordo stipulato dal gruppo di Cairns, che riguarda produzione e prezzi agricoli a livello mondiale, non sempre è stato rispettato da tutti i contraenti che, però, continuano a negoziare.

Association of South- East Asian Nations (ASEAN)

L’ASEAN ha avuto un notevole sviluppo negli anni recenti, e ora comprende 10 stati membri a pieno titolo, mentre numerosi altri vi partecipano in veste di paese associato e altri ancora sono candidati all’ingresso. Gli stati membri hanno concordato dazi preferenziali nell’interscambio di merci, con l’intento di abolirli del tutto entro il 2015. I membri dell’ASEAN si impegnano anche all’assistenza reciproca allo sviluppo, una politica che pare funzionare, poi- ché negli ultimi anni queste regioni sono state protagoniste di una crescita impressionante.

Fondo Monetario Internazionale (FMI)

Il FMI opera come agente stabilizzante dell’economia mondiale immettendo fondi nelle economie nazionali, sotto forma di prestiti soggetti a speciali condizioni riguardanti le politiche economiche dei paesi assistiti. La missione del FMI è quella di riequilibrare economie nazionali in difficoltà.

Banca Mondiale Scopo della Banca Mondiale è il finanziamento di progetti indirizzati a com- battere la povertà nel terzo mondo. È proprietà delle principali potenze eco- nomiche mondiali, che provvedono anche al suo finanziamento: gli Stati Uniti ne detengono la quota più ampia, seguiti da Giappone, Germania, Regno Unito e Francia.

tano quel nome. Il liquore irlandese Mist nel mercato tedesco dovette essere rinominato, dato che Mist in tedesco significa “escremento”. Molti problemi culturali, però, sono più sottili e riguardano più il modo in cui le cose vengono espresse che non le effettive pa- role impiegate. Per esempio, in giapponese “sì” significa “sì, capisco”, ma non necessa- riamente “sì, sono d’accordo”. Il portoghese impiega ben sette parole diverse per “tu”, a seconda della condizione e del numero delle persone cui si rivolge la parola.

Anche il linguaggio del corpo non è universale. Il segno utilizzato in America per in- dicare che tutto è “OK”, con le punte del pollice e dell’indice unite a formare un cerchio, in Brasile è un gesto volgare (equivalente a sollevare l’indice e il medio in Gran Bretagna e il medio negli Stati Uniti e in gran parte dei paesi europei). In Thailandia mostrare la pianta dei piedi è considerato offensivo e, mentre gli americani di solito sono molto lie- ti di ascoltare qualcuno vantarsi dei suoi successi economici e personali, gli australiani tendono a trattare bruscamente chi adotta atteggiamenti ostentatori.

A volte sono superstizioni locali a condizionare il comportamento d’acquisto. Ne- gli hotel americani, per esempio, non esiste formalmente il tredicesimo piano, e la nu- merazione dei piani passa direttamente dal 12 al 14. In Cina, i consumatori evitano di acquistare prodotti il cui prezzo termini con 4, un numero associato alla morte, mentre preferiscono comprare articoli il cui prezzo termina con 8, cifra considerata fortunata e associata alla prosperità (Simmons e Schindler 2003).

In generale, chi si occupa di marketing deve fare attenzione all’etnocentrismo, os- sia a credere che la propria cultura sia quella corretta mentre quella degli altri è, nel mi- gliore dei casi, una scadente imitazione della propria (Sharma e Shimp 1987). Per i ma- nager sottrarsi a questa trappola non è così semplice come si potrebbe pensare, visto che in genere tendono a sottovalutare le differenze esistenti tra i mercati esteri e quello in- terno (Pedersen e Petersen 2004). La ragione potrebbe essere che tutti noi siamo inclini a giudicare le altre culture ponendoci nella prospettiva della nostra, cioè assumendo un atteggiamento che viene definito autoreferenziale.

Minori difficoltà si dovrebbero incontrare quando i paesi mercato obiettivo presen- tano una certa prossimità psicologica o affinità con il proprio. Sono i paesi che pre- sentano aspetti culturali in comune con il paese di origine dell’impresa. Per esempio, i paesi di lingua inglese hanno prossimità psicologica tra di loro; la Spagna ce l’ha con la maggior parte dei paesi dell’America Latina e anche i paesi ex comunisti dell’Europa orientale sono culturalmente vicini tra di loro. Nei paesi con un’ampia quota di immigra- ti, possono esistere sottoculture che consentono una migliore comprensione di certi mer- cati esteri: l’Australia gode di una buona posizione per operare nei mercati dell’Estremo Oriente e della Grecia, oltre che negli altri di lingua inglese; il Brasile ha buoni legami con la Germania, oltre che con Portogallo, Angola e Mozambico. In un’interessante in- versione, l’Irlanda mantiene buoni contatti con numerosi paesi, grazie alla diaspora ir- landese avvenuta negli ultimi due secoli.

In molti paesi dell’Africa occidentale le fedeltà tribali oltrepassano i confini naziona- li, cosicché membri della stessa tribù possono abitare in paesi diversi. In un certo senso, queste situazioni assomigliano a quelle dei paesi baschi di Francia e Spagna, o a quella del Belgio, dove i fiamminghi si sentono più vicini agli olandesi che ai propri compa- trioti valloni, mentre questi ultimi si sentono più prossimi ai francesi che ai fiamminghi. Dal punto di vista di chi deve svolgere attività di marketing è probabile che le diffe- renze culturali tenderanno a ridursi quanto più i consumatori assumeranno una mentalità globale: viaggi all’estero, ampia globalizzazione dei media di intrattenimento e dispo- nibilità di prodotti stranieri sono, in quasi tutte le economie, fattori che contribuiscono ad affievolire le differenze culturali in tutto il globo (Ohmae 1989). Sempre di più chi si occupa di marketing riesce a identificare distinte sottoculture che trascendono i confini nazionali come, per esempio, la cultura globale dei giovani alimentata da media come MTV (Steen 1995).

Nel documento Fondamenti di Marketing - Terza edizione (pagine 61-64)