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Le ragioni di una diffusione così contenuta e irregolare delle proiezio- ni educative nelle scuole, e in particolare proprio di quelle cinemato- grafiche, sono molteplici, ma i fattori critici più condizionanti appa- iono sostanzialmente due: da un lato la penuria di risorse pubbliche, dall’altro la carenza di una produzione cinematografica adeguata alle esigenze didattiche.

82 Le proiezioni per gli alunni, peraltro, erano «destinate non solo agli allievi del-

le Scuole elementari, ma ai frequentatori anche delle varie Scuole professionali e industriali […] precedute sempre da brevissime delucidazioni orali e offerenti sempre spettacoli tolti unicamente dal vero Il teatro del popolo e il cinematografo» (cfr. «La cinematografia italiana ed estera», VII, 147, 5 marzo 1913, p. 2800).

83 Il teatro del popolo e il cinematografo, «La cinematografia italiana ed estera», VII,

Vediamo la prima questione. Sulla rivista dell’IIPL, «Proiezioni lu- minose», nel novembre 1923, all’indomani della riforma Gentile, si os- serva che, «come il problema della scuola in Italia è prevalentemente un problema di spesa, così anche il problema della diffusione delle proiezioni luminose è in gran parte un problema finanziario»84. Nel

dibattito sulle proiezioni educative si ritiene che la risoluzione di que- sto problema debba competere, almeno in teoria, ad almeno cinque diversi soggetti pubblici: i Comuni, i Consigli scolastici provinciali, le Casse scolastiche degli Istituti (per le scuole secondarie), i Patronati scolastici (per le scuole elementari) e lo Stato (in particolare, ovvia- mente il Ministero della Pubblica Istruzione).

I comuni – come si è visto – finanziano, sia prima che dopo la leg- ge Daneo-Credaro85, iniziative esterne o interne alle scuole ma sem-

pre finalizzate alla proposta di proiezioni educative o all’incremento dei supporti visivi per le scuole86, dimostrando, come riconosce Alice

Terracini nel 1913, di aver compreso che la questione del rinnovamento delle tecnologie didattiche va posta «fra i problemi da risolvere a favore dell’istruzione» (cfr. infra, p. 256). Purtroppo però, aggiunge subito dopo l’educatrice, «spesso i progetti sono rimasti tali perché i bilanci non con- sentivano spese soverchie. Più fortunate furono le iniziative isolate. In molte scuole, il personale insegnante, coadiuvato dal Direttore o dalla Direttrice ha saputo accogliere i primi fondi per dar vita a questa nuova forma d’insegnamento» (ibidem).

La legge Daneo-Credaro assegna un fondamentale ruolo gestiona- le ai consigli scolastici provinciali. Michele Mastropaolo ricorda giu- stamente, nel 1915, che questi enti,

tra le altre attribuzioni, ànno quella delle spese di arredamento e di materiale didattico per le scuole alla loro dipendenza. E per facilitare tali spese, lo Stato à stabilito che le relative somme iscritte nel bilancio della Pubblica Istruzione siano aumentate per uno spazio di dieci anni di lire 100 mila all’anno. O chi dice mai che tra il materiale didattico non possa trovar posto anche il cinematografo? (cfr. infra, p. 309).

84 Le proiezioni luminose e la riforma delle scuole elementari, «Proiezioni lumino-

se», II, 11, novembre 1923, p. 2.

85 La legge n. 487, 4 giugno 1911 («Gazzetta Ufficiale», 142, 17 giugno 1911), pur

passando la gestione delle scuole elementari ai consigli scolastici provinciali, ri- chiedeva però ai comuni di «provvedere per le scuole elementari (oltre che popola- ri, serali e festive), anche a fornire locali, riscaldamento, illuminazione, servizio, custodia, manutenzione, materiali didattici» (Nicola D’Amico, Storia e storie della

scuola italiana, Zanichelli, Bologna, 2010, p. 202).

86 Il comune di Milano già nei primi anni Dieci sostiene la costituzione di raccolte

Oltre ai comuni e ai consigli scolastici provinciali, un’altra isti- tuzione che nel dibattito viene spesso ritenuta deputata a sostenere le proiezioni luminosi nell’istruzione primaria è il Patronato scolasti- co87, visto dai Gesuiti di «Civiltà Cattolica» come una «macchinazione

tendente ad asservire al monopolio scolastico tutte le istituzioni post-

scolastiche o sussidiarie della Scuola» (cfr. infra, p. 279). Nel 1922 la

Romani scrive che i

Patronati Scolastici dovrebbero essere i primi a prendere tale nobile iniziativa [sulle proiezioni educative], proponendo, qualo- ra non fosse possibile installare un cinematografo nella scuola stessa, e sussidiando degli spettacoli adatti per i fanciulli, da farsi, ad esempio ogni giovedì in qualche cinematografo pubbli- co, in una determinata ora (cfr. infra, p. 358).

Se si considera attentamente, alcuni mesi dopo, il Regio Decreto 2785 (7 ottobre 1923) che riforma la scuola elementare, pare quasi che Gentile abbia dato credito alle proposte dell’educatrice. All’ultimo comma dell’articolo 11 il decreto prevede che siano i Patronati scola- stici a dotare le scuole primarie degli «opportuni mezzi meccanici per l’illustrazione visiva e fonica delle nozioni impartite»88. A parte il caso

di alcune realtà urbane particolarmente avanzate e con una recente ma già solida tradizione di proiezioni nelle scuole, la soluzione mini- steriale però convince poco l’IIPL: Geisser sa bene quanto sia lenta la

macchina statale «anche quando è volenterosa»89, e si augura quindi

che non siano «soltanto i Patronati – istituzioni che troppo spesso non esistono se non... nelle disposizioni di legge – gli enti promotori di un’applicazione larga delle proiezioni luminose come mezzi didattico- educativi»90. Queste istituzioni, si aggiunge, «molto spesso vivono solo

perché hanno trovato la persona che le cura di particolare affetto e le vivifica»91. Queste parole, scritte con ogni probabilità da Geisser,

o quanto meno da lui certamente ispirate, non sono solo una con- ferma della ormai nota ostilità del filantropo italo-svizzero all’inter- ventismo statale92, ma esprimono, nella loro dichiarata sfiducia verso

87 Sulle funzioni del Patronato scolastico tra Otto e Novecento si veda Giusepe

Zago, Educazione e assistenza fra Otto e Novecento. Il ruolo del Patronato scola-

stico, in Mirella Chiaranda (a cura di), Teorie educative e processi di formazione nell’età giolittiana, Pensa Multimedia, Lecce, 2005, pp. 275-298.

88 Cit. in Le proiezioni luminose e la riforma delle scuole elementari, cit., p. 2. 89 Ibidem.

90 Ibidem. 91 Ibidem.

92 «L’iniziativa privata – su cui giustamente tanto conta e vuol contare S.E. il

Ministro – può sostituirsi all’iniziativa dello Stato» (Le proiezioni luminose e la

l’affidabilità delle istituzioni, anche un giudizio fortemente negativo su quindici anni di rapporti, sempre deludenti, tra i convinti ed energici promotori, privati o parastatali delle proiezioni educative e il potere politico. Se si dovesse scegliere solo una parola per caratterizzare in modo telegrafico l’atteggiamento dello Stato su questo tema, questa potrebbe sicuramente essere “incostanza”. La legislazione scolastica italiana del primo Novecento, come si è anticipato, si mostra tutt’altro che insensibile a un processo di rinnovamento dei sussidi didattici che doveva coinvolgere necessariamente anche le diapositive e i film. Sin dai primi anni del secolo, con la legge 8 luglio 1904, e soprattutto con le istruzioni ministeriali formalizzate nella circolare ministeriale del 20 ottobre 1907, si aprono spazi nuovi per la modernizzazione dei sussidi didattici. A fronte di queste norme sostanzialmente astratte, però, il sostegno economico statale appare del tutto inadeguato. I radi finanziamenti del governo e delle commissioni che scandiscono a in- termittenza la storia delle proiezioni educative della prima metà degli anni Dieci sono occasionali e non coordinati: dallo «stanziamento di una somma per i cinematografi scolastici» (cfr. infra, p. 174), nel bi- lancio per il Mezzogiorno del 1908-1909, al sostegno, deliberato nel 1914 dalla commissione centrale per l’educazione nel Mezzogiorno e nelle isole, di un progetto di introduzione delle proiezioni fisse nelle scuole elementari di cinquanta comuni del Regno, «a chiarimento de- gli insegnamenti di storia, geografia, scienza, aritmetica ecc.»93, dalla

concessione ministeriale, nell’anno scolastico 1915-1016, di 4000 lire per le proiezioni scolastiche al Calidarium, sino al ridicolo sussidio statale di 10000 lire erogato nel 1923 all’IIPL. A fronte di questi inter- venti sporadici del tutto inadeguati, il governo si mostra invece molto coerente nel respingere ai mittenti la reiterata richiesta di prevedere agevolazioni per il cinema educativo. Nel giugno 1913 si discute in Parlamento il disegno di legge sulla censura e sulla conseguente tassa applicata alle pellicole da revisionare per coprire i costi del servizio. Turati e Treves fanno pressione su Giolitti e sul ministro delle finanze Luigi Facta affinché siano dispensate dalla tassazione le produzioni dell’INM, o che almeno, in alternativa, si aumenti la pressione fiscale sulla produzione di film commerciali («di speculazione») a beneficio de- gli spettacoli educativi, ma l’iniziativa risulta infruttuosa94. Dieci anni

93 G.I.F. (Gualtiero Ildebrando Fabbri), Le proiezioni luminose nelle scuole, «La cine-

matografia italiana ed estera», VIII, 181-182, 1-31 dicembre 1914, p. 103. La stessa commissione finanzia la realizzazione di «film di testo» sull’Italia meridionale pro- grammata dall’INM nel quadro di un più ampio progetto di «geografia sistematica d’Italia». La realizzazione di film analoghi sull’Italia del Nord, precisa il direttore dell’INM Emidio Agostinoni, sarà avviata «allorquando, per alleviare le ingenti spese dei negativi, saranno possibili speciali accordi con gli Enti Locali» (Cfr. Giovanni L. Livoni, Il cinema e l’insegnamento, cit., p. 21).

dopo, tra i voti conclusivi del primo convegno del cinema educativo tenutosi a Torino, si auspica una riduzione delle spese di spedizione dei materiali prestati alle scuole e alle associazioni (già richiesta vana- mente molti anni prima da Ildegarde Occella), così come una maggiore disponibilità delle Ferrovie dello Stato nell’agevolare il trasporto delle pellicole, particolarmente delicato per l’infiammabilità dei materiali. Entrambe le richieste, naturalmente, non saranno mai accolte.

Una seconda importante ragione che può spiegare la debole afferma- zione del cinema educativo, e in particolare di quello scolastico, nell’Italia degli anni Dieci risiede, come anticipato, nella carenza di una produzio- ne specializzata. Il problema di una scarsa rispondenza tra i materiali disponibili e le esigenze didattiche vincolate ai programmi ministeriali si pone, come rileva Toschi95, già per le diapositive96 (pur oggetto di una

produzione internazionale e poi nazionale ampiamente avviata), ma di- venta ancora più grave quando si inizia a considerare la necessità del film didattico-educativo. La cronica mancanza di una library cinemato- grafica adeguata è rilevata a più riprese nel dibattito dell’epoca.

Ogni volta che voglio fare una lezione – si lamenta nel 1914 Edgardo Enovi – non riesco a trovare che ben poco di soddisfa- cente. […] L’Istituto Minerva ha iniziato pure una selezione del materiale in commercio; ha fatto compilare, da insegnanti, un programma di films di testo per l’insegnamento della geografia: finora, però, ciò è allo stato embrionale97.

manda anche a Minerva alla Camera. «La coltura popolare», III, 11, 15 giugno 1913, pp. 520-523; Claudio Treves, La legge e la cinematografia, «La coltura po- polare», III, 12, 30 giugno 1912. L’esenzione fiscale per i film educativi a destina- zione non commerciale sarà concessa in Italia solo nel 1953, con la Legge 285, dove si prevedeva l’esenzione dai diritti erariali e dai dazi doganali per le pellicole dichiarate «non commerciali» (cfr. Davide Boero, All’ombra del proiettore. Il cinema

per ragazzi nell’Italia del dopoguerra, Eum, Macerata, 2013, p. 111).

95 Deborah Toschi, Il paesaggio rurale, cit., p. 58.

96 Natalina Baudino ricorda come all’inizio delle sue sperimentazioni didattiche

con la lanterna magica la carenza di diapositive su vetro utili per la didattica fosse tale da indurre lei e le sue colleghe a disegnare personalmente le immagini da proiettare agli scolari (cfr. Natalina Baudino, Le proiezioni luminose applicate

all’insegnamento elementare, cit.). Pio Foà, invece, sempre nel 1911, rileva il pro-

fondo divario tra le diapositive disponibili sul mercato e «i programmi delle scuole professionali» (Pio Foà, Le proiezioni luminose a scopo didattico, «L’insegnamento professionale», I, 3, giugno 1911, pp. 1-2).

97 Edgardo Enovi, La cinematografia didattica, «L’illustrazione cinematografica»,

IV, 6, 1915. Enovi, come rilevato da Toschi, è autore, per conto del CNPL, degli

Appunti per lezioni con proiezioni luminose ad uso del corso popolare (cfr. Deborah

In effetti, riconosce Orestano nella sua relazione per l’INM, di pro- duzioni cinematografiche educative «non poche esistono già, ma la massima parte è da farsi» (cfr. infra, p. 234). La questione si aggrava dalla seconda metà degli anni Dieci, quando la produzione commer- ciale dei «dal vero» entra in crisi, soppiantata dall’egemonia del lun- gometraggio di finzione, per poi complicarsi ulteriormente dai primi anni Venti, con il progressivo crollo della produzione cinematografica nazionale.

Per tutti gli anni Dieci, e anche oltre, si replicano appelli e auspici genericamente indirizzati ai produttori privati perché questi si facciano carico di una produzione di film scolastici ed educativi. In certi casi, la totale incapacità tecnica e culturale di pensare il cinema in termini economici e imprenditoriali spinge involontariamente talune proposte oltre il limite del ridicolo. Francesco Orestano, per esempio, immagina un ampio cartello di produttori al servizio del cinema educativo:

sarebbe opportuno invitare a collaborare, con unità di intenti, il maggior numero di Case produttrici di films, sempre sotto il controllo dell’Istituto «Minerva». È così grande la quantità e va- rietà di films occorrenti, che non si può attendere la produzione da una sola Casa, tanto più che il campo da rilevare è grande quanto il mondo (cfr. infra, p. 234).

C’è anche chi, dieci anni dopo, forse deluso dalla mancata realiz- zazione del progetto di Orestano, sogna un cinema educativo a parte- cipazione pubblica, poi in fondo parzialmente realizzato dal Luce (an- che se con altre premesse e finalità, e senza una specifica attenzione ai programmi scolastici)98: «la cinema-ars-docet», scrive l’ing. Guttuso

Fasulo, «è ancora di là da venire e bisognerà per essa che il Governo promuova delle apposite Case editrici, istituendo presso il Dicastero della Istruzione Pubblica una Consulta»99.

A onor del vero l’industria cinematografica nazionale non fu del tutto insensibile alla necessità di incentivare la realizzazione di film educativi e scolastici: a parte però la produzione di documentari

98 La produzione del Luce non era stata pensata in stretto rapporto con i pro-

grammi scolastici e alla realizzazione di film per l’insegnamento, tant’è vero che uno dei primi tentativi di cinema didattico in Italia, di cui è inventivo artefi- ce Vincenzo Guzzanti, docente di scienze naturali nel Liceo “Visconti” di Roma, consiste nel montaggio di film per le classi realizzati con materiale riadattati a fini didattici del repertorio del Luce (cfr. Vincenzo Guzzanti, Primo esperimento

del cinema didattico in Italia, «Rivista del passo ridotto», I, 1, luglio 1946). Sulla

sostanziale marginalità della cinematografia didattica nell’attività del Luce cfr. Roberto Farné, Diletto e giovamento, cit., pp. 207-212.

99 Ing. Cav. Guttuso Fasulo, Cinematografia didattica nelle scuole medie, «La rivi-

paesaggistici, industriali, scientifici ecc., destinati prioritariamente al mercato commerciale, e a parte il ruolo di alcune grandi case che lavorarono per conto terzi su progetti mirati di film a uso educativo e didattico, come l’Ambrosio100 o la Cines101, le esperienze produttive più

specifiche rimasero sempre nell’alveo delle iniziative velleitarie: dalla già ricordata Cinema Brixia Docet di Cremonesi, mai partita, alla pro- gettata società cooperativa milanese che avrebbe dovuto nascere, nel 1911, proprio come «istituto di produzione con capitale azionario»102,

dalle sparute «films di testo» dell’INM alla fantomatica Società ano- nima Duplex Rossi Film, per arrivare, nei primi anni Venti, alla pur interessante esperienza della Nobilissima Instruenda Film dell’ing. Vincenzo Traniello, società anonima di Napoli prioritariamente inte- ressata al rapporto con le scuole e con le imprese, promotrice della rivista «La conquista cinematografica», ed editrice nel 1921 di un solo film, I cavalieri del ferro d’oro, su soggetto di Ottavio Rebuffat, Amerigo De Nora ed E. D’Angelo, ordinari del Politecnico di Napoli103.

Questo problema del mancato decollo di una produzione cine-sco- lastica, come rileva Luisa Lombardi, si spiega col fatto che «da noi la

domanda di questo materiale era troppo modesta»104. In altri termini,

il serpente si morde la coda: da una parte, il cinema stenta a entrare nelle scuole o nei circuiti educativi perché ci sono pochi film didattici e istruttivi, dall’altra se questi film sono pochi è perché non sono ab- bastanza richiesti dalle scuole e dalle altre istituzioni non lucrative. C’è anche chi avrebbe, a suo dire, la soluzione per rompere il circolo

100 Nel 1908 l’Ambrosio realizza in collaborazione con il prof. Camillo Negro La

neuropatologia, film utilizzato dal celebre neurologo anche in funzione didattica.

101 La Cines collabora non solo, come si è visto, con l’INM, ma anche con Maria

Montessori. La casa romana realizzò infatti un film, di circa 800 metri, dedicato al metodo montessoriano e commissionato dalla stessa Montessori. La notizia, sino a oggi del tutto sconosciuta, è comprovata da alcuni documenti della casa di produzione romana risalenti al novembre 1913, in possesso dell’editore Paolo Emilio Persiani, che ringraziamo sentitamente per averceli resi noti.

102 La realizzazione della società era stata deliberata il 15 giugno 1911 dal con-

siglio d’amministrazione dell’Associazione Nazionale per le Proiezioni Luminose. Cfr. Deborah Toschi, Il paesaggio rurale, cit., p. 59.

103 Il film si poneva come obiettivo ideale (e altisonante) la «valorizzazione delle

energie d’Italia» (cfr. «La conquista cinematografica», I, 8, marzo 1922, p. 2), ma era in sostanza una sorta di docu-fiction, come si direbbe oggi, sulla siderurgia italiana, e in particolare su quelle aziende (Ilva, Ansaldo, acciaierie Terni ecc.) che avevano stretto un’intesa con la casa di produzione. L’ambizioso program- ma produttivo annunciato sulle pagine della «Conquista cinematografica» (una trentina di documentari scientifici, industriali e sociali, tra cui uno studio sulle moltitudini in condizioni di eccitamento) non avrà poi alcun seguito concreto.

104 Luisa Lombardi, Il metodo visivo in Italia. Le proiezioni luminose nella scuola

vizioso. I Gesuiti di «Civiltà Cattolica», per esempio, osservano che «se in Italia, come in altre nazioni, si proibisse per legge la frequenza dei cinematografi pubblici ai giovinetti sino ad una certa età, ne verrebbe di conseguenza che essi si riverserebbero nei cinematografi scolastici e in quelli approvati per la gioventù; quindi non mancherebbero i guadagni agli impresarii di questi cinematografi speciali» (cfr. infra, p. 278). Al di là di questa e di altre proposte quasi risibili, se si guarda al primo di- battito sul cinema educativo in una prospettiva attenta alle considera- zioni d’ordine economico, emerge una serrata e partecipata riflessione intorno al problema, anche politico, del profitto. Per Geisser si tratta di una questione decisiva nel portarlo a prevedere con certezza che l’in- gresso del cinema nelle scuole sarà sempre impossibile da realizzare. Il suo ragionamento è semplice: per produrre un film occorrono capitali cospicui, «incomparabilmente superiori a quelli richiesti per la fabbri- cazione di diapositive su vetro» (cfr. infra, p. 271 ss.), e dunque chi lo finanzia non può prescindere dalle esigenze del lucro, non solo del tutto estranee, sul piano pedagogico, agli scopi di una missione educativa, ma anche impossibili da soddisfare per la scuola, «cliente di limitati mezzi finanziari» (cfr. infra, p. 271).

Ne consegue, come aveva già sostenuto acutamente Socrate Topi nel 1913, che «commercialmente parlando le case editrici non potranno creare mai un ampio materiale adattato di films: la scuola dà appena da mangiare ai suoi insegnanti e […] vive povera in canna» (cfr. infra, p. 262). Geisser, da buon liberista, affronta la questione del profitto senza troppe implicazioni ideologiche o morali, limitandosi a una luci- da, disincantata riflessione sulle logiche di mercato. Altre voci interne alla borghesia liberale, invece, paiono animate da una certa veemenza critica, e moralistica. Gli strali colpiscono, in verità, non tanto il ci- nema didattico (d’altronde, come si è visto, di ridottissima rilevanza economica) ma il cinema di finzione. A «far discendere [il cinemato- grafo] dal suo alto concetto morale nobilissimo», sostiene per esempio l’insigne avvocato conservatore (ed ex procuratore) Avellone nel 1912, nella celebre lettera indirizzata al «Giornale d’Italia», è stata «l’avidità di lucro»105. Il cinema volgare, immorale, diseducativo, egli sostiene, è

un prodotto della logica, intrinsecamente capitalistica106, della specu-

105 Gian Battista Avellone, Il cinematografo e la sua influenza sull’educazione del

popolo, «Il Giornale d’Italia» 18 ottobre 1912, p. 3.

106 L’espressione «capitalismo» assume in questa sede un significato più storico

che ideologico. Come ha osservato Ligensa, già le prime case di produzione pro- pongono strategie tipiche del capitalismo moderno (come la standardizzazione, la competizione internazionale, la pubblicità). Cfr. Anemone Ligensa, Triangulating

a Turn: Film 1900 as Technology, Perception and Culture, in Anemone Ligensa,

Klaus Kreimeier (a cura di), Film 1900. Technology, Perception, Culture, Indiana University Press, Bloomington, 2009, p. 2.

lazione, interessata solo a «solleticare il basso gusto popolare»107. Per

Avellone questa centralità del lucro è una degenerazione del sistema, e si può, si deve combattere, così come si combatte l’usura, oggetto di una campagna del «Giornale d’Italia» elogiata dall’autore nelle prime