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Prima di tentare una ricostruzione, necessariamente essenziale, del complesso contesto di iniziative e pratiche legate al cinema educativo nell’Italia del primo Novecento, è opportuno fare una considerazione che andrà tenuta presente anche per i capitoli successivi: non è possibile indagare i primi passi della storia del cinema educativo, in Italia come negli altri paesi, e in particolare del cinema per le scuole, senza conside- rare la costante copresenza, non solo nelle riflessioni teoriche ma anche e soprattutto nelle pratiche didattiche e formative, di un doppio regime delle proiezioni educative: fisso (diapositive) e animato (film)1. Si tratta

1 La relazione oppositiva-integrativa tra immagini fisse e animate è stata messa

al centro di numerosi studi della più recente storiografia cinematografica delle origini, spesso in rapporto alla triade fotografia/cronofotografia/cinematografo. Si vedano, in particolare: François Albera, Marta Braun, André Gaudreault (a cura di), Arrêt sur image, fragmentation du temps. Aux sources de la culture vi-

suelle moderne, Payot, Lausanne, 2002; la sezione Débats fondateurs in Laurent

Guido, Olivier Lugon (a cura di), Fixe/animé. Croisements de la photographie et

du cinéma au XXe siècle, L’Age d’Homme-Lausanne, 2010; Tom Gunning, The

Play Between Still and Moving Images: Nineteenth-Century «Philosophical Toys» and Their Discourse, in Eivind Røssaak (a cura di), Between Stillness and Mo- tion. Film, Photography, Algorithms, Amsterdam University Press, Amsterdam,

2011. Sulla dialettica tra le proiezioni fisse e animate nel contesto delle proiezioni educative, invece, la bibliografia è ancora esigua. Per il contesto italiano si veda Silvio Alovisio, Cinematografo o proiezioni luminose? Immagini fisse e animate nel

primo dibattito italiano sulle proiezioni educative, «Immagine», 11, 2015, pp. 61-

103; Massimo Cardillo, Cinematografo o proiezioni luminose? Idee e propositi agli

albori della cinematografia, in Id., Tra le quinte del cinematografo. Cinema, cultura e società in Italia, Dedalo, Bari, 1987, pp. 25-46. Per il caso francese: Annie Re-

nonciat, Vue fixe et/ou cinéma dans l’enseignement: naissance d’une polémique

(1916-1922), in Beatrice de Pastre-Robert, Monique Dubost, Françoise Massit-

Folléa (a cura di), Cinéma pédagogique et scientifique. À la redécouverte des ar-

chives, ENS, Lyon, 2004, pp. 61-71; Christel Taillibert, L’usage mixte de l’image fixe et de l’image animée dans le domaine de l’enseignement durant l’entre-deux guerres, in Laurent Guido, Olivier Lugon (a cura di), Fixe/animé., cit., pp. 145-

155; Isabelle Saint-Martin, L’effet de présence: entre image fixe et image animée,

peraltro di una compresenza non proporzionata: i dati restituiti dalla già ricordata inchiesta nazionale promossa nella primavera del 1923 dal Mi- nistero dell’Istruzione Pubblica con il sostegno attivo dell’Istituto Italiano Proiezioni Luminose (d’ora in poi IIPL) presso le scuole elementari del Re- gno, per quanto poveri e lacunosi, rivelano come le proiezioni fisse siano all’inizio degli anni Venti ancora ben più diffuse nelle scuole rispetto alle proiezioni cinematografiche2.

I primi concreti tentativi di uso del cinema in funzione educati- va si collocano d’altronde all’interno di una tradizione – nel contesto italiano meno antica di quanto si creda – incentrata sulla proiezione di immagini «effimere»3 tramite lanterne magiche4. Al di là di queste

sperimentazioni sporadiche diffuse lungo tutto il XIX secolo, bisogna attendere che i programmi scolastici ministeriali inizino ad accogliere, dall’ultimo decennio dell’Ottocento, le implicazioni operative dell’anti- verbalismo, delle lezioni per aspetto e del metodo oggettivo perché si creino delle condizioni potenzialmente favorevoli per una più sistema- tica disseminazione di pratiche didattiche incentrate sulle proiezioni5.

du religieux. Recherches interdisciplinaires», numero speciale, 2012, http://cerri. revues.org/1058. Per il contesto tedesco: Thomas Elsaesser, Sabine Lenk, ‘Kino-

reformbewegung’ Revisited: Performing the Cinematograph as a Pedagogical Tool,

in Kaveh Askari et al. (a cura di), Performing New Media, 1890-1915, Indiana Uni- versity Press, Bloomington, 2015, pp. 163-173; Anthony Kaes, Nicholas Baer, Mi- chael Cowan (a cura di), The Promise of Cinema. German Film Theory, 1907–1933, University of California Press, Oakland, 2015.

2 A fronte, infatti, di quasi trecento impianti scolastici nazionali destinati alla

proiezione di immagini fisse, ne risultano solo trentacinque per le proiezioni cine- matografiche, mentre sessantanove sono gli impianti abilitati sia alle proiezioni fisse che a quelle animate (cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Le proiezioni

luminose, fisse e animate nelle scuole medie e nelle scuole elementari, cit., infra,

361 ss.). Una sproporzione analoga, d’altronde, era già stata rilevata dall’IIPL po- chi mesi prima, in un’inchiesta interna, indirizzata alle scuole secondarie clien- ti dell’Istituto Risultati dell’inchiesta sull’uso delle proiezioni luminose nelle RR.

Scuole medie e normali – Dicembre 1922, «Proiezioni luminose», II, 4, 1923, p. 7.

3 Sul concetto di immagine effimera (legata al cinema e alla fotografia), distinto

da quello di immagine “permanente” (quadri, manifesti, fotografie ecc.) cfr. Ando Gilardi, Tipologia delle effimere, «Photo-teca», 4, 1982.

4 Singolare il caso, ricordato da Donata Pesenti Campagnoni, di Carlo Povigna, au-

tore nel 1859 di un libello dal titolo Avviso pei signori genitori di agiate famiglie, dove si illustrava un metodo per l’insegnamento dell’alfabeto attraverso la lanterna ma- gica (cfr. Donata Pesenti Campagnoni, Quando il cinema non c’era. Storie di mirabili

visioni, illusioni ottiche e fotografie animate, Utet Università, Torino, 2007, p. 106).

5 Il nesso tra i programmi del 1888, condizionati dalla pedagogia di Aristide Ga-

belli, e lo sviluppo delle proiezioni educative è sottolineato in Stefano Agosti, Im-

magini luminose a scuola. Tra proposte teoriche ed esperienze a Pordenone nella prima metà del Novecento, ISTLIB, Pordenone, 2005, pp. 18-19.

In questo processo di ricezione, tardivo, lento e tutt’altro che lineare, il destino delle prime proiezioni cinematografiche educative si intreccia appunto con quello delle proiezioni fisse (spesso chiamate, nel dibat- tito dell’epoca, «proiezioni luminose»). Anche se, infatti, gli appelli per l’introduzione dei sussidi visivi tecnologicamente più avanzati nell’in-

segnamento circolavano nel nostro paese da decenni6, soprattutto per

iniziativa dei pedagogisti di orientamento positivista, «da noi il metodo dell’Insegnamento oggettivo mediante proiezioni luminose», osserva Mario Mazzinghi nel 1914, «ebbe fin oggi non numerosi seguaci, sì che l’Italia trovasi purtroppo ancora molto addietro in confronto ad altre nazioni»7. La storia italiana delle proiezioni educative fisse inizia quin-

di a decollare, molto timidamente, solo nei primi anni del Novecento,

a differenza di quanto accade in altri paesi europei come la Francia8

e il Regno Unito, dove la lanterna magica è utilizzata non solo nelle scuole ma anche nelle famiglie dei ceti più abbienti già negli ultimi decenni dell’Ottocento. Questo «consueto, congruo ritardo», per dirla con Geisser, imputabile prima di tutto a inerzie e resistenze d’ordine

culturale9 ma anche a incapacità organizzative e difficoltà economi-

che, fa sì che nel lento processo di rinnovamento delle metodologie e delle tecnologie didattiche in Italia, la promozione delle proiezioni edu- cative fisse, priva come si è detto di una forte tradizione alle spalle, si confronti già quasi al suo nascere con il cinematografo, apparso sulla scena pubblica non da molti anni.

Il rapido affermarsi del cinematografo come nuovo medium a im- patto sociale di massa determina allora su questo processo un effetto

6 Nel 1870, in un’Italia Unita da meno di un decennio, il pedagogista Aristide

Gabelli si rivolge ai maestri italiani perché nell’insegnamento tentino «di sostitu- ire fatti e immagini a vuote e sterili definizioni, di avvezzar a osservare, di tener desto e alacre lo spirito dell’alunno […] ponendolo a contatto col mondo reale, e quasi di trovar la verità da solo, piuttosto che regalargliela, o, peggio, imporglie- la.» (cfr. «Nuova antologia», 50, 1880 p. 527).

7 Mario Mazzinghi, L’insegnamento oggettivo nelle scuole, «La cinematografia ita-

liana ed estera», V, 110, 15-20 luglio 1911, p. 1434

8 Già nel 1895 il Musée Pédagogique di Parigi si era dotato di un servizio di for-

nitura di vetri per proiezioni luminose alle scuole (cfr. Christophe Gauthier, Au

risque du spectacle. Les projections cinématographiques en milieu scolaire dans les années 1920, in Beatrice de Pastre-Robert, Monique Dubost, Françoise Mas-

sit-Folléa (a cura di), Cinéma pédagogique et scientifique, cit., p. 74). Sulle origini delle proiezioni educative in Francia, oltre al saggio appena citato di Gauthier, cfr. Armelle Senthiles, L’Audio-visuel au service de l’enseignement: projections lu-

mineuses et cinéma scolaire, 1880-1940, «La Gazette des Archives», 173, 1996, pp.

165-182.

9 Alberto Geisser parla dichiaratamente di un «misoneismo» di Governo e Comuni

(cfr. Alberto Geisser, Le proiezioni luminose e il Consorzio Nazionale di Torino, «La coltura popolare», IV, 20-21, 15-30 novembre 1914, p. 970).

per certi aspetti paradossale: il portato innovativo del cinema e la viva- ce discussione teorica sulle sue potenzialità educative non incoraggia- no la diffusione capillare della cinematografia scolastica (per ragioni di cui si dirà a breve), però, proprio grazie alla loro intrinseca capacità di porre con forza la questione «sociale» della potenza pedagogica delle immagini, fanno da volano all’espansione delle proiezioni fisse nelle scuole. Come riconosce ex post, nel 1925, il direttore didattico Alessio, autore di una vasta inchiesta sulla diffusione dell’insegnamento visivo nelle scuole comunali di Torino, le proiezioni fisse «non presero mai largo sviluppo, finché non furono anche esse valorizzate dalla rapida diffusione nel mondo delle proiezioni cinematografiche»10.

Non stupisce, quindi, che le più importanti organizzazioni italiane per la promozione delle proiezioni educative non nascano negli ultimi

due decenni dell’Ottocento ma solo a cavallo degli anni Dieci11, cosa

che rende inevitabile, nei loro programmi d’intervento, l’intreccio tra proiezioni fisse e animate, sia pure quasi sempre egemonizzato dalle diapositive: è il caso, per esempio, della SIC, poi Unitas (Torino, 1907), dell’Istituto Micrografico Italiano12 (Firenze, 1906), della Società ano-

nima cooperativa per le proiezioni (Brescia, 1909), della Federazione cinematografica diocesana (Milano, 1909), della Seconda Sezione del Consorzio per le Biblioteche e le Proiezioni Luminose (Torino, 1909), della Società Cinema Bresciana (1910), dell’Associazione Nazionale per le Proiezioni Luminose (Milano, 1911), dell’Istituto Nazionale «Minerva» (Roma, 1912), dell’Opera delle Proiezioni Luminose (Milano, 1915)13.