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(1910)

Lessi sul «Corriere della sera», nella rubrica «Riviste e Giornali»:

Uno dei più strani e tragici casi di suggestione cinematografica è segnalato dall’«Araldo Italiano» di New York.

Tre scolaretti italiani dai dodici ai tredici anni, dopo aver assistito a una proiezione cinematografica, che rappresentava delle scene cannibalesche, ne furono così impressionati da voler fare l’antropo- fago anch’essi.

Appostatisi quindi in un tratto della cento-quarta strada, attesero al varco il primo fanciullo che fosse capitato, e che, per essi, doveva fare la parte del Missionario cristiano, destinato ad essere ucciso, arrostito e mangiato.

Il rogo era già pronto. Una catasta di legna secca fiammeggiava già al vento La mala sorte spinse in quel luogo un fanciullo novenne, solo, e subito gli furono addosso con grida selvagge e feroci. Il fan- ciullo ebbe un bel menar calci e pugni, emettendo urla spaventose; fu ridotto al silenzio e all’impotenza.

Egli, preso alla sprovvista, e stordito con una mazzata al capo, cre- dette insulle prime di essere stato investito da un’automobile; ma quando si vide legar mani e piedi e trascinato verso il fuoco, si rese conto della situazione e tentò, invano, nuovi sforzi per liberarsi. Un gruppo di donne uscenti di chiesa vide fortunatamente l’orribile scena, e mise in fuga i tre minuscoli assassini, liberando la vittima, che veniva portata in casa della madre, ove ricevette le prime medi- cazioni. Il poverino ebbe scottature gravi, specialmente ai piedi ed alle mani, con pericolo di mutilazione.

Così l’«Araldo Italiano».

Ora, anche ammettendo una buona dose di esagerazione per interesse di cronaca, il fatto raccapriccia, ma non meraviglia. È un frutto d’immagina- zione esaltata; e più ancora un fatto d’imitazione spontanea, giustificabile, terribile e ammonitore.

felice energia quale è una fervida immaginazione, sempre pronta a dar vita alle cose inanimate, e corpo alle ombre.

L’immaginazione è dai fanciulli espressa col desiderio di imitazione o di rassomiglianza; animali, cose e persone destano simpatie profonde, purché trovino le vie del cuore e della fantasia infantile. Non importa il mezzo: forza, bellezza, sapere, poco conta; purché abbiano il fascino di una superiorità riconosciuta.

La preferenza sarà data a ciò che meglio saprà eccitare la tendenza ad essere stimato. Quindi agli animali sulle cose; e alle persone su queste e su quelli. Spesso non occorre neanche tanto per destare entusiasmi e slanci di emulazione; basta una lettura fatta con calore; una biografia ben lumeggiata, di qualche grande, o meglio ancora una rappresentazione scenica alla porta- ta dell’intelligenza infantile.

A questo proposito ricordo quanto mi raccontava una brava maestra, circa le sue lezioni di storia. Un fanatismo. Una volta aveva appena finito di esporre alcuni episodi della guerra del ’59, che gli scolaretti, piccoli cosini di terza ele- mentare, alzandosi raggianti in volto, e frementi in tutta la persona gridarono concitati: «anche noi vogliamo andare soldati; anche noi vogliamo morire per l’Italia». Ardito proponimento, promessa di un avvenire di probità.

E quanti altri esempi simili potrei citare a conforto del mio dire, e a lode degl’insegnanti?

[...] Per questo, domando: in tali sorta di distrazioni, l’incremento della fantasia è così grande da potersi contrapporre all’equilibrio inevitabile, pro- dotto dal rapido succedersi di immagini, voluto dalle rappresentazioni cine- matografiche? L’ammonimento morale ha effetto più efficace dell’azione ma- teriale riprodotta con tutta l’arte preoccupata più di far piangere o ridere che di far pensare e riflettere?

E poi, anche quando i cartelloni e gli strilloni si affannano ad avvertire che lo spettacolo è esclusivamente per ragazzi, è proprio sicuro che il fine della rappresentazione è veramente morale? Il confine tra moralità e immora- lità è molto incerto; e quel che a un adulto si può esporre senza offenderne la dignità o la coscienza, non è sempre conveniente per un giovane, nonostante non pecchi di esagerazione, né di verità, né di buon gusto.

Del rimanente è riprovato che i nostri cinematografi cercano quasi tutti l’ef- fetto sicuro nella violenza dell’azione e nelle straordinarietà dei fatti. Drammoni mimici a tinte fosche, o farse volgari in cui la realtà si cambia in favola.

A festa finita che cosa rimane nella testa e nel cuore dei giovani spettato- ri? Un senso di biasimo per chi viola giocosamente la buona legge, o l’entusia- smo incondizionato per il monello che la fa, in barba all’autorità?

Nella vivace dimostrazione che si possono ingannare i superiori ed uscire per il rotto della cuffia; che si può trionfare della ragione con l’astuzia e la forza, come potranno i fanciulli ricavare per proprio conto che tutto questo è male, è brutto, è, cattivo? Non verranno, invece, alla conclusione opposta, cioè che in fondo è lecito ogni mezzo adatto a dar soddisfazione di amor pro- prio ed esca alle varie passioni?

Non accenno alla frequenza di spettacoli innocentissimi, semplicissimi che traggono tutta la loro popolarità dallo scherzo triviale; è evidente che il male esempio è tanto più pericoloso, quanto è più facilmente imitabile e lascia sempre una traccia nell’anima della gioventù.

Sarebbe preferibile il soprannaturale, l’inverosimile, che trasportano nel mondo delle chimere, a tante rappresentazioni che s’impongono col fascino del possibile!

Il discernimento morale è lento a palesarsi, ma non manca di graduale svi- luppo a cominciare dalla più tenera età. È quindi naturale che esso prenda la piega secondo l’azione datagli dall’ambiente sociale in cui un fanciullo vive.

E nell’ambiente sociale il teatro, il cinematografo, ogni specie di rappre- sentazione sono nello stesso tempo precetti ed esempi più forti, più eccitanti di qualsiasi altro della vita vissuta; sono teoria, ed esperienza fatta a spese altrui. Se la prova sarà isolata, si limiterà a scuotere la coscienza morale; se ripetuta, avrà forza di orientarla e di determinarla, qualche volta definitivamente.

Senza contare che, quando sieno ripetute, certe rappresentazioni faran- no l’abitudine all’esagerazione dall’immaginativa. Ed il convincimento che esse sieno normali e lecite; per quel che concerne il raziocinio seconderanno la tendenza della mente giovinetta a divagare di pensiero in pensiero senza ordine, e finalmente infiacchiranno la psiche infantile con sbigottimenti e paure tanto penose quanto invincibili.

La fantasia povera ed avida si compensa con l’esagerazione, e tende a simpatizzare col più forte.

Giuocando, i ragazzi preferiscono essere lupo piuttosto che agnello; piut- tosto il cane di terranova, che il fanciullo salvato. Nello studio delle stampe, tutte le preferenze sono per il più potente; quindi li avremo realisti finché Tar- quinio sa abbattere audacemente le corolle dei papaveri più alti, repubblicani, quando Bruto trascina la folla brandendo un pugnale.

Di ritorno dal cinematografo, il buon esito ottenuto da un monello sul pubblico, con un mossa insolente, sarà imitata con la certezza di ottenere gli stessi applausi; in caso contrario, il bambino si domanderà: Perché oggi i miei genitori mi sgridano di cosa della quale ieri hanno riso con me, trovandola spiritosa e di buon gusto?

Non va dimenticato poi che accanto alle indicazioni chiaramente palesa- te, sonnecchiano istinti latenti, i quali sotto determinati impulsi, come certe piante mettono inavvertiti, radici profonde, per isviluppare ad un tratto col tempo in foglie e in fiori rigogliosi e fruttiferi.

Una maestrina, parlando della lucertola ai suoi scolaretti di terza classe, aveva creduto di bollare a fuoco, chi si prende il barbaro gusto di tagliar la coda agl’innocenti rettili.

Ebbene? Quale era stata l’applicazione pratica del sermone?

Appena in libertà tutti gli allievi erano andati nel proprio orto, lungo la via, sulla piazza a far la posta alle lucertole; quasi tutti avevano cercato di esperimentare se proprio la vivisezione è una cosa dolorosa e pietosa.

Il cattivo non dovrebbe mai essere rappresentato nella tenera età; e, in caso, non dovrebbesi mai attirare su gli occhi infantili per farlo osservare direttamente; perché il bambino invece di fuggirlo all’occasione l’imiterà volentieri1.

Potrebbe l’affermazione trovare un esempio più favorevole del su accen- nato? Tuttavia aggiungerei che i bambini e i giovanetti non dovrebbero nep- pure esser posti nel caso di rilevare le debolezze dei superiori. Neanche per ischerzo essi dovrebbero veder menomato il rispetto dovuto all’autorità.

L’autorità, dirò parafrasando un bel giudizio del Mazzini sui sovrani, è come le statue; per essere ammirata deve essere lasciata sul suo piedestal- lo. Il suo imperio è un fatto di prestigio prima che di merito; mostratene le debolezze, fate capire che essa è suscettibile ad essere ingannata, e la bella predominanza mancherà, e morirà nella delusione dolorosa, o nel comico. Il potere morale è una conquista, prima che una virtù, e alla conquista si pro- cede con l’arma del merito, non solo, bensì anche con quella dell’apparenza del merito. La fiducia giovanile si offre spontanea a idealizzare il carattere e la condotta delle persone che per certe condizioni sono superiori ai giovanetti; guai, quando essi dovessero accorgersi troppo presto di aver creduto il falso. Si lasci all’esperienza dell’età il compito di modificare certi giudizi; l’azione deleteria troverà un compenso nella coscienza formata, nell’ideale astratto del buono compenetrato nell’anima con l’ammirazione della persona amata; e quand’anche questa dovesse scendere dal suo altare, vi lascerà viva la cono- scenza e l’amore del bene.

Le distrazioni non devono essere a scapito del sentimento e della salute. È penoso veder tornare da una ricreazione i fanciulli o stanchi, o sbalorditi e confusi, o maliziosamente sorridenti!

Interrogato un bel bambino di circa sei anni, intelligente e osservatore, di ritorno dal cinematografo, egli spiegò: Mi sono divertito. Ho visto Gesù Bam- bino rapito dai Re Magi, e San Giuseppe che piangeva e poi uccideva con la pistola i Re, e riportava il Figlio alla mamma, la Madonna.

Straordinariamente sorpresa e incredula, ripetei l’interrogatorio, cam- biando ordine e forma alle domande; ne ebbi sempre lo stesso riassunto.

Allora, a titolo di curiosità, mi informai del vero procedimento della rap- presentazione; così seppi che i quadri erano stati due: uno aveva esposto la storia della Natività, quale ce la ricorda qualsiasi presepio; l’altro, un certo episodio romanzesco del rapimento di un fanciullo dalla casa paterna, per opera di malviventi, rintracciati e uccisi a colpi di pistola. Dal padre del pic- cino rapito.

Nella mente affaticata del mio piccolo amico, le immagini si erano come sovrapposte, dando per risultato il ricordo di un solo avvenimento, in cui i personaggi battezzati con i nomi più cogniti, rappresentavano la parte più

1 [Giuseppe Sergi, L’educazione del carattere. Seconda edizione corretta e aumentata,

terrorizzante e più facilmente accessibile all’intelligenza infantile. Di qui la graziosa combinazione di San Giuseppe vestito in soprabito e cilindro, che maneggia felicemente un’arma da fuoco, della fuga in Egitto che si modifica in un rapimento; e dei Re Magi diventati tre briganti, travestiti da accattoni.

Tutto questo dava, poi, per risultato finale una grande stima per il corag- gio del mite Padre del Nazzareno, e una sconfinata simpatia per la trovata dei rapitori che aveva procurato l’invenzione di un giuoco nuovo: i briganti, di giorno; e una terribile paura dei ladri di bambini, di notte.

Ma lo sgomento svegliato dalla tragicità degli episodi colpisce tutti i ra- gazzi, anche quelli di dodici o tredici anni.

Ho fatto fare in classe, nelle elementari e in alcune scuole secondarie inferiori, un componimento rispondente al tema, formulato diversamente a seconda della capacità dei discepoli, «Di ritorno dal cinematografo – impres- sioni e pensieri».

I singoli lavori hanno avuto tutti presso a poco le stesse affermazioni. A unanimità assoluta è stata la confessione di un’impressione fortissima e penosa così che nessuno, per qualche notte ha potuto dormire quietamente.

Alcuni hanno fatto sogni angosciosi, hanno avuto incubi spaventosi; ed hanno reclamato la presenza della mamma o di altra persona adulta presso il lettino, finché, trionfando la stanchezza, non si sono riaddormentati. Altri hanno preteso assolutamente di essere accolti nel letto dei genitori, perché avevano paura a dormire soli; altri ancora hanno avuto il bisogno di soporife- ri e di calmanti per quietarsi, ed hanno avuto perfino una leggera febbre.

Il programma degli spettacoli era quello che si ripete giornalmente in tutte le città d’Italia; quindi vuol dire che esso non è adatto, anzi è sconve- niente per i nostri figliuoli, e che i nostri figliuoli non sono tali da sopportare impunemente certe emozioni.

Oggi, anche i bambini sono nervosi, vibranti, direi, come corde tese; ma- gari non sono affettivi, ma sono morbosamente eccitabili; si può quindi ar- guire di quanto male possono essere causa indiretta, e quale pericoloso spo- stamento possono portare nella percezione della condotta morale, alcune di queste distrazioni.

Qualche famiglia cui ho esposto il problema ha obbiettato che la tesi, giusta in astratto, poteva raccogliere una larga messe di eccezioni in tutti i fanciulli robusti, quieti, semplici, i quali tutt’al più non capiscono nulla, ma non sono suscettibili di forti emozioni, per nessuna violenza d’azione

Dato e non concesso anche questo, la questione è girata, ma non risolta. Se un ragazzo, vedendo proiettato l’inseguimento di un malandrino per opera dei carabinieri o la lotta tra guardie di Finanza e contrabbandieri, o simili, fa voti per «quei poveri ladri», e impreca ai tutori della legge, del buon ordine, e del diritto degli onesti, vuol dire che l’anima sua è più penetrata dall’urgenza del fatto, che dal valore morale di questo. Non gli si potranno negare movi- menti di pietà; ma quali sensi sono quelli che s’impongono alla coscienza del dovere, e scusano e approvano la colpa? Essi simpatizzano per le sofferenze dei colpevoli, non pensando al danno degl’innocenti, e questi primi moti di

simpatia, che dovrebbero combattere l’egoismo, s’intensificheranno, invece, in un interessamento vivace per chi è meritevole di biasimo.

[...] Ogni giorno si sa il caso di risoluzioni ed azioni apparentemente senza causa, ma la causa c’è; risale forse lontano nel tempo come una memoria so- pita che si riaffacci a un dato momento alla psiche; ma dà impulso all’azione, spinge alla risoluzione, magari determina una certa linea di condotta, e forse scompare ancora per non tornare che a intermittenze, o più mai.

Potrà una causa cattiva generare un impulso buono? Potrà un’immagine torbida esaltarsi in nobili ideali?...

No. No; i nostri sforzi dovranno mirare a svegliare nei fanciulli l’antipatia per ciò che non è buono, né si deve pretendere d’arrivare a questo con esem- pi cattivi, o con la paura delle punizioni. La tema del castigo può una volta o l’altra essere vinta, non così l’amore al bene; questo si basa su sentimenti altruistici e socievoli; quella, sul più perfetto egoismo.

Tempo addietro il D’Annunzio espose, non ricordo a qual proposito, l’idea dii valersi del cinematografo a scopo educativo, con proiezioni che illustrasse- ro le bellezze naturali ed artistiche dell’Italia nostra; forse a questo bastereb- be raggruppare gli elementi disseminati qua e là nelle produzioni molteplici di società diverse, e arriveremo un giorno: ma chi vorrà raccogliere la nobile idea per metterla a servizio delle nostre scuole? Chi saprà fare di un divertimento volgare lo strumento migliore di educazione estetica e di cultura storica e scientifica?

Intanto gl’istituti clericali qui in Brescia, per citare una città, riconoscen- do il valore di questa industria come sussidio di educazione, se ne valgono sistematicamente per l’insegnamento religioso, e vi spendono migliaia di lire, ben sapendo a quale alto frutto pongono il loro capitale.

[...] Sono queste cifre significative di un’eloquenza tale da non richiedere commenti. Seguendo l’esempio, o per ispirazione propria, o per contrapposto, non so, sempre qui in Brescia si è costituita una Società che ha impiantato un cinematografo scolastico a scopo istruttivo e morale; e pare che l’istituzio- ne generosa fiorisca felicemente2.

Sarebbe, dunque, da augurarsi che anche le altre città d’Italia imitassero la bella iniziativa, per carità di patria, senza lasciarsi prendere la mano da congreghe unilaterali.

Brescia docet.

Brescia, 12 marzo 1910.

«Rivista di pedagogia», Milano, V, 3, aprile 1910, pp. 73-79.

2 [Campetti si riferisce quasi sicuramente alla società Cinema Bresciana, fondata nel