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Le proiezioni luminose applicate all’insegnamento elementare

(1911)

[…]. Il fanciullo non impara che per mezzo dei sensi e non è paradosso il sup- porre che i fanciulli nella scuola si acconcino talora ad ascoltarci, anche sen- za intenderci, come ascolterebbero una musica sconosciuta, o pel freno della disciplina, o pel diletto che la loro immaginazione sa trarne. […]. D’altronde noi stessi non ci appaghiamo più di ascoltare le conferenze d’illustri oratori senza l’esca d’un’azione cinematografica o delle proiezioni luminose, poiché non sempre la parola penetra chiara nella nostra mente che è troppo affatica- ta, troppo distratta da mille cure per tener dietro a un lungo ragionamento. Vogliamo vedere, toccare anche: abbiamo bisogno di qualcosa che vinca l’in- fingardaggine della nostra mente, che fissi dentro il nostro cervello l’immagi- ne della idea, prima ancora che giunga la parola a darla. […]. Aristide Gabelli, precorrendo l’evoluzione del metodo didascalico, consacrava la formola della spontanea cooperazione della mente infantile nella scuola, raccomandando al maestro di «condurre il fanciullo a scoprire di per sé stesso la verità»; ma su che cosa s’aggireranno le sue indagini per le conseguenti deduzioni se non sul vero concreto o sull’immagine sensibile di questo vero? […]

L’idea non penetra nella mente del fanciullo che mediante la sua incorpo- razione col mondo fisico; non si determina e si fissa con evidenza e chiarezza se non col sussidio delle immagini, le quali sono pascolo gradito all’occhio infantile, appunto per l’immediata azione del percepire che esse promuovono nel suo intelletto.

L’occhio, meraviglioso congegno di fattura divina, ha nell’educazione in- fantile un ufficio pari alla sua radiosa potenza, e come è specchio dell’animo nel riflettere le impressioni, così è per la via più diretta ed immediata per le percezioni che danno vita e materia al pensiero. Né basta: mentre l’intelletto intuisce e percepisce, l’anima vibra penetrando nelle regioni del bello, del vero e del buono, substrato dell’opera educativa.

Poiché tanto potere ha l’occhio nell’educazione del fanciullo […] quando non è possibile presentargli realmente ciò su cui intendiamo richiamare la sua attenzione e esercitare la libera azione del suo spirito, diamogliene l’im- magine fedele con le proiezioni luminose.

apparivano draghi, alipedi e volanti corsieri, poi bizzarri, grotteschi tipi del buon umorismo paesano; e noi, bimbi contenti si rideva, di quello schietto riso che fa buon sangue, ed è per l’infanzia fiamma avvivatrice dei buoni istinti. […]

Quella lanterna magica che nei suoi mezzi e nei suoi fini era in perfetta armonia con le condizioni di vita e le consuetudini del tempo, penetrò, quasi spiraglio della vita mondana, nei collegi e nei conventi, a serenar lo spirito [...] delle manse educande sino a che, mutati i tempi, come l’antico teatro, passò dalle mistiche silenziose navate del convento alla piazza, donde, immutata, si ridusse a trastullare le rozze fantasie dei semplici abitatori sperduti fra le gole dei monti, oppure, provveduta di nuove lenti, sostituito al primitivo, modesto lumicino a olio il radioso foco di un arco voltaico, trionfa in pù aperti campi, offrendo pascolo di utili svaghi a grandi e piccini, a dotti e ignoranti.

Oramai non v’è più lembo di terra, né valle, né monte, né fauna che, colto dall’obiettivo fotografico, non sia reso universalmente noto; non c’è più conferenziere che non ricorra confidente e grato alle proiezioni luminose per aggiungere attrattiva alla sua parola, non v’è più laboratorio scientifico, non istituto di alta coltura, ove la lanterna magica, vestita di nuove forme, con più dignità e decoro, non sia penetrata, occupando un posto di alta importanza per scientifici e razionali sistemi d’insegnamento, per la diffusione della col- tura nelle caserme e negli istituti, fra i dotti come fra i plebei; a studio e sol- lazzo della mente; affermazione eloquente di compiuti ardimentosi viaggi, di pazienti indagini nei liberi campi del cielo, negli abissi del mare, nelle viscere della terra.

Quella modesta lastra, che parve un prodigio in mano a Daguerre, ha compiuto evoluzioni prodigiose; così che dalla camera oscura sono uscite un’arte e un’industria, sussidio potente al magistrato, al sociologo, al geologo, all’astronomo, al biologo. Tutti gli studi, tutti gl’insegnamenti se ne avvantag- giano, tutti i sentimenti dell’anima v’attingon i loro conforti e le loro ispira- zioni. Noi sentiamo il bisogno di fissarvi non solo gli aspetti cari, ma i luoghi prediletti; viaggiando non ci basta la viva impressione che luoghi e persone fanno sull’animo nostro, vogliamo portarne dentro qualcosa di più per ravvi- varne il ricordo.

L’immagine, penetrando per gli occhi dentro l’anima, vi risveglia sopite rimembranze del passato mesto o giocondo; e per essa si ripalpita ciò che è dolore o gioia, e chi ci fa sentire di non essere vissuti invano.

Se l’immagine ha su di noi il potere di risvegliare sensi e impressioni che il tempo cancellerebbe, se la fotografia esplica la sua azione benefica e me- ravigliosamente istruttiva in un campo così ampio, se tutto lo scibile umano se ne avvantaggia, perché non utilizzarla per la scuola e soprattutto per la scuola primaria? Perché inaridire le fonti ispiratrici del genio infantile con aride esposizioni di parole meno intese che ascoltate, mentre il bimbo, avido di sapere, chiede immagini e non frasi, cerca pascolo agli occhi più che suoni per gli orecchi? Penetriamo per poco nel suo cervellino e immaginiamone l’interno lavoro quando lo si interroga su cose ch’egli non vide mai. È un abis- so fra il suo potere e la nostra richiesta: abisso in cui precipitano spesso la

simpatia per chi lo interroga e l’amore per lo studio: sovrani principi su cui si fonda l’opera della scuola. […]

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Erano più di sessanta i piccoli frugoli, ma parvero ad un tratto resi seri ed immobili dal fascino che la nuova lezione esercitava su loro. Cessata l’ug- gia fastidiosa del sentir parlare di cose ignote che non possono ispirare al- cun interesse, quei piccini sentivano finalmente che nella scuola si imparava qualche cosa e lietamente s’acconciavano ad essere istruiti. Discutevano fra loro delle cose vedute e di questa spontanea, libera, feconda discussione casa e scuola sentivano il benefizio. Se molti ancora, purtroppo, pur nel campo della scuola, sono gli oppositori, se troppi ancora infiorano il labbro d’un fine sorriso scettico e sapiente all’udir parlare dell’introduzione delle proiezioni luminose come sussidio efficace e indispensabile all’insegnamento, ripensan- do a quegli adorati piccini […], agli ottimi risultati ottenuti, si scordano le lotte, le amarezze, si ritorna ridenti e sereni.

La fiducia è dovuta non solo all’eccellenza dell’idea, ma alla spontanea, favorevole accoglienza fattale dagli insegnanti della mia scuola. Maestri e ma- estre gareggiarono nobilmente per attuare il nuovo metodo d’insegnamento, superando con sacrifizi d’opera e di denaro le difficoltà dell’inizio.

[…] Tutto era da fare; pure, dall’esposizione dell’idea, fatta sperimental- mente in una pubblica conferenza, alla sua attuazione, corse brevissimo tem- po. Si tentarono le prime prove con un centinaio di belle fotofanie generosa- mente regalateci da Guido Rey […]. Compilato un programma didattico delle principali lezioni che nelle varie classi devono essere illustrate con le proie- zioni luminose, si formò l’elenco delle fotofanie che parvero più utili all’uopo. I cataloghi delle case estere suscitavano dei cupidi desideri, ma ragioni eco- nomiche ci costrinsero a frenare l’impazienza di acquisti troppo larghi, e con- siderazioni didattiche ci persuasero che l’opera artistica dello stesso maestro può con utilità grande sopperire alla bisogna […]. Perciò, prima che dai cata- loghi delle case industriali, il fabbisogno per le proiezioni luminose didattiche nella scuola elementare è utilmente indicato e preparato da chi insegna con intelletto d’amore, e sa come si deve procedere nell’insegnamento. […]

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Dopo due anni di esperimenti non è più illusorio il giudizio che si può co- scienziosamente dare sui risultati ottenuti dall’introduzione delle proiezioni lu- minose didattiche, né il compiacimento è vanità personale. Solo pensosi del bene della scuola e preoccupati dalla necessità di un’attiva, efficace cooperazione per rialzarne le sorti e migliorarne le condizioni, ci è caro il poter dichiarare che le proiezioni luminose come sussidio didattico produssero i seguenti risultati:

Per gli alunni: 1. Attrattiva della scuola. 2. Ricchezza d’idee, di pensieri, d’affetti. 3. Agevolamento al comporre. […]

Uno degli ostacoli maggiori all’insegnamento è la sperequazione delle in- telligenze e della volontà. V’è il bambino perspicace che intuisce e intende quasi direi a volo, v’è il tardo che non intuisce niente, che non capisce mai, v’è lo svogliato, riluttante ad ogni eccitamento, v’èa invece il volenteroso, che non solo ci segue, ma ci previene; chi studia per disposizione naturale, chi perché vi è forzato: chi ha memoria felice e chi non ne ha punto; chi è in casa coadiuvato dall’opera di un’amorosa, intelligente mammina, chi, poveretto, non ha alcuno che pensi ch’egli è soprattutto uno scolaro, e tutti questi agenti producono quella varietà imbarazzante di tipi che l’insegnante deve con fatica e delusione ridurre all’unissuono [sic], contemperando e adattando l’opera sua alle varie indoli, ai differenti gradi d’intelligenza, alla condizioni di varia natura de’ suoi discepoli. […]

Dinanzi allo schermo proiettante l’immagine di ciò che loro si vuol far conoscere, non uno degli alunni si mostra indifferente o svogliato o distratto: l’intelligente come il grullo, il pigro come lo studioso, tutti ad un tratto paiono fatti perspicaci e attenti, tutti consci ed entusiasti, perché tutti vedono ciò di cui si vuole loro parlare e tutti, senza distinzione e senza fatica, sentono d’imparare qualche cosa di nuovo, di utile, di bello. La lezione illustrata con le proiezioni era una festa per tutti e gl’insegnanti se ne valsero anche come mezzo di disciplina: scemarono sensibilmente le assenze, e, come già dissi, si videro alunni venire alla scuola anche sofferenti, spinti dal desiderio di non perdere la lezione “luminosa”, come essi la chiamano.

Un immediato, benefico influsso di questo risveglio intellettuale lo si ebbe nel componimento. Quel tormentoso esercizio delle menti infantili costrette spesso a vaneggiare intorno ad argomenti ignoti e punto sentiti, parve ad un tratto fatto meno arduo e uggioso. I fanciulli scrivono e parlano volentieri di ciò che sanno bene e sanno bene solo ciò che videro e osservarono attenta- mente. […] Bastarono poche lezioni perché, specialmente nella classe terza, ove il comporre presenta sempre le maggiori difficoltà, alunni e alunne ga- reggiassero nel diffondersi a scrivere con facilità e maggiore correttezza delle cose vedute nelle lezioni illustrate con le proiezioni. Che è ciò se non l’imme- diato scopo della scuola svolgere le facoltà intellettuali e dare la pratica della lingua? Avviare i fanciulli a pensare con la loro testa mediante l’osservazione sulle cose sensibili e esercitarli a esprimere oralmente e per iscritto i loro pen- sieri, non è forse lo scopo precipuo dell’insegnamento? […]

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Ma perché le proiezioni luminose didattiche nella scuola primaria siano efficace sussidio all’insegnamento e a tutta l’opera educativa, è necessario: 1. Determinare classe per classe uno speciale programma didattico delle nozio- ni che, non potendo essere date efficacemente col sussidio dell’oggetto reale, debbono essere illustrate con le proiezioni luminose. 2. Possedere con sicu- rezza il metodo didattico consigliato da Aristide Gabelli per guidare il fanciul- lo a scoprire di per sé stesso la verità. 3. Trattare alternativamente argomenti di varia natura, benché sempre rispondenti al programma didattico. 4. Ogni

lezioncina sia in parte richiamo a ciò che insegnò nella precedente e parte d’argomento nuovo per l’alunno. 5. Prudenza didattica guidi a stabilire quan- do convenga o no dar notizie preliminari in classe su ciò che sarà argomento di lezioni con le proiezioni luminose. 6. Disporre che le lezioni non durino mai più di 20’ nelle classi inferiori e non oltrepassino i 30’ nelle classi superiori. 7. L’aula in cui si raccolgono gli alunni per le lezioni con le proiezioni luminose sia dell’ampiezza di una classe comune, perché nulla abbia di spettacolo da eccitarne la facile distrazione e sminuire loro in quel senso di rilevanza che la scuola deve costantemente ispirare. 8. Invigilare senza diffidenza sulla disci- plina. Il buio necessario a render più viva e profonda nell’animo del fanciullo l’impressione dell’immagine riprodotta, potrebbe costituire un pericolo quan- do i fanciulli sapessero di non essere invigilati. L’oscurità però non è mai così assoluta da non consentire all’insegnate di vedere tutta la scolaresca, e s’egli avrà cura di stare alle spalle anziché di fronte agli alunni e con prudente di- scernimento li disporrà così da avere più vicini quelli di cui meno si fida, se non sapienza didattica saprà eccitarne lo spirito d’osservazione, indurli tutti a pronte, esatte risposte, così che tutti siano compresi da un unico pensiero: quello di vedere, osservare e saper dire, non avrà nulla a temere per la disci- plina.

In due anni di esperimento, anche adunando più classi insieme, non si ebbe a deplorare il menomo disordine e la lezione con le proiezioni luminose fu sempre e per tutti un’esca potente e un mezzo disciplinare efficacissimo.

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[…] Nell’osservazione delle immagini proiettate lasciamoci guidare dall’alunno anziché guidarlo, confidiamo nel suo valore mentale, nella per- spicacia del suo intuito, nell’agilità del suo pensiero, nella nascente sua forza morale.

Libertà e attività: siano dunque i fanciulli stessi gli scopritori delle cogni- zioni che si vogliono loro fare acquistare, dicano a gara il proprio pensiero su quel vero sensibile; centuplichino a quella luce parlante l’energia del loro spi- rito; guardino osservino, confrontino, deducano; non si rida dei loro ingenui spropositi; ma si correggano, maternamente affettuosi, rincorando. […]

A giudicare dai programmi preposti, s’avrebbe ragione di sospettare che la quantità di cognizioni da impartirsi ai fanciulli che frequentano la scuola elementare e popolare, debba crescere in proporzione dello svolgersi di tutte le altre manifestazioni della vita moderna, come se il cervello infantile fosse divenuto più comprensivo e capace. In vero, gli attuali programmi fulgidi per l’eloquenza profusavi dal letterato, la dialettica del filosofo e il razionalismo dello scienziato, inducono maestro e alunno nella presuntuosa certezza di dover fare nella scuola elementare […] insegnamenti gravi, di cui non si devo- no dare all’alunno che poche e chiare nozioni le quali possono virtualmente compendiarsi tutte nell’insegnamento della lingua nazionale, che costituisce il precipuo scopo della scuola elementare.

Ma insegnare a parlare e a scrivere una lingua implica un precedente e costante esercizio del pensiero, esercizio che trae i suoi argomenti da tutto ciò che più giova al fanciullo di conoscere, che è più inerente alle consuetudini della sua vita e che più efficacemente e più utilmente può provocare l’azione graduata e successiva della sua mente, eccitando col pensiero il suo cuore e la sua volontà.

Tutto ciò che può giovare alla ginnastica della mente infantile, pro- muoverne la percezione, l’intuizione e l’osservazione; tutto ciò che può fare sull’anima piccoletta una dolce impressione suscitare un affetto, dare un uti- le ammaestramento è quindi una materia proficua di studio. […]

La dottrina è luce fulgente che illumina e avvalora, ma l’esperienza (non erroneamente chiamata “madre di sapienza”) è guida prudente in ciò che con- cerne la vita del fanciullo, epperò non sarebbe inutile il contributo di donna colta ed esperta educatrice nella compilazione dei programmi di studio per la scuola elementare. I quali, comunque fatti, costituiscono la pietra miliare delle cognizioni da impartirsi, segnando il cammino per cui devonsi condurre gli alunni: luminoso cammino su cui convergono contemperandosi e inte- grandosi nell’insegnamento della lingua tradizionale, nozioni di varia natura come esercizio del pensiero più che inizio di studi scientifici.

[…] Nella prima classe, ove la mente del bambino si schiude a fatica e la parola di per sé sola poco vale a snebbiare i cervellini ancora involuti nel sopor mattutino, gli si devono presentare sensibilmente tutte le immagini significate dalle parole ch’egli va imparando a leggere. […].

Nella seconda classe, sciolto dal vincolo che nella prima classe pone il cosidetto sillabario, l’insegnante può e deve ordinare le sue lezioni gradata- mente e con tutte le norme suggerite dalla didattica. I soggetti riprodotti sullo schermo, avvivati dalla luce e da un sensibile ingrandimento, saranno vitale argomento di conversazione, purché non si scenda in troppi particolari scien- tifici, purché più dell’insegnante parlino gli alunni, gareggianti nell’esprimere liberamente i loro pensieri.

Se nelle prime due classi della scuola elementare il lento risveglio della psiche e dell’intelligenza infantile impone all’educatore un’assidua scrupolosa vigilanza sulla scelta dell’argomento e sul modo di trattarlo, più libero e am- pio si fa il campo nelle classi successive, ove le chiare cognizioni acquistate e la conoscenza pratica della lingua parlata, permettono al maestro di fare qualche assegnamento sulla forma espositiva, senza però abusarne. […]

Non v’ha intellettività cui la mente del fanciullo non giunga per mezzo dei sensi fisici, per quanto alta e complessa essa sia. Nessuna nozione gli riesce, ad esempio, più ostica di quella riguardante la struttura del corpo umano […], eppure presentando a una scolaresca della terza o quarta classe un qua- dro luminoso rappresentante ingrandito dapprima, poi in dimensioni natura- li, o il cuore, o l’apparato digerente, o il cervello umano, saremmo meravigliati dell’attenzione prestata da tutti gli alunni. Poche parole del maestro bastano a guidare i fanciulli alla denominazione di ciò che vedono, a dar l’idea iniziale delle più importanti funzioni del corpo umano. Ogni immagine luminosa, ap-

pena presentata all’occhio del fanciullo, è come una rivelazione: dissipa tutti gli errori e i preconcetti, dà la coscienza della realtà presentandola nella sua mirabile semplicità e, oltre a un tesoro di esatte cognizioni, induce nell’alun- no la prima idea della sua personalità nell’affermazione del proprio io col: vedo, tocco, comprendo.

Una materia di studio che fino a pochi anni fa riusciva tra le più difficili e stucchevoli agli alunni, era la geografia, spolpata e dissanguata per modo da ridursi a una litania di nomi aridi, a cui non si associava nessuna idea, che non destava alcuna immagine, che non fruttava nulla, se non si toglie la fatica dell’alunno per mandare a memoria tanti barbari nomi senza annet- tervi un pensiero. Oggidì le cose sono alquanto mutate; ma il fanciullo non trae ancora da questo studio quel vantaggio immediato che lo può indurre a cercarlo come una piacevole occupazione dello spirito. [...]

Il fanciullo è facile all’entusiasmo e ponendogli innanzi agli occhi qualche viva immagine di bellezza naturale, presta attenzione così che, senza difficol- tà, lo si può venir ammaestrando sulle cose che deve conoscere.

L’Italia è tutta intersecata da monti maestosi, non è quindi difficile il dar- ne il concetto intuitivo generale; ma volendone presentare le caratteristiche e dare, ad es., l’idea d’un ghiacciaio o della sorgente d’un fiume o di un luogo alpino o d’una cascata o d’un ospizio o d’un rifugio, più che ad una definizio- ne giova ricorrere alle proiezioni luminose. Colpiti dalla potenza del quadro luminoso, i fanciulli, come se li commuovesse al vero la bellezza di ciò che è loro presentato e si trovassero realmente di fronte a uno dei nostri colossi alpini, fra quelle immense rupi scoscese, in mezzo a quelle solitudini solenni e sentissero il misterioso fascino della poesia che vi spira, se ne stanno seduti a contemplare. […] Il piacere dell’osservare nasce soprattutto dalla persua- sione di godere insieme il bello e la verità. […]. Con questo metodo pittoresco e scientifico insieme di studiare la geografia che Humbolt per primo additò agli studiosi, la nomenclatura geografica perderà l’antica aridezza e diverrà sussidio piacevole ed efficacissimo di educazione intellettuale e morale.

Se vi ha concetto difficile a rendersi intuitivo è quello della divisione del tempo. Il bambino, per l’insita tendenza che ha di ammirare tutte le cose, parla delle ore e dei giorni come se fossero materiali e intuisce in un suo modo