• Non ci sono risultati.

Nel modello di commisurazione della pena delineato dal codice penale, un ruolo significativo è ricoperto dalle circostanze del reato294. Come è stato rilevato, esse rappresentano il «punto cruciale» della commisurazione della pena295.

291 Corte cost., sent. 12 - 14 ottobre 1988, n. 971, in Giur. cost., 1988, I, 4571. I ragionamenti contenuti in quella sentenza sono stati ripresi successivamente in altre pronunce. Si vedano Corte cost., sent. 31 gennaio - 2 febbraio 1990, n. 40 (in Giur. cost., 1990, 142), Corte cost., sent. 11 - 18 gennaio 1991, n. 16 (in Giur. cost., 1991, 102), Corte cost., sent. 5 - 23 novembre 1993, n. 408 (in Giur. cost., 1993, 6) e Corte cost., sent. 17 - 30 ottobre 1996, n. 363 (in Giur. cost., 1996, 3175). In tema di reati militari, laddove viene necessariamente scontata una maggiore discrezionalità del legislatore, si vedano comunque le significative Corte cost., sent. 25 ottobre – 7 novembre 1989, n. 490 (in Cass. pen., 1990, 803) e Corte cost., sent. 27 novembre - 11 dicembre 1997, n. 383 (in Cass. pen., 1998, 1059).

292 Il che vale ancora di più quando i reati presupposti sono una molteplicità non omogenea, come nel caso del classico richiamo ai reati di cui agli artt. 380 e 381 cod. proc. pen.

293 Per approfondimenti, M.CENTINI, Automatismi sanzionatori tra principio di non colpevolezza e principio di ragionevolezza, in Giur. cost., 2006, 3, 2649.

294 In argomento, in ordine alfabetico, G. CONTENTO, Introduzione allo studio delle circostanze del reato, Napoli, 1963; G. DE VERO, Circostanze del reato e commisurazione della pena, cit.; A. GARGANI, Commisurazione della pena, in F.PALAZZO,C.E.PALIERO (diretto da), Trattato teorico/pratico di diritto penale, III, Torino, 2011, 2; R.GUERRINI, Elementi costitutivi e circostanze del reato, I, Milano, 1989; A.R.LATAGLIATA,

La disciplina delle circostanze è attuazione dei princìpi di offensività e di proporzionalità-ragionevolezza che impongono, già al legislatore, di considerare e dare rilievo, in astratto, alle circostanze più ricorrenti.

La presenza di queste, in concreto, manifesta, seppur a fronte di condotte riconducibili alla medesima fattispecie penale, un diverso valore o disvalore del fatto, in termini di minore o maggiore carica offensiva, e, pertanto, giustificano un diverso trattamento sanzionatorio.

La modifica del trattamento sanzionatorio può avvenire in due modi: in termini quantitativi, sotto forma di modifica proporzionale della pena edittale, ovvero in senso qualitativo, prevedendo, ad esempio, la reclusione in luogo della multa, o viceversa.

L’incidenza delle circostanze sulla commisurazione della pena è oggetto di una disciplina alquanto complessa (artt. 63-69 cod. pen.), di cui non è possibile dar conto dettagliatamente in questa limitata sede296.

Circostanze discrezionali e prescrizione del reato, Napoli, 1967; A.MANNA, voce Circostanze del reato, in Enc. giur., VI, Roma, 1994; ID., voce Circostanze del reato, in Diz. dir. pubbl., Milano, 2006, 893; A. MALINVERNI, voce Circostanze del reato, in Enc. dir., VII, Milano, 1961, 966; G.MARINI, Le circostanze del reato. Parte generale, Milano, 1965; ID., voce Circostanze del reato, in Noviss. dig. it., Appendice, Torino, 1980, 1254; A.MELCHIONDA, La nuova disciplina di valutazione delle circostanze aggravanti, Milano, 1993; ID., Le circostanze del reato. Origine, sviluppo e prospettive di una controversa categoria penalistica, Padova, 2000; T.PADOVANI, voce Circostanze del reato, in Dig. disc. pen., II, Torino, 1988, 188; S.PROSDOCIMI, Note su alcuni criteri di classificazione delle circostanze del reato, in Indice pen., 269; A.SANTORO, Teoria delle circostanze del reato, Torino, 1933; ID., voce Circostanze del reato, in Noviss. dig. it., II, Torino, 1959, 264; A.M.STILE, Il giudizio di prevalenza o di equivalenza tra le circostanze, Napoli, 1971. Si veda altresì, G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 417.

295 R.BARTOLI, Le circostanze «al bivio» tra legalità e discrezionalità, cit. «Le circostanze proprie nascono dalla commisurazione: è come se il legislatore le estrapolasse dagli indici commisurativi, appropriandosene per dare loro una rilevanza e una valenza peculiari». Nel momento in cui le circostanze proprie vengono collocate fuori dalla commisurazione, esse sono destinate ad essere assoggettate alla disciplina peculiare che le rende «legali»: mentre gli indici commisurativi sono indeterminati e generici, le circostanze sono determinate, tipizzate, e capaci di esprimere una scelta valoriale più compiuta. Ecco perché le circostanze indefinite, soprattutto se speciali, pongono maggiori problemi, coincidendo nella sostanza con gli indici di cui all’art. 133 cod. pen.

296 Nel reato circostanziato, la commisurazione della pena in concreto è articolata in una sequenza di attività che vede impegnato il giudice, in un primo momento, nella commisurazione della pena base – ossia quella che il giudice applicherebbe al colpevole, qualora non concorresse la circostanza che la fa aumentare o diminuire - e, successivamente, nella determinazione della misura concreta degli aumenti o delle diminuzioni corrispondenti alle circostanze, entro i limiti massimi previsti dal legislatore. L’art. 132, secondo comma, cod. pen. prevede che «nell’aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena». La norma è stata, in passato, oggetto di una questione di costituzionalità sub art. 3 Cost. La Corte costituzionale ha ritenuto infondata detta censura, pur riconoscendo che la fissazione di tali limiti pregiudica in qualche misura la graduazione del trattamento sanzionatorio (Corte cost., sent. 27 giugno – 10 luglio 1973, n. 118, in Giust. pen., 1973, I, 367). La sentenza è stata oggetto di critiche in dottrina, così E. DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 355.

La previsione di un meccanismo come quello del codice Rocco vorrebbe produrre, nelle intenzioni del legislatore, un vincolo al potere del giudice. Invero, il codice non detta criteri espliciti per la definizione dell’aumento o della diminuzione di pena. Di una «poco sensata aritmetica sanzionatoria» parla D.PULITANÒ,

Al di là del dato normativo - che induce a ritenere le circostanze come elementi «accessori» e, per certi aspetti, secondari, capaci di incidere soltanto sul

quantum

della pena -, esse giocano un ruolo decisivo sul piano della reale ed effettiva operatività del sistema complessivamente inteso. Ciò può avvenire in due opposte direzioni.

Da un lato, le circostanze possono contribuire a determinare una «flessibilizzazione» della pena – sovente nel senso di una mitigazione della severità del codice del Trenta –, attribuendo maggiore discrezionalità al giudice. In direzione opposta, esse, viceversa, possono concorrere ad irrigidire ulteriormente la determinazione della sanzione. Cosa che avviene mediante la previsione di automatismi applicativi ovvero di esclusioni e blindature nel bilanciamento delle circostanze297. Così facendo si controlla la discrezionalità giudiziale, dal momento che il giudice è obbligato a considerare, ovvero ignorare la sussistenza delle circostanze, per definire il trattamento sanzionatorio298. Si è parlato, a tal proposito, di «commisurazione legale» della pena, che si realizza attraverso l’«ingerenza» diretta del legislatore nell’attività commisurativa del giudice299.

La dottrina osserva come le circostanze si trovino al bivio tra «legalità», intesa come «tipicità della comminatoria edittale» che vede protagonista l’operato del legislatore, e «discrezionalità», intesa come «commisurazione o concretizzazione/applicazione» della pena, che pone, invece, in primo piano il giudice300.

Diritto penale, cit., 542. L’Autore sottolinea come, di fatto, il giudice ricostruisca «a ritroso» la pena base e le successive variazioni in più o in meno, corrispondenti alle circostanze, partendo da una previa valutazione del livello di pena ritenuto «di giustizia».

Si pone, poi, un problema di non poco momento, vale a dire l’individuazione di quali elementi possono e debbono essere presi in considerazione, rispettivamente, nella commisurazione della pena base e nelle variazioni corrispondenti alle circostanze. Il criterio teorico coerente con il sistema e concordemente affermato in dottrina è il divieto di doppia valutazione: gli elementi valutati ai fini della commisurazione della pena base non possono comprendere quelli che vengono in rilievo ai fini della valutazione delle circostanze. Cfr. D.PULITANÒ, Diritto penale, cit., 542. In argomento anche F.BRICOLA, Le aggravanti indefinite. Legalità e discrezionalità in tema di circostanze del reato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1964, 1013.

297 Cfr. R.BARTOLI, Le circostanze «al bivio» tra legalità e discrezionalità, cit.

298 R.BARTOLI, Le circostanze «al bivio» tra legalità e discrezionalità, cit. L’Autore afferma che là dove c'è un rispetto della discrezionalità giudiziale in àmbito commisurativo, magari dovuto anche a una cultura e a un buon esercizio della stessa da parte del giudice (si pensi al problema della motivazione), lo spazio riservato alle circostanze tende inevitabilmente a ridursi. Al contrario, dove si nutre una certa diffidenza verso la discrezionalità giudiziale, anche in ragione della mancata esplicitazione ed esplicazione del procedimento che porta a determinati esiti, le circostanze sono lo strumento per uscire dall'arbitrio ed entrare nella discrezionalità vincolata.

299 Le scelte dei vari codici in tema di circostanze, quelli che attribuiscono ampi poteri valutativi al giudice o quelli (come il codice Rocco) che vincolano le scelte del giudice nelle fattispecie ritenute politicamente strategiche per l’assetto complessivo del sistema punitivo, riflettono le posizioni sui limiti al potere giudiziale nella scelta della sanzione, interferendo con i fondamentali problemi costituzionali della separazione dei poteri, della giurisdizionalità della pena, del principio di legalità. Per approfondimenti cfr. L. PELLEGRINI, Circostanze del reato: trasformazioni in atto e prospettive di riforma, Firenze, 2014, 191.

L’alternativa tra legalità e discrezionalità si evidenzia anzitutto nella previsione dei mutamenti di pena, rispettivamente, fissi o variabili, e, all’interno di questi ultimi, nella distinzione tra un modello «forte» di variazione («da…a...») e uno «debole» («fino a…»).

In secondo luogo, si constata l’esistenza di circostanze indefinite che impongono valutazioni nella selezione dei fattori a cui dare rilevanza (si pensi alle circostanze attenuanti generiche), a cui può seguire un automatismo ovvero una facoltà di applicazione da parte del giudice.

In terzo luogo, fondamentale è la disciplina del concorso eterogeneo di circostanze. In generale, la possibilità di procedere ad un giudizio di prevalenza o equivalenza tra le circostanze eterogenee è espressione di flessibilità. Detto sistema è motivato dalla ritenuta necessità che il giudice abbia una visione organica e completa del colpevole e del reato commesso301. Esso, dunque, attribuisce ampi margini di discrezionalità al giudice. Dove non è previsto il predetto meccanismo, la valutazione delle circostanze avviene, in ottica matematica, attraverso una «somma algebrica», probabilmente più rispondente al canone di legalità.

Se quanto appena detto vale in linea generale, è opportuno considerare che anche la tecnica del bilanciamento può essere fortemente vincolata. Possono esistere, come si vedrà in seguito, norme che escludono, in tutto o in parte, dalla valutazione del giudice alcune circostanze ovvero che precludono di considerare prevalenti alcune di esse.

Tra le circostanze che hanno suscitato più dibattito in dottrina, c’è sicuramente la recidiva302. Configurata dal legislatore italiano quale circostanza aggravante inerente alla persona del

301 La pena da applicare in concreto deve essere per quanto possibile «il risultato di un giudizio complessivo e sintetico sulla pericolosità del reo e sulla gravità del reato, anziché l’arido risultato di successive operazioni aritmetiche». Cfr. Relazione al progetto definitivo, in Lavori preparatori del codice penale e di procedura penale, V, Roma, 1930, 123.

302 In argomento, in ordine alfabetico, E.M.AMBROSETTI, Recidiva e recidivismo, Padova, 1997; R.BARTOLI, voce Recidiva, in Enc. dir. Annali, VII, Milano, 2014, 892; R. BERTONI, La riforma penale dell’aprile 1974 nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1976, 1399; G.CARUSO, voce Recidiva, in Dig. disc. pen., Agg. IV, II, Torino, 2008, 1045-1046; C.CUPELLI, Recidiva, in G.LATTANZI,E.LUPO (a cura di), Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, I, Milano, 2015, 115; L.DE MATTEIS, Recidiva, in G. LATTANZI,E.LUPO (a cura di), Codice penale. Rassegna di dottrina e di giurisprudenza, Milano, 2010, 101; R. DELL’ANDRO, La recidiva nella teoria della norma penale, Palermo, 1950; E.DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, cit.; A.R.LATAGLIATA, Contributo allo studio della recidiva, Napoli, 1958; T.MARTINA, voce Recidiva, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; L.MAZZA, voce Recidiva, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 68; V.MUSCATIELLO, La recidiva, Torino, 2008; G. PIFFER, I nuovi vincoli alla discrezionalità giudiziale: la disciplina della recidiva, in www.penalecontemporaneo.it, 30 dicembre 2010; G.D. PISAPIA, Riflessioni in tema di recidiva, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 967; P.PITTARO, voce Recidiva, in Dig. disc. pen., XI, Torino, 1996, 359; S.RICCIO, voce Recidiva, in Noviss. dig. it., XIV, Torino, 1964, 1050; M.ROMANO, sub Art. 99, in M.ROMANO,G.GRASSO, Commentario sistematico del codice penale, II, Milano, 2005, 90; G. VASSALLI, La riforma penale del 1974: lezioni integrative del corso di diritto penale. Precedenti e contesto, I, Milano, 1975, 65.

colpevole (art. 70 cod. pen.)303, la recidiva incide sul rapporto tra misura della pena e colpevolezza per il singolo fatto, andando a conferire uno spazio decisivo all’autore del reato304.

L’istituto della recidiva è stato oggetto di penetranti modifiche ad opera della citata legge di riforma n. 251 del 2005305. Come emerge dall’esame dei lavori preparatori, l’intenzione

303 A detta di molti, sarebbe preferibile considerare le precedenti condanne non quali circostanze del reato, ma quali elementi espressivi della capacità a delinquere del reo (art. 133, secondo comma, cod. pen.) da esaminare al momento della commisurazione della pena in senso stretto. Di questo avviso: F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 657. In questo senso si è orientato il legislatore tedesco che nel 1986 ha abrogato l’istituto della recidiva: E.DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, cit.

Sulla natura giuridica della recidiva si registrano due contrapposti orientamenti in dottrina. Il primo ritiene che la recidiva sia un elemento di commisurazione della pena ex art. 133 cod. pen. Il secondo, invece, considera la recidiva come una circostanza del reato ad effetto speciale (in quanto comporta un aumento di pena superiore a un terzo). Per approfondimenti, F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 656-657.

Ne è sorto un contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni Unite che hanno confermato la piena adesione alla concezione della recidiva quale circostanza aggravante in senso tecnico: Cass. pen., Sez. Un., 24 febbraio - 24 maggio 2011, n. 20798, in Dir. pen. e processo, 2011, 11, 1366. Osservano le Sezioni Unite che tale qualificazione non è logicamente incompatibile con l’indubbia natura di circostanza soggettiva, inerente alla persona del colpevole, assegnata alla recidiva dall’art. 70 cod. pen. I criteri di classificazione delle circostanze, infatti, sono plurimi a seconda che si abbia riguardo ai contenuti (circostanze oggettive/soggettive), alla modalità di previsione legislativa (circostanze definite/indefinite; circostanze discrezionali/obbligatorie) e agli effetti applicativi (ad effetto comune/speciale).

La recidiva, quale circostanza del reato, presenta, tuttavia, alcuni profili peculiari, tanto che si parla comunemente di aggravante sui generis: così è da escludere che essa possa incidere sul regime di procedibilità. Problema questo che si è posto in giurisprudenza in relazione all’art. 640, terzo comma, cod. pen., che prevede per il delitto di truffa la procedibilità d’ufficio qualora «ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante» (Cass. pen., Sez. Un., 31 gennaio 1987, n. 3152, in CED Cassazione 175354). Per approfondimenti, G. PIFFER, I nuovi vincoli alla discrezionalità giudiziale: la disciplina della recidiva, cit.

304 M.ROMANO, sub Art. 99, cit., 85: «L’opzione legislativa posta alla base (della recidiva) appare all’epoca attuale poco plausibile. In linea del tutto generale, infatti, l’accentuazione del ruolo delle qualificazioni soggettive di pericolosità sociale rischia di conferire uno spazio eccessivo all’autore del reato, a scapito del fatto di reato e della sua doverosa centralità in un diritto penale moderno, secondo un’istanza oggi ribadita anche dalla nostra Costituzione».

La dottrina ha spesso guardato con diffidenza all’istituto della recidiva che mal si concilierebbe con l’idea di «diritto penale del fatto», avvicinandosi, viceversa, al «diritto penale dell’autore». E. DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, cit. La diffidenza verso la recidiva si giustifica, a detta dell’Autore, dai portati della criminologia che mostrano gli scarsi risultati politico-criminali conseguiti nel vari ordinamenti attraverso questo strumento, nonché dalla prassi che tende ad applicare questo istituto quasi esclusivamente agli autori di reati contro il patrimonio (soggetti «socialmente deboli» che, stante l’ambiente problematico in cui vivono, «inciampano ripetutamente»).

305 La riforma della recidiva si avvicina alle leggi americane dei «three strikes and you are out». Per approfondimenti, F.MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, in www.altrodiritto.unifi.it, 2015. L’Autore scrive: «(l)a riforma delle guidelines aprì ad una nuova stagione della politica criminale statunitense […] Questi provvedimenti anti-crimine si rincorsero vicendevolmente nell’innalzamento delle pene o nell’aspirazione della loro applicazione automatica […] Se la riforma del 1984 poggiò su un solido dibattito scientifico, sul criterio e sulla razionalità, le riforme negli anni novanta e duemila, ‘nave sanza nocchiere’, affondarono nell’irrazionale e nell’assoluta assenza di riflessioni dottrinali». In prospettiva comparata, sulla possibilità di individuare convergenze e divergenze tra le politiche criminali dei vari ordinamenti, partendo proprio dal confronto delle leggi sulla recidiva negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, T. JONES,T.NEWBURN, Three Strikes and You're Out. Exploring Symbol and Substance

manifestamente perseguita dal legislatore della suddetta riforma è stata quella di reagire al rischio di una eccessiva svalutazione applicativa della recidiva, con conseguente attenuazione della risposta punitiva, quale effetto di un ritenuto eccessivo «clemenzialismo» dovuto, a sua volta, alla discrezionalità giudiziale nell’applicazione dell’istituto306.

Si andranno, di seguito, ad evidenziare i principali profili problematici che la riforma ha prodotto nell’àmbito della commisurazione della pena, attraverso nuove limitazioni al potere discrezionale del giudice penale.

Outline

Documenti correlati