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3. Considerazioni sulla legittimità delle presunzioni poste alla base dell’art. 4-bis

3.1. La logica del «tipo di reato» e del «tipo di autore»

La scelta legislativa di selezionare i destinatari di regole penitenziarie «speciali» sulla base del «tipo di reato» commesso ha, sin da subito, destato dubbi di legittimità costituzionale. Dubbi che non hanno fatto altro che incrementarsi a seguito dell’accennata estensione dell’elenco di reati ostativi di cui all’art. 4-

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ord. penit.437.

434 Così A.MARCHESELLI, La disciplina restrittiva e il diritto penitenziario premiale per i delitti di particolare allarme sociale, cit., 421. Secondo V.MAFFEO, Il trattamento penitenziario della criminalità organizzata, cit., 242-243, l’intervento normativo istitutivo del regime penitenziario differenziato ha dato luogo alla combinazione di un reticolo di «preclusioni e premi» volti ad incentivare la collaborazione con la giustizia. 435 Cfr. A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 92. È quanto argomentava, già cinquant’anni fa, A.PACE, Misure di sicurezza e Costituzione, in Giur. cost., 1966, 193.

436 Cfr. A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 93.

437 L. CARACENI, C. CESARI, Sub Art. 4-bis, cit.; F. FIORENTIN, Esecuzione penale e misure alternative alla detenzione, Milano, 2013, 193. Le norme che limitano o escludono l’accesso ai benefici penitenziari sono di

Due, in particolare, sono gli aspetti da considerare:

α) la validità del sistema presuntivo con riguardo ai reati di stampo mafioso;

β) la validità del medesimo sistema per altri reati, del tutto scollegati dal contesto mafioso (si pensi, tra i vari, ai delitti a sfondo sessuale o al sequestro di persona a scopo di estorsione).

Come già accennato, il presupposto su cui poggiavano in origine le preclusioni dell’art. 4-

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ord. penit. era dato dalle particolari caratteristiche dell’associazione di stampo mafioso: associazione di tipo para familiare, dotata di una rilevante forza di intimidazione, al punto da rendere sostanzialmente permanente e indissolubile l’appartenenza all’associazione stessa438. In altre parole, quel che rendeva «speciale» il legame tra il reo e l’associazione era la presunzione di «stabilità» del vincolo439. Da ciò la ragionevolezza, in linea teorica, della presunzione di pericolosità sociale del condannato per delitti di mafia: è, infatti, ragionevole prevedere che, una volta condannato, il soggetto non per questo interromperà la sua partecipazione al sodalizio criminale. Non solo. Una volta scontata la pena, egli è destinato, con tutta probabilità, a tornare nel medesimo contesto criminale-familiare di partenza440.

Ne consegue, in parallelo, la ragionevolezza della sua esclusione dai tradizionali strumenti rieducativi, quali le misure alternative e i benefici penitenziari – che presuppongono, viceversa, l’assenza di detta pericolosità sociale - 441.

Ebbene, quanto finora detto, non esclude che, in concreto, tale presunzione non funzioni. Può capitare, difatti, che il condannato per un reato di mafia rivesta un ruolo del tutto secondario nel contesto associativo oppure che non sia legato da rapporti familiari con altri membri dell’associazione, al punto da rendere ben possibile il distacco dall’ambiente criminale considerato. In questi casi, la presunzione appena vista non è valida.

stretta interpretazione e tale regola ermeneutica va applicata anche con riguardo alle fattispecie di reato contemplate dalla normativa in esame.

438 B. ROMANO, G. TINEBRA, Il diritto penale della criminalità organizzata, Milano, 2013, 67. La storia ha dimostrato che la minaccia della pena detentiva non ha mai scoraggiato l’evoluzione e la crescita delle organizzazioni criminali; inoltre, il detenuto mafioso in carcere continua a mantenere rapporti con la sua famiglia criminale e spesso viene in contatto con nuovi affari criminosi. Da qui la scelta di un trattamento differenziato che nega i benefici penitenziari a questo tipo di detenuti. Così anche nella Relazione della Commissione Antimafia nella V legislatura, Roma, 75, in www.parlamento.it.

439 Cfr. A.PULVIRENTI, Una visione d’insieme della normativa penitenziaria in tema di criminalità organizzata: dalla legislazione d’emergenza alla legislazione di settore, in B.ROMANO, G. TINEBRA (a cura di), Il diritto penale della criminalità organizzata, cit., 333.

440 Si badi che gli automatismi del regime ostativo non riposano su presunzioni di pericolosità penitenziaria - pure contemplate dalla legge n. 354 del 1975, laddove prevede opportune misure disciplinari in caso di comportamenti capaci di provocare insicurezza per l’ordine e la sicurezza intramuraria -, ma su una presunzione di pericolosità sociale, presupposta sulla base dei comportamenti tenuti precedentemente all’esterno e che si intende interrompere una volta che il soggetto è detenuto. Cfr. A.PUGIOTTO,C.MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 90. 441 Si tratta di una strategia argomentativa così radicata da essere presente anche nella giurisprudenza costituzionale sviluppatasi in riferimento all’obbligo di custodia cautelare in carcere ex art. 275, comma 3, cod. prod. pen. Si veda, a tal proposito, Corte cost., ord. 18 - 24 ottobre 1995, n. 450, in www.giurcost.org.

È certamente vero che una presunzione non può dirsi incostituzionale solo perché in una determinata circostanza viene smentita: essa è, infatti, irragionevole quando viene sistematicamente sconfessata da dati di esperienza generalizzati riassunti nella formula dell’

id

quod plerumque accidit

.

Nondimeno, l’eventuale, circoscritta e occasionale discrepanza tra ciò che il legislatore presume in astratto e ciò che si verifica in certe particolari situazioni se, da un lato, non è capace di incidere sulla legittimità della presunzione normativa, è, dall’altro lato, sufficiente a imporne una rivisitazione in chiave relativa. L’eventuale discrepanza che può emergere in concreto deve, difatti, poter essere risolta sul piano applicativo dal giudice442.

Ecco perché si ritiene che le presunzioni, specialmente in campo penale, debbano essere relative e non assolute: devono, cioè, consentire all’autorità giurisdizionale di valutare il singolo caso ed eventualmente escludere l’applicazione della norma. Non sarebbero ammissibili automatismi operanti in via assoluta443.

Ma l’elemento che desta maggiore perplessità attiene all’elenco dei reati ostativi di cui all’art. 4-

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ord. penit. È noto che più la presunzione è ampia, più aumenta la possibilità di trovare smentita nella prassi. Quando, infatti, la presunzione corrisponde a una varia e vasta gamma di episodi criminosi (dall’omicidio, all’associazione finalizzata alla commissione di delitti a sfondo sessuale, passando per la rapina aggravata e per il sequestro di persona a scopo di estorsione), così variegati ed eterogenei tra loro per struttura e sanzione, diventa arduo individuare una comune matrice logico-empirica legittimante la presunzione di pericolosità in esame.

Se il presupposto su cui poggia l’art. 4-

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ord. penit. – dato dalla considerazione che i delitti elencati siano commessi da soggetti strettamente inseriti in organizzazioni criminali dalle quali è impossibile, o improbabile, il distacco – può valere con riguardo ai circoscritti reati di stampo mafioso, non si può dire lo stesso se si considerano i reati via via ricompresi in tale disposizione444. Per quanto odiosi e riprovevoli siano, l’impossibilità per essi di suffragare siffatta presunzione, rende dubbia, già in astratto, la validità della norma445.

442 A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 93: «quanto più è alta la probabilità che il condannato mantenga il sodalizio con l’organizzazione criminale di provenienza, tanto più facilmente ciò potrà essere accertato dalla magistratura di sorveglianza: averla relegata ai margini, dunque, non dipende da una necessità logica ma da un’opzione di politica criminale».

443 A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 94.

444 A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 93.

Non solo. Trattandosi di reati eterogenei - anche sotto il profilo criminologico – ma costretti normativamente entro un identico regime assolutamente preclusivo, ad essere violato pare che sia altresì il principio di uguaglianza446.

Il

vulnus

ai precetti costituzionali risiede nella preclusione ad un esame nel merito di tali casi che consenta di distinguerli da quelli che sono realmente espressione di permanente pericolosità447.

Il rischio era - ed è – quello di fondare un trattamento penitenziario più rigido sull’assunto di misurare la pericolosità del reo in base alla natura astratta del reato e non in base alla concreta gravità del fatto commesso e, soprattutto, alla personalità del suo autore. In altri termini, il carattere eccessivamente rigido dell’automatismo normativo cela una presunzione assoluta di non rieducabilità tarata su «tipi di autore» - dove la classificazione per tipo di autore si basa sull’individuazione del reato commesso (e così, avremo il mafioso, il rapinatore, il pedofilo, etc.) -, incompatibile con i princìpi costituzionali di risocializzazione, proporzionalità e individualizzazione della pena448.

446 L.CARACENI,C.CESARI,Sub Art. 4-bis, cit., 62: taluni reati associativi, pure inclusi nel catalogo del comma 1 dell’art. 4-bis ord. penit., non presentano un tasso di pericolosità tale da giustificarne l’equiparazione del regime pensato originariamente solo per i reati di mafia e terrorismo. È il caso, ad esempio, dei reati associativi in materia di contraffazione, prostituzione, pornografia. La casistica, inoltre, rivela che sussiste la concreta eventualità che manchi tale collegamento tanto all’epoca dei fatti, quanto in fase esecutiva. Così è a dire, ad esempio, dei sequestri di persona, talvolta frutto di aggregazioni estemporanee e occasionali; o dell’associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, a volte riconosciuta nei confronti di tossicodipendenti che gestivano in comune l’approvvigionamento ma non erano inseriti nelle organizzazioni criminali fornitrici.

447 Si auspica, a proposito del catalogo contenuto nell’art. 4-bis ord. penit., un’«opera di chirurgia legislativa» volta a limitare il regime preclusivo ai soli delitti di mafia. Così, in occasione degli Stati generali dell’esecuzione penale nell’àmbito del Tavolo tematico n. 16 che propone l’abrogazione della seconda categoria di reati ostativi di cui al comma 1-ter dell’art. 4-bis ord. penit. L’esigenza è quella di una maggiore coerenza e razionalizzazione dell’esecuzione penale che difficilmente riesce a giustificare la persistenza di un regime differenziato, in termini di maggiore severità, per una miscellanea di delitti difficilmente accomunabili tra loro. Si prevede, invece, il mantenimento del vigente regime speciale previsto per i reati sessuali (comma 1-quater), anche quando a danno di minori (comma 1-quinquies). Cfr. Relazione del Tavolo tematico n. 16, Stati generali dell’esecuzione penale 2015-2016, reperibile su www.giustizia.it, 12. Simile opera è auspicata anche con riguardo ad altri eterogenei cataloghi di delitti disseminati ora nell’ordinamento penitenziario ora nel codice penale ora nelle leggi speciali. In questo senso, si vedano gli art. 47-ter, comma 01, ord. penit. sulla detenzione domiciliare a favore degli ultrasettantenni, art. 656, comma 9, lettera a, cod. proc. pen. in relazione al divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione, art. 94, comma 1, t.u. stupefacenti sull’affidamento in prova terapeutico.

448 A. PUGIOTTO, C. MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, cit., 95. Il rilievo critico è largamente condiviso in dottrina: tra i tanti, L.CARACENI,C. CESARI,Sub Art. 4-bis, cit., 62; ; B.GUAZZALOCA, Differenziazione esecutiva e legislazione d’emergenza in materia penitenziaria, cit. 132; G.VARRASO, Ergastolo, liberazione condizionale ed art. 4-bis ord. penit.: la parola di nuovo alla Consulta, in Giust. pen., 2004, 86.

Interrogata specificamente sul punto, la Corte costituzionale nella sentenza n. 306 del 1993449 ha, in via generale, manifestato preoccupazione per «la tendenza alla configurazione normativa di

tipi di autore

, per i quali la rieducazione non sarebbe possibile o potrebbe non essere perseguita»450. Con specifico riguardo alla fase dell’esecuzione della pena, ha puntualizzato che «la tipizzazione per titoli di reato non appare consona ai princìpi di proporzione e di individualizzazione della pena che caratterizzano il trattamento penitenziario»451. Nondimeno, la Consulta ha reputato comprensibile e ragionevole che nei confronti degli autori di delitti di particolare gravità e allarme sociale il legislatore stabilisca regole di accesso ai benefici penitenziari più severe di quelle valevoli per la generalità degli altri condannati452.

Eppure, permangono le perplessità menzionate. Predisporre un trattamento penitenziario differenziato sulla sola base del «tipo di reato» commesso è una scelta totalmente antitetica rispetto a quella che si fonda sulla rieducazione, che guarda necessariamente al singolo. L’una si orienta al passato e all’errore commesso, l’altra è diretta al futuro e alla prospettiva del reinserimento sociale. La prima considera uguali tutti coloro che sono stati condannati per un certo reato, la seconda consente invece una individualizzazione continua del trattamento.

Per questo motivo la tipizzazione operata dal legislatore non può tradursi in una preclusione assoluta di accesso agli strumenti di rieducazione, ma deve consentire sempre e comunque una valutazione in concreto.

3.2. LA CONDOTTA COLLABORANTE ELEVATA A UNICO INDIZIO DI ROTTURA DEL VINCOLO

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