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valutativa di commisurazione della sanzione in termini adeguati, coerenti e proporzionati alla particolarità e all’individualità del caso concreto. Esso segna il passaggio dal piano astratto della comminatoria edittale a quello concreto della pena inflitta al reo.

Questo passaggio non avviene in modo automatico ma si realizza attraverso l’attività che compete al giudice della cognizione al momento della condanna.

Il dato da cui prendere le mosse è rappresentato dalle clausole generali di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen. che, della commisurazione della pena, contengono la disciplina sostanziale e processuale115. Si tratta di due disposizioni logicamente complementari e funzionalmente

112 T.DELOGU, Potere discrezionale del giudice penale e certezza del diritto, cit., 378.

113 Si tratta di un problema comune a tutte le moderne legislazioni. Così F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 784.

114 Sui possibili sistemi per vincolare l’attività del giudice (sistema «armonico», «geometrico», «matematico»), ci veda T.DELOGU, Potere discrezionale del giudice penale e certezza del diritto, cit., 384. L’Autore ricorda che con la «formalizzazione» e la «matematicizzazione» non si risolve il problema: «nessun caso della pratica giudiziaria può essere risolto in modo convincente attraverso un modello decisionale, sì che la complessità della teoria è inversamente proporzionale alla sua utilità». Della questione si era occupata anche dottrina molto risalente. Si ricordano, già a fine Ottocento, le opere di Francesco Carrara, Lineamenti di pratica legislativa penale, 1874, 344 e Programma del corso di diritto penale. Parte generale, II, 1897, § 659. 115 F. BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., 73. La forza espansiva e sistematica degli artt. 132 e 133 cod. pen. è tale da trascendere il tema dell’applicazione della pena per il quale la disposizione è stata concepita: da questo punto di vista, l’art. 133 cod. pen. assume nel

interdipendenti. Se la prima prevede il dovere di motivazione a garanzia della congruità dell’accertamento discrezionale116, la seconda rappresenta l’unico strumento per la scelta e la graduazione della pena, enucleando una serie di criteri legali che si polarizzano intorno alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del reo117.

Le norme evidenziano una continuità di sviluppo tra i momenti della determinazione legale e della commisurazione giudiziale della pena: non già contingente manipolazione della prima ad opera del giudice, ma coerente affermazione, attraverso la seconda, di un processo di individuazione della responsabilità penale non ulteriormente praticabile nella sede legale necessariamente governata dall'astrattezza e dalla generalità118.

Per la commisurazione della pena, l’art. 133 cod. pen. indica una serie di criteri fattuali ma non dice alcunché quanto ai parametri finalistici, suscitando così un interrogativo che rinvia, evidentemente, alle funzioni della pena119. Questo limite insito nell’art. 133 cod. pen. solleva

sistema il significato di vero e proprio paradigma della discrezionalità penale, di «fulcro intorno al quale ruotano tutte le disposizioni penali di natura discrezionale». Così F.BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., 26 e 73.

116 Nella misura in cui il giudice deve dar conto nella motivazione della sentenza dei criteri, degli indici e dei giudizi di valore, la discrezionalità penale è, altresì, «controllata»: è, infatti, proprio attraverso la motivazione che si esercita quel controllo che è indissolubile dal potere di commisurazione della pena. Così P.NUVOLONE, Il ruolo del giudice nell’applicazione della pena, cit., 1563. Negli stessi termini, T. DELOGU, Potere discrezionale del giudice e certezza del diritto, cit., 400: il giudice «deve dimostrare di aver ragionato e come ha ragionato», consentendo alle parti una lettura critica del suo operato. Il controllo si realizza attraverso l’obbligo della motivazione sancito in generale dal codice di procedura penale e specificato dall’art. 132 cod. pen.: il senso di quest’ultima autonoma previsione è sia quello di ribadire in forma particolare il più generico dettato costituzionale che vuole motivati tutti i provvedimenti giurisdizionali (art. 111 Cost.), sia quello di indicare la necessità che dalla motivazione emerga oltre che lo scopo, il progressivo sviluppo dell’indagine, dal fatto alla personalità dell’agente. Così, F.BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., 105. In argomento, E.AMODIO, voce Motivazione della sentenza penale, cit.; A.ALIBRANDI, Sulla commisurazione e motivazione della pena, cit.; D.SIRACUSANO, Problemi attuali della discrezionalità in diritto penale, cit.

117 F.BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., 105 e 144. Non vi è dubbio, infatti, che l’obbligo di motivazione sia inscindibile dal potere-dovere del giudice – ex art. 133 cod. pen. – di fare tutto il possibile per adeguare la pena al fatto e alla personalità dell’agente, in conformità allo scopo attribuito alla sanzione dalla Carta fondamentale.

Sugli indici di commisurazione, F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 788; G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 757; M.G.TASCONE, voce Applicazione della pena, in Enc. giur., II, Roma, 1988. In argomento, E.DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 357.

118 In argomento, G.DE VERO, Le circostanze del reato tra determinazione legale e commisurazione giudiziale delle pene, in AA.VV., Attualità e storia delle circostanze del reato. Un istituto al bivio tra legalità e discrezionalità, Milano, 2016, 213.

119 F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 789. In argomento, P.NUVOLONE, Il sistema del diritto penale, Padova, 1975, 332: l’art. 133 cod. pen. «non brilla per cristallina chiarezza». Per l’esigenza di una rilettura costituzionalmente orientata dell’art. 133 cod. pen., G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit., 764. Sull’analisi e sulla gradazione degli indici commisurativi indicati nell’art. 133 cod. pen., G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale, cit., 757; F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 790.

Sul carattere tassativo o esemplificativo o onnicomprensivo dell’elenco di criteri dell’art. 133 cod. pen., F. BRICOLA, La discrezionalità nel diritto penale. Nozione e aspetti costituzionali, cit., 24; A.M.STILE, Il giudizio di

qualche critica sulla stessa qualificazione della discrezionalità in esame come «discrezionalità vincolata». Si osserva, infatti, che per dar vita ad un sistema di discrezionalità vincolata non basta che il legislatore individui, in forma più o meno tassativa, il substrato di fatto su cui dovrà appuntarsi la valutazione del giudice. Poco importa che la legge determini ciò che il giudice deve prendere in considerazione, se non precisa altresì come –

rectius

, in vista cioè di quale finalità - dovranno essere valutati quei dati di fatto. Spesso, un medesimo criterio fattuale, infatti, può assumere un significato aggravante o attenuante a seconda del criterio finalistico con cui viene correlato120.

Soltanto una normativa che definisca con chiarezza la funzione della misura presa in considerazione riesce ad orientare realmente le scelte del giudice. Nel caso di più finalità concorrenti, si dovrà delineare una gerarchia fra tali finalità, così da risolvere, su un piano generale ed astratto, le antinomie degli scopi121.

Certo, i criteri di commisurazione possono valere – se riescono a funzionare - a collocare il fatto concreto entro una scala di gravità fra le diverse possibili modalità di realizzazione di un dato tipo di reato e a collegarlo, con una misura di pena corrispondente, alla sua posizione nella scala di gravità122.

Quando si affronta il tema della commisurazione della pena, si è soliti distinguere tra «commisurazione in senso stretto» e «commisurazione in senso lato»123.

La prima concerne la quantificazione della pena base all’interno dei limiti edittali e la scelta della specie di pena in caso di comminatoria alternativa (individuazione della c.d. pena base).

prevalenza o di equivalenza tra le circostanze, cit., 174; M.MASSA, Le attenuanti generiche, Napoli, 1959, 70; F. GRISPIGNI, Diritto penale italiano, I, Milano, 1950, 204; A.R. LATAGLIATA, Circostanze discrezionali e prescrizione del reato, cit.

120 E.DOLCINI, voce Potere discrezionale del giudice, cit., 751.

121 Cfr. E.DOLCINI, La commisurazione della pena. La pena detentiva, cit., 18. L’individuazione dello scopo della pena diventa una questione ineludibile nell’àmbito del discorso sulla commisurazione della pena. Anzi, essa precede la redazione delle specifiche regole sanzionatorie che devono guidare l’attività del giudice. Un utile contributo alla riflessione può essere tratto dall’esperienza statunitense. In quel contesto, negli anni Ottanta, la Sentencing Commission - incaricata dal Congresso statunitense di elaborare le guidelines che avrebbero di lì a poco vincolato l’attività commisurativa dei giudici comuni -, ancorché inizialmente intenzionata a non affrontare (o quantomeno a rimandare il più a lungo possibile) il problema dello scopo della pena attraverso la previsione di due diversi schemi di giudelines (uno ispirato al crime control mediante la deterrence e l’altro alla just desert theory), si rese ben presto conto di come la presa di posizione sullo scopo della pena fosse indispensabile per poter procedere alla definizione del trattamento sanzionatorio corrispondente al singolo reato. In quell’occasione, la scelta ricadde sull’ideologia retributiva, ancorché stemperata dai suoi estremisimi. Sul punto, S. BREYER, The Federal Sentencing Guidelines and the Key Compromises upon wich they rest, Hofstra Law Review, 1988. Per approfondimenti, si rinvia alle note 204-209 e ai richiami bibliografici ivi riportati.

122 Cfr. D.PULITANÒ, Diritto penale, cit., 536.

123 Così, ad esempio, D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., 539. In prospettiva comparata, il concetto di «commisurazione in senso lato» è tradotto, negli ordinamenti anglosassoni, con il termite «sentencing». Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, in Dig. disc. pen., XIII, Torino, 1991, 152.

La seconda, invece, ricomprende tutte le ulteriori e diverse ipotesi di discrezionalità relative alla sfera sanzionatoria. Tra queste: la sussistenza di circostanze, anche indeterminate; il giudizio di comparazione di esse in caso di concorso omogeneo ed eterogeneo; l’individuazione della misura degli aumenti o diminuzioni di pena in caso di reato continuato o di concorso formale di reati ovvero in caso di ricorso ai riti alternativi; la meritevolezza della sospensione condizionale della pena, del perdono giudiziale, della rateizzazione del pagamento della pena pecuniaria, del beneficio della non menzione della condanna, della liberazione condizionale, della riabilitazione; l’ammissione o meno all’oblazione facoltativa; la sostituzione della pena detentiva breve; la valutazione della pericolosità sociale e il giudizio sulla dichiarazione di abitualità, professionalità o di tendenza a delinquere. Al fine di orientare il potere discrezionale del giudice, in tutti questi casi, c’è la tendenza ad applicare i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. che finiscono così per assumere una valenza generale124.

Ciò detto in via di massima, si tenga poi conto che l’ordinamento italiano prevede una disciplina in parte differenziata per il reato commesso dal minore di anni diciotto. Questo avviene, ovviamente, non tanto nella parte precettiva – anche i minori sono tenuti a rispettare i precetti penalmente sanzionati - ma proprio in punto di risposte al reato commesso. In linea generale, le pene sono le medesime previste per gli adulti, salvo per la diminuente dell’età

ex

art. 98 cod. pen. Nondimeno, la peculiare condizione del minore richiede una particolare considerazione che non può esaurirsi nella previsione della mera circostanza attenuante menzionata. Per i minori, si pone un’esigenza non di «ri-educazione» ma, più radicalmente, di «educazione» di persone ancora in formazione, rispetto alle quali un impegno educativo è doveroso – e non soltanto tendenziale - anche indipendentemente dalla commissione del reato125.

124 Un espresso rinvio all’art. 133 cod. pen. è effettuato negli artt. 164 (sospensione condizionale della pena), 175 (non menzione della condanna nel certificato del casellario), 203 (giudizio di pericolosità) cod. pen., ed inoltre nell’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (sanzioni sostitutive). Ulteriori indicazioni specifiche per le valutazioni e decisioni del giudice, relative a singoli istituti, si trovano (non sempre) nelle rispettive discipline.

125 Si veda, ad esempio, Corte cost., sent. 27 – 28 aprile 1994, n. 168, in Giur. it., 1995, I, 357, con cui è stata dichiarata l’illegittimità dell’ergastolo per gli infradiciottenni in quanto incompatibile con i princìpi espressi dall'art. 31 Cost. che sono ispirati ad una speciale protezione per l'infanzia e la gioventù e favoriscono gli istituti necessari a tale scopo.

Per approfondimenti, S.LARIZZA, Il contributo della Corte costituzionale all’evoluzione del sistema giustizia minorile, in P. ZATTI (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, V, Milano, 2011, 141; ID., La risposta istituzionale «classica» alla criminalità minorile, Idibem, 159; ID., Criminalità minorile e ruolo residuale del diritto penale, Pavia, 1992; G.PANEBIANCO, Il minore reo, in A.PENNISI (a cura di), La giustizia penale minorile, Milano, 2004, 117.

Già prima della svolta costituzionale, il diritto penale minorile si era sviluppato come sottosistema differenziato. Sul piano sostanziale il codice Rocco, oltre a prevedere per i minori una speciale attenuante e una disciplina più favorevole in materia di sospensione condizionale, contiene un istituto specifico, ossia il perdono giudiziale (art. 169 cod. pen.) che, in via eccezionale, apre la strada a una risposta in chiave di

Infine, un sistema sanzionatorio differenziato è stato introdotto anche per i reati assegnati alla competenza del giudice di pace come prevede il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274. Per questi reati non è prevista la pena della reclusione, bensì la pena pecuniaria e nuove forme di pene principali quali la permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità126.

10. IL SECONDO ÀMBITO DELLA DISCREZIONALITÀ GIUDIZIALE: L’ESECUZIONE DELLA PENA

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