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8. Profili di diritto intertemporale del regime preclusivo di accesso ai benefici penitenziari…

8.2. L’estensione delle nuove norme ai condannati privi di un percorso rieducativo in atto: il

Le conclusioni a cui si è appena giunti valgono solo a consentire il mantenimento del trattamento rieducativo in atto prima dell’entrata in vigore della normativa ostativa. Esse non si estendono, invece, ai casi in cui venga richiesta, per la prima volta, la concessione di un beneficio penitenziario e, dunque, ai casi in cui non si sia ancora intrapreso un percorso rieducativo extramurario. Si tratta del secondo gruppo di condannati menzionati in precedenza.

Si pone, in questi casi, la

vexata quaestio

della compatibilità delle norme dell’ordinamento penitenziario con il principio di cui all’art. 25, secondo comma, Cost.

Com’è noto, per giurisprudenza costante le disposizioni inerenti all’esecuzione delle pene detentive e alle misure alternative non hanno carattere di norme penali sostanziali578. Conseguentemente le disposizioni

de quibus

soggiacciono al principio

tempus regit actum

e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo. Ne consegue che per tali condannati dovrebbe valere lo

ius superveniens

, ancorché peggiorativo.

Di contrario avviso è la dottrina, in prevalenza orientata a ritenere che la norma dell'art. 2, quarto comma, cod. pen., nel prendere in considerazione il trattamento «più favorevole» al reo, si riferisca tanto alla durata e alla specie della pena, quanto alle pene accessorie, alle circostanze aggravanti e attenuanti, alla qualifica del fatto, alle cause che fanno venir meno il reato e la pena, fino a comprende anche i benefici penitenziari: in definitiva, tutti gli elementi che in qualche modo influiscono sul trattamento del reo579. Le argomentazioni adottate per sostenere

576 F.FIORENTIN, Legge «Ex-Cirielli» e ordinamento penitenziario riformato al vaglio di costituzionalità: la Consulta riafferma il valore della funzione rieducativa della pena, cit.

577 C.CESARI,G. GIOSTRA, Sub Art. 4-bis, cit., 104; M.G. COPPETTA, Il permesso premio come strumento di rieducazione: ancora una declaratoria di illegittimità dell’art. 4-bis ord. penit., cit., 1265. Sulla questione relativa all’art. 25 Cost. e sulle questioni di diritto transitorio, si veda C.CESARI,G.GIOSTRA, Sub Art. 4-bis, cit., 106.

578 Cfr. L.CARACENI,C.CESARI,Sub Art. 4-bis, cit., 90. Ciò è stato ribadito da Cass. pen., Sez. Un., sent. 30 maggio – 17 luglio 2006, n. 24561, in Cass. pen. 2006, 12, 3963.

579 Per approfondimenti si vedano F.FIORENTIN, Legge «Ex-Cirielli» e ordinamento penitenziario riformato al vaglio di costituzionalità: la Consulta riafferma il valore della funzione rieducativa della pena, cit.; L.CESARIS,

tale tesi sono legate ad una valutazione dell’assunto costituzionale - «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso» - in cui il verbo «punire» implicherebbe la concreta attuazione della sentenza di condanna che si sostanzia nell’esecuzione della pena, sia nei suoi aspetti strettamente attinenti al regime carcerario, sia per tutto ciò che riguarda l'applicazione degli istituti c.d. «risocializzativi»580.

Il Giudice delle leggi, nelle sopra citate sentenze, non ha preso posizione sulla questione della portata applicativa del principio di irretroattività della legge penale, lasciando del tutto irrisolto l’interrogativo circa l’applicazione dello stesso alla normativa penitenziaria, qualora essa sia peggiorativa di una disciplina già vigente581. Stante questa mancata presa di posizione, la dottrina ha espresso una certa «delusione» negli interventi della Consulta582.

Un ulteriore passo verso l’eliminazione dei divieti aprioristici di concessione di benefici penitenziari, in Giur. cost., 2010, 3, 2250B. Accanto alla posizione tradizionale secondo cui l’art. 25, secondo comma, Cost. si riferisce soltanto alle norme penali che creano reati e comminano sanzioni (A.PAGLIARO, Legge penale nel tempo, in Enc. dir., XXIII, 1973, 1067), si affiancano interpretazioni meno restrittive, favorevoli, anche per la normativa penitenziaria, all’immutabilità del quadro normativo esistente al momento della commissione del fatto (F. BRICOLA, Commento all’art. 25, comma 2 e 3 Cost., in G. BRANCA, A. PIZZORUSSO (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna, 1981, 298).

Con riferimento alla retroattività delle norme in materia di esecuzione penale e penitenziaria, si rimanda alla copiosa letteratura in tema e, in particolare, a M.CHIAVARIO, Norma processuale penale, in Enc. dir., XXVII, 1978, 474; F.DELLA CASA, Successione di leggi penitenziarie: modifiche «peggiorative» e limiti inerenti allo ius superveniens, cit.; C.FIORIO, Le disposizioni esecutive e penitenziarie, cit., nonché all'ampia rassegna dottrinale esposta da D.MICHELETTI, L. 5 dicembre 2005, n. 251. Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione, in Leg. pen., 2006, 505.

580 Se la ratio dell’operatività del precetto costituzionale sta nel garantire l’affidamento del singolo sulla fissità del dato normativo, l’adattamento alle disposizioni incidenti sulla pena in esecuzione può aversi agganciando il divieto di retroattività al momento in cui il «patto penitenziario» viene proposto al condannato; cosicché da questo momento, coincidente con l’inizio dell’espiazione della pena, sorgono, in capo al soggetto, legittime aspettative in ordine al rispetto di tale patto che, se disattese, potranno anche essere causa di contraccolpi negativi su un processo rieducativo già avviato. Così A.NATALINI, Trattamento penitenziario, restano i dubbi sull’irretroattività, in Dir. e giust., 2004, 19, 14.

581 Invero, nei casi esaminati, il problema della retroattività o meno delle norme in materia di esecuzione penale assume rilievo pregiudiziale, atteso che il dubbio di costituzionalità sul rispetto dell’art. 27, terzo comma, Cost. ha senso solo aderendo al principio tempus regit actum. È proprio l’immediata applicazione delle novità introdotte dal decreto legge n. 306 del 1992 e dalla legge n. 251 del 2005 anche alle situazioni pregresse, a rappresentare il presupposto del dubbio di legittimità costituzionale sub artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. Se la Consulta avesse incentrato il suo ragionamento sull’art. 25, secondo comma, Cost., la questione di diritto sollevata dai giudici rimettenti avrebbe conosciuto una soluzione più «lineare, limpida e inequivoca». Riconoscere l’applicazione del principio di irretroattività alle disposizioni qui in esame avrebbe, infatti, condotto la Corte allo stesso risultato a cui di fatto è arrivata seppur attraverso un diverso e più tortuoso percorso argomentativo. Di «via tortuosa» parla M.PAVARINI, La ex Cirielli: colpita ma non affondata, cit. Ecco perché, proprio qui - più che in altre occasioni – sorprende la mancanza di una presa di posizione espressa da parte della Corte costituzionale sulla natura processuale delle disposizioni che disciplinano le condizioni di accesso ai benefici penitenziari.

582 In questo senso F. FIORENTIN, Legge «Ex-Cirielli» e ordinamento penitenziario riformato al vaglio di costituzionalità: la Consulta riafferma il valore della funzione rieducativa della pena, cit. L’Autore scrive: «la vexata quaestio, rappresenta a tutt’oggi, quanto alle posizioni della dottrina e della giurisprudenza,

Il canone della ragionevolezza e le stesse logiche della risocializzazione sembrerebbero imporre, anche in materia di esecuzione penale, una retroattività relativa, così da tutelare, in assenza di interessi contrapposti di rango sovraordinato, l’affidamento del reo nella fissità del quadro normativo penitenziario al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena – momento nel quale si stringe il «patto» rieducativo con l’ordinamento - 583. E così, ove il condannato avesse maturato, prima dell’entrata in vigore della modifica peggiorativa, le condizioni formali e sostanziali per accedere ai benefici in base al previgente e più favorevole regime, dovrebbe essere proprio quest’ultimo a prevalere584.

È quanto mai significativo, peraltro, che proprio tale prospettiva sia stata sostanzialmente recepita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso

Del Rio Prada c. Spagna

, ancorché con riferimento non ad una modifica legislativa bensì ad un

revirement

giurisprudenziale in merito alle modalità di applicazione di un beneficio penitenziario585.

un’inestricabile matassa, che avrebbe meritato di essere autorevolmente dipanata da un intervento risolutore della Corte». Dello stesso avviso anche M.PAVARINI, La ex Cirielli: colpita ma non affondata, cit.; R.GRANATA, Ancora in tema di misure alternative alla detenzione e art. 25, comma 2, Cost., cit.; ID., Misure alternative alla detenzione e art. 25, comma 2, Cost.: notarelle aggiunte, in Giust. civ., 2005, I, 2006; ID., Misure alternative alla detenzione e art. 25, comma 2, Cost., in Giust. civ., 2002, I, 296; A.NATALINI, Ordinamento penitenziario e benefici: la reformatio in peius è ammessa, in Dir. e giust., 2005, 11, 35; ID., Trattamento penitenziario, restano i dubbi sull’irretroattività, cit. Anche A.MARCHESELLI, Censurati gli inasprimenti della «ex Cirielli» sui permessi premio già maturati dai detenuti, in Guida dir., 2006, 31, 63, parla a questo proposito di questione «ampia e spinosa».

583 Cfr. F.DELLA CASA, Successioni di leggi penitenziarie: modifiche «peggiorative» e limiti inerenti allo ius superveniens, cit., 402. Posizione condivisa da B.GUAZZALOCA,M.PAVARINI, L’esecuzione penitenziaria, in F. BRICOLA,V.ZAGREBELSKY (diretto da), Giurisprudenza sistematica di diritto penale, Torino, 1995, 322; S.DEL

CORSO, voce Successione di leggi penali, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 107. 584 Cfr. L.CARACENI,C.CESARI,Sub Art. 4-bis, cit., 90.

585 C. eur. dir. uomo, sent. 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, ric. n. 42750/09, in www.penalecontemporaneo.it, 30 ottobre 2013. Il ricorso è stato presentato da Ines Del Rio Prada, esponente del terrorismo separatista basco che veniva arrestata nel 1987 e successivamente condannata, in separati procedimenti, per ventitré omicidi e diversi tentativi di omicidio a pene che, sommate aritmeticamente, ammontavano a più di tremila anni di reclusione. In applicazione dell'art. 70, secondo comma, del codice penale spagnolo del 1973, che stabiliva il limite massimo al cumulo delle pene (applicabile anche in ipotesi di pluralità di procedimenti per reati connessi), l'entità della sanzione complessiva veniva stabilita in quella trent'anni di reclusione. Invocando l'applicazione del beneficio della redención de penas por trabajo (che consentiva uno sconto di pena di un giorno ogni due giorni di lavoro intramurario) - abrogato con l'introduzione del nuovo codice penale del 1995 ma mantenuto in via transitoria per i soggetti condannati sulla base del codice previgente -, la ricorrente presentava nel 2008 richiesta di liberazione anticipata, allegando i vari provvedimenti della magistratura di sorveglianza che avevano periodicamente certificato il lavoro svolto ed accordato gli sconti di pena. Tuttavia, in applicazione dell'orientamento interpretativo inaugurato dal Tribunal Supremo il 28 febbraio 2006 nei confronti del terrorista Henri Parot, l'Audiencia Nacional rigettava la richiesta. Secondo tale nuova interpretazione (denominata appunto doctrina Parot), infatti, lo sconto di pena deve essere calcolato su ciascuna delle pene inflitte non, come nella precedente prassi giurisprudenziale, sulla sanzione complessiva determinata all'esito dell'applicazione del limite dei trent'anni di reclusione. La portata pratica di tale revirement si può apprezzare proprio considerando che, nel caso della ricorrente, tale modalità di calcolo, in quanto parametrata su di una base di oltre tremila anni di reclusione, conduceva di fatto a vanificare l'applicazione

Invero, nell’occasione, la Grande Camera osserva che, in effetti, la materia dell’esecuzione penale è esclusa in via di principio dal concetto di «

matière pénale

» e, pertanto, non è assoggettata al principio di irretroattività di cui all'art. 7 Cedu586. Eppure, enfatizzando soprattutto le difficoltà di tracciare un confine chiaro tra le misure che costituiscono «

penalty

» e quelle che concernono l’«

execution

»587, i giudici di Strasburgo osservano come la disciplina spagnola della «

redención de penas

» debba essere considerata parte integrante del «

droit pénal

matériel

»588. La Corte non esclude che le misure adottate dal legislatore (o dalle autorità amministrative o dai giudici) dopo la pronuncia definitiva e/o durante l’esecuzione della pena possano provocare una ridefinizione della stessa. Ma quando ciò accade, tali misure dovrebbero rientrare nel campo di applicazione dell’art. 7 Cedu. Altrimenti, gli Stati sarebbero liberi – modificando la legge o reinterpretando le norme preesistenti – di adottare misure che riformano retroattivamente l’àmbito della sanzione inflitta, a detrimento della persona condannata, quando

del beneficio penitenziario ed a riportare la data di effettiva liberazione al 2017. Nel ricorso alla Corte europea, seguito a diverse pronunce del Tribunal constitucional in cui era stata costantemente riconosciuta la legittimità costituzionale dell'applicazione del nuovo orientamento giurisprudenziale, si lamentava una violazione del principio di irretroattività della legge penale (art. 7 Cedu) e, di conseguenza, del diritto alla libertà personale (art. 5 Cedu) relativamente al periodo di detenzione successivo al rigetto dell'istanza di liberazione anticipata. Con sentenza del 10 luglio 2012, la terza sezione della Corte europea aveva accolto entrambe le doglianze, sulle quali si è da ultimo pronunciata la Grande Camera su ricorso del governo spagnolo, a detta del quale l’art. 7 Cedu non interesserebbe il piano dell’esecuzione penale. La Grande Camera, confermando la sentenza di primo grado, ha stabilito che la modifica del sistema di imputazione delle riduzioni di pena, a seguito di un overruling interpretativo del Tribunale Supremo spagnolo ha avuto l'effetto di modificare, a scapito della ricorrente la portata della pena inflitta, privando di ogni effetto utile il beneficio delle riduzioni di pena già accordate. Per un commento, si veda FR.MAZZACUVA, La Grande Camera della Corte EDU su principio di legalità della pena e mutamenti giurisprudenziali sfavorevoli, ivi.

586 C. eur. dir. uomo, sent. 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, cit., § 83: «Both the European Commission of Human Rights and the Court in their case-law have drawn a distinction between a measure that constitutes in substance a penalty and a measure that concerns the execution or enforcement of the penalty. In consequence, where the nature and purpose of a measure relate to the remission of a sentence or a change in a regime for early release, this does not form part of the penalty within the meaning of Article 7».

587 C. eur. dir. uomo, sent. 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, cit., § 85 e 88: «The Court would emphasise that the term imposed, used in the second sentence of Article 7 § 1, cannot be interpreted as excluding from the scope of that provision all measures introduced after the pronouncement of the sentence. It reiterates in this connection that it is of crucial importance that the Convention is interpreted and applied in a manner which renders its rights practical and effective, not theoretical and illusory». 588 La decisione è stata presa con larga maggioranza (quindici voti contro due) sul profilo di violazione dell'art. 7 Cedu ed all'unanimità su quello relativo all'art. 5 Cedu. Nella loro opinione dissenziente, i giudici Mahoney e Vehabóvic, illustrano le ragioni del loro voto contrario rispetto alla prima statuizione. In particolare, essi ritengono che il caso non si distingua dai diversi precedenti nei quali la materia dell'esecuzione penale è stata sottratta al divieto di retroattività stabilito dall'art. 7 Cedu; a nulla varrebbe, in questo senso, l'incidenza del beneficio carcerario sulla concreta misura della pena da espiare, così come l'affidamento della ricorrente nella prospettiva di liberazione nel 2008. Cfr. FR.MAZZACUVA, La Grande Camera della Corte EDU su principio di legalità della pena e mutamenti giurisprudenziali sfavorevoli, cit.

quest’ultima non avrebbe potuto immaginare un simile sviluppo nel momento in cui il reato è stato commesso o la pena è stata inflitta589.

Siffatta conclusione – considerata, in dottrina, «coraggiosa e condivisibile»590 - si inscrive in quell’indirizzo giurisprudenziale diretto a restituire flessibilità alla disciplina dell’esecuzione penale che, per come rigidamente interpretata, finisce altrimenti per essere del tutto disancorata dal giudizio sul percorso rieducativo intrapreso dal detenuto e sulla sua attuale pericolosità sociale, con conseguente violazione delle garanzie fondamentali del reo.

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