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Si può, sin da ora, anticipare che la Corte costituzionale ha, in linea di massima, censurato l’utilizzazione da parte del legislatore tutti i meccanismi che sottraggono

tout court

alla magistratura di sorveglianza la verifica dell’effettiva incidenza di un determinato fattore sul trattamento penitenziario.

La Consulta, meditando sull’eccessivo rigore delle norme, ha reso gli istituti sopra visti più aderenti ai princìpi informatori dell’ordinamento penitenziario e ha, di conseguenza, restituito ai benefici di volta in volta considerati la funzione di incentivo ad un’efficace contributo nel trattamento rieducativo, compromesso da meccanismi - quale la revoca o la sospensione automatica - meramente sanzionatori529.

Ciò è avvenuto essenzialmente in due modi: attraverso la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’automatismo ovvero mediante un’interpretazione adeguatrice della norma oggetto di censura. La prima soluzione – quella della dichiarazione di incostituzionalità - è stata adottata con riguardo agli automatismi previsti negli artt. 47-

ter

e 54 ord. penit.530. Viceversa, con riferimento all’art. 58-

quater

ord. penit. la Corte ha preferito – non senza qualche perplessità – la soluzione dell’interpretazione conforme531.

529 Cfr. M.G. COPPETTA, Sub Art. 54 ord. penit., in F. DELLA CASA, G. GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 683.

530 Corte cost., sent. 5 - 13 giugno 1997, n. 173, in Giur. cost., 1997, 1758: «dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 47-ter, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui fa derivare automaticamente la sospensione della detenzione domiciliare dalla presentazione di una denuncia per il reato previsto del comma 8 dello stesso articolo». Per commenti, L.CESARIS, Sull’illegittimità costituzionale della sospensione «obbligatoria» della detenzione domiciliare, in Cass. pen., 1998, 5, 1295; G. FORTI, Detenzione domiciliare e arresti domiciliari: presupposti e conseguenze della violazione dell’obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione. Una implicita presa di posizione della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1997, 1758; B.MAGLIONA, Un ulteriore passo verso un'autonoma considerazione del diritto alla salute del soggetto condannato a pena detentiva, in Riv. it. med. leg., 1999, 1, 302; G.PIGHI, Non più automatica la sospensione della detenzione domiciliare in caso di allontanamento, in Dir. pen. e proc., 1998, 4, 448. Corte cost., sent. 17 - 23 maggio 1995, n. 186, in Cass. pen., 1995, 2771, con nota di N. MAIORANO: «dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, della legge 26 luglio 197S, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui prevede la revoca della liberazione anticipata nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio anziché stabilire che la liberazione anticipata è revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio».

531 Corte cost., sent. 26 - 28 maggio 2010, n. 189, in Giur. cost. 2010, 3, 2242. Si veda in particolare il § 3 del Considerato in diritto: «(u)n’eventuale interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione oggetto del presente giudizio potrebbe condurre ad escludere la fondatezza delle censure proposte dal rimettente, in relazione a tutti i parametri evocati. Infatti, la possibilità di valutare, caso per caso, con motivazione approfondita e rigorosa, la personalità e le condotte concrete del condannato responsabile del reato di cui all’art. 385 cod. pen. consentirebbe di evitare al contempo la lesione di diritti inviolabili della persona, il trattamento uguale di situazioni diverse, la vanificazione della funzione rieducativa della pena e la compromissione degli interessi della famiglia e dei figli minorenni, costituzionalmente protetti».

Il Giudice delle leggi riconosce, in tutti i casi, che la finalità di reinserimento sociale del condannato costituisce l’obiettivo a cui guardare tanto nel momento della concessione del beneficio, quanto nel momento in cui si debba procedere alla sospensione o alla revoca del trattamento.

Con riferimento al momento della sospensione e della revoca della misura, la Corte afferma che «una brusca ed automatica sospensione di tale trattamento può interrompere senza sufficiente ragione un percorso risocializzativo e riabilitativo»532. La previsione della sospensione o della revoca automatica, senza contestuale valutazione delle circostanze caratterizzanti la specifica e concreta condotta tenuta dal condannato (si pensi alla condotta di evasione), «confligge con la finalità rieducativa assegnata dalla Costituzione ad ogni pena, e dunque anche alle misure alternative previste in seno all’ordinamento penitenziario»533.

Spetta, dunque, al magistrato di sorveglianza verificare, caso per caso, se la condotta di evasione posta in essere dal condannato «presenti le caratteristiche, soggettive ed oggettive, di una non giustificabile sottrazione all’obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione o dal luogo altrimenti indicato ai sensi di detto art. 47-

ter

», tale da giustificare la sospensione della misura alternativa534. Decisione, quest'ultima, che, proprio perché derivante da un apprezzamento di merito della situazione di specie, necessariamente dovrà essere adottata con le forme del provvedimento motivato. Non ogni allontanamento, difatti, ha rilevanza ed incide

Per commenti, L.CESARIS, Un ulteriore passo verso l'eliminazione dei divieti aprioristici di concessione di benefici penitenziari, in Giur. cost. 2010, 3, 2242; G.DI CHIARA, Divieto di concessione di benefici, rigidi automatismi e discrezionalità del giudice, in Dir. pen. e proc., 2010, 7, 799.

532 Cfr. Corte cost., sent. n. 173/1997, cit., § 5 del Considerato in diritto; Corte cost., sent. n. 186/1995, cit., § 2 del Considerato in diritto.

533 Cfr. Corte cost., sent. n. 173/1997, cit., § 5 del Considerato in diritto. Con specifico riguardo alla sospensione della detenzione domiciliare, a tali considerazioni si sommano quelle sub art. 32 Cost. La Corte, infatti, osserva che «l’istituto della detenzione domiciliare risponde indubbiamente - e in modo primario nella maggior parte delle ipotesi previste dalla legge come presupposti della concessione - anche ad una finalità volta alla protezione della salute del condannato». L’interruzione di tale regime, sulla base di una semplice denuncia, «senza che il magistrato di sorveglianza possa vagliare la compatibilità della traduzione in carcere con le condizioni di salute del condannato stesso, e senza dare il tempo al competente tribunale di sorveglianza di valutare l’esperibilità di altre misure in quei casi in cui queste siano ammesse o imposte dalla legge, rappresenta indubbiamente una lesione, o quanto meno un grave rischio di lesione, di un bene tutelato come fondamentale dalla Costituzione». Si veda il § 6 del Considerato in diritto. Come osservato in dottrina, la sospensione automatica della detenzione domiciliare con conseguente accompagnamento in carcere del condannato non rappresentano soltanto un rischio di lesione del bene salute, ma si traducono anche in un trattamento contrario al senso di umanità, in aperta violazione del principio sancito dall’art. 27, terzo comma, Cost.In questo senso, B.MAGLIONA, Un ulteriore passo verso un'autonoma considerazione del diritto alla salute del soggetto condannato a pena detentiva, cit.; G.PIGHI, Non più automatica la sospensione della detenzione domiciliare in caso di allontanamento, cit.

sulla prosecuzione della misura, ma solo quello che, per modalità, circostanze, frequenza, sia sintomatico dell’insofferenza o dell’incapacità del soggetto di rispettare la prescrizione535.

Parimenti, anche la revoca della liberazione anticipata conseguente alla condanna per un qualsiasi reato non colposo richiede un previo pieno e integrale accertamento del fatto-reato e della riferibilità oggettiva e soggettiva dello stesso all’interessato. Tale valutazione, autonoma rispetto alle risultanze del procedimento penale, deve abbracciare l’intera condotta del condannato e non può limitarsi al solo vaglio delle sentenze e dei provvedimenti che lo riguardano536.

Da queste affermazioni, è enucleabile il principio di diritto in forza del quale non sarebbe possibile disporre automaticamente la sospensione o la revoca di una misura alternativa senza una previa analisi, da parte del giudice, dell’incidenza di un dato comportamento del soggetto sull’opera di rieducazione dallo stesso intrapresa, dell’ascrivibilità del fatto commesso al fallimento dell’opera rieducativa, del grado di recupero fino a quel momento manifestato e della perdurante pericolosità sociale del condannato537. Nella «materia dei benefici penitenziari, è criterio

costituzionalmente vincolante

quello che esclude rigidi automatismi e richiede sia resa possibile invece una valutazione individualizzata caso per caso»538.

Tali assiomi - «ormai organicamente compenetrati con le norme legislative che compongono l’ordinamento penitenziario» - forniscono «linee guida» per l’interpretazione delle singole disposizioni539. Ciò non soltanto con riferimento al momento della revoca di una misura in atto, ma anche al momento della sua concessione.

Ecco perché, quando si è occupata delle censure sollevate in relazione all’art. 58-

quater

ord. penit., la Corte costituzionale ha ritenuto di poter fornire alla norma un’interpretazione

535 L.CESARIS, Sull’illegittimità costituzionale della sospensione «obbligatoria» della detenzione domiciliare, cit. L’Autrice ricorda che in dottrina si era già arrivati, attraverso un’interpretazione adeguatrice della norma, alla soluzione prospettata dalla Corte. Ritiene, inoltre, che l’iter argomentativo seguito dalla Consulta susciti perplessità in quanto la detenzione domiciliare risponderebbe a finalità assistenziali-umanitarie, prescindendo da ogni contenuto risocializzante e da ogni altra considerazione sulla meritevolezza del destinatario.

536 Corte cost., sent. n. 186/1995, cit.

537 Cfr. M.G. COPPETTA, Sub Art. 54 ord. penit., in F. DELLA CASA, G. GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 683.

538 Cfr. Corte cost., sent. n. 189/2010, cit., § 2.1 del Considerato in diritto.

539 Di ciò, come ricorda la Corte costituzionale, si è mostrata consapevole la giurisprudenza di legittimità, che ha dato dell’art. 58-quater, primo comma, ord. penit. una lettura costituzionalmente orientata, che non preclude automaticamente l’ammissione ad una misura alternativa alla detenzione in carcere a causa dell’intervenuta condanna per il reato previsto dall’art. 385 cod. pen., ma «impone al giudice, in presenza di una condanna per questo titolo di reato, un’analisi particolarmente approfondita sulla personalità del condannato, sulla sua effettiva, perdurante pericolosità sociale alla luce delle condotte rilevanti ai sensi dell’art. 385 cod. pen., oggetto di accertamento definitivo, sui progressi trattamentali compiuti e il grado di rieducazione compiuto prima dell’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005». Cfr. Cass. pen., sez. I, 6 maggio 2009, n. 22368, in CED Cassazione 2009. Conformi, Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 2009, n. 41956, in CED Cassazione 2009; Cass. pen., sez. I, 10 novembre 2009, n. 44669 in CED Cassazione 2009.

adeguatrice, escludendo che quello censurato costituisse un divieto assoluto ed automatico di ammissione ai benefici penitenziari540.

Anche qui, dunque - lungi dalla formulazione letterale della norma che sembra in effetti prevedere un automatismo assoluto -, il giudice è chiamato ad effettuare una rigorosa verifica della condotta tenuta dal soggetto (evasione, trasgressione di precedenti prescrizioni, compimento di un nuovo delitto): ove questa sia indicativa di scarso impegno e di immeritevolezza, egli deve negare il beneficio541.

La possibilità di valutare, caso per caso, con motivazione approfondita e rigorosa, la personalità e le condotte concrete del condannato responsabile consente «di evitare al contempo la lesione di diritti inviolabili della persona, il trattamento uguale di situazioni diverse, la vanificazione della funzione rieducativa della pena» e la compromissione di altri interessi costituzionalmente protetti542.

Degli automatismi sopra illustrati, l’unico ad essere risparmiato dalla censura della Corte costituzionale è quello di cui all’art. 30-

ter

ord. penit. La Consulta, nel dichiarare infondata la questione di costituzionalità, ha riconosciuto di trovarsi, «indubbiamente, in presenza di un effetto preclusivo rispetto al quale al magistrato di sorveglianza non resta alcuna possibilità di sindacato»543. Eppure, a detta della Corte «l’incentivazione alla regolare condotta carceraria attraverso la promessa del permesso premio» può giustificare la preclusione temporanea di una nuova misura, in presenza di comportamenti particolarmente qualificati come la commissione di un delitto doloso durante l’esecuzione della pena544. Dal momento che la preclusione si inquadra nel presupposto della regolare condotta del condannato - requisito essenziale per la

540 Secondo la Consulta, «(a) fronte di una interpretazione letterale della disposizione impugnata, che genera i dubbi di legittimità costituzionale prospettati dal giudice a quo, è possibile invece una sua lettura costituzionalmente orientata, basata sull’ineliminabile funzione rieducativa della pena, sancita dall’art. 27, terzo comma, Cost. e confermata dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha escluso l’ammissibilità, nel nostro ordinamento penitenziario, della prevalenza assoluta delle esigenze di prevenzione sociale su quelle di recupero dei condannati». Cfr. Corte cost., sent. n. 189/2010, cit., § 2.1 del Considerato in diritto. L’interpretazione proposta se, da un lato, conduce a dichiarare l’inammissibilità della questione proposta, dall’altro lato, fa sorgere l’interrogativo circa l’ampiezza del potere di interpretazione e adeguamento che spetta al giudice comune. Nel caso di specie, infatti, l’interpretazione costituzionalmente orientata richiesta al giudice rimettente finisce per prescindere in toto dal dato letterale che sembra univoco nel prevedere una preclusione assoluta. L.CESARIS, Un ulteriore passo verso l'eliminazione dei divieti aprioristici di concessione di benefici penitenziari, cit. L’Autrice esprime perplessità circa la scelta della Corte costituzionale di avvalersi di una declaratoria di inammissibilità piuttosto che una sentenza interpretativa di rigetto. Riguardo all'esigenza di un'interpretazione costituzionalmente conforme delle norme, anche con riferimento ai rapporti tra interpretazione adeguatrice e diritto vivente, cfr. Corte cost. sent. n. 263 del 2009; poi, cfr. sent. nn. 286, 287, 310 e 329 del 2009; 3, 49, 51, 55 e 143 del 2010.

541 Cfr. L.CESARIS, Un ulteriore passo verso l'eliminazione dei divieti aprioristici di concessione di benefici penitenziari, cit.

542 Cfr. Corte cost., sent. n. 189/2010, cit., § 3 del Considerato in diritto.

543 Cfr. Corte cost., sent. 18 - 30 luglio 1997, n. 296, in Cass. pen. 1998, 17, § 4 del Considerato in diritto. 544 Cfr. Corte cost., sent. n. 296/1997, cit., § 7 del Considerato in diritto.

concedibilità di permessi premio (art. 30-

ter

, comma 8, ord. penit.) -, la Consulta ritiene che la funzione rieducativa non sia compromessa545. La Corte specifica però che ci si deve trovare di fronte ad un procedimento penale che, per quanto non ancora pervenuto alla pronuncia giudiziale definitiva, implichi la presa di contatto del pubblico ministero con il giudice.

Nondimeno, anche qui, il Giudice delle leggi manifesta «l’opportunità che il legislatore riveda l’impiego dell’assoluto automatismo» previsto dalla norma in esame, «non tanto in relazione al momento processuale che determina l’effetto preclusivo, quanto in relazione alle tipologie di delitti dolosi la cui commissione effettivamente comprometta il giudizio sulla regolarità della condotta e, conseguentemente, faccia presumere la pericolosità del condannato, nonché in relazione alla indifferenziata durata del periodo di esclusione dal beneficio»546.

Ad oggi, il legislatore non ha ritenuto di dover accogliere l’autorevole suggerimento della Corte, di tal che la preclusione di cui all’art. 30-

ter

, quinto comma, ord. penit. mantiene ancora il suo carattere di preclusione assoluta e insuperabile in relazione alla concessione dei permessi premio547.

Il legislatore ha invece accolto le osservazioni espresse dalla Corte costituzionale con riferimento all’art. 47-

ter

, comma 9, ord. penit. e, con il decreto legge 1 luglio 2013, n. 78 (conv. con legge 9 agosto 2013, n. 94), ha riformulato la disposizione censurata. L’attuale formulazione dell’art. 47-

ter

, comma 9, ord. penit., difatti, non prevede più alcunché con riferimento alla «sospensione» della misura in caso di denuncia per il reato di evasione. Ne consegue che, in questa ipotesi, troverà applicazione l’art. 51-

ter

ord. penit. che rimette la decisione sulla sospensione cautelativa della misura alla prudente valutazione del magistrato di sorveglianza che verifica la compatibilità o meno della condotta con la prosecuzione della prova. Sempre a detta dell’art. 51-

ter

ord. penit., l’eventuale sospensione deve poi essere confermata dal tribunale di sorveglianza entro trenta giorni, perdendo altrimenti efficacia. L’art. 47-

ter

ord. penit., inoltre, oggi esclude anche il secondo automatismo contenuto nell’originaria versione, consentendo alla magistratura di sorveglianza di revocare il beneficio della detenzione

545 Ibidem. 546 Ibidem.

547 La norma è stata oggetto di discussione nell’àmbito degli Stati generali dell’esecuzione penale dagli esperti che hanno composto il Tavolo tematico n. 16 dedicato al trattamento e agli ostacoli normativi all'individualizzazione del trattamento rieducativo. All’esito dei lavori, tra le proposte di modifica, si segnala quella dell’abrogazione del comma 5 dell’art. 30-ter ord. penit. Cfr. Relazione del Tavolo tematico n. 16, Stati generali dell’esecuzione penale 2015-2016, reperibile su www.giustizia.it, 7. Si veda anche l’Allegato 3 alla Relazione, ivi. Nello stesso senso, anche G.GIOSTRA,P.BRONZO (a cura di), Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, in www.penalecontemporaneo.it, 14 luglio 2017, 164. C’è anche chi propone di mantenere la norma ancorché con l’aggiunta di una clausola di salvaguardia del seguente tenore: «salvo che il fatto non sia di lieve entità, anche tenuto conto della personalità del condannato e dei progressi trattamentali compiuti». Così F. GIANFILIPPI, Più facile l’accesso ai permessi premio con pene brevi, in G. GIOSTRA, P. BRONZO (a cura di), Proposte per l’attuazione della delega penitenziaria, www.penalecontemporaneo.it, 14 luglio 2017, 184.

domiciliare in caso di condanna per il delitto di evasione, a patto che il fatto non sia di «lieve entità». Si specifica, nondimeno, che la revoca impedisce al giudice di sostituire la pena residua con altra misura, sicché egli dovrà ben valutare le conseguenze della propria decisione sul trattamento penitenziario548.

8. PROFILI DI DIRITTO INTERTEMPORALE DEL REGIME PRECLUSIVO DI ACCESSO AI BENEFICI

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