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In assenza di un’univoca e chiara indicazione legislativa in proposito, il nostro ordinamento non pare accogliere

a priori

una sola delle teorie richiamate69. Vi sono, infatti, elementi utilmente riconducibili alle varie funzioni della pena sopra elencate.

Già a livello costituzionale, il legislatore combina connotati della sanzione che sono propri di varie teorie, stabilendo, ad esempio, i princìpi di legalità della pena e di personalità della stessa – propri dell’idea retributiva – con quelli di rieducazione e umanizzazione del trattamento punitivo – propri della teoria special preventiva -.

Dall’art. 27, terzo comma, Cost. secondo il quale «(l)e pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» si possono desumere due considerazioni: la scelta a favore della prevenzione speciale e la rinuncia a considerare la retribuzione quale finalità autonoma della pena70. Quest’ultima è però in parte recuperata nel primo comma del medesimo articolo: dall’affermazione che «(l)a responsabilità penale è personale» si ricava, infatti, l’assunzione della colpevolezza quale limite massimo per la misura della pena71. Ciò consente di assolvere, come già visto, alle fondamentali istanze di

69 Per un quadro ricostruttivo, G.FIANDACA, Scopi della pena tra comminazione edittale e commisurazione giudiziale, in G.VASSALLI (a cura di), Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006, 131; G. FRIGO, La funzione rieducativa della pena nella giurisprudenza costituzionale, in www.cortecostituzionale.it; C.E.PALIERO, L’esecuzione della pena nello specchio della Corte costituzionale: conferme e aspettative, in G. VASSALLI (a cura di), Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006, 147. Si veda altresì F. MANTOVANI, La «perenne crisi» e la «perenne vitalità» della pena. E la «crisi di solitudine» del diritto penale, in E.DOLCINI,C.E.PALIERO (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Milano, 2006,1179. L’Autore parla di «mixtum compositum» in cui l’idea centrale retributiva e intimidativa si combina e si contempera con le istanze preventivo-rieducative.

In dottrina non è mancato chi ha sottolineato come l’attribuzione alla pena di un’unica funzione definita a priori, per tutti i tipi di reato e per tutti i tipi di reo, sia un’opzione che mortifica fin dall’inizio la capacità «selettiva» della sanzione penale. Così L.TUMMINELLO, Il volto del reo: l’individualizzazione della pena fra legalità ed equità, cit., 13.

70 In argomento, M. SPASARI, Diritto penale e Costituzione, Milano, 1966, 156; G. BETTIOL, Il mito della rieducazione, in AA.VV., Sul problema della rieducazione del condannato, Padova, 1964, 15; G.FIANDACA, Commento all’art. 27, comma 3, Cost., in G.BRANCA,A.PIZZORUSSO (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna, 1991, 222; P.NUVOLONE, Il problema della rieducazione del condannato, in Trent’anni di diritto e procedura penale, I, 1969, 393; B.PETROCELLI, La pena come emenda del reo, in AA.VV., Studi in memoria di Arturo Rocco, II, Milano, 1952, 342; G.VASSALLI, Funzioni ed insufficienze della pena, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1961, 325; G.ZUCCALÀ, Della rieducazione del condannato nell’ordinamento positivo italiano, in AA.VV., Sul problema della rieducazione del condannato, Padova, 1964, 68.

71 Sul principio di colpevolezza si veda G.FIANDACA, Considerazioni sulla colpevolezza e prevenzione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1987, 836; W.FRISCH, Principio di colpevolezza e principio di proporzionalità, in Dir. pen. cont., 2014, 3-4, 164; C.F.GROSSO, Principio di colpevolezza e personalità della responsabilità penale, in G. VASSALLI (a cura di), Cinquanta anni della Corte Costituzionale della Repubblica italiana. Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006, 9; T. PADOVANI, Appunti sull’evoluzione del concetto di colpevolezza, cit.

garanzia sottostanti alla teoria della retribuzione72. La funzione rieducativa rappresenta il raccordo tra pena e colpevolezza: è in funzione della rieducazione che si effettua il rimprovero73. Al tempo stesso, la rieducazione richiede che la pena rispetti la dignità umana74.

Nondimeno, la dottrina imperante nei primi anni di avvento della Costituzione nonché la giurisprudenza, finanche costituzionale75, hanno, per lungo tempo, ritenuto che detto finalismo rieducativo riguardasse il solo trattamento penitenziario che concreta l’esecuzione della pena, e ad esso fosse perciò limitato76.

A tale risultato si era pervenuti valutando separatamente il valore del momento umanitario rispetto a quello rieducativo e deducendo, dall'imposizione del principio di umanizzazione, la conferma del carattere afflittivo e retributivo della pena.

Così facendo, si negava assolutezza al principio rieducativo - che doveva essere inteso esclusivamente quale «tendenza» del trattamento - e si continuava a ribadire la tradizionale concezione polifunzionale della pena77.

Si osservava che la pena, incidendo sui diritti di chi vi è sottoposto, non poteva non avere caratteri afflittivi e retributivi. Al tempo stesso, essa, per sua natura, possedeva caratteri di

72 Nella dottrina italiana si registra un consenso generale sul riferimento alla «colpevolezza per il fatto» quale limite garantista invalicabile nella commisurazione della pena: A.PAGLIARO, voce Sanzione (Sanzione penale), cit. e riferimenti ivi richiamati. Si veda altresì E.DOLCINI, La commisurazione della pena, cit., 93; E.DOLCINI, voce Potere discrezionale del giudice, cit., 751. Prescindere dalla colpevolezza per il fatto conduce al rischio di approdare verso una «colpa d’autore» che degrada il reato a «sintomo di colpevolezza», riducendolo a semplice condizione del giudizio di responsabilità: cfr. E. DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 360. Si veda anche G.MARINUCCI, Politica criminale e riforma del diritto penale, in Jus, 1974, 481: «la funzione risocializzatrice primaria per rango costituzionale (art. 27 co. 3 Cost.) esige [...] che la risposta penale non superi mai, nell'an e nel quantum, la misura della colpevolezza individuale». 

73 Tra le sanzioni previste dal legislatore vi è anche la pena pecuniaria. Sulla funzione rieducativa della pena pecuniaria, cfr. Corte cost., sent. 4 - 12 febbraio 1966, n. 12, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1966, 999, con nota di C.F.GROSSO, Le pene pecuniarie di fronte all’art. 27 Cost.

74 R.GAROFOLI, Manuale di diritto penale, cit., 1479.

75 Tra le varie, Corte cost., sent. 11 giugno – 8 luglio 1993, n. 306, in Cass. Pen., 1994, 837: afferma che «tra le finalità che la Costituzione assegna alla pena non può stabilirsi a priori una gerarchia statica ed assoluta che valga una volta per tutte ed in ogni condizione».

76 Quale esempio del lungo percorso di questo leit motiv si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 48 del 1962; n. 12 del 1966; n. 21 del 1971; n. 167 del 1973; nn. 143 e 264 del 1974; 119 del 1975; 25 del 1979; 104 del 1982; 137 del 1983; 237 del 1984; 23, 102 e 169 del 1985; 1023 del 1988.

Si veda, ex plurimis, Corte cost., sent. 8 -15 maggio 1963, n. 67, in § 2 del Considerato in diritto, in www.giurcost.org. Con riferimento alla finalità di cui all’art. 27, terzo comma, Cost., la Corte afferma «l’emenda del condannato, che questo pone quale una delle finalità della pena, è affidata piuttosto ai modi della sua esecuzione».

77 In argomento, G.BETTIOL, Sulla rieducazione del condannato, in Riv. it. dir. pen., 1951, 369; ID., Il mito della rieducazione, cit., 15; E.DOLCINI, La rieducazione del condannato tra mito e realtà, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1979, 469; B.PETROCELLI, Retribuzione e difesa nel Progetto di codice penale del 1949, in Riv. it. dir. pen., 1950, 593; M.SPASARI, Diritto penale e Costituzione, cit., 156; C.F.GROSSO, voce Responsabilità penale, in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, 719. Si veda altresì F.BALDASSARELLI, Funzione rieducativa della pena e nuovo processo penale, in Riv. pen., 1990, 409.

difesa sociale e di prevenzione generale, quantomeno in termini di calcolo utilitaristico di colui che delinque.

L’esperienza successiva ha dimostrato che la necessità costituzionale che la pena debba «tendere» a rieducare, «lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferita al solo trattamento, indica invece proprio una delle qualità essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e l’accompagnano da quando nasce, nell’astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue»78. Se fosse davvero limitata alla fase esecutiva, la finalità rieducativa rischierebbe una «grave compromissione»79 ogniqualvolta la specie e la durata della sanzione non fossero state calibrate, né in sede normativa né in quella applicativa, alle necessità rieducative del soggetto.

La rieducazione è, pertanto, componente essenziale della commisurazione della pena. La Corte costituzionale ha, successivamente, riconosciuto che «tra le finalità che la Costituzione assegna alla pena – da un lato, quella di prevenzione generale e difesa sociale, con i connessi caratteri di afflittività e retributività, e, dall’altro, quelle di prevenzione speciale e di

78 Corte cost., sent. 26 giungo - 2 luglio 1990, n. 313, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1990, 1588, con nota di G. LOZZI, La legittimità del c.d. patteggiamento. Si veda in particolare il § 8 del Considerato in diritto. Si veda altresì G.FIANDACA, Pena «patteggiata» e principio rieducativo: un arduo compromesso tra logica di parte e controllo giudiziale, in Foro it., 1990, I, 2385. Sul significato della sentenza in merito al ruolo della finalità rieducativa nel sistema penale, E.DOLCINI, Razionalità nella commisurazione della pena: un obiettivo ancora attuale?, cit.; L.MONACO,C.E. PALIERO, Variazioni in tema di «crisi della sanzione»: la diaspora del sistema commisurativo, cit., 440; G. FIANDACA, Scopi della pena tra comminazione edittale e commisurazione giudiziale, cit., 137; A. PUGIOTTO, Il volto costituzionale della pena (e i suoi sfregi), in www.penalecontemporaneo.it, 10 giugno 2014; D.PULITANÒ, Sulla pena. Fra teoria, principi e politica, cit., 648.

Con questa pronuncia la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 444, secondo comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva la possibilità per il giudice di valutare la «congruità» della pena patteggiata dalle parti e, quindi, la connessa possibilità, da parte del primo, di rigettare tale schema negoziale. Parametro di tale giudizio di incostituzionalità è l’art. 27, terzo comma, Cost. dal momento che, senza alcun controllo giudiziale, si corre il serio rischio che la pena che l’imputato dovrà scontare risulti troppo esigua e quindi insufficiente a rieducarlo. Per un ampio commento a detta pronuncia, si vedano, tra gli altri, E. DOLCINI, La commisurazione della pena tra teoria e prassi, cit., 61; G. FIANDACA, Scopi della pena tra commisurazione edittale e commisurazione giudiziale, cit., 137. Questa sentenza rappresenta, a detta di taluno, un «taglio netto» rispetto al passato: P.P. EMANUELE, La funzione rieducativa della pena nella giurisprudenza della Corte costituzionale, cit., 102.

Sul principio della rieducazione anche al di là della fase esecutiva, si veda anche C.E.PALIERO, L’esecuzione della pena nello specchio della Corte costituzionale: conferme e aspettative, cit., 148.

Sulla persistente validità dell’opzione risocializzativa proprio alla luce dei ripetuti interventi del giudice costituzionale, A.MARGARA, La pena perduta e il carcere ritrovato: riflessione sulla crisi di una delle tante riforme incompiute, in Quest. giust., 1993, 381.

Non mancano, in dottrina, voci dissonanti che ritengono che la rieducazione, se ben può assumere un ruolo primario nelle due fasi dell’esecuzione e della commisurazione giudiziale, altrettanto non può dirsi nella fase della minaccia dove l’obiettivo perseguito è quello della prevenzione generale, proprio perché la minaccia della pena serve a distogliere la generalità dei consociati dalla commissione di fatti penalmente illeciti. Cfr. G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 702.

rieducazione, che tendenzialmente comportano una certa flessibilità della pena in funzione dell’obiettivo di risocializzazione del reo – non può stabilirsi

a priori

una gerarchia statica ed assoluta che valga una volta per tutte ed in ogni condizione»80.

Il legislatore può, nei limiti della ragionevolezza, far «tendenzialmente» prevalere, di volta in volta, l’una o l’altra finalità della pena, ma «a patto che nessuna di esse ne risulti obliterata»81.

Per un verso, infatti, il perseguimento della finalità rieducativa non può condurre a superare l’afflittività comunque insita nella pena comminata dalla sentenza di condanna. Parimenti, il privilegio di obiettivi di prevenzione generale e di difesa sociale non può spingersi fino al punto di autorizzare il pregiudizio della finalità rieducativa espressamente consacrata dalla Costituzione nel contesto dell’istituto della pena82.

Il giudice, pertanto, deve acquisire margini di discrezionalità nella commisurazione della pena per poter conformare la sanzione al reo alla luce degli obiettivi di difesa sociale, di rieducazione del riformabile o neutralizzazione dell’individuo pericoloso.

Queste osservazioni non smentiscono ma rafforzano l’idea della necessità che il legislatore individui le finalità della pena e ne definisca i rapporti reciproci.

Non persuade, infatti, la tesi che vorrebbe «le finalità generali della commisurazione della pena immanenti alla coscienza di ogni giudice»83. Le disparità di vedute esistenti in dottrina - circa l’ammissibilità di considerazioni di prevenzione generale o circa il ruolo da attribuirsi alla retribuzione o, ancora, circa la possibilità di tener conto di considerazioni di prevenzione speciale - molto probabilmente esistono anche in giurisprudenza. Ne consegue il rischio reale di un’applicazione differenziata della pena, condizionata dalla personale concezione che il singolo giudice possiede circa la finalità ultima della sanzione.

Occorre, perciò, individuare un «principio d’ordine» tra le predette finalità sì da riportare le valutazioni puramente soggettive in una sfera dominata da criteri oggettivi e giuridicamente certi84. Da ciò, la necessità di una presa di posizione chiara, a livello legislativo, circa lo scopo della pena.

80 Corte cost., sent. n. 306/1993, cit. Si veda anche Corte cost., sent. 21 giungo - 4 luglio 2006, n. 257, in Giust. civ., 2006, 11, I, 2289.

81 Corte cost., sent. 5-16 marzo 2007, n. 78, § 4 del Considerato in diritto, in Giur. cost., 2007, 2, 745. Sulla coesistenza di dette finalità, si veda R.BARTOLI, Le circostanze «al bivio» tra legalità e discrezionalità, in Cass. pen., 2016, 5, 2254B.

82 Corte cost., sent. n. 306/1993, cit. e n. 257/2006, cit.

83 Cfr. A.PAGLIARO, Commisurazione della pena e prevenzione generale, cit., 31. 84 E.DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 356.

7. L’ARTICOLO 27 DELLA COSTITUZIONE QUALE ULTERIORE FONDAMENTO DELLA

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