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La situazione appena descritta, fortemente critica, ha riportato al centro del dibattito penalistico il problema del potere del giudice penale; ciò al fine di riconvertire l’attuale discrezionalità, percepita come «libera», in una discrezionalità «vincolata».

Ci si domanda se la possibilità di imprimere una svolta alla giurisprudenza attraverso la riformulazione dell’art. 133 cod. pen. possa rappresentare una valida soluzione.

La dottrina ha manifestato riserve a tal proposito196. Si osserva, peraltro, che il carattere sostanzialmente libero e intuitivo dell’apprezzamento del giudice non discenderebbe da carenze dell’attuale normativa, bensì dalla stessa eterogeneità fra reato e pena: «due entità […] tra le quali nessuna considerazione di intelletto astratto può istituire una relazione di identità qualitativa»197.

Questa impostazione lascia intravedere due possibili sbocchi: o affidarsi alla «saggezza pratica del giudice»198, ovvero adottare soluzioni più radicalmente innovative rispetto ad una mera revisione della disciplina attualmente in vigore199, sino ad arrivare ad una integrale «automatizzazione» della commisurazione della pena.

Posto che, in uno Stato di diritto, risulta difficile che si possa optare per la prima soluzione senza scardinare i princìpi fondamentali dello stesso, vi è la tendenza a ricorrere alla seconda soluzione prospettata.

L’aspirazione a sottoporre la discrezionalità a una direttiva vincolante approderebbe, in definitiva, all’eliminazione della discrezionalità stessa e alla negazione di qualsiasi ruolo del giudice nell’atto finale della commisurazione della pena200.

La ricerca di un punto di equilibrio tra legalità e difesa sociale, tra certezza e giustizia sostanziale, è tra i problemi centrali dell’esperienza penalistica contemporanea, comune a tutti gli ordinamenti.

196 A. PAGLIARO, La riforma delle sanzioni penali tra teoria e prassi, cit., 1207. Secondo l’Autore ogni eventuale modifica del dettato normativo «sarebbe destinata a rimanere sulla carta». La pratica del diritto «non […] ne trarrebbe giovamento alcuno». Cfr. A.PAGLIARO, Commisurazione della pena e prevenzione generale, cit., 31.

197 Cfr. A.PAGLIARO, Commisurazione della pena e prevenzione generale, cit., 32. 198 Cfr. A.PAGLIARO, La riforma delle sanzioni penali tra teoria e prassi, cit., 1207.

199 In quest’ultimo senso, si potrebbe pensare ad una formalizzazione della commisurazione della pena, con l’adozione di modelli derivati dalle scienze matematiche o economiche. E.DOLCINI, voce Potere discrezionale del giudice, cit., 753. L’Autore rimanda, per una rassegna delle principali proposte di questo tenore avanzate nella letteratura tedesca, ad W.HASSEMER, Die Formalisierung der Strafzumessungsentscheidung, in ZStW, 1978, XC, 65.

200 E. DOLCINI, voce Potere discrezionale del giudice, cit., 753. L’Autore rimanda, ancora una volta, ad W. HASSEMER, Automatisierte und rationale Strafzumessung, in AA.VV., Gesetzesplanung. Beiträge der Rechtsinformatik, Berlin, 1972, 95.

Si pensi, ad esempio, all’ordinamento tedesco nel quale solo da qualche decennio si è proceduto a una razionalizzazione della materia: l’assenza di una norma simile al nostro art. 133 cod. pen. aveva reso evidente e non più rinviabile il bisogno di ricondurre a criteri giuridici le valutazioni tradizionalmente affidate a criteri soggettivi, ed in particolare alla morale e al comune sentire201.

La medesima esigenza è stata avvertita negli ordinamenti austriaco, portoghese, spagnolo, francese, greco, sloveno, croato, nonché nei Paesi socialisti: tutti hanno visto la comparsa, nei loro codici, di norme sulla commisurazione della pena202.

Perfino negli ordinamenti di tipo anglosassone, tradizionalmente restii a dettare direttive circa la misura della pena, si è manifestata una tendenza del tutto nuova203. L’esempio più emblematico è offerto dagli Stati Uniti204, ove si è passati da un sistema a discrezionalità libera

201 R.SATURNINO, voce Discrezionalità (Diritto penale), cit., 5. L’Autore guarda con favore la soluzione adottata dal legislatore tedesco che, nella norma sulla commisurazione della pena (§ 46 StGB), nella seconda parte del primo comma, indica con chiarezza la finalità special preventiva della pena, cui deve essere orientata, nei limiti del rispetto del principio di colpevolezza, l’inflizione della pena. Questo è il testo della norma: «La colpevolezza dell'autore è il fondamento per la commisurazione della pena. Devono tenersi in considerazione gli effetti che ci si può attendere dalla pena sulla vita sociale dell'autore».

202 Così, il § 32.1 del codice austriaco afferma: «Fondamento per la commisurazione della pena è la colpevolezza del reo». L'art. 71.1 del codice portoghese prescrive che «la pena è commisurata, nei limiti stabiliti dalla legge, in funzione della colpevolezza dell'agente e delle esigenze di prevenzione». L'art. 66 del codice spagnolo stabilisce al n. 1 che il giudice procede alla individualizzazione della pena «nella misura adeguata alle circostanze personali del reo e alla maggiore o minore gravità del fatto». L'art. 13224 del codice francese sancisce: «All'interno dei limiti fissati dalla legge, il giudice dichiara le pene e fissa il loro regime in funzione delle circostanze dell'infrazione e della personalità del suo autore». Per un’analisi delle regole di commisurazione della pena nel Paesi dell’Europa dell’Est (con particolare riferimento a Albania, Russia, Slovenia, Croazia), M.BERTOLI, La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena nei Paesi dell'Europa dell' Est, Doctoral Thesis, Università degli Studi di Trieste, 2008, in www.openstarts.units.it. 203 Se negli ordinamenti di civil law, si è deciso di inserire nel corpo dei codici penali una o più norme volte a vincolare l’esercizio del potere discrezionale del giudice penale in punto di determinazione della sanzione, negli ordinamenti si common law – dove manca un corpus normativo unitario della legislazione penale - si è optato per una diversa soluzione. T.DELOGU, Potere discrezionale del giudice penale e certezza del diritto, cit., 372. L’Autore parla dell’«ansia» che gli ordinamenti anglosassoni hanno di trovare limiti al potere discrezionale del giudice. Per approfondimenti, si vedano i riferimenti ivi indicati.

204 Si ricorda che il sistema processuale nordamericano riposa su una struttura bifasica: (a) la prima fase del processo è improntata alla decisione delle questioni di diritto e di fatto da parte del giudice e della giuria, qualora il processo si svolga by jury e si concluda con la deliberazione del verdetto; si badi che l’accusato può anche rinunciare alla giuria e scegliere la via del guilty plea, ammettendo cioè, all’inizio del dibattimento, la propria responsabilità di fronte al fatto contestato; (b) la seconda fase del processo è destinata alla commisurazione della pena (sentencing): per commisurare la pena, il giudice fissa una specifica udienza nella quale viene presentato il pre-sentencing report, relazione – eventualmente corredata da perizie psicologiche e/o psichiatriche sul condannato – che riassume le caratteristiche del reato, ricostruite le vicende individuali del reo, nonché il contesto socio-ambientali al quale egli appartiene. Sul ruolo delle dichiarazioni del reo in questa udienza, si veda M.W.BENNET,I.P.ROBBINS, Last Words: a Survey and Analysis of Federal Judges' Views on Allocution in Sentencing, in The Social Science Research Network Electronic Paper Collection, Washington College of Law Research Paper n. 9, 2014, vol. 65, 735. Le informazioni su carattere, personalità, precedenti penali del reo vengono acqusite dal giudice solo in sede di commisurazione della pena, in modo che queste non alterino la capacità del collegio giudicante di valutare

(c.d.

indeterminate sentencing

), orientato dall’idea rieducativa e caratterizzato da un amplissimo potere discrezionale del giudice205, ad un sistema antitetico di legalità assoluta (il c.d.

Federal

determinate sentencing

introdotto dal

Sentencing Reform Act

del 1984), fondato sul rigido accoglimento del principio di proporzione e su un forte contenimento della discrezionalità giudiziale206. Con tale riforma è stata introdotta la

United States Sentencing Commission

207, una

obiettivamente il fatto. Ulteriore ragione dello sdoppiamento istituzionale del processo in due fasi strutturalmente autonome e governate da autonomi princìpi va cercata, altresì, nella volontà di assicurare al massimo il diritto di riservatezza del cittadino, limitando l’ingerenza da parte dell’autorità nella sfera privata dell’individuo ai soli casi in cui il soggetto venga riconosciuto colpevole. Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, cit., 152. Si vedano altresì S.CANNATA, La commisurazione della pena nel sistema federale statunitense, in www.altrodiritto.unifi.it, 2002; A. GASPARINI, Dall'Indeterminate Sentence alle Sentencing Guidelines: una riforma rivoluzionaria negli USA, in Ind. pen., 1994, 37; F. MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, in www.altrodiritto.unifi.it, 2015. In argomento, E.AMODIO,M.C.BASSIOUNI (a cura di), Il processo penale negli Stati Uniti d’America, Milano, 1988, 65 ss.; V.FANCHIOTTI, Lineamenti del processo penale statunitense. Corso di lezioni, Torino, 1987; R.GAMBINI

MUSSO (a cura di), Il processo penale statunitense, Torino, 2009. Sulle ragioni che giustificano lo «sdoppiamento» della commisurazione in due distinte fasi, si veda L.MONACO, Prospettive dell’idea dello «scopo» nella teoria della pena, Napoli, 1984, 182. Auspica l’introduzione del modello bifasico anche negli ordinamenti continentali, M.ANCEL, La défense sociale nouvelle (1954), Parigi, 1966, 251.

205 Le caratteristiche fondamentali del c.d. «indeterminate sentencing system» sono: (a) la contemporanea presenza di una pluralità di soggetti che affiancano, fino ad esautorarlo, il giudice in sede di procedimento commisurativo; (b) un’estrema ampiezza della cornice edittale applicabile al caso concreto, ossia una vaghezza di fondo nel procedimento commisurativo; (c) un’insussistenza dell’obbligo di motivazione della sentenza penale di condanna per la parte che riguarda la misura della pena e quindi un’inappellabilità del contenuto sanzionatorio; (d) una non preventiva determinazione da parte del giudice della pena da scontare in concreto nel dispositivo di condanna e la rimessione della sua definizione all’intervento di un organo diverso dal giudice (c.d. «Parole Board» o «Correctional Authority») – si veda quanto detto in nota 134 - che, in assenza di precostituiti parametri legislativi volti a limitare la discrezionalità di tale organo, può acconsentire al rilascio preventivo del detenuto, sulla base del grado di risocializzazione raggiunto dello stesso. Cfr. F.MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, cit.

La legittimazione teorica del sentencing indeterminato risiede nell’assunzione dell’idea rieducativa come criterio di commisurazione e, più in generale, nell’approccio di tipo «clinico» («medical model») al problema della devianza, proprio della «new penology» americana. Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, in Dig. disc. pen., XIII, Torino, 1991, 152.

206 Il progressivo aumento della popolazione carceraria – indotto in buona parte dalla politica sanzionatoria orientata alla prevenzione speciale – e il verificarsi di profonde disparità di trattamento – generate da una dosimetria sanzionatoria fondata sui mutevoli e difficilmente accertabili bisogni di risocializzazione del reo – hanno rappresentato gli effetti indesiderati più eclatanti dell’«indeterminate sentencing system»; effetti neppure controbilanciati dal raggiungimento dello scopo – consistente nel contenimento della recidiva – per cui tale modello sanzionatorio era stato predisposto. Il modello commisurativo emerso dalle macerie del sistema precedente prende il nome di «determinate sentencing system» e si caratterizza, a livello teorico, per l’adesione ad un orientamento teleologico di tipo «neoretributivo» (c.d. «just desert theory» o teoria del «giusto merito») e, a livello prasseologico, per l’adozione di uno schema commisurativo a struttura «rigida», governato da linee-guida aventi forza di legge (c.d. «sentencing guidelines»). Si badi che il procedimento di determinazione della pena varia da Stato a Stato, secondo modelli più o meno rigidi di «determinate sentencing». Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, in Dig. disc. pen., XIII, Torino, 1991, 152; F.MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, cit. Sulla «just desert theory», si vedano, tra gli altri, J. RAWLS, A Theory of Justice, Harvard, 1971; G.P.FLETCHER, Rethinking Criminal Law, Oxford, 1978; R.SINGER, Just Desert: Sentencing based on Equality and Desert,

commissione indipendente, a cui è stato attribuito il compito di redigere le c.d.

Guidelines

, direttive federali approvate dal Congresso e compilate in base all’analisi della giurisprudenza, nella pioneristica impresa di «razionalizzare» la prassi del

sentencing

208. Attraverso l’adozione di una dosimetria sanzionatoria caratterizzata da componenti di tipo «matematico», le

Guidelines

determinano la natura e il

quantum

delle pene applicabili a più di duemila reati, specificamente circostanziati sotto il profilo soggettivo e oggettivo209.

Cambridge, 1979; N.MORRIS, The Future of Imprisonment, Chicago, 1974; A.VON HIRSCH, Commensurability and Crime Prevention: Evaluating Formal Sentencing Structures and Their Rationale, in Journ. Crim. Law and Criminol., 1983, 236; ID., Deservedness and Dangerousness in the Sentencing of Criminals, in Crim. Law Rev., 1986, 83; H.MORRIS, Persons and Punishment, in The Monist, 4, 1968, 475; D.J.GALLIGAN, Guidelines and Just Desert: a Critique to Recent Trends in Sentencing Reform, in Crim. Law Rev., 1981, 298. Si veda altresì AMERICAN BAR ASSOCIATION, Task force on Sentencing Alternatives and Procedures, 1979.

207 La Sentencing Commision e l’impianto tracciato dal Sentencing Reform Act sono stati oggetto di innumerevoli questioni di costituzionalità. In particolare, ci si lamentava dell’ampiezza del potere conferito alla Commissione, tale da ledere lo stesso principio della separazione dei poteri. Chiamata a pronunciarsi sul punto, nel caso Mistretta v. United States, la Corte ha salvato detta legge ritenendo, da un lato, chiari ed intellegibili i princìpi posti alla base della delega, e, dall’altro, escludendo una lesione del principio di separazione dei poteri: la Commission era sì speciale, innovativa, formalmente incastonata nell'ordinamento giudiziario, concretamente affiliata al potere esecutivo, un’agency anomala nel panorama istituzionale statunitense, ma non era di per sé lesiva del principio di separazione dei poteri. Cfr. Mistretta v. United States, 488 U.S. 361, 109 S.Ct. 647, (1989). In argomento, F. MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, cit.; S.CANNATA, La commisurazione della pena nel sistema federale statunitense, cit.

208 Sul sentencing in generale, G. MANNOZZI, voce Sentencing, cit., 150 ss.; G. MANNOZZI, Razionalità e «giustizia» nella commisurazione della pena. Il Just Desert Model e la riforma del sentencing nordamericano, Padova, 1996. Per approfondimenti, K.STITH, J.A.CABRANES, Fear of judging: sentencing guidelines in the Federal Courts, Chicago, 1998; J. WHEELER, Compare federal sentencing before and after the Sentencing Reform Act of 1984, in www.enotes.com, 8 febbraio 2014. Si veda altresì United States Sentencing Commission, An Overview of the United States Sentencing Commission, 9 August 2011, www.ussc.gov. La riforma della commisurazione nordamericana non può dirsi un fenomeno isolato: essa ha infatti suggestionato anche il legislatore inglese e quello scandinavo. Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, cit. Sul sentencing inglese, A.ASHWORTH,E.GENDERS,G.MANSFIELD,J.PEAY,E.PLAYER, Sentencing in the Crown Court, Oxford, 1984; M.WASIK,A.VON HIRSCH, Statutory Sentencing Principles: the 1990 Whe Paper, in Modern Law Rev., 1993, 508; A.ASHWORTH,Sentencing and Criminal Justice, Cambridge, 2010. Sul modello svedese, A. VON HIRSCH,N.JAREBORG, Sweden’s Sentencing Statute Enacted, in Crim. Law Rev., 1989, 275. Il tratto che contraddistingue la riforma dei sistemi sanzionatori svedese e inglese rispetto alla riforma nordamericana consiste sostanzialmente nella scelta di affidare la regolamentazione della commisurazione della pena, anziché a griglie numeriche contenenti i valori sanzionatori per ciascuna ipotesi di reato, ad una serie di princìpi guida di tipo «narrativo» (c.d. «narrative sentencing guidelines»).

209 Le linee-guida per il sentencing sono essenzialmente un «listino» molto formalzzato di sanzioni poste in corrispondenza «biunivoca» con una scala, altrettanto dettagliata, dei reati (c.d. «sentencing table»). Tale gerarchia di valori viene, poi, di norma, trasferita in un diagramma cartesiano in cui, sull’asse delle ordinate, viene segnato il «livello di gravità» dei reati – che muta a seconda che la fattispecie si sia concretamente verificata nella sua forma base (c.d. «base offense level») oppure in forma circostanziata nel caso in cui si siano realizzati i c.d. «specific offense characteristics» oppure i c.d. «adjustments» - e, su quello delle ascisse, viene fissato, in base ai precedenti penali, il «punteggio criminale» del reo. Per ogni livello di gravità del reato e in corrispondenza di ciascun valore del punteggio criminale del reo viene quindi stabilito un ammontare di pena, espresso nei termini di una cornice edittale (c.d. «guideline range»), contenuto entro il limite della c.d. «25 Percent Rule». Il risultato finale è costituito da una tabella a doppia entrata utilizzando la

Anche nel nostro ordinamento, caratterizzato dall’aumento della flessibilità della pena e della discrezionalità del giudice nell’applicazione della stessa, si è cercato di intervenire per riportare l’impianto sanzionatorio al piano dell’effettività210.

Non è questa una novità dell’ultimo periodo. Da anni, ormai, si è preso coscienza della necessità di fornire garanzie contro il pericolo di scelte irragionevoli del giudice. Nondimeno, se in passato nessuno aveva proposto un ritorno al sistema delle pene fisse e degli automatismi sanzionatori211, nell’ultimo periodo si assiste ad una tendenza che va proprio in tal senso.

Ciò è avvenuto, in un contesto complessivo turbato dall’emergere e dall’aggravarsi di fenomeni di pericolosità sociale particolarmente temuti – a torto o a ragione – dalla collettività, attraverso una strategia legislativa che si è risolta, sovente, nella mera e caotica riduzione degli spazi di discrezionalità giudiziale, in una logica pressoché completamente «reattiva»212.

quale, dall’intersezione tra i due valori detti, emerge la pena «giusta», cioè proporzionata alla gravità del fatto e non disegualmente afflittiva rispetto alla pena che verrebbe irrogata per casi analoghi. La rigidità del modello risulta attenuata dal fatto che al giudice è di norma consentito disconstarsi dalle pene presuntive in circostanze inusuali ed eccezionali. Cfr. G.MANNOZZI, voce Sentencing, cit., 157.

Si consideri, infine, che, a dispetto del sistema precedente, nel sistema di sentenze determinate, la discrezionalità del «Parole Board» nel decidere il termine oltre il quale il detenuto può essere ammesso a beneficiare della liberazione è molto limitata, essendo tale termine stabilito per legge o determinato tramite un sistema di «parole-guidelines». Si parla in questo caso di «mandatory release» (rilascio obbligatorio), contrapposto al tradizionale «discretionary release» (rilascio discrezionale) tipico delle giurisdizioni in cui la sentenza di condanna ha natura indeterminata. Per approfondimenti, S. CIAPPI, A. COLUCCIA, Giustizia criminale. Retribuzione, riabilitazione e riparazione: modelli e strategie di intervento penale a confronto, cit., 91 ss.

210 In argomento, E.DOLCINI, La pena in Italia, oggi, tra diritto scritto e prassi applicativa, in E.DOLCINI,C.E. PALIERO (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, II, Milano, 2006, 1073; F.GIUNTA, L’effettività della pena nell’epoca del dissolvimento del sistema sanzionatorio, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, 414; F. MANTOVANI, La «perenne crisi» e la «perenne vitalità» della pena. E la «crisi di solitudine» del diritto penale, cit., 1171.

211 E.DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 343.

212 Sul punto si riscontra una tipica oscillazione «pendolare» che caratterizza la politica criminale italiana degli ultimi decenni, G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 708. Sulla rinnovata tendenza al massiccio ricorso al carcere, G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 723. In argomento, D.GARLAND, La cultura del controllo. Crimine e ordine sociale nel mondo contemporaneo, trad. it., Milano, 2004; A.CERETTI (a cura di), Pena, controllo sociale e modernità nel pensiero di David Garland, Milano, 2005. In argomento, G.L.GATTA, Il diritto di fronte all’emergenza. Tra terrorismo e rifugiati, ricordando Guido Dalli, in www.penalecontemporaneo.it, 22 marzo 2016. L’Autore definisce questo modus operandi del legislatore come un «italico vizio». Princìpi e garanzie fondamentali vanno difesi anche quando è forte la tentazione di abbandonarli e di seguire politiche indiscriminatamente repressive, che secondo logiche spesso populistiche suonano come risposte tranquillizzanti alle orecchie dei cittadini, e consentono di raccogliere un facile consenso elettorale. Tentazioni simili sono presenti nel nostro Paese, come lo sono in Europa (ad esempio in Francia, a seguito degli attacchi di Parigi, o in Germania, dopo i fatti accaduti a Colonia e Berlino) e negli Stati Uniti (come testimonia la nuova politica di Trump).

Di leggi «emotive» si parlava già negli anni Settanta, in occasione dell’introduzione di leggi volte ad inasprire cornici edittali per taluni reati (rapina, sequestro, estorsione e in materia di armi) con l’intento di sedare il turbamento della collettività. Così F.MANTOVANI, Pene e misure alternative nel sistema vigente, in AA.VV., Pene e misure alternative nell’attuale momento storico. Atti dell’XI Convegno E. De Nicola, Milano, 1977, 34.

Emblematico, a far corso dagli anni Novanta, l’insieme dei provvedimenti legislativi in tema di lotta alla criminalità mafiosa. Più recentemente, nella stessa direzione, si rammenta la legge n. 251 del 2005, in materia di recidiva, a cui si sono succeduti i «Pacchetti sicurezza» del 2008 e del 2009.

In una tensione irrisolta tra «rigorismo» e «garantismo», la soluzione è stata cercata e trovata non nella precisazione normativa di criteri o, più in generale, nella riscrittura delle regole, quanto piuttosto nella creazione di «statuti differenziali» per talune categorie di rei, tanto che, da più parti, si parla di «diritto penale del nemico» e di «diritto d’autore»213.

Elemento comune ai vari interventi legislativi è l’acquisita convinzione di una rieducazione impossibile - più nei fini che nei mezzi - per alcune categorie di condannati. Per questi soggetti, si rafforza, in termini di maggiore rigore, tanto la fase della commisurazione della pena, quanto quella dell’esecuzione214.

In argomento si veda il compendio di interventi formulati nel dibattito sviluppatosi in sedo all’Associazione

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