• Non ci sono risultati.

Finora si è dedicata l’attenzione alla disciplina contenuta nell’art. 4-

bis

ord. penit., nondimeno, l’ordinamento penitenziario è disseminato di norme che sottraggono alla

504 Cfr. C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 9 luglio 2013, Vinter c. Regno Unito, in www.penalecontemporaneo.it, 26 luglio 2013. Il caso è stato oggetto di due sentenze emesse rispettivamente dalla quarta sezione nel 2012 (si veda la nota precedente) e dalla Grande Camera nel 2013. Nel primo giudizio, la quarta sezione aveva respinto il ricorso dei tre detenuti, in quanto i ricorrenti non erano stati in grado di dimostrare che nei loro confronti la pena fosse già priva di fondamento giustificativo al momento della decisione. Nel giudizio di impugnazione, però, la Grande Camera ha ribaltato la decisione: valorizzando la funzione rieducativa della pena anche nei confronti dei detenuti a vita, e spostando l’attenzione dalla situazione concreta dei ricorrenti della Corte alla normativa applicabile, i giudici di Strasburgo hanno affermato che il Regno Unito, nell’imporre pene detentive perpetue ed irriducibili, violava l’art. 3 Cedu. La Corte scrive che una persona condannata all'ergastolo senza alcuna prospettiva di liberazione, né possibilità di far riesaminare la sua pena perpetua rischia di non potersi mai riscattare : una conseguenza che la Corte di Strasburgo giudica gravemente lesiva della dignità umana. Per un commento, si veda A.BALSAMO, La Corte europea, l’ergastolo e il «diritto alla speranza», in Cass. pen., 2013, 12, 4672. Più recentemente, C. eur. dir. uomo, sent. 15 dicembre 2015, Gurban c. Turchia, in www.penalecontemporaneo.it, 15 marzo 2016.

505 Cfr. C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 9 luglio 2013, Vinter c. Regno Unito, cit., § 119: «For the foregoing reasons, the Court considers that, in the context of a life sentence, Article 3 must be interpreted as requiring reducibility of the sentence, in the sense of a review which allows the domestic authorities to consider whether any changes in the life prisoner are so significant, and such progress towards rehabilitation has been made in the course of the sentence, as to mean that continued detention can no longer be justified on legitimate penological grounds».

506 Cfr. L.CARACENI,C.CESARI,Sub Art. 4-bis, cit., 60. Ivi si riportano gli sforzi esegetici della dottrina volti a comprimere gli effetti deteriori dell’ergastolo ostativo.

magistratura di sorveglianza il compito di verificare, caso per caso, l’idoneità di un dato beneficio penitenziario o di una determinata misura alternativa a realizzare la funzione rieducativa della pena.

Come si è osservato, l’automaticità delle conseguenze che tali norme comporta suona come un «atto di esagerata sfiducia nei confronti degli organi preposti al giudizio»507 sulla concessione e sulla revoca delle misure alternative508.

In virtù delle loro caratteristiche di automaticità, durata fissa e predeterminata, indipendenza da un concreto giudizio di pericolosità, insensibilità agli eventuali progressi trattamentali, tali norme producono effetti di evidente natura sanzionatoria; dunque, ben lontani dalla funzione rieducativa che connota l’intera esecuzione penale509. Detti divieti o preclusioni suonano come «insuperabili» a prescindere dall’eventuale condotta collaborativa del condannato.

Di seguito si riportano i principali automatismi, oggetto di censura da parte della Corte costituzionale:

- Art. 58-

quater

ord. penit.

La norma – che, come si vedrà in seguito, solleva interrogativi anche sotto il profilo della sua applicazione retroattiva – ha posto dubbi di legittimità costituzionale quanto al contenuto510.

Introdotta con decreto legge n. 152 del 1991 e successivamente modificata dalla legge n. 251 del 2005, essa è diretto a prevedere una serie di divieti di concessione di benefici penitenziari ivi tassativamente elencati per una serie di soggetti, al verificarsi di certe situazioni511. Nello specifico, il divieto opera, per un periodo di tre anni, per i condannati resisi

507 Cfr. A.MARTINI, Commento artt. 14, 14-bis, 15, D.L. 306/1992, in Leg. pen., 1993, 177.

508 Cfr. C. CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., in F. DELLA CASA,G. GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 734. Con specifico riguardo alla legge «ex-Cirielli», la manifestazione di sfiducia nei confronti della magistratura di sorveglianza, filtrata attraverso le dichiarazioni pubbliche dei promotori della citata legge ed enfatizzate dai media, pare tuttavia priva di fondamento alla luce dei rilevamenti statistici, dai quali emerge che la percentuale di condannati ammessi ai benefici penitenziari che delinque nuovamente nel corso di tali misure premiali si attesta su percentuali statisticamente non certo allarmanti (a titolo esemplificativo, si tratta dello 0,17% del totale, alla luce dei dati statistici relativi al primo semestre dell'anno 2003 pubblicati dal Ministero della giustizia - DAP). Così F. FIORENTIN, Legge «Ex-Cirielli» e ordinamento penitenziario riformato al vaglio di costituzionalità: la Consulta riafferma il valore della funzione rieducativa della pena, cit.

509 Cfr. C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 734.

510 Per un commento organico della norma vigente si rinvia a C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 733; A. MARCHESELLI, La disciplina restrittiva e il diritto penitenziario premiale per i delitti di particolare allarme sociale, cit., 466; C.FIORIO, Inasprimenti al divieto di concedere benefici penitenziari, cit., 225; B. GUAZZALOCA, Profili penitenziari dei decreti-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modifiche nella l. 17 luglio 1992, n. 203, e 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella l. 7 agosto 1992, n. 356, in P.CORSO,G. INSOLERA, L. STORTONI (a cura di), Mafia e criminalità organizzata, II, Torino, 1995, 768; M. PAVARINI, L’esecuzione della pena, cit., 273.

colpevoli di una condotta punibile a titolo di evasione (primo comma) e per i condannati ai quali sia stata revocata una misura alternativa (secondo comma)512.

In questi casi, l’art. 58-

quater

ord. penit. vieta,

ope legis

, in modo automatico, ancorché temporaneo, l’accesso agli strumenti tipici della rieducazione.

La disposizione in esame manifesta, a ben vedere, l’intento del legislatore di «sanzionare la scarsa affidabilità di un condannato responsabile di condotte negative emblematiche»513, quali l’evasione o i comportamenti che abbiano condotto alla revoca di alcuni benefici precedentemente concessigli514. Essa introduce una presunzione di «inidoneità temporanea del soggetto, evaso o inadempiente alle prescrizioni, a quelle forme di attenuazione della pena detentiva che sono proprie dei permessi premio o delle misure alternative»515.

La rigidità dell’art. 58-

quater

ord. penit. è evidente, in quanto, occorsa la ragione ostativa alla concessione di ulteriori benefici, il «

black out»

triennale o quinquennale che investe la detenzione non trova affievolimenti516. I tempi delle preclusioni non sono modulabili né sui progressi personali dei singoli, né sull’entità delle condotte che hanno portato ad applicare il divieto temporaneo sancito dalla norma, sicché la pena che i destinatari della norma debbono espiare è, per una porzione predeterminata dalla legge, rigida e fissa517.

512 Il periodo di interdizione sale a cinque anni per i condannati per taluno dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis ord. penit. nei cui confronti si procede o è pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso a seguito di un’evasione ovvero durante il lavoro all’esterno o la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa (quinto comma). Per approfondimenti, C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 734.

513 Cfr. F. DELLA CASA, Le recenti modificazioni dell’ordinamento penitenziario: dagli ideali smarriti della «scommessa» anticustodialistica agli insidiosi programmi del «doppio binario», cit., 112. Si veda altresì M. PAVARINI,B.GUAZZALOCA, Corso di diritto penitenziario, cit., 193. La disposizione di cui al secondo comma, in particolare, manifesta «severità nei confronti di quei condannati che dopo aver illuso su una loro presunta capacità di percorrenza del cammino rieducativo», rivelino successivamente la propria inadeguatezza. Cfr. C. CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 734; B. GUAZZALOCA, Profili penitenziari dei decreti-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modifiche nella l. 17 luglio 1992, n. 203, e 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella l. 7 agosto 1992, n. 356, cit., 767.

514 Cfr. C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 734.

515 Cfr. F.P.C. IOVINO, Legge penitenziaria e lotta alla criminalità organizzata, cit., 441. Si veda altresì M. PAVARINI,B.GUAZZALOCA, Corso di diritto penitenziario, cit., 193.

516 C.CESARI, Flessibilità della pena e condannati minorenni: l'illegittimità costituzionale dell'art. 58-quater ord. pen., in Cass. pen., 2000, 10, 2557. L'automaticità delle preclusioni suona come atto di sfiducia nei confronti degli organi preposti al giudizio su concessione e revoca dei benefici, per A.MARTINI, Commento all'art. 15, D.L. 8 giugno 92 n. 306 (antimafia), in Leg. pen., 1993, 177 (con specifico riguardo agli ultimi tre commi della previsione in esame).

517 Cfr. C. CESARI, Flessibilità della pena e condannati minorenni: l'illegittimità costituzionale dell'art. 58-quater ord. pen., cit. Non a caso, l’inflessibilità della norma, aprendosi ad applicazioni talora «odiose», si è prestata sempre a forzature ed aggiramenti esegetici. Per approfondimenti, C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 739.

Ecco perché il meccanismo delineato nella norma in esame, con il suo divieto automatico e generalizzato, ha suscitato non poche perplessità, poiché sottrae ogni margine di valutazione alla magistratura di sorveglianza518.

- Art. 30-

ter

ord. penit.

La norma contempla – similmente a quella appena vista - un divieto di concessione di permessi premio, per un periodo predeterminato di tempo, nei confronti dei soggetti che, durante l’espiazione della pena o delle misure restrittive, abbiano riportato una condanna o siano anche soltanto imputati per un delitto doloso commesso durante l’espiazione della pena o l’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale519. Detti comportamenti del detenuto costituiscono causa di esclusione oggettiva, automaticamente operante, dalla fruizione di benefici penitenziari per i due anni seguenti dalla commissione del fatto.

- Art. 47-

ter

ord. penit.

Nella sua formulazione originaria, anteriore alla modifica intervenuta con decreto legge n. 78 del 2013 (conv. con legge n. 94 del 2013), l’art. 47-

ter

, comma 9, ord. penit., faceva derivare automaticamente la sospensione della detenzione domiciliare dalla presentazione di una

518 Ciò appare ancora più evidente se si considera, ad esempio, che, attraverso il riferimento ad una «condotta punibile a norma dell’art. 385 cod. pen.», si colpisce non solo l’evasione vera e propria, ma anche le condotte ad essa equiparate dalla legge penitenziaria (come il caso di chi tarda a rientrare in istituto dopo la concessione di un permesso ex artt. 30 e 30-ter o in caso di semilibertà ex art. 51, ovvero chi si allontana dal domicilio in caso di detenzione domiciliare ex art. 47-ter). Ecco, dunque, che il divieto triennale di concessione di benefici penitenziari opera indifferentemente sia per coloro che sono evasi da un istituto penitenziario sia per coloro che si sono allontanati dal domicilio indicato per l’esecuzione degli arresti domiciliari (o di una misura alternativa alla detenzione). L’àmbito di operatività della preclusione è, quindi, più ampio di quello che appare ad una prima lettura. Da questo sorge l’interrogativo se sia ragionevole ex art. 3 Cost. accomunare una varietà di condotte tra loro profondamente diverse quanto a gravità oggettiva e soggettiva o a pericolosità sintomatica, che hanno come denominatore comune la sola riconducibilità sotto l’etichetta incriminatrice dell’evasione. Per approfondimenti, C.CESARI, Sub Art. 58-quater ord. penit., cit., 738.

519 Per approfondimenti, F.FIORENTIN, Sub Art. 30-ter, in F.DELLA CASA,G.GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 358; M.PAVARINI, Sub Art. 30-ter ord. penit., in B.GUAZZALOCA (a cura di), Codice commentato dell’esecuzione penale, I, Torino, 2002, 76. Quanto alla funzione risocializzatrice del permesso premio, già con sent. 4 - 12 aprile 1990, n. 188, in Cass. pen., 1991, I, 371, la Corte costituzionale ha definito il permesso premio come «strumento esso stesso di rieducazione, in quanto consente un iniziale reinserimento del condannato nella società», così da costituire «parte integrante del trattamento rieducativo». In generale sui permessi premio, si veda Corte cost., sent. 26 giugno - 4 luglio 1996, n. 235, in Giur. cost., 1996, 2128; F.CHERUBINI, Appunti sul permesso premio nell'innovata normativa penitenziaria, in Giur. it., 1994, II, 301; A. PRESUTTI, I permessi premio come strumento di rieducazione: i corollari di una svolta, in Dir. pen. e proc., 1995, 1302; G. LA GRECA, Il permesso premio quale strumento della progressione nel trattamento rieducativo, cit.; C.CESARI, Permessi premio: qualche riflessione sul «caso Al Molqui», in Dir. pen. e proc., 1996, 870.

denuncia per il reato previsto dal comma 8 dello stesso articolo, vale a dire per il delitto di evasione

ex

art. 385 cod. pen. Dalla successiva condanna per detto reato derivava, inoltre, la revoca del beneficio520.

La specifica considerazione che la norma riservava all’evasione – tanto come causa di sospensione automatica, quanto come causa di revoca della misura – si spiega, con tutta probabilità, nella forte valenza rivestita dal reato di evasione (e delle infrazioni ad esso assimilate) rispetto al mantenimento delle misure alternative521.

Eppure, la previsione di effetti automatici, incidenti così significativamente sul mantenimento del percorso rieducativo già in atto, non ha mancato di sollevare qualche dubbio di legittimità con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., nonché con riguardo all’art. 32 Cost. posto che la detenzione domiciliare persegue essenzialmente finalità di tipo umanitario ed assistenziale, legate alla tutela della salute522.

Com’è facilmente intuibile, a destare maggiore perplessità è il primo dei due automatismi richiamati, vale a dire la sospensione automatica della detenzione domiciliare quale conseguenza della mera «denuncia» per il reato di evasione, senza spazio per un accertamento anche solo incidentale. In questo caso, oltre ai parametri costituzionali già richiamati, a venire in rilievo è anche l’art. 27, secondo comma, Cost., ossia il principio secondo cui l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Ciò in quanto, qui, il condannato si ritrova a subire immediatamente una restrizione nella libertà personale - data dalla sospensione della detenzione domiciliare con contestuale ingresso in carcere - per il solo fatto di essere

520 Per approfondimenti sulla misura della detenzione domiciliare ex art. 47-ter ord. penit. si vedano L. CESARIS, Sub Art. 47-ter, in F.DELLA CASA, G.GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 551; G.DI GENNARO,R.BREDA,G.LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, cit., 248; A.MAMBRIANI, La detenzione domiciliare: primi spunti sistematici, in Giust. pen., 1988, III, 385; A.MARCHESELLI, Le misure alternative alla detenzione, in F.FIORENTIN,A.MARCHESELLI, L’ordinamento penitenziario, Torino, 2005, 214; M.PAVARINI, Sub Art. 47-ter ord. penit., in B.GUAZZALOCA (a cura di), Codice commentato dell’esecuzione penale, I, Torino, 2002.

521 L’evasione rappresenta, infatti, una specifica rottura con il regime penitenziario e, in particolare, con i presupposti delle misure alternative, così da assumere il carattere di violazione qualificata. Si consideri che, a differenza di quanto previsto dall’art. 51-ter ord. penit. in relazione a cause di sospensione cautelare diverse dalla denuncia per evasione, l’art. 47-ter, comma 9, ord. penit. non prevede un termine finale di efficacia del provvedimento sospensivo. Si rammenti poi che l’art. 51-ter ord. penit. rimette la decisione sull’adozione del provvedimento cautelativo – che dovrà essere necessariamente motivato - alla discrezionalità del giudice di sorveglianza, a differenza dell’automatismo che invece caratterizza la norma in esame. Per un confronto tra la disciplina della revoca prevista per la detenzione domiciliare (art. 47-ter ord. penit.) e quella prevista per la semilibertà (art. 51 ord. penit.) si veda V.GREVI, Magistratura di sorveglianza e misure alternative alla detenzione nell'ordinamento penitenziario: profili processuali, in AA.VV., Pene e misure alternative nell'attuale momento storico, Atti dell'XI convegno De Nicola, Milano, 1977, 150; G. GIOSTRA, Il procedimento di sorveglianza, Milano, 1983, 167.

522 La detenzione domiciliare non è una misura alternativa ma una modalità alternativa di espiazione della pena che persegue finalità di natura essenzialmente umanitaria ed assistenziale. Ne consegue l’assenza in essa di qualunque contenuto risocializzante e di qualunque momento rieducativo. Cfr. L.CESARIS, Sub Art. 47-ter, cit., 583.

denunciato, senza alcuna previa possibilità di verifica giudiziale circa la fondatezza della notizia o l’esistenza di giustificati motivi di allontanamento dalla propria abitazione.

- Art. 54 ord. penit.

Un altro caso di revoca automatica era previsto dall’art. 54, comma 3, ord. penit. a proposito della liberazione anticipata523. La norma prevedeva, in particolare, la revoca di tale misura nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio524.

La rigidità della norma, denunciata dalla dottrina sin dal 1975525, imponendo la revoca delle riduzioni concesse indipendentemente dalla gravità del reato commesso e dalla pena inflitta, poteva condurre «a conseguenze sfavorevoli per il condannato del tutto sproporzionate rispetto al fatto di reato»526. L’indifferenza normativa per qualsiasi tipo di apprezzamento in ordine alla compatibilità o meno dalla liberazione anticipata rispetto al valore sintomatico che in concreto poteva assumere l’intervenuta condanna per un «qualsiasi delitto non colposo», relegava nell’ombra l’essenza rieducativa dell’istituto. La norma, così formulata, non consentiva alla magistratura di sorveglianza di valutare se il soggetto, malgrado il reato commesso, potesse

523 Sulla misura della liberazione anticipata, si vedano M.G.COPPETTA, Sub Art. 54 ord. penit., in F.DELLA

CASA,G.GIOSTRA (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Padova, 2015, 659; M.PAVARINI, Sub Art. 54 ord. penit., in B.GUAZZALOCA (a cura di), Codice commentato dell’esecuzione penale, I, Torino, 2002; F. FIORENTIN, La modificazione quantitativa del titolo esecutivo: la liberazione anticipata, in F. FIORENTIN, A. MARCHESELLI, L’ordinamento penitenziario, Torino, 2005, 333; G.CECANESE, Pena (profili reali della) e benefici penitenziari, in Dig. disc. pen., Agg. III, II, Torino, 2005, 1026; G. DI GENNARO, R. BREDA, G. LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, cit., 265.

524 Quanto poi all’annoso interrogativo se la revoca comportasse la perdita di tutte le riduzioni di pena precedentemente ottenute dal condannato o soltanto di quella relativa al semestre nel corso del quale era stato commesso il delitto non colposo che ne è causa, la Suprema Corte ha espresso un indirizzo unanime (ex plurimis, v. Cass. pen., sez. I, 15 ottobre 2009, n. 41347, in CED Cassazione 2009) nel senso che la revoca non va limitata ad una sola frazione della complessiva riduzione di pena precedentemente accordata, con uno o più provvedimenti, bensì riguarda l’intero arco temporale di espiazione di pena già effettuato poiché dimostrerebbe «il fallimento complessivo del tentativo di reinserimento sociale del condannato». Cfr. G. CASAROLI, voce Misure alternative alla detenzione, cit., 48; M. MARGARITELLI, I limiti applicativi della liberazione anticipata all’esame della Corte costituzionale, cit.; M.G.COPPETTA, Sub Art. 54 ord. pent., cit., 804 ss. Sul rapporto tra revoca e sentenza di patteggiamento, si veda F. FIORENTIN, La modificazione quantitativa del titolo esecutivo: la liberazione anticipata, cit., 352.

525 Sul punto, V.GREVI, in F.BRICOLA (a cura di), Il carcere riformato, Bologna, 1977, 317 e 328.

526 Cfr. G.GRASSO, Misure alternative alla detenzione, in G.VASSALLI (a cura di), Diz. dir. e proc. pen., Milano, 1986, 705; M.G.COPPETTA, Sub Art. 54 ord. penit., cit., 683. Ciò che si criticava della norma in esame era, appunto, l’automaticità della revoca di tutte le riduzioni di pena concesse con la liberazione anticipata, rispetto alla varietà delle cause giustificanti la revoca stessa, vale a dire ogni condanna per un qualsiasi «delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione». Si trattava di una sproporzione addirittura macroscopica nelle ipotesi in cui per il nuovo delitto non colposo fosse stata inflitta la sola pena pecuniaria.

continuare a partecipazione all’opera di rieducazione. Anzi, tale revoca finiva per danneggiare o ritardare lo sviluppo e la prosecuzione del percorso rieducativo (art. 27, terzo comma , Cost.)527. L’automatismo era finito al centro del dibattito soprattutto a seguito delle modifiche apportate con legge n. 663 del 1986, stante il considerevole incremento dell’entità di riduzione di pena (da venti a quarantacinque giorni per ogni semestre di pena espiata) da esso derivante528.

Proprio l’enorme incidenza che la revoca della liberazione anticipata produce sulla sorte del condannato, induce a ritenere che essa possa essere disposta solo dopo un attento vaglio da parte della magistratura di sorveglianza e non in seguito all’automatica applicazione di un astratto e asettico meccanismo.

Gli automatismi ora visti, oltre ad essere stati oggetto di ampie critiche da parte della dottrina, hanno altresì dato luogo a questioni di legittimità costituzionale dagli esiti in parte differenti. Ciò che preme ora evidenziare - al di là per l’appunto dell’esito a cui la Consulta è giunta nei vari casi – sono i princìpi di diritto espressi dalla Corte costituzionale. A seguito di dette pronunce, tali norme devono ora essere lette proprio alla luce di siffatti princìpi.

527 Senza considerare, poi, che la disposizione determinava un’irragionevole disparità di trattamento (art. 3 Cost.) tra colui che subiva la nuova condanna mentre si trovava ancora in esecuzione della precedente pena (costui si vedeva revocare la misura) e chi, invece, pur avendo commesso un delitto non colposo nello stesso frangente temporale, non veniva condannato tempestivamente (costui non subiva alcuna revoca).

528 L’importanza della liberazione anticipata nel perseguimento della finalità rieducativa traspare dal suo funzionamento: il riconoscimento di vantaggi tangibili e immediati, in termini di riduzione della pena, offre al beneficiario un positivo stimolo all’adesione al trattamento, al mantenimento di una corretta condotta disciplinare all’interno dell’istituto e alla fattiva e responsabile partecipazione all’opera di rieducazione. Attraverso la liberazione anticipata, il sistema favorisce la collaborazione dell’interessato e ne promuove il processo di modificazione degli atteggiamenti, a cui l’intero trattamento penitenziario è diretto. Pur rientrando nel novero delle «misure alternative», questo beneficio non può essere, tuttavia, considerato una

Outline

Documenti correlati