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Tra le circostanze attenuanti, un ruolo chiave nel bilanciamento è assunto dalle circostanze generiche previste dall’art. 62-

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cod. pen.307.

Nate come correttivo alle rigorose comminatorie edittali, hanno svolto ben presto un «ruolo chiave» nel bilanciamento delle circostanze, al fine di neutralizzare circostanze aggravanti

in American and British Crime Control Politics, in British Journal of Criminology, 2006, 46, 781, e bibliografia ivi richiamata. Più in generale sulla circolazione dei modelli giuridici tra Stati Uniti ed Europa, E. GRANDE, Imitazione e diritto: ipotesi sulla circolazione dei modelli, Torino, 2000; F.MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, in www.altrodiritto.unifi.it, 2015.

Certo è che, prima della riforma del 2005, la dottrina italiana non reclamava affatto una rivalutazione di tale istituto. Semmai auspicava - in linea con l’orientamento prevalente nella legislazione europea - un ripensamento dei caratteri di «genericità» e di «perpetuità» della recidiva, onde evitare che qualsiasi precedente condanna continui a pesare sul soggetto potenzialmente per tutta la vita. In argomento, E. DOLCINI, La recidiva riformata. Ancora più selettivo il carcere in Italia, cit. Su questa linea si era orientato il Progetto preliminare di riforma del Codice penale del 2001 (c.d. Progetto Grosso) che, nel restaurare i connotati di obbligatorietà che la recidiva presentava nel codice Rocco, aveva sottoposto l’istituto a stringenti limiti sia temporali sia qualitativi. La recidiva si riduceva alla sola ipotesi della recidiva specifica infra-quinquennale, per la quale si prevedeva un aumento della pena da un sesto a un quarto.

306 Cfr. G. FIANDACA,E. MUSCO, Diritto penale, cit., 454. Gli Autori ricordano che questa scelta innovativa-delimitativa non risulta abbia alla base un retroterra di rinnovate riflessioni sui rapporti tra recidiva e tipologie di reati e, dunque, la sua ragionevolezza politico-criminale è tutt’altro che dimostrata. In sede di lavori preparatori si è fatto ricorso ad una motivazione di tipo empirico, giustificandola con l’esigenza «di introdurre un temperamento al maggior rigore della nuova disciplina, nell’ottica di un migliore equilibrio». 307 Per approfondimenti, G. FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 449;F. MANTOVANI, Diritto penale, cit., 423. Si vedano altresì, in ordine alfabetico, M.CAPUTO, Le circostanze attenuanti generiche tra declino e camouflage, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2010, 182; G.L.GATTA, sub Art. 62-bis, in E.DOLCINI,G.MARINUCCI (a cura di), Codice penale commentato, Milano, 2011, 1187; N.MADIA, Circostanze attenuanti generiche, in G. LATTANZI,E.LUPO (a cura di), Codice penale. Rassegna di dottrina e di giurisprudenza, Milano, 2010, 147; M. MANGIABENE, Attenuanti generiche e potere discrezionale del giudice, in Cass. pen., 1988, 2059; M.MASSA, Le attenuanti generiche, Napoli, 1959; F.TAGLIARINI, Attenuanti generiche e comportamento processuale del reo, in Scuola pos., 1968, 143; A.VALLINI, Le circostanze del reato, in F.PALAZZO,C.E.PALIERO (diretto da), Trattato teorico/pratico di diritto penale, Torino, 2011, 58.

Le circostanze attenuanti generiche rappresentino uno degli strumenti più «duttili» per consentire al giudice di adeguare la pena alle peculiarità del caso concreto al di sotto dei limiti edittali. In argomento, E.DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 351; ID., voce Potere discrezionale del giudice, in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, 744.

particolarmente afflittive. Per questa ragione, esse assolvono ad una funzione «equitativa» o di «temperamento» della comminatoria in sede di determinazione della pena308.

In coerenza con la loro funzione, esse hanno una fisionomia pressoché indeterminata309. L’art. 62-

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cod. pen., infatti, non descrive le situazioni in relazione alle quali è prevista la diminuzione di pena, ma si riferisce genericamente a tutte quelle contingenze non prevedibili dal legislatore ma ugualmente rilevanti, la cui individuazione è affidata al giudice. Quest’ultimo ha il potere di prendere in considerazione circostanze diverse da quelle tipizzate, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena.

A tal fine deve avere riguardo – secondo l’orientamento prevalente, ancorché non senza qualche diversità di accento - agli indici di cui all’art. 133 cod. pen.310. Tra gli elementi che vengono normalmente valorizzati vi sono, ad esempio, l’esistenza di precedenti condanne, la condotta del reo susseguente al reato, l’atteggiamento processuale e la confessione spontanea311. È stata, invece, espressamente preclusa, dal decreto legge n. 92 del 2008, la possibilità di porre a fondamento della attenuante

de qua

la mera assenza di precedenti condanne per altri reati, ponendo così fine a una dilagante prassi applicativa che andava in tal senso.

Nell’intento di far fronte al denunciato «indulgenzialismo» nell’applicazione dell’istituto anche agli autori di gravi reati, il legislatore, nel 2005, ha limitato il potere discrezionale del giudice312. Ciò è avvenuto con l’inserimento di un nuovo comma nell’art. 62-

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cod. pen. Quest’ultimo prevede che, in presenza di un recidivo reiterato, chiamato a rispondere di taluno

308 Cfr. G.LEO, Sul riconoscimento di attenuanti generiche a recidivo reiterato (nota a Corte cost., 10 giugno 2011, n. 183), in www.penalecontemporaneo.it, 13 giugno 2011. L’Autore parla di «delega di fatto» nei confronti del corpo giudiziario del «compito di governare l’evoluzione del sistema».

309 Cfr. DE GENNARO, Determinazione della pena e circostanze discrezionali, in Giust. pen., 1955, II, 548. 310 Dibattuto è il problema della «doppia valutazione» dello stesso elemento ai fini della determinazione della pena e della concessione delle circostanze generiche. Parte della dottrina, non condividendo l’ampia discrezionalità riconosciuta al giudice in tale sede, auspica l'abrogazione della norma in esame e una sua sostituzione con un rinnovato sistema di circostanze attenuanti generiche, maggiormente fedele al principio di tassatività. Non manca, poi, chi si domanda se, ai fini indicati, il riferimento agli indici dell’art. 133 cod. pen., attesa la loro «onnicomprensività», possa esaurire l’àmbito dell’apprezzamento rimesso al giudice ovvero se la decisione possa essere fondata anche su altri elementi. Da tempo si riconosce che nell'individuazione delle circostanze attenuanti generiche la discrezionalità del giudice non è libera, bensì vincolata ai criteri desumibili dall'ordinamento e, in primis, a quelli elencati nell'art. 133 cod. pen. Per l’approfondimento di queste questioni,G.MARINUCCI, E.DOLCINI,Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2009, 498; F.MANTOVANI, Diritto penale, cit., 423.

311 Così, ad esempio, Cass., sez. V, 14 maggio 2009, n. 33690, CED Cassazione 244912. Per una rassegna delle posizioni giurisprudenziali in materia, P.A.SIRENA, Contenuti e linee evolutive della giurisprudenza in materia di sanzioni, in G.VASSALLI (a cura di), Problemi generali di diritto penale, Milano, 1982, 403.

312 G.L.GATTA, Attenuanti generiche al recidivo reiterato: cade (in parte) un irrazionale divieto, cit. L’Autore ricorda che la relazione al disegno di legge sfociato nella legge n. 251 del 2005 punta espressamente il dito contro un diffuso indulgenzialismo nell’applicazione dell’istituto, che consente di infliggere «lievi condanne» a «delinquenti incalliti autori di gravi reati».

dei delitti di cui all’art. 407, secondo comma, lettera a), cod. proc. pen. punito con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni, il giudice non possa tener conto dell’elemento soggettivo (art. 133, primo comma, n. 3, cod. pen.) né di tutti i criteri afferenti alla capacità a delinquere del reo (art. 133, secondo comma, cod. pen.)313.

In altri termini, per tale categoria di soggetti, la norma non consente al giudice di fondare la concessione delle attenuanti generiche su taluni parametri richiamati per rinvio all’art. 133 cod. pen. Sicché, per esclusione, la circostanza in esame può fondarsi unicamente sugli elementi oggettivi dell’azione e dell’evento (art. 133, primo comma, nn. 1 e 2 cod. pen.) ma non anche su quelli di carattere soggettivo, tra cui la condotta susseguente al reato, nel cui àmbito può farsi rientrare la collaborazione prestata dal reo.

In questo senso, pertanto, la norma introduce una deroga al principio generale che governa la complessa attività commisurativa della pena da parte del giudice e che attribuisce a quest’ultimo - secondo un processo finalisticamente indirizzato dall’art. 27, terzo comma, Cost. alla rieducazione del condannato - il potere di adeguare la pena al caso di specie, anche per mezzo dell’applicazione delle circostanze.

Si evidenzia, come, a ben vedere, il secondo comma dell’art. 62-

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cod. pen. dia luogo a un «duplice automatismo», fondato su presunzioni314.

Il primo automatismo risiede nell’

obbligatorio

riconoscimento della recidiva reiterata al soggetto che, già recidivo, commette uno dei reati elencati nell’art. 407, secondo comma, lettera a), cod. proc. pen., punito con almeno cinque anni di reclusione315. Così facendo, si esclude l’ordinaria facoltatività attribuita al giudice di valutare, in concreto, se riconoscere o meno la recidiva sulla base di considerazioni attinenti alla maggiore colpevolezza o pericolosità sociale del reo316.

Il secondo automatismo concerne la prevalenza della recidiva rispetto agli elementi di cui all’art. 133, primo comma, n. 3, e secondo comma, cod. pen. Sottesa è la presunzione assoluta

313 La norma è stata analizzata, tra gli altri, da A.MELCHIONDA, Le modifiche in materia di circostanze, cit., 181; T.PADOVANI, Una novella piena di contraddizioni che introduce disparità inaccettabili, cit., 32; E.ROSI, Effetti della recidiva reiterata su attenuanti generiche e comparazione, in A.SCALFATI (a cura di), Nuove norme su prescrizione del reato e recidiva, Padova, 2006, 5.

314 L’esistenza del duplice automatismo è confermata anche dalla Corte cost., sent. 7 - 10 giugno 2011, n. 183, in Giur. cost., 2011, 3, 2359. Si veda, in particolare, il § 6 del Considerato in diritto.

315 Che la disposizione in esame si riferisca ad ipotesi di recidiva obbligatoria si ricava dalla lettura congiunta all'art. 99, quinto comma, cod. pen., che circoscrive le ipotesi di recidiva obbligatoria proprio ai delitti di cui all'art. 407, secondo comma, lettera a), cod. proc. pen. Se il giudice fosse stato libero di riconoscere o meno la recidiva reiterata, il problema non si sarebbe probabilmente posto: il giudice, ritenuto «incongruo» il risultato sanzionatorio finale del processo di quantificazione della pena, avrebbe potuto - non senza improprie commistioni di criteri applicativi - escludere la recidiva proprio al fine di evitare che si attivasse il divieto di riconoscimento delle attenuanti generiche. Così G.LEO, Sul riconoscimento di attenuanti generiche a recidivo reiterato (nota a Corte cost., 10 giugno 2011, n. 183), cit.

di maggiore pericolosità del recidivo, autore di taluno dei reati considerati; presunzione non vincibile dalla valutazione della condotta positiva del reo, susseguente al reato317.

Stante la

ratio

e l’importanza delle attenuanti generiche, si è sin da subito osservato come la scelta del legislatore del 2005 di precludere

in toto

la valorizzazione di taluni elementi - e, quindi, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche - a un’intera categoria di soggetti, appaia in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.

La rigida preclusione introdotta dalla novella del 2005 «espropria il giudice del potere di valutare adeguatamente le peculiarità del caso concreto e pervenire così alla definizione del trattamento sanzionatorio più conforme alle esigenze di risocializzazione e di rieducazione del reo (il che, come nel caso di specie, finisce per dare luogo alla predeterminazione della pena

ex

lege

, in assenza di altre ragioni di attenuazione)»318.

Sarebbe incongruo rispetto all’art. 27, terzo comma, Cost. precludere al reo il riconoscimento delle attenuanti in esame nel caso in cui egli abbia tenuto una condotta susseguente al reato particolarmente significativa e tale da far presumere l’avvio di un percorso di riconsiderazione della condotta anteatta e da far apparire poco significativo il dato personologico relativo alle precedenti condanne.

Basata solo su esigenze di difesa sociale, la presunzione risulterebbe così in contrasto con il menzionato principio costituzionale, perché «irrigidisce il trattamento sanzionatorio, fino ad allontanarlo dal concreto perseguimento delle esigenze di risocializzazione e di rieducazione, che postulano (non solo l’esecuzione, ma anche) l’irrogazione di una pena adeguata al loro soddisfacimento. In altre parole sembra incongruo privilegiare in astratto solo uno dei parametri valutativi della capacità a delinquere, disconoscendo

a priori

la possibilità di individuare parametri ugualmente o maggiormente idonei a lumeggiare quella capacità ed a fondare una diminuzione di pena, in termini conformi al dettato costituzionale»319.

L’incongruenza è ancora più evidente se si considera l’irrazionalità della scelta, operata dal legislatore, di attribuire rilievo alla recidiva reiterata solo nel caso dei reati di cui all’art. 407, secondo comma, lettera a), cod. proc. pen. per i quali sia prevista una pena non inferiore nel minimo a cinque anni. Il significato personologico di un elemento di valutazione, come la recidiva reiterata, non può essere diversamente considerato a seconda del tipo di delitto

317 La dottrina aveva da subito notato che la disposizione in esame si fondava su una presunzione normativa di carattere assoluto. Così, tra gli altri, G.MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di diritto penale, cit., 499; A. MELCHIONDA, Le modifiche in materia di circostanze, cit., 203; G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale, cit., 452. 318 Così si esprime il Tribunale di Perugia nel rimettere la questione alla Corte costituzionale. Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, cit., § 1 del Ritenuto in fatto. L'ordinanza che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale decisa dalla Corte è pubblicata in Giur. merito, 2010, 1906, con nota di T.QUERO, La recidiva reiterata obbligatoria al vaglio della Corte costituzionale. La difficile giustificabilità di un giudizio di inammissibilità.

319 Così si esprime il Tribunale di Perugia nel rimettere la questione alla Corte costituzionale. Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, cit., § 1 del Ritenuto in fatto.

commesso e del minimo della pena edittale per esso prevista320. In questo senso, la norma violerebbe l’art. 3 Cost.

Come osservato in dottrina, la norma combina due strumenti ricorrenti nella politica degli ultimi anni: l’irrigidimento dei meccanismi punitivi per i recidivi (in particolare per i recidivi reiterati) e la riduzione di efficienza del più tradizionale tra gli strumenti di mitigazione del rigore sanzionatorio e cioè, appunto, le attenuanti generiche321. Dall’effetto congiunto di questi elementi discende l’introduzione di una presunzione normativa a carattere assoluto, circa l’elevata intensità del dolo e l’elevata capacità a delinquere di questo «tipo di autore».

A fronte dei dubbi analizzati, la Corte costituzionale322, ancorché con le precisazioni che si faranno di seguito, dichiara fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata.

In motivazione, la Consulta parte della constatazione che «se è vero che il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena forma oggetto, nell’àmbito del sistema penale, di un principio di livello costituzionale, è anche vero che il meccanismo preclusivo realizzato attraverso la norma in questione limita solo parzialmente tale potere»323.

La norma, infatti, non preclude al giudice di spaziare tra il minimo e il massimo edittali, così come non preclude il riconoscimento di altre circostanze tipiche. Anche l’applicazione delle stesse attenuanti generiche non è del tutto esclusa. La preclusione introdotta dalla norma, infatti, si limita agli elementi di cui all’art. 133, primo comma, n. 3, e secondo comma, cod. pen. Essa non vieta, invece, il riconoscimento delle attenuanti generiche se il giudice reputa

320 La preclusione delle attenuanti generiche, dunque, «viene fatta discendere da una circostanza inerente alla persona del colpevole associata ad un coacervo disomogeneo di titoli di reati, delineati dall’art. 407, secondo comma, lettera a), cod. proc. pen., ulteriormente qualificato dal minimo della pena edittale, peraltro non sempre indicativo neppure della gravità del reato (la rapina aggravata con pena massima di anni venti infatti finisce per essere trattata come l’estorsione non aggravata con pena massima di anni dieci, senza alcuna razionalità delle scelte neppure in termini di prevenzione generale). Correlativamente si produce l’anomalo effetto di condurre all’irrogazione di pene identiche in presenza di situazioni che possono considerarsi assolutamente diverse». Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, n. 183, cit., § 1 del Ritenuto in fatto.

321 G.LEO, Sul riconoscimento di attenuanti generiche a recidivo reiterato (nota a Corte cost., 10 giugno 2011, n. 183), cit.

322 Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, cit. Per commenti alla sentenza, si vedano G. AMATO, La recidiva obbligatoria: illegittimità per i limiti automatici alle attenuanti generiche. Irragionevole neutralizzare la valenza positiva del comportamento successivo al reato, in Guida dir., 2011, 27, 57; G.CARUSO, Recidiva riformata, attenuanti generiche e discrezionalità. A proposito di Corte cost., sent. n. 183 del 7 giugno 2011, in Arch. pen., 2011, 961; G. DI CHIARA, Attenuanti generiche, condotta susseguente al reato e rigidi automatismi, in Dir. pen. e proc., 2011, 7, 811; G.L.GATTA, Attenuanti generiche al recidivo reiterato: cade (in parte) un irrazionale divieto,cit.; G.LEO, Un primo caso accertato di irragionevolezza nella disciplina degli effetti ‘indiretti’ della recidiva, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2011, 1773; G. MANTOVANI, M. RIVERDITI, L. AMBROSINO,M.BERTUCCI,N.BUSSOLATI,M. GILARDI,V.MEZZOLLA,A. MIGLIO,P.SPAGNOLO,D.TONI, Per i recidivi reiterati cade un limite alla concessione delle attenuanti generiche, in Leg. pen., 2011, 3-4. In argomento, altresì R.BARTOLI, La recidiva davanti allo specchio della Costituzione, in Arch. pen., Gli Speciali. La recidiva tra prassi e Costituzione, 2011, 2, 17.

significativo uno degli elementi di cui all’art. 133, primo comma, nn. 1 e 2, cod. pen. (vale a dire, la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, ovvero il riferimento alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato)324.

Per questa ragione, la norma non si pone di per sé in contrasto con i princìpi costituzionali che fondano il potere discrezionale del giudice penale.

Parimenti, la disposizione censurata non sembra dare luogo a una disparità di trattamento

sub

art. 3 Cost. Non è, infatti, in sé irragionevole «prevedere un regime di maggior rigore nei confronti di una persona che ha commesso un grave reato trovandosi in una situazione di recidiva reiterata»325. Ciò rientra nelle scelte di politica criminale del legislatore.

Per queste ragioni, la Corte costituzionale non dichiara l’illegittimità della norma

tout court

. Quest’ultima, nondimeno, presenta dei profili di incostituzionalità riconducibili alla specifica questione sollevata, vale a dire il divieto di riconoscere all’imputato le attenuanti generiche sulla base della condotta, positivamente apprezzabile, tenuta dal reo dopo la commissione del reato.

A questo proposito, la Consulta applica due princìpi di diritto ricorrenti nella sua giurisprudenza. Il primo afferisce al limite di ragionevolezza delle presunzioni assolute che limitano un diritto fondamentale della persona; il secondo attiene al limite di compatibilità con il finalismo rieducativo delle scelte politico-criminali che privilegiano obiettivi di prevenzione generale e di difesa sociale.

Sotto il primo profilo, la Corte osserva come la disposizione, precludendo al giudice di fondare il riconoscimento delle attenuanti generiche sulla condotta successiva al reato, privilegi uno dei parametri indicati dal secondo comma dell’art. 133 cod. pen., vale a dire la precedente attività delittuosa del reo. Questo indice è considerato, in base a una «valutazione preventiva, predeterminata e astratta» come «sintomatico della capacità a delinquere» ed è, per questo, preferito rispetto ad altri,

in primis

, rispetto alla condotta successiva alla commissione del reato.

Si tratta di capire se la rigida presunzione di capacità a delinquere, presupposta dalla norma censurata, risponda a un «dato di esperienza generalizzabile»326.

La risposta non può che essere negativa. La Corte costituzionale, infatti, osserva come la condotta susseguente può ben essere in concreto ugualmente, o addirittura prevalentemente, indicativa dell’attuale capacità criminale del reo e della sua complessiva personalità.

Ciò sulla base di una duplice considerazione. Da un lato, la recidiva può anche basarsi su fatti remoti e privi di rilevante gravità e, dunque, non necessariamente sintomatici di una maggiore colpevolezza o pericolosità attuale del soggetto. Dall’altro lato, la condanna può intervenire – e normalmente interviene - anche a distanza di anni dalla commissione del fatto per cui si

324 Non rileva, dunque, la tematica delle «pene fisse», così osserva G.LEO, Sul riconoscimento di attenuanti generiche a recidivo reiterato (nota a Corte cost., 10 giugno 2011, n. 183), cit.

325 Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, cit., § 5 del Considerato in diritto. 326 Cfr. Corte cost., sent. n. 183/2011, cit., § 6 del Considerato in diritto.

procede, sicché l’imputato ben potrebbe aver tenuto, successivamente al fatto contestato, comportamenti indicativi di una risocializzazione in corso, se non addirittura interamente realizzata.

Per questi motivi, non corrisponde all’

id quod plerumque accidit

che il reo, gravato da determinati precedenti, sia necessariamente portatore di una capacità delinquenziale tale da rendere insignificante il comportamento successivo al reato. Anzi, è agevole immaginare situazioni concrete in cui lo scarto dal modello presuntivo sotteso alla preclusione sia tale da rendere irragionevole, nella prospettiva dell’art. 3 Cost., la parificazione nel trattamento di maggior rigore.

La recidiva costituisce lecito strumento di adeguamento sanzionatorio per i casi di relazione qualificata tra i precedenti del reo ed il fatto per il quale infliggere una punizione, nei suoi profili oggettivi e soggettivi di gravità. A queste condizioni la recidiva si armonizza con i criteri di

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