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Come visto nel capitolo precedente, il principio di legalità della pena è costituzionalmente garantito dall’art. 25, secondo comma, Cost. Quest’ultima disposizione parrebbe, nell’apparente rigidità del suo tenore letterale, imporre un’assoluta esigenza di tassatività quanto al precetto e alla parte sanzionatoria della norma incriminatrice, precludendo così al giudice penale ogni potere discrezionale nella determinazione sia del tipo che del

quantum

di pena.

Interpretare la norma costituzionale in questo modo, sì da vincolare il legislatore ordinario alla pena fissa, significherebbe imporre una sostanziale revisione di tutto l’impianto sanzionatorio caratterizzato dal sistema delle «cornici edittali».

Si è ampiamente osservato che l’esistenza dei princìpi di uguaglianza, offensività, proporzione, nonché la finalità rieducativa a cui la pena deve tendere, fanno sì che non solo sia tollerabile, ma sia addirittura imposto sul piano costituzionale, un certo margine di elasticità quanto alla determinazione della sanzione da irrogare in concreto230.

Lo strumento più idoneo al conseguimento delle finalità della pena e più congruo rispetto al principio di uguaglianza è la predeterminazione della medesima da parte del legislatore tra un massimo e un minimo231. Si conferisce al giudice il potere discrezionale di determinare in

230 F.BRICOLA, Legalità e crisi: l’art. 25, comma 2 e 3, della Costituzione rivisitato alla fine degli anni ’70, in Quest. giust., 1980, 222. In prospettiva comparata, si consideri che l’esigenza di differenziazione del trattamento sanzionatorio è presa in considerazione anche in quegli ordinamenti che patrocinano l’idea di una rigida predeterminazione legislativa della pena. Si veda, a tal proposito, quanto previsto dalle «sentencing guidelines» statunitensi: ad ogni data combinazione tra «offense level» e «criminal history category» viene fatta corrispondere una pena detentiva espressa nelle forme flessibili del «guideline range», cioè nei termini di una cornice edittale variabile a seconda dei profili commisurativi del caso concreto, ma entro il limite della c.d. «25 Percent Rule». Non, dunque, una pena fissa ma una pena compresa entro una cornice edittale. Si badi inoltre che, nel delegare la Sentencing Commission alla creazione delle future guidelines, il Congresso precisò che il singolo giudice avrebbe comunque potuto discostarsi dalle guidelines ove necessario, a patto che vi fosse un’adeguata motivazione e fatta salva la possibilità di appellare la sentenza nella parte sanzionatoria. Ed, in effetti, quanto entrarono in vigore nel 1987, le guidelines contenevano una disposizione in forza della quale ogni qualvolta il giudice avesse ritenuto che «an aggravating or mitigating circumstance of a kind or to a degree not adequately taken into consideration by the Sentencing Commission» avrebbe potuto discostarsi da esse. Si tratta dell’istituto della c.d. «departure» («from the guideline range»). Cfr. F. MANFREDI, La recidiva nel quadro della commisurazione della pena. Orientamenti recenti negli USA e in Europa, in www.altrodiritto.unifi.it, 2015; S.CANNATA, La commisurazione della pena nel sistema federale statunitense, in www.altrodiritto.unifi.it, 2002.

231 Il minimo edittale costituisce la garanzia del bene tutelato, ovvero la misura di sanzione necessaria e proporzionata alla sua protezione; il minimo edittale incarna in definitiva la dialettica tra favor libertatis e istanza di tutela. Il massimo edittale, invece, costituisce la garanzia della colpevolezza, ovvero la misura estrema del sacrificio che si può infliggere all'autore del reato affinché altri non seguano l'esempio negativo del reato; il massimo edittale incarna cioè la dialettica tra istanza di stabilizzazione e principio di colpevolezza. Cfr. F.GIUNTA, L’effettività della pena nell’epoca del dissolvimento del sistema sanzionatorio, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, 2, 414. Com’è noto, inoltre, ai massimi edittali sono assegnate funzioni che vanno oltre la commisurazione della pena: sono presupposti di applicazione di istituti processuali e del sistema sanzionatorio. Il massimo edittale, ad esempio, è un limite di applicazione di istituti di recente

concreto, entro tali limiti, la sanzione da irrogare, al fine di adeguare quest’ultima alle specifiche caratteristiche del singolo caso232.

Alla luce delle considerazioni appena svolte, una disposizione di legge ordinaria che predetermini la pena in un ammontare fisso sembra porsi in contrasto con i princìpi costituzionali visti. Ciò in quanto essa impedisce che, attraverso un giudizio discrezionale, acquistino rilevanza specifici elementi di gravità o tenuità del fatto ed elementi attinenti alla capacità a delinquere del reo.

Ignorando rilevanti elementi di differenziazione fra episodi riconducibili alla stessa fattispecie incriminatrice, i reati sanzionati con pena fissa danno adito al fondato sospetto di integrare altrettante ipotesi di arbitrio legislativo

ex

art. 3, primo comma, Cost.233. La pena, così, non sarebbe nemmeno percepita come giusta e, quindi, non assolverebbe ad una finalità rieducativa (art. 27, terzo comma, Cost.).

L’espressione più eclatante della logica dell’automatismo sanzionatorio è proprio quella delle pene fisse, vale a dire sanzioni non modulabili per quantità in relazione alla gravità del fatto e alla personalità dell’autore234.

Con riferimento a questo fenomeno, la dottrina ha sollevato più di un dubbio sulla loro legittimità costituzionale. Il problema si è posto, soprattutto, con riguardo alle pene

introduzione che costituiscono alternative alla condanna: sospensione del processo con messa alla prova e non punibilità per particolare tenuità del fatto.

232 Corte cost., sent. 7 - 12 marzo 1962, n. 15, in Giur. cost., 1962, 161; Corte cost., sent. 17 - 23 marzo 1966, n. 26, in Giur. cost., 1966, 255.

Si badi, come si è già avuto modo di precisare nel Capitolo precedente, che l’equilibrio più aderente al dettato costituzionale tra principio di legalità delle pene e personalizzazione della sanzione richiede una cornice edittale «congrua». Ciò significa che l’ampiezza del divario tra il minimo e il massimo della pena fissati dal legislatore non deve eccedere il «margine di elasticità» necessario a consentire l’individualizzazione della pena in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Tale ampiezza deve risultare correlata alla variabilità delle fattispecie concrete rapportabili alla previsione astratta. Assicurare detta congruità significa scongiurare il rischio di trasformare il potere conferito al giudice da potere «discrezionale» in potere «arbitrario». In argomento, S.CORBETTA, La cornice edittale della pena e il sindacato di legittimità costituzionale, cit.

Si è significativamente rilevato che «il livello quantitativo della comminatoria edittale assume uno specifico interesse nell’analisi della parte speciale, perché esso fonda e costituisce, da un lato, la gerarchia materiale dei valori penalmente protetti e, dall’altro lato, la gerarchia delle forme di tutela di uno stesso interesse, in rapporto alle diverse modalità di aggressione». Così T.PADOVANI, L.STORTONI, Diritto penale e fattispecie criminose, Bologna, 2006, 115.

233 In argomento, O.DI GIOVINE, Sul c.d. principio di ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale in materia penale. «A proposito del rifiuto totale di prestare il servizio militare», in Riv. it. dir. e proc. pen., 1995, 159; F.PALAZZO, Offensività e ragionevolezza nel controllo di costituzionalità sul contenuto delle leggi penali, in G.GIOSTRA,G.INSOLERA (a cura di), Costituzione, diritto e processo penale. I quarant’anni della Corte costituzionale, Milano, 1998, 41.

234 Cfr. V.MANES, Principio di proporzionalità. Scelte sanzionatorie e sindacato di legittimità, in R.GAROFOLI,T. TREU (diretto da), Il libro dell’anno del diritto 2013 Treccani, Roma, 2013, www.treccani.it.

pecuniarie235. Anche se, come si vedrà, non vanno esenti da considerazioni sotto questo profilo talune pene detentive.

Accanto alle pene pecuniarie fisse, è frequente il ricorso - nella legislazione speciale, soprattutto nei settori doganale, tributario e in materia di lavoro236 - alle pene pecuniarie proporzionali. Esse possono essere «a proporzionalità costante» - quando il legislatore non indica alcun dato monetario, ma un coefficiente da moltiplicare per un «valore base» desumibile dalla situazione concreta (ad esempio, pena pecuniaria proporzionale all’entità delle somme esportate o non rimpatriate) o articolato fra un minimo ed un massimo («il doppio» o «dal triplo al quintuplo» del danno cagionato) - ovvero «a proporzionalità progressiva» quando la norma stabilisce una base monetaria da moltiplicare per un coefficiente determinato dalla fattispecie concreta (ad esempio, pena pecuniaria di 15.000 euro per ciascun clandestino trasportato). In questa seconda ipotesi la pena è sì proporzionale, ma sostanzialmente parificabile ad una fissa, laddove la base montaria è fissa e non variabile237.

235 In argomento, F.BRICOLA, Pene pecuniarie, pene fisse e finalità rieducativa, in AA.VV., Sul problema della rieducazione del condannato, Milano, 1964, 204; E. DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1974, 338; G. FIANDACA, Commento all’art. 27, comma 3, Cost., in G.BRANCA,A.PIZZORUSSO (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna, 1991, 313; C.E.PALIERO, Pene fisse e Costituzione: argomenti vecchi e nuovi, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1981, 726; G. TURNATURI, Aspetti problematici della costituzionalità delle pene pecuniarie fisse e proporzionali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1977, 1458.

236 Per le pene proporzionali non è previsto un limite massimo (art. 27 cod. pen.). Queste sono tuttora previste in materia di contrabbando dal d.P.R. n. 43 del 1973, in proporzione all’imposta evasa, e per numerose contravvenzioni nel diritto penale del lavoro, commisurate a un dato ammontare per ogni lavoratore occupato e/o per ogni giornata di occupazione (ad esempio, art. 18 del D.Lgs. n. 276 del 2003). Tale tecnica sanzionatoria dà luogo a un modello rigido di determinazione della pena in concreto, che può condurre a livelli esorbitanti. Nondimeno, la Corte costituzionale, nell’ordinanza n. 475 del 2002 (Corte cost., ord. 22 novembre 2002, n. 475, in Cass. pen., 2003, 506), ha evidenziato che i limiti costituzionali alla previsione di risposte punitive rigide di cui alla sentenza n. 50 del 1980 (v. infra), non vengono in rilievo nell’ipotesi della sanzione comminata per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, pari ad una pena pecuniaria fissa per ogni grammo convenzionale di prodotto. Ciò in quanto la possibilità di comminare, nel caso in cui il quantitativo ecceda i dieci kilogrammi convenzionali, detta pena pecuniaria congiuntamente ad una pena detentiva, con una forbice edittale di ampiezza significativa (reclusione da due a cinque anni), offrirebbe al giudice, a parere della Corte, un consistente margine di adeguamento della sanzione alle particolarità del caso concreto, cosicché deve escludersi che, nella specie, la pena edittale possa, nel suo complesso, considerarsi fissa.

237 Cfr. M.ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, I, Milano, 1987, 209. Allontanandosi nella sostanza dall’orientamento dottrinale patrocinato da questo Autore - che ritiene che i princìpi delle pene pecuniarie fisse valgano anche per le pene pecuniarie proporzionali con base monetaria fissa - la Corte costituzionale, anche di recente, pur non escludendo che la disciplina delle pene proporzionali possa essere sottoposta a positivo sindacato di legittimità, ha ribadito che l’eventuale illegittimità non deriverebbe «dalla lamentata, ma insussistente, loro fissità strutturale; né si ricollegherebbe alla mancata previsione di un valore massimo; essa, semmai, potrebbe derivare dalla irragionevolezza o dalla sproporzione dei fattori da considerare nel computo della pena; del valore-base o dell’elemento moltiplicatore prescelti dal legislatore in relazione alla fattispecie di reato alla quale si devono applicare». Cfr. Corte cost., sent. 5 aprile – 21 giugno 2017, n. 142, in Cass. pen., 2017, 10, 3617, con nota di E.APRILE. Nell’occasione la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 27

In ambo i casi, comunque, la rigidità della sanzione proporzionale è determinata dall’automatico aggancio della sua misura al danno obiettivo, mentre restano esclusi dalla considerazione del giudice i criteri finalistici e ogni altro indice relativo al disvalore soggettivo del fatto e alla personalità dell’autore. Siccome sono strutturate facendo riferimento ad un elemento della fattispecie, che varia di caso in caso, si è posto l’ulteriore dubbio di possibile illegittimità per indeterminatezza

sub

art. 25, secondo comma, Cost.238.

La Corte costituzionale ha tradizionalmente respinto questo genere di censure239.

Pur ammettendo, in motivazione, che lo strumento più idoneo al conseguimento delle finalità della pena e più congruo rispetto al principio di uguaglianza fosse la «mobilità della pena», cioè la predeterminazione della medesima da parte del legislatore in modo da contenerla fra un

Cost., dell’art. 12, commi 3 e 3-ter, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nella parte in cui commina, per il delitto di procurato ingresso illegale di cittadini stranieri nel territorio dello Stato, la multa nella misura di una somma per ogni persona trasportata pari a euro 15.000, nell’ipotesi base di cui al comma 3, e a euro 25.000, nell’ipotesi aggravata di cui al comma 3-ter. Per ulteriori commenti, G.MARINO, Procurato ingresso illegale di cittadini stranieri nel territorio dello Stato: le sanzioni pecuniarie sono incostituzionali?, in Dir. e giust., 2017, 108, 16; C. BRIGNONE, Questioni di costituzionalità delle pene pecuniarie per il delitto di procurato ingresso illegale di stranieri nello Stato, in www.ilpenalista.it, 14 novembre 2017.

238 Sulla costituzionalità di questo tipo di sanzioni, la Corte costituzionale si è più volte espressa, ammettendone sempre la legittimità. Si veda Corte cost., sent. 7 - 12 marzo 1962, n. 15, in Giur. cost., 1962, 161, con nota di A.CRISTIANI, Sulla legittimità costituzionale della pena pecuniaria proporzionale. In particolare nel § 2 del Considerato in diritto si legge che non deve «ritenersi illegittima la norma denunziata che prevede una pena pecuniaria commisurata al valore del bene che è oggetto della tutela penale e, quindi, all’ammontare del danno arrecato; essa vuole rapportare la pena alla gravità del reato di cui quel valore è un serio indice. La pena pecuniaria proporzionale è ritenuta compatibile con il principio di legalità (artt. 1 e 27, cod. pen.), e la Costituzione non ha regole che contrastano con tale sistema». Sulla stessa scia si collocano Corte cost., sent. 12 - 23 marzo 1970, n. 45 (in Giur. cost., 1970, 523) e Corte cost., sent. 5 - 8 luglio 1971, n. 167 (in Giur. cost., 1971, 1770). In quest’ultima, la Corte, dopo aver rilevato che nella fattispecie – si trattava della pena pecuniaria proporzionata alla quantità di tabacco oggetto di contrabbando (art. 1, legge n. 27 del 1951) in relazione alla quale il giudice a quo aveva dichiarato non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla rigidezza della pena ed alla mancanza di un limite massimo - la modalità della pena consentiva al giudice un certo adeguamento alle circostanze oggettive e soggettive del reato, soggiungeva che, in ogni caso, «l’emenda del reo non può riuscire compromessa per la sola circostanza del carattere di rigidezza della pena […]: la misura della quale è rimessa, comunque, alla valutazione discrezionale del legislatore, per cui sotto questo profilo, sfugge al controllo di legittimità l’indagine sulla sua efficacia rieducativa».

239 Con riguardo allo scrutinio circa la ragionevolezza del quantum di pena va rilevata una certa «oculata pacatezza» della Corte costituzionale. Così S. CORBETTA, La cornice edittale della pena e il sindacato di legittimità costituzionale, cit. Si veda altresì D.BRUNELLI, La Corte costituzionale «vorrebbe ma non può» sulla entità delle pene: qualche apertura verso un controllo più incisivo della discrezionalità legislativa?, in Giur. cost., 2007, 181. Parte della dottrina penalistica ha salutato con una certa diffidenza l’intromissione della Corte costituzionale in questo spazio di discrezionalità legislativa, così F.CURI, L’attività «paralegislativa» della Corte costituzionale in ambito penale: cambia la pena dell’oltraggio a pubblico ufficiale, in Giur. cost., 1995, 1096; A.PAGLIARO, Sproporzione «irragionevole» dei livello sanzionatori o «sproporzione» irrazionale, in Giur. cost., 1997, 774.

minimo ed un massimo, ha per lungo tempo ritenuto non fondate le questioni di costituzionalità sollevate240.

Ciò è avvenuto, da un lato, affermando come non fosse possibile controllare la discrezionalità delle scelte politico-criminali espresse dal legislatore attraverso le comminatorie edittali. Al tempo stesso, la Corte era solita rilevare, da una valutazione infra sistematica, l’esistenza di strumenti idonei a surrogare la discrezionalità del giudice nella graduazione della pena. Questi sarebbero offerti dal sistema delle circostanze, in particolare dalle attenuanti generiche e dagli artt. 24, terzo comma e 26, secondo comma, cod. pen.241. Così facendo, si negava che le pene «fisse» fossero realmente tali nel nostro ordinamento242.

All’iniziale atteggiamento di

self restraint

, è seguita una prima apertura della Consulta. Decisiva, in questa evoluzione, è la sentenza n. 26 del 1979 che, per la prima volta, ha giudicato «irragionevole» la pena fissa243.

A differenza dei casi fin a quel momento affrontati – che riguardavano fattispecie contravvenzionali -, veniva, qui, in rilievo un’ipotesi delittuosa: l’originaria versione dell’art. 186 cod. pen. mil. di pace, nel configurare il delitto di «insubordinazione con violenza» puniva

con

l’ergastolo

il militare che, usando violenza contro il superiore, cagionava un’offesa alla vita o all’integrità fisica di quest’ultimo. La norma ricomprendeva, così, un coacervo di condotte tipiche ancorché differenti per elemento oggettivo e soggettivo (

i.e

. omicidio volontario, tentato omicidio, omicidio preterintenzionale, lesioni gravi o gravissime) che, però, venivano tutte accumunate sul piano sanzionatorio. Ciò in quanto si assumeva che la violenza contro il superiore comportasse un’eguale lesione del rapporto di subordinazione gerarchica, a prescindere dall’offesa in concreto cagionata (offesa alla vita o all’integrità fisica)244.

240 Per una documentazione sul self restraint della Corte in questo àmbito, A.S.AGRÒ,C.LAVAGNA,F.G.SCOCA, P.VITUCCI, La Costituzione italiana annotata con la giurisprudenza della Corte costituzionale, Torino, 1979, 65.

241 Corte cost., sent. 8 - 15 maggio 1963, n. 67, in Giur. cost., 1963, 575, con nota di C.ESPOSITO, Le pene fisse e i principi costituzionali di eguaglianza, personalità e rieducatività della pena. La Corte costituzionale ha, in tale occasione, altresì negato che l’art. 27, primo comma, Cost., imponesse al legislatore di determinare la pena in misura variabile tra un minimo ed un massimo, così da consentire al giudice di adeguarla alle condizioni personali del colpevole, in quanto la formula adoperata della «responsabilità personale» «vuole affermare il legame esclusivo ed indissolubile fra le conseguenze penali che l’ordinamento giuridico fa derivare dal reato e la persona che quel reato ha posto in essere, e non investe, quindi, il rapporto di adeguazione del trattamento penale inflitto alle condizioni proprie del soggetto».

242 In altri casi è stata valorizzata la previsione di pene variabili concorrenti con quella fissa (Corte cost., sent. 8 – 17 novembre 1982 n. 188, in Foro it., 1983, I, 576; Corte cost., 20 – 22 novembre 2002, n. 475, in Cass. pen., 2003, 506), oppure la natura variabile del risultato di aumenti in percentuale fissa applicati su valori fissati discrezionalmente (Corte cost., sent. 01 – 04 aprile 1998 n. 91, in Cass. pen., 1999, 14, a proposito della quota fissa di aumento stabilita per alcune ipotesi di recidiva).

243 Corte cost., sent. 5 – 24 maggio 1979, n. 26, in Giur. cost., 1979, 288.

244 È evidente lo «stravolgimento dell’ordine dei valori messi in gioco» operato dal legislatore. Come evidenziato dalla Corte costituzionale, la norma anteponeva la disciplina militare (e, nello specifico, l’obbedienza e il rispetto dell’inferiore verso il superiore), al bene supremo della vita. Stravolgimento che,

L’elemento di novità di questa pronuncia non risiede tanto nel fatto che, per la prima volta, la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità della misura della pena prevista dal legislatore per un’ipotesi delittuosa, quanto la valutazione di merito in chiave costituzionale del rango dei beni penalmente protetti, sulla scia di quell’indirizzo giurisprudenziale, delineatosi su terreni diversi da quello del diritto penale, che ha allargato la base del sindacato della ragionevolezza, richiedendo anche un bilanciamento e una valutazione complessiva degli interessi contrapposti245.

Ancora più interessanti sono le motivazioni della sentenza n. 50 del 1980246: motivazioni che rappresentano una «costante» di ogni discorso in tema di determinazione della pena. Oggetto dello scrutinio di costituzionalità era una contravvenzione - in materia di circolazione di veicoli industriali con carico superiore a quello consentito - punita in misura fissa (ammenda di lire 800.000 e 15 giorni di arresto).

La pronuncia, come detto, è rilevante più per la parte motivazionale che per le conclusioni a cui giunge.

Per la prima volta, la Corte costituzionale esplicita l’importanza di un’adeguata articolazione legale del sistema sanzionatorio e la necessità di riconoscere al giudice «appropriati ambiti e criteri» di discrezionalità. Sono gli artt. 3 e 27 Cost. ad esigere siffatto sistema, tanto per le pene detentive quanto per quelle pecuniarie.

La Consulta afferma a chiare lettere che «in linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono in armonia con il

volto costituzionale

del sistema penale»247.

Se la regola è la discrezionalità, ogni fattispecie sanzionata con pena fissa (qualunque ne sia la specie) è perciò solo indiziata di illegittimità. Tale indizio potrà trovare conferma o smentita soltanto in seguito ad un controllo strutturale della fattispecie incriminata.

viceversa, non era previsto nella norma parallela che puniva la violenza esercitata dal superiore contro l’inferiore: lì la pena era predeterminata attraverso il rinvio alle differenziate sanzioni previste dalle norme comuni in tema di omicidio (volontario o preterintenzionale) e lesioni. Per questo complesso di ragioni, la norma impugnata rappresentava «una deroga così ingiustificata rispetto ai princìpi del diritto penale vigente, da ledere l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge» (Cfr. Corte cost., sent. n. 26/1979, cit., § 1 del Considerato in diritto). La Corte costituzionale, ritenendo sufficiente tale profilo di illegittimità, non ha

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