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La questione delle pene fisse si è posta soprattutto a proposito delle pene pecuniarie256. Nondimeno, la dottrina non ha tardato a rilevare come il medesimo problema si ponga oggi – ed anche con maggiore preoccupazione - con riferimento alle pene detentive e, in particolare, in relazione alla massima pena prevista dall’ordinamento: l’ergastolo257.

253 Corte cost., sent. n. 50/1980, cit., § 5 del Considerato in diritto.

254 Cfr. E.DOLCINI, Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, cit., 350. 255 Cfr. S.CORBETTA, La cornice edittale della pena e il giudizio di legittimità costituzionale, cit.

256 Del resto, è lo stesso art. 27 cod. pen. ad ammettere la possibilità che la legge determini «i casi nei quali le pene pecuniarie sono fisse e quelli in cui sono proporzionali». Norma che deve fare i conti, ora, con i princìpi affermati in Costituzione. In argomento, G.TURNATURI, Aspetti problematici della costituzionalità delle pene pecuniarie fisse e proporzionali, cit.

257 La previsione della pena dell’ergastolo nel nostro ordinamento è stata oggetto di una lunga e complessa evoluzione nella giurisprudenza costituzionale. Già all’indomani dell’entrata in vigore della Carta costituzionale, ha subito suscitato dubbi circa la sua compatibilità con i mutati valori dell’ordinamento e con i princìpi previsti dall’art. 27, primo e terzo comma, Cost. Nonostante la legge vigente (legge n. 1634 del

Comminato per le tipologie di delitto (autonome o circostanziate) ritenute più gravi, l’ergastolo è di per sé una scelta non insostenibile in relazione a fattispecie fortemente selettive, che selezionano fatti equiparati al massimo livello di disvalore, per i quali la pena a vita può ritenersi in via di principio una risposta non sproporzionata258.

1962) contemplasse già la possibilità di ammettere gli ergastolani al beneficio della liberazione condizionale, e nonostante una di poco precedente sentenza della Corte medesima (Corte cost. n. 204 del 1974) avesse, di fatto, per il tramite della richiesta di «giurisdizionalizzazione» dell’istituto de quo, trasformato detta ultima possibilità in un vero e proprio diritto soggettivo del condannato alla pena perpetua, nel 1974 la Corte cost., sent. 7 - 22 novembre 1974, n. 264 (in Riv. it. dir. e proc. pen., 1976, con nota di M.PAVARINI), ha ritenuto l’ergastolo costituzionalmente legittimo sulla scorta di una lettura polifunzionale della pena in senso debole, poiché finalizzata a segnalare che la rieducazione non rilevasse in alcun modo nella fase edittale della pena medesima, di tal che la scelta se continuare (o meno) a offrire ingresso nel nostro sistema sanzionatorio a una prevenzione generale massima, quale è quella incarnata da una pena di natura perpetua, si sarebbe dovuta ritenere unicamente di competenza legislativa. Il mutamento della concezione delle funzioni della pena da parte della Corte Costituzionale, è evidenziato proprio con riferimento alla pena massima, dalla sentenza costituzionale n. 161 del 1997 (Corte cost., sent. 2 - 4 giugno 1997 n. 161, in Cass. pen., 1997, 2062), a mezzo della quale la Corte ridisegna il volto costituzionalmente compatibile dell’ergastolo, orientando quest’ultimo - già sul versante edittale - alla rieducazione. In effetti, sancendo l’illegittimità costituzionale del meccanismo legale di preclusione automatica al beneficio della liberazione condizionale per l’ergastolano, la Consulta finisce per svincolare in via definitiva l’ergastolo dalla nota della perpetuità. In altri termini, secondo la Corte costituzionale, l’ergastolo potrà continuare a figurare nel sistema sanzionatorio solo se ed in quanto, in ossequio al principio costituzionale della rieducazione, detenga una durata comunque limitata nel tempo. Il predetto intervento della Corte costituzionale riguarda, dunque, il momento esecutivo della pena perpetua, ma si riflette immancabilmente sul momento legislativo edittale di essa, dal momento che l’ergastolo continuerà a far parte dell’arsenale sanzionatorio vigente, ma come pena (necessariamente) orientata alla rieducazione. Sulla compatibilità dell’ergastolo con il principio rieducativo della pena, cfr. S.SARTARELLI, La Corte costituzionale tra valorizzazione della finalità rieducativa della pena nella disciplina della liberazione condizionale e mantenimento dell'ergastolo: una contradictio in termini ancora irrisolta (in particolare, riflessioni sulla sentenza 161/97), in Cass. pen., 2001, 684.

258 Cfr. D. PULITANÒ, La misura delle pene, fra discrezionalità politica e vincoli costituzionali, in Dir. pen. cont., 2017, 2, 54. Per una ricostruzione, anche storica, dell’istituto e della sua conformità con l’assetto costituzionale, M.PISANI, La pena dell’ergastolo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2016, 2, 575. In argomento, di recente, M.BIANCHI, Poena sine fine. Sulla legittimità etica e costituzionale dell’ergastolo, in Cass. pen., 2015, 10, 3822B; D.PULITANÒ, Sulla pena. Fra teoria, principi e politica, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2016, 2, 559B; L. RISICATO, La pena perpetua tra crisi della finalità rieducativa e tradimento del senso di umanità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2015, 3, 1238. Per la dottrina più tradizionale, F. CARNELUTTI, La pena dell’ergastolo è costituzionale?, in Riv. dir. proc., 1956, I, 1; G.BETTIOL, Sulle massime pene: morte ed ergastolo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1956, 555; F.CIGOLINI, Sull’abolizione della pena dell’ergastolo, in Riv. pen., 1958, I, 299; P. NUVOLONE, Norma penale e principi costituzionali, in Trent’anni di diritto e procedura penale, Padova, 1979, 681; L.GULLO, Il problema dell’ergastolo è sempre attuale, in Dem. dir., 1960, 2, 56; T.PEDIO, voce Ergastolo (dir. pen.), in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 225; P.FIORELLI, voce Ergastolo (storia), in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 223; V.GREVI, Riduzione di pena e liberazione condizionale per i condannati all’ergastolo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1978, 60; E.DOLCINI, sub Art. 20, in A.CRESPI,F.STELLA,G.ZUCCALÀ (a cura di), Commentario breve al codice penale, Padova, 1984; E.BERNARDI, Ergastolo, semilibertà e liberazione anticipata, in Leg. pen., 1984, 126; E.FASSONE, Riduzione di pena ed ergastolo: un contributo all’individuazione della pena incostituzionale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1984, 799.

È però una scelta che pone problemi di compatibilità con l’idea rieducativa e con l’esigenza di differenziazione della risposta sanzionatoria, in violazione dunque degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.259.

Nell’ergastolo, difatti, la durata minima e la durata massima della reclusione coincidono, configurando così una pena fissa260.

I dubbi di legittimità costituzionale non svaniscono neppure invocando la possibilità per il giudice di calibrare la risposta punitiva attraverso il «gioco incrociato» delle circostanze del reato261. Sono, queste, elementi esterni alla dosimetria sanzionatoria strettamente intesa, meramente eventuali e, talvolta, addirittura paralizzati per legge - come si avrà modo di vedere in seguito -, la cui efficacia sulla determinazione della pena risponde a rigidi meccanismi di calcolo. Invocando il ricorso all’equivalenza o prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, si tenta impropriamente di trasferire sul giudice il compito di rimediare indirettamente – e in modo non soddisfacente - alla riconosciuta rigidità della pena astratta dell’ergastolo, viziata dunque

ab origine

262.

Eppure, nell’ampio dibattito sulla costituzionalità dell’ergastolo, l’accento è quasi sempre caduto sulla natura di pena «perpetua» e non su quello di pena «fissa»263.

259 Cfr. APUGIOTTO, Una quaestio sulla pena dell’ergastolo, in www.penalecontemporaneo.it, 5 marzo 2013. L’Autore osserva che la perpetuità dell’ergastolo genera una peculiare disparità di trattamento, dal momento che l’effettiva lunghezza della pena inflitta finisce per dipendere dalla concreta durata della vita del condannato e non dalla gravità del reato commesso.

260 F. BRICOLA, Pene pecuniarie, pene fisse e finalità rieducativa, cit., 202, secondo cui «può sembrare singolare» che il problema di costituzionalità dell’ergastolo «si sia posto solamente con riguardo al rapporto tra la perpetuità della sua durata e l’impossibilità di un teleologismo rieducativo dello stesso in sede esecutiva, senza fare riferimento alla sua fissità astratta». In argomento, U.GUERINI, La pena dell’ergastolo tra Costituzione e riforma del codice penale, in Giur. it., 1972, II, 586.

261 È di tale avviso invece D.PULITANÒ, La misura delle pene, fra discrezionalità politica e vincoli costituzionali, cit., 54, secondo il quale «condizione di legittimità» dell’ergastolo «sarebbe anche l’applicabilità di eventuali attenuanti: che cioè la pena sia non del tutto fissa, ma possa essere adattata a peculiarità dei casi concreti». 262 Cfr. A PUGIOTTO, Una quaestio sulla pena dell’ergastolo, cit. Secondo l’Autore «pena dalla durata temporale smisurata, proprio per la sua eccessività edittale, è di per se stessa crudele, inumana e degradante». «Indipendentemente dal trattamento concretamente riservato ai condannati, l’ergastolo vìola il divieto costituzionale collocandosi tra quelle pene che ripugnano alla coscienza democratica e al senso di umanità di ogni persona e comunque non costituiscono neppure un ragionevole deterrente al crimine, essendo invece un esemplare manifestazione di brutalità dello Stato (X Legislatura, Mozione parlamentare 1-00310 approvata il 3 agosto 1989 alla Camera dei Deputati). La smisurata retribuzione della colpevolezza si traduce, con la condanna all’ergastolo, in feroce esemplarità. Ciò vale ora più di allora. Se nel 1930, all’entrata in vigore dell’art. 22 cod. pen., l’attesa di vita media corrispondeva a circa cinquant’anni, questa è oggi proiettata verso gli ottant’anni». Ed ancora «l’art. 27, comma 3, Cost. vieta quel trattamento contrario al senso di umanità che è consustanziale a una pena a vita che non conosce fine se non con la fine della vita». 263 C.E. PALIERO, Pene fisse e Costituzione: argomenti vecchi e nuovi, cit., 730: il riferimento al carattere «fisso» dell’ergastolo è apparso come un argomento troppo «tecnico e neutrale» di fronte ad una pena «eliminatrice» che con la sua perpetuità coinvolge così drammaticamente il destino sociale e l’essenza stessa della persona umana. Ed, infatti, il dibattito si è placato dopo che l’istituto della liberazione condizionale è stato reso applicabile anche agli ergastolani (legge 25 novembre 1962, n. 1634). L’Autore ricorda questo

Non è, certamente, questa la sede per un’ampia considerazione della legittimità della pena

de

qua

264. Si mira soltanto a riflettere, seppur brevemente, sull’aspetto accennato.

Si osserva che, pur essendo cessata in concreto la «perpetuità» dell’ergastolo, attraverso la possibilità di ottenere il provvedimento di liberazione condizionale, continua, a ben vedere, a sussistere il carattere della «fissità». Ciò, in quanto, prima della concessone del predetto beneficio, devono obbligatoriamente trascorrere ventisei anni di pena265.

Così come oggi strutturato, l’ergastolo sottende, per tutta la durata della sua esecuzione, una presunzione assoluta di pericolosità che non è possibile vincere se non dopo aver scontato ventisei anni di carcerazione.

Sotto questo profilo, l’ergastolo, oggi, ancorché possa ritenersi, se vogliamo, conforme alla finalità rieducativa della pena (stante l’ammissibilità della liberazione condizionale), si pone, come qualsiasi altra pena fissa, in contrasto con i princìpi visti.

Necessario, dunque, sarebbe l’introduzione di un elemento di flessibilità sì da consentire al giudice di adeguare la pena al caso concreto.

Una soluzione prospettabile in questo senso potrebbe essere quella di prevedere che il tempo occorrente per poter ritornare in libertà non coincida con una misura fissa ed uguale per tutti – i menzionati ventisei anni -, ma oscilli entro un determinato spazio edittale, che si estenda da un

profilo non sia sfuggito, invece, alla dottrina tedesca che censura da tempo le comminatorie «assolute». Si vedano i riferimenti ivi richiamati.

La questione della legittimità dell’ergastolo è stata affrontata anche dalla giurisprudenza di Strasburgo. Si rammenta, in particolare, la pronuncia C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 9 luglio 2013, Vinter e a. c. Regno Unito, ric. nn. 66069/09, 130/10 e 3896/10, in www.penalecontemporaneo.it, 26 luglio 2013. Pur non essendosi mai spinta fino a negare in radice la legittimità della detenzione perpetua, riconoscendo un «diritto al fine-pena» in capo ad ogni detenuto, a partire da detta pronuncia i giudici di Strasburgo hanno sviluppato l'idea che vi sia almeno un diritto al riesame del proprio caso e, in una certa misura, il diritto ad essere messi alla prova dall'ordinamento, una volta che la pena abbia esaurito la sua funzione retributiva, puramente sanzionatoria (§ 111).

A.PUGIOTTO,C.MUSUMECI, Gli ergastolani senza scampo. Fenomenologia e criticità costituzionali dell'ergastolo ostativo, Napoli, 2016, 89. Nella seconda parte della monografia, A. Pugiotto segnala come gli automatismi sanzionatori abbiano vita difficile anche oltreoceano e proprio con riferimento alle pene massime: nel 1976, nel caso Robert v. Louisiana 428 U.S. 325, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato «cruel and unusual» (dunque contraria all’VIII emendamento) la pena di morte prevista come unica pena obbligatoria; più recentemente nel 2012, caso Miller v. Alabama 576 U.S., la stessa Corte ha accertato la medesima violazione costituzionale, questa volta in riferimento al Life Impresonment Without Parole nei confronti dei minori di diciotto anni al momento del reato.

264 Per un approfondito esame dei diversi profili di incostituzionalità, si rinvia a APUGIOTTO, Una quaestio sulla pena dell’ergastolo, cit. Si veda altresì Cfr. M.DONINI, Per una concezione post-riparatoria della pena, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2013, 1162.

265 G.FIANDACA,E.MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2009, 728; F.MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2011, 762.

minimo ad un massimo, graduabile in base alla situazione individuale (colpevolezza e pericolosità)266.

È, questa, una soluzione simile a quella esistente nell’ordinamento inglese. Qui, difatti, il giudice che decide per l’ergastolo (c.d.

life imprisonment

) deve stabilire anche il periodo di tempo trascorso il quale il reo può domandare la liberazione condizionale. Secondo la gravità dei reati, questo lasso temporale (c.d.

tariff

) potrà essere più o meno lungo: la legislazione prevede tutta una serie di reati e di attenuanti e aggravanti valutate le quali il giudice compie la scelta, che rimane comunque discrezionale. In determinati casi, vale a dire rispetto ai reati più gravi, in presenza di particolari aggravanti, il giudice può anche decidere di non fissare alcuna tariffa: ecco il

whole life sentence

, poiché il reo non potrà, in linea di massima, mai domandare la liberazione condizionale. L’unica possibilità che gli rimane è rappresentata dal potere del Segretario di Stato – un organo politico - di decidere la

early release

di ogni detenuto, quindi anche degli «ergastolani senza speranza», nel caso in cui la detenzione non sia più compatibile con lo stato di salute della persona. Si tratta, anche questo, di un potere discrezionale: la normativa prevede unicamente la possibilità di concedere la

early release

per

compassionate

grounds

, elencando alcuni indicatori ai quali il Ministro potrebbe ispirarsi, ad esempio una malattia terminale con certo esito infausto (a tre mesi) ovvero l’impossibilità di deambulare o, ancora, la completa assenza di recidiva267.

Una seconda soluzione proposta è quella di prevedere, per i reati più gravi, una pena detentiva sufficientemente lunga, al cui termine vada eventualmente a sommarsi, se del caso, una misura di sicurezza parimenti detentiva. Quest’ultima, obbligando il magistrato a formulare un giudizio, attuale e concreto, di perdurante pericolosità sociale della persona sottopostavi, dovrebbe consentire una sufficiente differenziazione di trattamento268.

266 Si dovrebbe, inoltre, probabilmente prevedere che il periodo di detenzione successivo all’appagamento dell’esigenza retributiva si fondi su ragioni diverse da quelle strictu sensu punitive, dovendo quindi far perno, essenzialmente, sull’esigenza di proteggere la comunità dal pericolo di recidiva del reo. La Corte europea dei diritti dell'uomo, fra l'altro, tiene oggi a sottolineare che deve trattarsi di un pericolo di recidiva specifica, perché l'individuo non può essere mantenuto in carcere per evitare che commetta una qualsiasi altra infrazione, ma solo se consta un pericolo specifico di ricaduta nella violazione di cui è stato già dichiarato colpevole con sentenza definitiva: C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 28 maggio 2002, Stafford c. Regno Unito, ric. n. 46295/99. Così M. BIANCHI, Poena sine fine. Sulla legittimità etica e costituzionale dell’ergastolo, cit.

267 Per approfondimenti sul modello inglese, si veda D.GALLIANI, Il diritto di sperare. La pena dell’ergastolo dinanzi alla Corte di Strasburgo, in www.costituzionalismo.it, 19 febbraio 2014.

4. PENE ACCESSORIE FISSE ED AUTOMATICHE: PRIME PRONUNCE DI INCOSTITUZIONALITÀ

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