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Da io a noi La città senza confi ni a cura di Anna Mattirolo, 24 ottobre

E CULTURAL DIPLOMACY

16 Da io a noi La città senza confi ni a cura di Anna Mattirolo, 24 ottobre

dicembre 2017, Palazzo del Quirinale.

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2. I PLAYER

A dimostrazione che il rapporto pubblico-privato nell’ambi- to dei beni culturali sia la strada trovata in Italia per miglio- rare l’efficienza nella gestione e per innovare i processi, possiamo notare come alcuni degli attori principali ab- biano collaborato a diverse iniziative fino a co-progettare bandi dedicati al settore culturale, con particolare atten- zione al sostegno delle giovani imprese e del comparto turistico. Riflettendo in particolare su Milano, l’azione dei privati contribuisce in maniera rilevante a creare un clima favorevole alla valorizzazione delle risorse culturali e ac- canto ad attori istituzionali – dalla Comunità Europea, al MiBAC, alle Regioni e Comuni – hanno avuto un ruolo fon- damentale le camere di commercio che attraverso bandi hanno promosso e indirizzato l’azione di piccole e medie imprese culturali; le fondazioni bancarie, su tutte Fonda- zione Cariplo, che rappresenta un elemento tutt’altro che secondario nella riuscita di molti progetti dedicati al set- tore; le fondazioni private, citiamo Fondazione Feltrinelli e Moleskine Foundation fra gli altri, che hanno dato un impulso importante alla promozione di iniziative cultura- li inclusive e in sinergia con altri soggetti; le società di gestione che sono sempre più integrate al pubblico nella realizzazione di mostre e gestione dei beni culturali; altre società private che decidono di investire in arte e cultura; le gallerie d’arte, in particolare contemporanea; e infine le piccole imprese culturali e creative e le associazioni, che sono a volte oggetto di promozione degli attori appe- na citati, altre volte “sentinelle” che incidono con propo-

ste innovative nel mondo della cultura con la circolazione e messa in rete di pratiche e di riflessioni sull’innovazione culturale (cheFare, 2016).

I PL

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3. LE PROFESSIONI

L’impatto del sistema digitale è un elemento importante di innovazione che impone un processo di riqualifi cazione: si riducono i lavori basati su attività che possono essere auto- matizzate, ma i ruoli che si basano sull’intelligenza creati- va e sull’intelligenza sociale mantengono la loro centra- lità. Quindi le funzioni legate alla ricerca e alla conoscenza devono naturalmente aggiornarsi ma conservano mansioni tradizionali per l’elaborazione dei contenuti, per l’ideazione del senso dell’esperienza offerta al visitatore, per la divul- gazione e la mediazione culturale. Sull’impatto del digita- le sulle professioni culturali si rimanda all’intervista a Maria Grazia Mattei.

Un elemento che va considerato è la fl essibilità tipica dei la- voratori della cultura; per tale ragione si è deciso di dividere in macroaree l’uscita dei partecipanti che possono passare da una mansione all’altra nei primi anni di lavoro prima di sta- bilizzarsi. È d’altra parte essenziale dare ai giovani una visione generale del processo e dei diversi ruoli che concorrono al risultato.

Con riferimento ai dati di placement di 60 studenti che fra il 2015 e il 2018 si sono diplomati nel quadro del programma di alta formazione Progettare Cultura.

@ La macroarea della comunicazione, che assorbe il 33% degli ex studenti degli ultimi 3 anni, include diverse fi - gure professionali che vanno dal responsabile della comunicazione, che delinea la strategia complessiva attraverso diversi canali, alle varie fi gure che rendono operativa tale strategia; ai fi ni della nostra ricerca rien- trano in quest’area anche le attività di brand del territo-

rio, per quanto imprecisa possa essere tale collocazione per chi delinea una strategia complessa quale quella so- pra descritta.

Una vera azione di comunicazione si basa sulla conoscen- za dei contenuti da trasmettere e su un’analisi dell’accesso e delle possibili barriere che il pubblico può incontrare: la costruzione di narrazioni coinvolgenti mantiene al centro una solida preparazione e la capacità di scrittura, più che elementi tecnici, che rappresentano strumenti in continua evoluzione sui quali aggiornarsi. In questa macroarea è incluso il lavoro di uffi cio stampa, quello di marketing e fund raising, e il lavoro di web strategist. La comunica- zione digitale deve sempre muoversi in una cornice di comunicazione complessiva che utilizza diversi media per far arrivare all’utente una narrazione chiara, che utilizzi nei diversi canali il medesimo tono di voce.

@ Altra area di impiego prevalente è quella della gestione del patrimonio e arti visive, che rappresenta il 27%, intese qui come gestione di mostre, musei, luoghi e monumenti storici, fondazioni culturali, gallerie d’arte contemporanea, e interventi d’arte contemporanea. In quest’area le funzio- ni sono legate prevalentemente alla gestione delle risorse, umane ed economiche, alla pianifi cazione delle strategie, delle attività e delle fasi di lavoro, ma è inserito anche il responsabile della mediazione e dei servizi educativi – ruo- lo che sta rivestendo un’importanza sempre maggiore per ideare progetti su specifi che comunità e che dovrebbe ge- stire anche monitoraggi di soddisfazione del pubblico. @ Segue il design, di processo e di servizio, più che di pro-

dotto, per il 10%, e in misura residuale la formazione, il commercio e le arti performative.

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Le competenze che in questo momento vengono maggior- mente richieste sono certamente le abilità relazionali delle quali si è già trattato ampiamente in questo libro e nel pre- cedente Libro Bianco (Eugeni, Vittadini, 2017). A parità di conoscenze le soft skills sono l’elemento distintivo di un candidato, in un mercato che richiede ai giovani di cambia- re funzione, o azienda, per continuare a crescere. L’abilità di dialogare con mondi diversi, e di saper mediare fra diversi linguaggi è fondamentale.

Il meccanismo di premiazione di proposte progettuali attra- verso bandi che si è innescato negli ultimi anni ha contribuito a consolidare il riconoscimento della fi gura del progettista culturale e a far emergere questo ruolo anche al di fuori dell’ambito ristretto degli operatori culturali.

Il progettista culturale è colui che studia e analizza il contesto di riferimento (studio del territorio e delle sue radici storiche, interpretazione dei bisogni inespressi delle comunità di rife- rimento, dei trend e dei fattori di sviluppo), individua risorse e vincoli, defi nisce gli indicatori di risultato. È mediatore fra professionalità differenti che sa mettere a sistema per pre- disporre il progetto; non si sostituisce al curatore/direttore artistico ma coinvolge professionisti competenti in un ambito specifi co, capaci di interpretare al meglio la realizzazione del concept di progetto e li coadiuva nella relazione con altri atto- ri. Spesso è anche l’ideatore e il proponente del progetto, ma può anche dare concretezza all’idea di altri. Può coincidere con il Project Manager ma può anche affi dare ad altri questo ruolo.

Per rendere conto della vivacità del confronto sul peso che le imprese culturali e creative hanno nella nostra economia, va citata la proposta di introdurre nel nostro ordinamento la

qualifi ca di “imprese culturali e creative” per “le imprese che hanno quale oggetto sociale l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti cultura- li, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti fi gurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografi a e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”17.

Questo riconoscimento delle imprese culturali e creative, se perfezionato, sosterrebbe il lavoro di molti privati che lavora- no nella gestione del patrimonio pubblico, riconoscendo la possibilità di generare nuova occupazione nel settore della valorizzazione delle risorse culturali.

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