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Con una carriera internazionale maturata in campo culturale e creativo, Javier Jimenez ricopre attualmente il ruolo di Director for Europe di Lord Cultural Resources, una delle più importanti so- cietà di consulenza di progettazione culturale a livello mondiale. Dopo la formazione universitaria in ambito del business mana- gement e legal e due specializzazioni in progettazione culturale e urbana, Jimenez entra in Lord Cultural Resources nel 2008 dove ha l’opportunità di lavorare a numerosi progetti legati a musei, orga- nizzazioni culturali e istituzioni governative internazionali occu- pandosi di tutte le fasi di progettazione. Alcuni dei progetti più rile- vanti a cui ha partecipato sono: l’elaborazione del Piano Strategico per il Museo Guggenheim di Bilbao nel 2008, lo sviluppo di progetti di ampliamento di numerosi musei e organizzazioni culturali in Asia e nei paesi del Golfo come il West Kowloon Cultural District di Hong Kong, l’Etihad Museum di Dubai e il King Abdulaziz Center for World Culture di Dahran in Arabia Saudita, con cui Jimenez collabora dal 2010. Attualmente lavora come consulente esterno per il Victoria & Albert Museum di Londra per la realizzazione dell’importante “London-east project” uno dei più grandi progetti culturali in Europa. È stato coinvolto nello sviluppo di attività di cultural planning per numerose città tra cui Chicago e nella Can- didatura di Bergamo a Capitale della Cultura europea 2019 con Federica Olivares, Project leader. Jimenez collabora con numerose realtà accademiche tra cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dove è invited lecturer presso il Master in Cultural Diplo- macy. Partecipa in qualità di speaker a numerosi eventi, conferenze e training sessions in ambito culturale tra cui: ICOM-ASPAC Con- ference di Wuhan nel 2012, ICOM Triennals in Brasile (2013) e a

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Milano (2016) e UNESCO International Conference on Culture for Sustainable Cities di Hangzhou nel 2015.

È coautore con Gail Lord del libro Museum Development in China – Understanding the Building Boom (2019) scritto in collaborazione con la Chinese Museum Association e ha contribuito al volume Cities, Museums and Soft Power di Lord e Blankenberg (2015).

Che tipo di professione svolge?

Lavoro nell’ambito dei servizi di consulenza dedicati al settore cultu- rale. Più specifi camente svolgo attività di consulenza e progettazione per musei e altre istituzioni culturali.

Da quanti anni?

Dodici anni.

Qual è il suo percorso professionale?

Ho cominciato con uno stage presso il Museo Th yssen-Bornemisza di Madrid nel 2007. In seguito, sono entrato in Lordcultura, la sede spagnola dell’azienda canadese Lord Cultural Resources, dove ho la- vorato per due anni come junior analyst per progetti legati ad alcuni musei spagnoli ed europei. Nel 2009 ho cominciato a collaborare di- rettamente per Lord Cultural Resources di Toronto come consulente e ho avuto la possibilità di lavorare sul campo a diversi progetti per musei internazionali in Canada (2009), Arabia Saudita (2010), Dubai (2013) e Spagna (a Barcellona e Madrid). Attualmente ricopro la po- sizione di Director for Europe.

E quale il suo percorso formativo?

Laurea magistrale in Cultural Management presso Universidad Carlos III di Madrid (2008); laurea triennale in Economia Aziendale presso

Universidad Pontifi cia Comillas di Madrid (2007); laurea in Giurispru- denza presso Universidad Pontifi cia Comillas di Madrid (2006); corso post-laurea in Gestione delle istituzioni culturali presso IESE Business School di Barcellona (2012); corso post-laurea in Museologia presso Universidad de A. de Henares (2009); corso post-laurea in Urban Stra- tegic Planning presso Universitat Politecnica de Valencia (2008).

Quali sono i principali attori in campo nel suo mercato, in termi- ni di tipologie di imprese?

Nel settore privato, gli studi di architettura, gli organizzatori di mo- stre, le società che si occupano di project management (come AE- COM e Halcrow) e quelle operanti nell’ambito dei digital media, i consulenti strategici, i curatori e i conservatori. Per quanto riguarda invece la sfera pubblica, realtà come musei, siti di cultural heritage, Ministeri e istituzioni governative.

Quali nuove dinamiche hanno acquisito importanza?

In Europa si assiste a una crescente necessità di collaborare per far fronte a una maggiore competizione e a minori margini di profi tto. Di conseguenza, molti professionisti sono spinti a cercare oppor- tunità in aree emergenti come Medio Oriente e Asia caratterizzate da tassi di sviluppo più elevati e che quindi off rono maggiori pos- sibilità ma anche rischi più elevati in termini di pagamento e di conformità contrattuale.

Ritiene che alcune realtà siano scomparse o siano diventate più marginali?

Non esattamente. Il maggiore cambiamento sta nel fatto che si sono aff ermate nuove realtà nell’ambito digital e numerosi altri attori che si propongono come professionisti freelance off rendo i propri servizi in modo indipendente.

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L’ecosistema delle professioni. Quali sono le principali figure professionali all’interno dell’ambito della promozione cultu- rale?

Direi il manager o consulente culturale, l’organizzatore di eventi, gli specialisti di marketing (soprattutto di social media); lo “storyteller”, una fi gura ibrida tra curatore, mediatore ed educatore in grado di raggiungere i pubblici adattando i messaggi ai loro bisogni e al loro livello di conoscenza; e soprattutto professionisti capaci di un ap- proccio strategico.

Quali tra queste professioni hanno subìto un cambio radicale?

Quelle legate ai nuovi canali di marketing e gli storytellers, coloro che in passato erano curatori e si concentravano solo sugli aspetti di conservazione. Oggi c’è bisogno di professionisti in ambito sociale, educativo e di mediazione per interagire sempre di più con i pubblici. Sostanzialmente è una trasformazione di focus dagli oggetti culturali alle persone, per soddisfare le loro aspettative.

Quali invece mantengono le proprie caratteristiche?

Tutto è in grande trasformazione, ma l’organizzatore di eventi è la fi gu- ra professionale che è rimasta più simile a sé stessa.

Quali professioni sono scomparse?

Ad oggi penso che nessuna professione in quest’area sia ancora scomparsa. Forse in futuro potrebbero perdersi quei ruoli sostituibili dalla tecnologia ma nell’ambito culturale questo processo richiederà un tempo maggiore rispetto ad altri settori grazie all’importanza del- la mente umana e della creatività.

Quali sono i principali eff etti di tali cambiamenti nella fi liera della comunicazione? In termini di?

– Modalità di off erta/ricerca del lavoro

Le piattaforme digitali come Linkedin sono diventate la vetrina ideale per i curricula degli individui: è un luogo in cui costruire la propria rete professionale. Sempre di più i recruiter fanno affi damento su queste informazioni online. Anche la fi ducia è importante e quindi sono effi - caci anche il passaparola (io cerco qualcuno – tu conosci qualcuno) o la conoscenza pregressa della persona che deriva da un rapporto pro- fessionale precedente (magari un ex collaboratore o un cliente).

– Opportunità lavorative (inserimento in azienda/collaborazio- ne/attività imprenditoriali)

Ci sono più opportunità per il lavoro indipendente da freelancer e anche per creare una propria attività. D’altra parte, è sempre più diffi cile ottenere un contratto di tipo tradizionale ed è quindi im- portante crearsi una buona rete di supporto in caso di disoccupa- zione.

– Nascita di nuove aziende, chiusura o ristrutturazione di altre

In teoria oggi è più facile aprire e chiudere un’azienda. Il lavoro più fl essibile da questo punto di vista è quello del freelancer che è molto diff uso nel settore culturale dove si lavora soprattutto a progetto.

– Retribuzione

È abbastanza precaria e nel caso in cui si lavori da freelancer e a pro- getto è anche diffi cile da programmare perché dipende dai diversi clienti e progetti.

Le caratteristiche e le qualità dei nuovi professionisti. Che gene- re di qualità e caratteristiche personali risultano premianti nel nuovo scenario professionale (competenze di natura tecnica, di esperienza lavorativa, di natura caratteriale)?

Sicuramente le soft skills (leadership, capacità di lavorare in team e comunicazione, intuitività ecc.) sono sempre più importanti per

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le posizioni di responsabilità dal momento che distinguono un le- ader da un manager. Le competenze tecniche sono richieste ma da sole non assicurano uno sviluppo di carriera. L’esperienza lavorativa si acquisisce on the job e l’apprendimento continuo e la capacità di adattamento sono sempre più richieste.

Se e come si diff erenziano rispetto al passato?

È sempre più indispensabile la capacità di adattarsi e di essere multita- sking (essere più versatili) e più fl essibili nei propri orari lavorativi (sere, weekend, trasferte). Tutto evolve velocemente quindi c’è la necessità di adattarsi altrettanto rapidamente. Inoltre, le persone cambiano lavoro più di frequente.

Quali sono le 3 conoscenze che ritiene fondamentali nel suo con- testo professionale?

Sapere come operano i musei, conoscere i diversi settori culturali (i diversi attori, le modalità di reperimento fondi, ecc.) e avere una diff usa conoscenza della cultura e dell’arte in generale. Tutto questo cambia costantemente ed è quindi un processo di apprendimento continuo.

Quali sono le 3 competenze che ritiene fondamentali nel suo contesto professionale?

L’adattabilità, la capacità di gestire la pressione e di essere multita- sking, l’empatia e le capacità comunicative.

Quali sono le priorità in termini di competenze e conoscenze che i circuiti della formazione dovrebbero prevedere?

La capacità di lavorare sotto pressione e gestire lo stress, le abilità co- municative e l’empatia, la conoscenza generale del settore culturale e del perché sia in continuo mutamento.

Quali sono i plus di un circuito della formazione accademica universitaria rispetto ad altri contesti (CFP, tirocini, learning by doing)?

La formazione universitaria garantisce una conoscenza più rigo- rosa e crea attitudine alla ricerca e all’apprendimento continuo che invece le altre tipologie di esperienza non creano. Inoltre du- rante il percorso universitario si comincia a costruire un network di potenziali futuri colleghi e di contatti da utilizzare in futuro nel mondo del lavoro.

I canali di reclutamento. Quali sono i canali di recruiting princi- pali nel suo ambito professionale?

Vari e variegati: il passaparola; conoscenza pregressa della persona (con cui magari si è collaborato precedentemente in un diverso am- bito); piattaforme online come Linkedin; invio di CV tramite i siti delle aziende.

Quali sono i canali di reclutamento a cui lei si affi da e perché?

Probabilmente quello su cui faccio più affi damento è un’esperienza pregressa con una persona, se ha dimostrato di essere affi dabile e un buon professionista. Questo permette di ridurre i tempi di prova e gli errori una volta assunto e riduce i tempi di selezione richiesti ad esempio dallo screening dei CV.

Il sistema formativo e l’evoluzione delle professioni. I circuiti della formazione sono collocati in ambito prevalentemente loca- le o anche internazionale?

Generalmente il sistema educativo è più focalizzato su scala lo- cale (oggi prevalentemente nazionale). Tuttavia sempre più pro- grammi formativi puntano all’internazionalizzazione e penso che questo sia il modo corretto di procedere dal momento che le re-

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lazioni globali sono in continua crescita e aumentano le oppor- tunità.

Il rapporto tra università e mondo delle aziende. In che modo le aziende possono collaborare nella formazione all’interno delle università?

Fornendo la possibilità di eff ettuare degli stage, proponendo attività formative pratiche e case studies in modo da compensare gli inse- gnamenti più accademici, condividendo ricerche e best practice in campi innovativi.

In che modo le università possono collaborare nella formazione all’interno della aziende?

Off rendo opportunità di formazione di alto livello a professionisti che hanno lasciato l’università da più di 10 anni, puntando al raff or- zamento delle soft skills e delle capacità di leadership; proponendo attività di formazione continua in modo da riciclare lo stock di saperi per aff rontare il cambiamento; mettendosi a disposizione come luo- go di progetti di ricerca o innovazione.

Quali casi virtuosi di sinergia tra questi due mondi le vengono in mente?

Non mi vengono in mente programmi specifi ci, ma il MIT è sicura- mente un buon esempio.

Quali criticità nella relazione tra mondo accademico e mondo delle imprese?

Armonizzare gli interessi di entrambi; ridurre la burocrazia interna alle università e i tempi di defi nizione di un programma congiunto sicuramente incentiverebbe la loro collaborazione.

I NUOVI LAVORI.

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