• Non ci sono risultati.

Clausola dei vantaggi compensativi: il percorso dottrinale.

LA CLAUSOLA DEI VANTAGGI COMPENSATIVI.

2. Compensazione tra vantaggi e pregiudizi: i passi «incerti» della giurisprudenza italiana.

2.2. Clausola dei vantaggi compensativi: il percorso dottrinale.

Tanto la teoria in esame è avversata sul fronte giurisprudenziale, quanto è ampiamente condivisa in dottrina. Il dibattito si incentra (oltre che nelle immancabili divergenze con pochi ma tenaci oppositori465) sulla forma giuridica dei diversi rimedi giuridici prospettati, e soprattutto sui criteri necessari perché una determinata operazione possa ritenersi compensata.

Sembra opportuno individuare preliminarmente i punti fermi (comunemente condivisi, e sui quali si basano praticamente tutte le costruzioni dottrinali), per poi analizzare le diverse sfaccettature in cui si è declinata la teoria.

E’ assodato sia che il perseguimento «dell’interesse di gruppo non abilita a manovre di depauperamento unidirezionale delle singole unità aggregate»466, sia che l’appartenenza al gruppo muta le condizioni di esercizio dell’impresa. Donde la necessaria conseguenza che gli stessi pregiudizi vadano valutati in un confronto dialettico «con i vantaggi dell’appartenenza ad una comunità allargata»467, reputando insufficienti – perché la compensazione sia adeguata – quelli derivanti dalla mera appartenenza al gruppo, ed essendo necessario, di contro, un quid pluris468.

Proprio questo è il punctum pruriens della teoria dei vantaggi compensativi, sul quale la dottrina si è divisa ed ove si manifestano le diverse modalità in cui si concretizza la clausola dei vantaggi compensativi.

465 Ci si riferisce alle tesi prospettate da F. D

ENOZZA, Rules vs Standard nella disciplina dei gruppi: l'inefficienza delle compensazioni «virtuali», cit., p. 327 ss; L.ENRIQUES, Gruppi piramidali, operazioni intragruppo e tutela degli azionisti esterni: appunti per un'analisi economica, cit., p. 698 ss.

466 V.N

APOLEONI,Geometrie parallele e bagliori corruschi del diritto penale dei gruppi (bancarotta intragruppo, infedeltà patrimoniale e «vantaggi compensativi»), cit., p. 3701.

467 A.M

IGNOLI,Interesse di gruppo e società a sovranità limitata, cit., p. 738.

468

Come sottolineato da S.ROSSI, Relazione introduttiva, cit., p. 612, la giurisprudenza si è mostrata mutevole «talora ritenendo compensato il pregiudizio procurato alla società controllata dai vantaggi genericamente derivanti dalla sua appartenenza al gruppo, in altri casi operando un esame più analitico dei rapporti intercorrenti tra le società parti dell’operazione».

La summa divisio si pone tra interpretazione «rigida» (definita «ragionieristica» dagli oppositori) ed «elastica» (a sua volta additata come delle «compensazioni virtuali»); intervengono poi le più diverse sfumature469.

Nell’ambito della prima corrente v’è chi vincola la legittimità delle operazioni pregiudizievoli per la controllata ad un vero e proprio indennizzo quantitativamente idoneo a pareggiare le perdite470; chi consente le suddette operazioni svantaggiose a patto che vengano contestualmente deliberati contratti idonei a (ri)trasferire dalla capogruppo alla controllata altrettanti vantaggi economici471; chi, infine, ritiene legittime le operazioni di gruppo purchè il conseguente «surplus» sia distribuito in modo equo fra tutte le società del gruppo472.

Sul versante opposto, alcuni ritengono che i pregiudizi devono essere comparati con i vantaggi473; altri sostengono la necessità di una valutazione del caso concreto considerando, onde verificare la compensazione, i vantaggi anche futuri che la controllata possa conseguire dal perseguimento delle politiche del gruppo474.

469

Per avere un quadro generale della riflessione dottrinale sull’argomento si veda anche S. ROSSI, Relazione introduttiva, cit., p. 611 ss.

470 P.S

PADA, L’amministrazione delle società per azioni tra interesse sociale ed interesse di gruppo, cit., p. 223 ss. individua i requisiti fondamentali del sistema di indennizzo: a) la necessità, nei rapporti intragruppo, di una stima prognostica del pregiudizio che patirebbe la società controllata in esecuzione dell’operazione impostale richiedendo, nel caso si evinca una perdita, che già nella delibera venga previsto un idoneo indennizzo; b) dello stesso dovrà beneficiare la società: ciò che si deve impedire è che le azioni di questa si svalutino e, nel caso accada, deve essere coperta l’intera minusvalenza; c) l’indennizzo non può essere accordato successivamente alla deliberazione ma deve essere già acquisito alla controllata o programmato in modo giuridicamente vincolante per la controllante e fungere da elemento essenziale del contenuto della deliberazione (magari condizionandone l’efficacia); d) il pregiudizio della società dipendente deve trovare una giustificazione, oggettivamente riconoscibile, nella politica di gruppo; e) la controllante deve fornire tutte quelle informazioni che consentano di valutare la necessità e l’entità del pregiudizio e l’adeguatezza dell’indennizzo; f) il pregiudizio deve essere misurabile ed, in concreto, indennizzabile; g) specifica che l’indennizzo non deve necessariamente consistere in una partecipazione della società controllata ai «vantaggi particolari» di gruppo. Appartiene a tale filone anche L.ENRIQUES, Il conflitto degli amministratori di società per azioni, in Quad. giur. comm., n. 213, p, 200.

471 F.B

ONELLI, Conflitto di interesse nei gruppi di società, cit., p. 219 ss. «(…) richiede un’indagine sulle effettive condizioni dell’operazione, in particolare sull’adeguatezza del corrispettivo ricevuto dalla società». Concordi nel ritenere che, a fronte di un’operazione pregiudizievole, la società svantaggiata debba percepire una compensazione effettiva e puntuale ossia un indennizzo tale da determinare (quantomeno) un aritmetico pareggio tra perdita e guadagno si mostrano F.DENOZZA,Rules vs Standard nella disciplina dei gruppi: l'inefficienza delle compensazioni «virtuali», cit., p. 337; P. G. JAEGER, L’interesse sociale rivisitato, in Giur. comm., 2000, I, p. 811.

472 D.P

REITE, Il conflitto di interessi del socio tra codice e disciplina del mercato, cit., pp. 361 e 402 ss; B.LIBONATI, La responsabilità nel gruppo, cit., p. 596; G.SCOGNAMIGLIO, Prospettive di tutela dei soci esterni nei gruppi di società, in Riv. soc., 1995, p. 447.

473

A.MIGNOLI,Interesse di gruppo e società a sovranità limitata, cit., p. 738.

474 G.C

OTTINO,Diritto commerciale, vol. I, 2° ed., Padova, 1994, p. 791 ss. ha riconosciuto come da una determinata strategia di gruppo, possono derivare, almeno in prospettiva, vantaggi alle società dipendenti: vantaggi peraltro da verificare caso per caso». Condividono una visione elastica delle compensazioni

Parte della dottrina475, nella più recente elaborazione, sostiene la necessità di definire con maggiore analiticità l’intero procedimento compensativo: muovendo da una sintetica valutazione delle principali tipologie di operazioni intragruppo, ed evidenziato come in molti casi sia estremamente complesso (se non addirittura impossibile) scomporre ogni singola operazione, conclude ritenendo doversi aver riguardo al risultato complessivo.

Altre critiche muovono dall’assunto che «una riallocazione specifica di vantaggi e svantaggi» rischierebbe di vanificare la stessa possibilità di sfruttare le opportunità offerte dall’intero modello organizzativo di gruppo, talchè si perverrebbe ad un risultato economico finale equivalente a quelli conseguibili da una società isolata.

Unica strada percorribile per salvaguardare le opposte esigenze (interessi di minoranza e garanzia di efficienza del modello) potrebbe individuarsi nel precisare l’ampiezza e le modalità operative della compensazione.

La compatibilità di un’operazione con l’interesse sociale di ogni singola unità

«deve valutarsi in termini di razionalità e coerenza di una singola scelta, ancorché pregiudizievole per la società che la pone in essere, rispetto ad una politica economica generale di gruppo di medio e lungo termine, da cui ragionevolmente può derivare un vantaggio alla singola società, anche su piani economici differenti, anche in tempi diversi rispetto al momento dell’operazione ed anche secondo un parametro non rigidamente proporzionale, né necessariamente quantitativo»476.

Si propone quindi un insieme di criteri di valutazione della “non extra-socialità” della decisione nel quadro di una politica di gruppo, laddove le altre teorie si risolvevano in un procedimento di quantificazione, in termini numerici, del pregiudizio finalizzato ad individuare l’ammontare del risarcimento.

Ne deriva, di conseguenza, anche lo stravolgimento delle modalità di accertamento giudiziale del pregiudizio conseguente all’operazione e dei vantaggi conseguibili in ragione dell’appartenenza al gruppo.

Deve trattarsi di un

intragruppo anche˛F. GALGANO, I gruppi nella riforma delle società di capitali, Contr. e impr., 2002, p. 1023 ss.; M.MIOLA,Il diritto italiano dei gruppi de jure condendo: i gruppi e i creditori, in Giur. comm., 1996, I, p. 409; ID,Le garanzie intragruppo, Torino, 1993, p. 130 ss.

475 P.M

ONTALENTI,Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, cit., p. 710 ss.

«procedimento valutativo tecnico di carattere economico-funzionale e non quantitativo reso, e perciò successivamente controllato (in sede giudiziale), in base agli elementi noti al momento in cui l’operazione intragruppo viene decisa»477.

In altre parole, si tratta di un giudizio di prognosi postuma da effettuare sulla base degli elementi noti al momento in cui viene deliberata l’operazione (che si ipotizza essere) pregiudizievole478. Il dato economico – pur costituendo un segnale per l’interprete – non è più l’elemento necessario e sufficiente, in quanto oggetto di valutazione è il risultato complessivo e ragionevolmente atteso, e non già il risultato finale positivo o negativo (che ben può essere influenzato da fattori estranei e rientranti nel rischio di impresa). Si evita così di reputare abusiva un’operazione che rientra nei normali rischi di impresa e che solo per motivi contingenti – non imputabili all’amministratore – non ha prodotto la compensazione prevista. L’amministratore se da un lato ha l’onere di soppesare attentamente costi e vantaggi della politica di gruppo, dall’altro ha margini operativi piuttosto ampi, senza diminuzione delle garanzie per i soggetti deboli in quanto il canone valutativo risulta idoneo a reprimere tutte le condotte che addivengono al depauperamento delle controllate.

Affinchè il giudizio di prevedibilità sia il più possibile coerente alle reali condizioni in cui si inserisce l’operazione, il discrimen viene individuato nello stato di insolvenza: è in siffatta condizione, infatti, che il pregiudizio concretamente sofferto rischia di non poter essere adeguatamente compensato479.

477

Ibidem, p. 718 ss. ove, l’A. citato, afferma a chiare lettere che «la teoria dei vantaggi compensativi non è teoria dell’indennizzo».

478 Si tratta di un giudizio costruito secondo l’impostazione già da tempo elaborata dalla maggioritaria

dottrina penalistica in relazione all’idoneità degli atti nel tentativo. Ci si riferisce a G.MARINUCCI-E. DOLCINI,Manuale di diritto penale, Milano, 2004, p. 250.

479 Gli effetti pratici di tale criterio si comprendono appieno se si considera che l’intervento dello stato di

insolvenza rischia di pregiudicare – a prescindere dal soggetto su cui ricada – l’effettivo percepimento dei vantaggi compensativi. Infatti, nel caso in cui fallisca la società pregiudicata, il pericolo è che la società stessa interrompa il suo esercizio prima ancora di incamerare i vantaggi che le spetterebbero (e che difficilmente le verranno attribuiti nelle more della procedura concorsuale); d’altra parte se a fallire dovesse essere la società «sorella» avvantaggiata dall’operazione i ritorni positivi, pur potendo provenire comunque da operazioni con altre società del gruppo, sarebbero destinati (inderogabilmente) a sfumare.

2.3. Alcuni rilievi critici circa l’efficienza della clausola: un revirement rigoristico e

Outline

Documenti correlati