• Non ci sono risultati.

Obblighi di trasparenza e pubblicità: una tutela preventiva per gli azionisti esterni e per i creditori delle controllate.

IL FENOMENO DEI GRUPPI DI SOCIETA’.

6. La riforma del diritto societario: una prima bozza di “statuto dell’impresa esercitata sotto forma di gruppo”.

6.2. Obblighi di trasparenza e pubblicità: una tutela preventiva per gli azionisti esterni e per i creditori delle controllate.

Il legislatore, prevedendo alcuni obblighi di trasparenza e pubblicità, ha voluto dettare una disciplina del gruppo, che consentisse una piena operatività ed al tempo stesso limitasse, per quanto possibile, i risvolti patologici341.

In questa prospettiva gli obblighi suddetti hanno lo scopo di garantire una tutela preventiva mentre, nel caso di abusi, è prevista, come norma di chiusura, la diretta responsabilità della holding come conseguenza dello scorretto esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.

Ancora una volta si riconosce, sin dai primi passi, che il conflitto di interessi è “strutturale”, ma, per evitare disincentivi o addirittura divieti d’uso della struttura organizzativa “di gruppo”, si evita di fornire una disciplina specifica, ricorrendo allo strumento indiretto del principio di trasparenza, volto a garantire la conoscenza dei legami e dei rapporti esistenti tra le società così da assicurare tutela preventiva ai soci esterni ed ai creditori. Infine, si approntano opportuni rimedi per l’ipotesi di abusi degli amministratori342.

Il disposto dell’art. 2497-bis c.c., appunto, tende a limitare gli abusi potenzialmente derivanti dall’ingerenza della holding con l’introduzione dell’obbligo di pubblicità343 e

341 La Relazione alla legge delega 3 ottobre 2001 n. 366, in Riv. soc., 2000, I, p. 75, afferma che la

disciplina del gruppo va delineata: «sul presupposto che lo stesso ha un valore in linea di principio positivo e che si va diffondendo secondo forme diverse, in assenza di una specifica disciplina, e senza che vi sia la possibilità di una adeguata conoscenza dei rapporti fra le società del gruppo e dell’esercizio in concreto dei poteri del socio di controllo».

342 A.M

IGNOLI,Interesse di gruppo e società a sovranità limitata, cit., p. 731-732 ricorda come già agli inizi degli anni ’30 «Cesare Vivante avanzò la proposta che fosse sospesa la disciplina del conflitto di interessi, quando nel consiglio d’amministrazione dell’affiliata sedessero membri del consiglio della capogruppo» e sostiene che «la norma dovrebbe limitarsi a stabilire che l’amministratore in conflitto deve informare il consiglio e il collegio sindacale della situazione in cui versa (…) occorre ancora portare alla luce del giorno le operazioni tra le società nell’ambito del gruppo».

343 L’art. 2497-bis co. 1 prevede che “la società deve indicare la società o l’ente alla cui attività di

direzione e coordinamento è soggetta negli atti e nella corrispondenza, nonché mediante iscrizione, a cura degli amministratori, presso la sezione del registro delle imprese (…)” . Nel caso la soggezione venga a cessare, dovrà chiedersi l’immediata cancellazione onde evitare di incorrere nella responsabilità di cui al co. 3: “sono responsabili dei danni che la mancata conoscenza di tali fatti abbia recato ai soci o ai terzi”. Il co. 2 prevede che nel registro delle imprese “è istituita apposita sezione nella quale sono indicate le società o gli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette”.

di trasparenza344, rendendo (ri)conoscibili sia l’attività di direzione e coordinamento che gli effetti dalla stessa prodotti sulla concreta gestione.

L’importanza pratica della disposizione si comprende quando si consideri che le informazioni consentiranno una decisione consapevole a chi intenda avviare rapporti con una società del gruppo: non solo, infatti, è reso noto il fatto che si tratta di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento, ma si dispone anche di elementi per valutare come questa, in concreto, venga esercitata345.

L’omissione o la scorrettezza di tali informazioni, altresì, può costituire il fondamento di autonoma responsabilità degli amministratori e, in chiave probatoria, assume grande rilievo in relazione all’esercizio dell’azione di responsabilità di cui all’art. 2497 co. 1 c.c.

Onde consentire alla holding di perseguire politiche unitarie, ed al contempo evitare degenerazioni, è stato abolito l’obbligo di astensione di cui ai previgenti artt. 2391 e dal 2631 c.c. (ritenuto non più funzionale in rapporto all’operare delle grandi aggregazioni societarie), con il bilanciamento di una nuova disciplina volta a garantire la massima trasparenza decisionale.

344

A norma dell’art. 2497-bis co. 4 “la società deve esporre, in apposita sezione della nota integrativa, un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo bilancio della società o dell’ente che esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento”; per il co. 5 “parimenti, gli amministratori devono indicare nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi con chi esercita l’attività di direzione e coordinamento e con le altre società che vi sono soggette, nonché l’effetto che tale attività ha avuto sull’esercizio dell’impresa sociale e sui suoi risultati”.

345 G. R

OSSI-A.STABILINI, Virtù del mercato e scetticismo delle regole: appunti a margine della riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2003, p. 22, riportando le indicazioni dell’High Level Group of Company Law Experts nominato dalla Commissione e di cui G. Rossi è membro, sostiene che per i gruppi non si dovrebbe prevedere una regolamentazione completa del fenomeno «ma piuttosto l’introduzione di regole specifiche che consentano un livello minimo di protezione di azionisti esterni e creditori. A questi fini grande rilevanza viene data al profilo della trasparenza della struttura e del funzionamento del gruppo, allo scopo di assicurare agli azionisti esterni e ai creditori una visione completa dell’operato del gruppo, incluse le relazioni infragruppo e le politiche comuni». L’A. prosegue (pp. 26-27) sostenendo che per tale via si assicurerebbe una tutela preventiva adeguata a tutti i soggetti che intendono investire in una società eterodiretta. Infatti questi potrebbero, alla luce delle informazioni ricevute circa la soggezione e sulle modalità con cui la stessa viene esercitata, decidere di non investire o, perlomeno, contrattare adeguatamente i termini dell’investimento medesimo. Ovviamente parte dell’efficacia di queste cautele dipende dal tipo di società di cui si tratta: risulterà più efficiente nelle società chiuse meno in quelle aperte. Scettico sull’efficienza di tali strumenti si mostra L.ENRIQUES, Gruppi piramidali, operazioni intragruppo e tutela degli azionisti esterni: appunti per un’analisi economica, cit., p. 721. L’A. sostiene che «se da un lato è indubbia l’opportunità di imporre ai gruppi un’ampia informativa, anche iniziale, sui rapporti tra le diverse società ad essi appartenenti, non è pensabile, dall’altro, che questa sia sufficiente per la tutela degli azionisti esterni». Discorso parzialmente differente potrebbe essere fatto riguardo ai creditori i quali sulla base di tali informazioni avrebbero la possibilità di garantirsi tramite “contratti completi” cosa molto più complessa da fare tramite il contratto sociale. Pertanto, prosegue l’A., è necessaria una disciplina imperativa che obblighi chi controlla la struttura a tenere indenni tali soggetti da pregiudizi conseguenti al perseguimento di una politica unitaria.

L’art. 2391 c.c., al co. 1 impone all’amministratore di “dare notizia (…) di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata (…)”; al co. 2, consente al consiglio di amministrazione di assumere comunque la deliberazione, pur con l’obbligo di “motivare adeguatamente le ragioni e la convenienza per la società dell’operazione”; l’art. 2497-ter c.c. precisa gli obblighi degli amministratori delle consociate: “le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione”.

La disciplina in esame sostanzialmente prende atto delle dinamiche realmente intercorrenti tra gli organi di gestione delle società raggruppate, ovvero del fatto che gli amministratori della capogruppo, in virtù del controllo, e al di fuori della gestione di routine, solitamente forniscono indicazioni più o meno specifiche di carattere strategico (ma spesso anche operativo), e che gli amministratori delle controllate, pur potendole disattendere, di fatto le eseguono346.

346 Occorre sottolineare al riguardo come la giurisprudenza, pur conoscendo da tempo l’esistenza di tali

«mezzi formali» di trasmissione delle decisioni della controllante alle controllante (Cass., 26 febbraio 1990, n. 1439, cit., p. 622), sostenuta da un consolidato orientamento dottrinale (cfr., tra gli altri F. GALGANO, I gruppi nella riforma delle società di capitali, cit., 1025 ss.) aveva attribuito loro esclusivamente un valore interno.

Si argomenta che a norma dell’art. 2380-bis c.c. “l’amministrazione della società” spetta esclusivamente agli amministratori a questa preposti e nessuna deroga a questo principio è stata introdotta legittimando l’attività di direzione e coordinamento. Gli amministratori della controllata non devono essere considerati alla stregua di meri esecutori degli ordini ricevuti dalla holding ma sono invece dotati di competenza autonoma ed investiti di una propria responsabilità sia verso la società che amministrano, sia verso i soci, i creditori o i terzi che si ritengano danneggiati, ai sensi degli artt. 2393-2395 c.c., nonché ovviamente, di autonoma responsabilità penale per i reati propri connessi all’esercizio della loro carica. Per maggiore chiarezza, utilizzando le parole dell’A., si ribadisce che «l’influenza dominante esercitata dalla holding resta, tuttora, una mera situazione di fatto: da essa può nascere una responsabilità di chi ha impartito le direttive, mai un vincolo per gli amministratori cui le direttive sono rivolte. Queste direttive non sono coercibili da parte della controllante: gli amministratori, se vi si conformano, lo fanno sotto la propria responsabilità, assumendo come proprie, ad ogni effetto, le relative decisioni». Pertanto le direttive non sono attuazione di un rapporto giuridico, ma esercizio di un potere di fatto, inerente «alla forza persuasiva o, se del caso, dissuasiva derivante dal rapporto di controllo e la loro mancata esecuzione può influire solo sul rapporto di fiducia fra l’ente di gestione e l’amministratore, il quale potrà non essere confermato al termine della carica o potrà addirittura, essere revocato in corso di carica (ma ex art. 2383 co. 3 c.c. si tratterà di revoca senza giusta causa)».

L’attività di direzione e coordinamento non si estrinseca esclusivamente attraverso l’esercizio del diritto di voto da parte della controllante, ma anche (e forse soprattutto) tramite il rapporto fiduciario che lega gli amministratori all’azionista di controllo347. La novella, in ogni caso, ha riconosciuto la legittimità delle c.d. direttive o disposizioni di gruppo emanate dalla holding per orientare le scelte gestionali delle controllate, ma ha sottoposto l’adeguamento da parte degli amministratori ad un pregnante obbligo di trasparenza.

Il rispetto di tale obbligo assolve a svariate funzioni: a) consentire un’analisi più approfondita circa le valutazioni svolte dal consiglio di amministrazione della società sacrificata, sia sulla sussistenza del necessario rapporto di causalità tra direttiva della holding e decisione della controllata, che sul rispetto, da parte di quest’ultima, dei principi di “corretta gestione societaria e imprenditoriale”; b) verificare se ai sacrifici imposti alla controllata consegua solo il raggiungimento di un egoistico interesse di gruppo ovvero, per tale via, si persegua una politica destinata a riverberare effetti positivi su tutte le componenti; c) valutare se l’atto di disposizione apparentemente distrattivo o dissipativo, isolatamente considerato, trovi o meno una giustificazione nel rapporto costi-benefici del gruppo unitariamente considerato348.

Gli elementi indicati consentono il (e concorrono al) giudizio sulle scelte degli amministratori di società soggette a direzione e coordinamento. In prospettiva, detto giudizio assume fondamentale importanza in relazione al delitto di infedeltà patrimoniale, sia per indagare – positivamente o negativamente – i caratteri del momento psicologico dell’agente, sia per inquadrare l’operazione nella dinamica dei vantaggi compensativi, valutando il pregiudizio nel quadro generale della politica di gruppo.

«L’interesse di gruppo e i vantaggi compensativi devono essere analiticamente motivati nella deliberazione adottata dalla società “sacrificata”, onde consentire di verificare se, nel

347 E.S

CARONIA,Societas delinquere potest. Il problema del gruppo di imprese, cit., p. 31 evidenzia come «esistono peraltro modalità di condizionamento delle decisioni della controllata assai meno evidenti, e forse ancor più incisive, di quelle fin qui ricordate: al riguardo, particolarmente delicato è il tema dei c.d. interlocking directors, ossia manager che siedono nei consigli di amministrazione di varie società, eventualmente facenti parte del medesimo gruppo». Tali situazioni sono fonte di ulteriori problemi poichè sarà estremamente difficile individuare e soprattutto provare quali siano le decisioni assunte dall’amministratore in esecuzione di una politica di gruppo – in quanto partecipante all’organo gestorio che tale politica predispone – rispetto a quelle in qualità di amministratore della consociata.

348 Le funzioni assolte dall’obbligo di motivazione sono state individuate da C. B

ENUSSI, Infedeltà patrimoniale e gruppi di società, cit., p. 72.

compiere l’atto di disposizione dannoso, si sia proceduto o meno nell’interesse del gruppo. Spesso, infatti, e la prassi ce lo insegna, il richiamo alla “logica di gruppo” rappresenta un comodo e falso pretesto per dar vita a veri e propri comportamenti illeciti»349.

6.3. Alcune tutele specifiche: il recesso del socio e la postergazione nella restituzione

Outline

Documenti correlati