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Il conflitto “esterno” e i beni posseduti o amministrati per conto di terzi.

Il secondo comma della fattispecie in esame prevede l’estensione della punibilità “se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale”. L’innovazione tende a colmare la lacuna creata dall’art. 167 del c.d. Decreto «Draghi» in tema di attività negoziali per conto terzi affidate ad amministratore di società e non ad intermediario finanziario, che avrebbe determinato un’evidente «asimmetria di disciplina»152.

Si tratta, da un lato, di una fattispecie autonoma rispetto a quella delineata dal primo comma, e dall’altro presenta differenze strutturali anche rispetto alla figura contravvenzionale di “gestione infedele” di cui all’art. 167 t.u.i.f.

E’ pertanto opportuno analizzarne innanzitutto i caratteri costitutivi per poi valutare i rapporti che intercorrono tra le due norme. Solo in tal modo sarà possibile far chiarezza anche sull’ambito di applicazione delle norme stesse, fortemente discusso in dottrina ed oggetto di opinioni contrastanti.

Sotto il primo aspetto, al conflitto di interessi interno fra amministratori (o direttore o liquidatore) è equiparato il conflitto esterno, intercorrente tra la società e la clientela dei risparmiatori o investitori.

Diverso è anche il bene giuridico tutelato, da individuarsi nel patrimonio dei terzi poiché l’oggetto materiale della condotta è costituito proprio dai beni che questi hanno

150 In senso analogo L.F

OFFANI, Art. 2634 c.c., cit., p. 2151.

151 La differenza del momento soggettivo è stata ritenuta fondata da G. S

CHIAVANO, Riflessioni sull’infedeltà patrimoniale societaria (art. 2634 c.c.), cit., p. 826 «in base alla diversa incidenza dannosa delle due condotte volute e realizzate: nella prima il danno pregiudica la società, cui sono preposti i soggetti attivi; nella seconda il danno pregiudica i terzi. Le due diverse situazioni richiedono una diversa tutela e giustificano, quindi, per il legislatore, la richiesta di un diverso momento soggettivo»; in senso analogo P.ALDROVANDI, L’infedeltà patrimoniale. Art. 2634 c.c., cit., p. 142, «l’intenzionalità richiesta dal primo comma dell’art. 2634 c.c., risulta chiaramente finalizzata al pregiudizio patrimoniale della società, per cui, per il danno a terzi estranei del tutto alla gestione, appare giustificata l’ammissibilità del dolo eventuale».

152 V.M

affidato in gestione alla società153. Tutti gli altri elementi della fattispecie, descritti a proposito dell’infedeltà di cui al primo comma, devono ritenersi sussistenti anche in relazione alla figura in esame ad opera del richiamo al “fatto” contenuto nella lettera della norma. Al riguardo, tuttavia, è discusso se il richiamo debba essere inteso nel senso di ricomprendere o meno anche l’intenzionalità del danno154.

La struttura della norma denota come il legislatore della riforma abbia adottato una tecnica di incriminazione differente rispetto a quella che contraddistingue l’ipotesi contravvenzionale.

La prima differenza concerne l’individuazione dei soggetti attivi, che nel reato societario sono circoscritti agli amministratori, direttori generali e liquidatori, mentre nella figura di cui all’art. 167 t.u.i.f. può essere chiunque operi nell’ambito di un intermediario finanziario abilitato (un’interpretazione estensiva includerebbe anche chi esercita l’attività abusivamente).

Anche la descrizione del nucleo essenziale dell’illecito è incentrata su diversi elementi. Un conflitto d’interessi obiettivamente valutabile, attuale, effettivo e preesistente, nell’infedeltà patrimoniale; una “violazione delle disposizioni regolanti il conflitto di interesse155”, nella fattispecie di gestione infedele. La condotta è descritta rispettivamente come “compiono o concorrono nel deliberare atti di disposizione di beni” e “pone in essere operazioni”.

Entrambe chiedono la sussistenza di un dolo specifico caratterizzato dal perseguimento di un ingiusto profitto per sé o per altri.

Nella fattispecie contravvenzionale non si riscontra alcuna specificazione circa il rapporto che deve intercorrere tra condotta criminosa ed evento di danno: quest’ultimo, pur dovendo discendere causalmente dalla prima, non deve costituire necessariamente oggetto di previsione da parte dell’agente e, tantomeno, essere intenzionalmente procurato dallo stesso.

153 L.F

OFFANI, Le infedeltà, cit., p. 356, critica la scelta di collocare all’interno della stessa fattispecie anche la tutela dei c.d. patrimoni gestiti, potendo tale opzione determinare un’effetto di disarmonia in relazione al bene protetto.

154 Nel senso dell’esclusione C.B

ENUSSI, Infedeltà patrimoniale e gruppi di società, cit., p. 207: «non è richiesto il requisito dell’intenzionalità: manca, infatti, nella norma qualsiasi richiamo al dolo intenzionale e l’esplicito riferimento al sostantivo “fatto” di cui al primo comma non può che evocare le modalità di condotta ed il dolo specifico, ma non l’intenzionalità del danno»; in senso contrario L.FOFFANI, Art. 2634 c.c., cit., p. 2522: «il richiamo del “fatto” previsto dal co. 1 va necessariamente inteso nella sua interezza, comprensivo di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi indicati nella fattispecie base».

155 Secondo L.F

OFFANI, Le infedeltà, cit., p. 356, «disposizioni che hanno natura essenzialmente formale- procedimentale».

L’individuazione del medesimo aspetto assume caratteri alquanto problematici, invece, in relazione al delitto di infedeltà patrimoniale così come delineato dal co. 2 dell’art. 2634 c.c. Qui, infatti, non si riscontra nessuna indicazione specifica riguardo al caratterizzarsi del momento soggettivo – a differenza di quanto accade nella fattispecie base dove il gerundio cagionando è accompagnato dall’avverbio intenzionalmente – ma il legislatore si limita a richiamare il “fatto” di cui al comma precedente. Alcuni Autori, pertanto, hanno ritenuto che il delitto in esame possa essere integrato anche in assenza di un dolo intenzioanale156.

Alla luce di quanto detto sembra si possa concordare con chi ritiene che la figura di cui all’art. 167 t.u.f.

«mantenga intatto il suo specifico ambito applicativo, coincidente con la prestazione dei servizi finanziari di gestione di portafogli di investimento su base individuale e di gestione collettiva del risparmio, collocandosi in rapporto di specialità reciproca con la nuova norma penale societaria, tale comunque da escludere un concorso formale di reati»157.

Non appare condivisibile, pertanto, l’opinione secondo la quale, in virtù della clausola di sussidiarietà, «l’attuale previsione contravvenzionale opererà solo nelle ipotesi residuali di un intermediario finanziario non societario»158.

Nonostante le differenze strutturali intercorrenti tra le due fattispecie, sarebbe stato forse opportuno che il legislatore delegato avesse trasformato il reato da contravvenzione a delitto, onde meglio valorizzare il profilo sanzionatorio della fattispecie incriminatrice nel settore dell’intermediazione finanziaria. Sebbene tale opinione sia costante in dottrina, si è detto che per «il carattere deflattivo della riforma, sarebbe stato illusorio e paradossale attendersi un contestuale intervento di segno – politicamente e tecnicamente – opposto sul testo unico dell’intermediazione finanziaria»159.

156 Fautore di suddetta interpretazione è V.M

ILITIELLO,Infedeltà patrimoniale (Art. 2634 c.c.), cit., p. 488 il quale afferma che «la sopravvivenza del dolo eventuale è infine evidente in relazione all’altra ipotesi di infedeltà, in cui essa concerne beni a disposizione della società, ma in realtà di terzi: qui è stato omesso il riferimento all’elemento dell’intenzione del danno cagionato appunto ai terzi. Un difetto che spezza il parallelismo delle condotte di infedeltà descritte dalla norma e che contrasta con la già menzionata parificazione sanzionatoria prevista». Di avviso difforme L.FOFFANI,Art. 2634 c.c., cit., p. 2522 il quale afferma che «il richiamo del “fatto” di cui al co. 1 va necessariamente inteso nella sua interezza, comprensivo di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi indicati nella fattispecie base». Sul punto confronta anche supra par. 8.2.

157

L.FOFFANI, Art. 2634 c.c., cit., p. 2523.

158 V.M

ILITELLO, L’infedeltà patrimoniale. Art. 2634 c.c., cit., p 485; P.ALDROVANDI, Art. 2634 c.c., cit., p. 143; A.L.MACCARI, Infedeltà patrimoniale. (Art. 2634 c.c.), cit., p. 163.

159 L.F

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