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Una possibile soluzione: l’emersione della teoria dei vantaggi compensativi.

LA CLAUSOLA DEI VANTAGGI COMPENSATIVI.

1.1. Una possibile soluzione: l’emersione della teoria dei vantaggi compensativi.

Può dirsi quindi comunemente avvertita l’esigenza e la necessità di un ribaltamento di prospettiva. Ribaltamento che prende le mosse dal riconoscimento della separazione e dell’autonomia delle componenti del gruppo, non più considerate in termini assoluti bensì relativi – e qui consiste la novità rispetto al passato – in forza dei sempre più convinti riconoscimenti dottrinali, giurisprudenziali, e, soprattutto, normativi (pur ad opera di leggi di “settore”) della legittimità dell’esercizio di un potere di «direzione unitaria» in capo alla holding.

Il riconoscimento, ed il suo portato, si percepiscono nel radicale mutamento dell’approccio al problema. L’attenzione non è più rivolta a tutelare gli spazi di autonomia delle singole componenti del gruppo (formalmente inviolabili seppur fortemente pregiudicati nell’effettivo operare della gestione sociale), ma a stabilire – all’opposto – in che misura la holding può limitare l’autonomia delle controllate, quali devono essere i limiti della «direzione unitaria» e quale sia il confine tra l’esercizio

412 Sulla necessità di rivisitare i concetti di interesse sociale e di pregiudizio cfr., A.M

IGNOLI, Interesse di gruppo e società a sovranità limitata, cit., 1986, p. 729 ss; in merito alla non extrasocialità dell’interesse di gruppo F.GALGANO, L'oggetto della holding è, dunque, l'esercizio mediato e indiretto dell'impresa di gruppo, in Contr. Impr., 1990, p. 403 ss.

413 P.M

ONTALENTI, Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, cit., p. 719 ss. sostiene che «negare questa realtà significa proporre sul piano della teoria giuridica un modello di impresa che non esiste» e prosegue argomentando: «il perseguimento dell’interesse di gruppo come punto di equilibrio tra l’interesse della controllante e l’interesse delle controllate trova dunque la sua prima legittimazione nella realtà economico-sociale dell’impresa moderna, ove costituisce elemento indefettibile dei rapporti tra le imprese del gruppo. Trova altresì una sua legittimazione normativa nella nozione stessa di controllo».

legittimo di tale potere e l’«indebita coartazione delle singole sfere di autodeterminazione»414.

Il terreno sul quale dottrina e giurisprudenza si sono confrontate nel tentativo di trovare un punto di equilibrio tra autonomia ed eterodirezione è fondamentalmente il conflitto di interessi. Da una visione formale della norma si passa ad una interpretazione sostanziale, esigendo un danno almeno potenziale per la stessa sussistenza del conflitto. Inoltre, dimostrando maggiore sensibilità al problema, si riconosce che il conflitto stesso non può essere apprezzato con valutazioni isolate, ben potendo il pregiudizio essere stemperato dai vantaggi di segno opposto derivanti dall’essere parte di un gruppo.

Si fa strada l’idea che ravvisa nei vantaggi compensativi il requisito necessario per valutare non solo la rispondenza dell’operato degli organi gestori all’interesse sociale dell’ente cui sono preposti, ma anche la legittimità di operazioni intragruppo, apparentemente (e momentaneamente) dannose per taluna delle componenti, ma, nel lungo periodo, vantaggiose per il gruppo nel suo complesso e persino per la singola società (che troverà, nel perseguimento della politica unitaria della holding, vantaggi idonei a compensare il pregiudizio infertole).

Secondo la dottrina, la teoria dei vantaggi compensativi

«sembra attualmente rappresentare il capolinea del dibattito sulla legittimità delle politiche di gruppo, sulla possibilità cioè, per la controllante di imporre alle controllate decisioni per esse svantaggiose ma vantaggiose per altre società del gruppo e quindi, in ultima analisi, per l’interesse del gruppo stesso»415.

L’obiettivo è appunto quello di garantire “margini di libertà” alla holding per l’attuazione delle politiche di gruppo, tenendo tuttavia in considerazione che ogni

414 In questi termini si esprime P.M

ONTALENTI, Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, cit., p. 720 ss ove afferma che «il perseguimento dell’interesse di gruppo implica necessariamente una limitazione dell’interesse delle singole controllate, ma il compito del giurista è proprio quello di tracciare una linea di demarcazione tra imperio legittimo e abuso del dominio, linea di demarcazione che trova il suo fondamento giuridico nell’esistenza di società giuridicamente distinte e nella proiezione dell’interesse sociale verso la protezione degli interessi sia degli azionisti di minoranza sia dei creditori». L’A. prosegue sostenendo che «l’ingerenza direttiva della capogruppo nella gestione delle controllate è un dato irreversibile nella realtà empirica e fatto giuridicamente legittimo, che si estrinseca in atti negoziali, rispetto ai quali si pongono i problemi tradizionalmente racchiusi nell’area del conflitto di interessi, sia in comportamenti non negoziali, quali le direttive al management non formalizzate in deliberazioni consiliari, rispetto ai quali i problemi si spostano verso l’area tematica della responsabilità della capogruppo».

415 S.R

OSSI, Relazione introduttiva, in Una tavola rotonda sui vantaggi compensativi, in Giur. comm., 2002, I, p. 612.

singola società costituisce un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici, e così garantendo le aspettative dei soggetti ad essa legati (quali soci esterni e creditori sociali): la controllata non può essere asservita alla controllante, ma deve essere gestita secondo criteri non di economicità ma di remunerazione del capitale, avendo di mira il perseguimento del suo oggetto sociale.

Senza indugiare ulteriormente, occorre esaminare il tema centrale: la clausola dei vantaggi compensativi.

Al proposito, paiono opportuni alcuni cenni metodologici. Innanzitutto, bisognerà considerare che si tratta del frutto di un complesso e variegato iter giurisprudenziale e dottrinale. Essendosi cimentati gli operatori di diverse branche dell’ordinamento – civile, penale, fallimentare – i risultati sono spesso mutevoli e caratterizzati da continui oscillamenti tra chi si radica nel dogma dell’autonomia societaria e chi, timidamente o apertamente, riconosce la validità delle tecniche compensative.

Anche in dottrina il percorso non è stato del tutto lineare. Nonostante un generale riconoscimento circa la idoneità della compensazione a costituire il punto di equilibrio tra logiche di gruppo e di tutela dei soggetti esterni – in un’ottica di giustizia sostanzialmente retributiva –, si registrano diverse impostazioni che divergono in modo significativo non solo per la forma giuridica dei rimedi prospettati, ma soprattutto per la sostanza delle possibili compensazioni individuate416. A quest’orientamento, poi, se ne contrappone un altro che valuta negativamente la teoria dei vantaggi compensativi non tanto sul piano redistributivo quanto su quello dell’efficienza complessiva del sistema417.

416 Parte della dottrina ha proposto l’obbligo di un’equa redistribuzione del surplus prodotto

dall’operazione tra tutte le società del gruppo (tra questi B.LIBONATI, La responsabilità nel gruppo, in Riv. Dir. comm. 1995, I, p. 587; D.PREITE,Il conflitto di interessi del socio tra codice e disciplina di mercato, in Riv. soc., 1988,pp.361 e402ss;G.SCOGNAMIGLIO, La politica di gruppo e l’interesse delle società controllate, in Riv. dir. priv., 2002, p.497 ss.); altri A. sono più propensi a soluzioni di tipo risarcitorio, ritenendo necessario un vero e proprio indennizzo contestuale a carico della capogruppo e a favore della società svantaggiata (F.BONELLI,Conflitto di interessi nei gruppi di società, in Giur. Comm., 1992, I, p. 226;P.SPADA, L'amministrazione della società per azioni tra interesse sociale e interesse di gruppo, cit., p. 233). Un’elaborazione più recente (P.MONTALENTI,Conflitto di interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, cit., 710 ss.) teorizza invece una concezione dei vantaggi compensativi che, pur escludendo la sufficienza dei benefici genericamente derivanti dal mero legame di gruppo come contropartita del pregiudizio inflitto alla società controllata, non richiede un ristoro né immediato né rigidamente proporzionale.

417

I maggiori fautori di questo filone sono F.DENOZZA, Rules vs Standard nella disciplina dei gruppi: l'inefficienza delle compensazioni «virtuali», in Giur. Comm., 2000, I, p. 327 ss; L.ENRIQUES, Gruppi piramidali, operazioni intragruppo e tutela degli azionisti esterni: appunti per un'analisi economica, in Giur comm., 1997, I, p. 698 ss; ID, Vaghezza e furore. Ancora sul conflitto di interessi nei gruppi di

Occorrerà, pertanto, una breve rassegna di giurisprudenza e dottrina onde tracciare i punti salienti del percorso che ha portato il legislatore della riforma al recente accoglimento sul piano giuspositivo sia in campo penale che civile.

La clausola dei vantaggi compensativi è stata accolta sia nella disciplina dell’infedeltà patrimoniale di cui all’art 2634 co. 3 c.c., sia nella disposizione di cui all’art. 2497 co. 1 c.c. sulla responsabilità della società o dell’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento in modo scorretto.

L’intervento normativo, pur aderendo a siffatta impostazione, non dirime totalmente le svariate problematiche già emerse a livello interpretativo. Molteplici sono le imprecisioni e numerose le clausole generali utilizzate; sarà pertanto necessario indagare nuovamente le diverse interpretazioni possibili rivolgendo l’attenzione alle potenziali conseguenze.

Solo al termine di questa analisi, e alla luce di una interpretazione sistematica e coordinata della disciplina civilistica e penalistica, potrà valutarsi il margine di autonomia lasciato dal legislatore alla holding per il perseguimento dell’interesse di gruppo, la tutela offerta ai soci esterni e ai creditori, e le conseguenze relative al delitto di infedeltà patrimoniale.

2. Compensazione tra vantaggi e pregiudizi: i passi «incerti» della giurisprudenza

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