• Non ci sono risultati.

Per una comprensione della maternità: labirinti giuridici e percorsi di terapia filosofica

Nel documento Identità battesimale (pagine 135-142)

L’identità materna

GABRIELLA GAMBINO

5. Per una comprensione della maternità: labirinti giuridici e percorsi di terapia filosofica

Alla luce di quanto esaminato finora, tre sono dunque i problemi emer- genti: pensare la donna solo come individuo autoreferenziale senza tenere in ade- guata considerazione la dimensione relazionale sessuata della maternità; negare la dimensione simbolica della maternità, quale presupposto per la strutturazione dell’identità filiale; negare la rilevanza del nascere da un corpo di donna, e dun- que ridurre la maternità ad un ruolo sociale sostituibile nell’indifferenza sessuale. Tutte e tre le questioni hanno ormai implicazioni giuridiche consistenti, con par- ticolare riguardo per una definizione coerente del concetto di maternità e una sua adeguata tutela.

In un orizzonte di senso caratterizzato da un’omologazione dei sessi e dei generi e da una costante rimozione della rilevanza del corpo materno in relazione alla gravidanza (con la “gestazione per altri” e la fecondazione artificiale), il corpo femminile viene tutt’oggi confinato ad una dimensione periferica dell’esistenza57. L’a-

dozione di quest’approccio da parte dei più recenti orientamenti legislativi e giu- risprudenziali sta rendendo il diritto incapace di cogliere e rispettare le peculiarità della femminilità in relazione al ruolo della madre - coessenziale ad un armonico sviluppo delle identità all’interno della famiglia - che non è solo un ruolo sociale (se fosse solo tale, nessuno percepirebbe come un problema l’idea di sostituirlo an- che biologicamente con dei cyborg), ma antropologico, perché radicato nella diffe- renza sessuale. La donna viene così esposta al rischio di essere danneggiata da un approccio sociale che tende a non riconoscere fino in fondo le specificità e i bisogni

propri del suo essere donna e madre e che la considera sostituibile nel suo ruolo fin dalla fase di concepimento del bambino58. Sul piano istituzionale, significa privarla

delle condizioni per lo sviluppo armonico delle sue potenzialità come donna. È pur vero che nell’ordinamento italiano, sebbene vi sia una chiara tutela costituzionale della condizione di maternità (art. 31 e art. 37, 1 co.), la definizione della maternità biologica contenuta nella norma dell’art. 269 comma 3 c.c., elabo- rata sul presupposto della naturale coincidenza tra madre genetica e madre ge- stazionale, è oggi messo in discussione da quella dottrina che ritiene l’equazione madre-donna partoriente non più veritiera nella ricerca dell’autentica maternità59,

soprattutto in relazione alle situazioni derivanti da maternità surrogata. La me- desima definizione recentemente introdotta di “gestazione per altri” dischiude ulteriori riflessioni di carattere gius-filosofico e antropologico, alludendo ad una dimensione di solidarietà e di dono nel portare un bambino in grembo per “do- narlo” a chi non è in grado di affrontare la gravidanza, destinato a stravolgere la percezione comune e la consapevolezza del portato reale e simbolico della gravi- danza rispetto alla maternità. Non solo, ma il ricorso ormai lecito (L. 40/2004) alle tecniche di fecondazione in vitro con trasferimento di embrione sta conducendo al configurarsi di situazioni inedite dovute a scambi imprevisti di embrioni inseriti in uteri “sbagliati”, che sta costringendo i giuristi a frammentare il concetto di mater- nità in una molteplicità di livelli non necessariamente sovrapponibili e confluenti in un’unica donna: il livello genetico (il gamete utilizzato); il livello uterino di colei che porta la gravidanza; il livello volontaristico di colei che commissiona il figlio accettando di assumerne la responsabilità genitoriale. Giungendo, peraltro, la giu- risprudenza e la dottrina a soluzioni contrapposte: così, mentre in relazione alla maternità per sostituzione (negli ordinamenti che l’hanno legittimata) si tende a ritenere irrilevante la gravidanza e il figlio “di proprietà” della madre genetica e/o committente, in relazione allo scambio di embrioni si è ritenuto che madre è colei che partorisce il figlio, poiché è nell’utero che la vita si forma e si sviluppa60. Ma

non si può non far cenno anche alle più recenti ipotesi di frammentazione ulteriore della maternità genetica, allorché la scienza ipotizza la possibilità di distinguere in un unico Dna filiale una porzione di patrimonio genetico nucleare - proveniente da una donna - e una porzione di patrimonio genetico mitocondriale - proveniente da un’altra donna - per evitare, attraverso la manipolazione genetica, la trasmissio- ne di malattie genetiche di provenienza materna all’embrione prodotto in vitro.61

Proprio alla luce di una tale complessità nella frantumazione del materno si è giunti a parlare della “fine della maternità”62. Resta, tuttavia, il fatto che la realtà

esistenziale di ogni essere umano esige ed esigerà sempre la verità. E la verità è quella che ci ricordava anche Platone: “se un occhio guarda un altro occhio e fissa la parte migliore dell’occhio, con la quale anche vede, vedrà se stesso”63. La feno-

menologia dello sguardo materno, che fa da specchio all’identità del proprio figlio, è insostituibile nella sua potenza salvifica. La madre è il primo essere umano che vede, che guarda il volto del figlio e gli svela il proprio esserci nel mondo. Non solo, ma quello della madre è il primo e l’unico sguardo al quale il figlio non si può sottrarre. Al suo volto l’individuo non si può nascondere. Nell’auto-annichilimen- to dell’uomo, che nella post-modernità nasconde a se stesso e agli altri la propria

piena ed autentica identità, lo sguardo materno, quello che lo ha visto nella sua nu- dità ed autenticità quando è venuto al mondo, può ancora salvare l’individuo. In fondo, l’autocoscienza dell’uomo incomincia a definirsi con l’aiuto dell’altro, e non nella solitudine autoreferenziale64. Ed è la donna, e solo lei, più vicina alla natura

dell’essere, ossia al suo nascere, a conoscere la realtà dell’uomo: essa intu-itur, entra nella realtà. Il suo sguardo, cioè, coglie l’essere, gli dà sicurezza, lo rende tutum (in-

tu-i-tum). Come tale, custodisce quello che nasce e che deve nascere (natura)65. E lo

orienta a saper essere. Il compito dell’identità materna, infatti, è un agere - non un

facere - che genera facendo nascere l’altro.

È, peraltro, evidente come la capacità generativa della donna venga oggi rinnegata a partire dal linguaggio, che nella modernità ha sostituito procreazione con ri-produzione (produrre l’uguale), dono della vita con “diritto al figlio”, sa- lute con “diritti sessuali e riproduttivi”. Innanzi a tali sfide, bisogna restituire alle donne la consapevolezza di essere custodi della vita umana: la cultura che riduce la maternità ad una decisione riproduttiva rende le donne incapaci di accogliere il dono della vita come frutto spontaneo e naturale dell’amore sessuato, privan- dole dell’autentica libertà di essere madri. Proprio perché il materno appartiene alla donna in quanto tale, la difesa dell’identità umana può essere davvero efficace se proviene dalle donne, segno di contraddizione in una società che le vuole senza genere e senza sesso, in un orizzonte di ridefinizione continua della propria identi- tà. A tal fine, bisogna ricollocare al centro della questione la femminilità come luogo insostituibile della maternità, come polo di una relazione antropologica che serve a generare e costruire identità umane insieme alla paternità. Di qui l’importanza della antropologia duale (l’essere umano è uomo o donna), la cui rifondazione serve per comprendere il significato della maternità. Nell’antropologia duale, cioè, la maternità della donna ha un significato normativo che bisogna recuperare per salvaguardare l’umano. Peraltro, la negazione dell’identificazione della questione femminile con la maternità conduce ad una incomprensione - tipica della moderni- tà - del significato antropologico dell’avere figli e dell’essere figli. Ciò presuppone un ripensamento della maternità in una dimensione relazionale, aspetto questo che in termini concreti può aiutare le donne a ritrovare il senso della propria capacità di maternità anche quando si scoprono biologicamente sterili. L’umanità ha bi- sogno di donne che non abbiano paura della propria capacità di essere madri. La donna, infatti, di per sé è forte per la “consapevolezza che Dio le affida in modo speciale l’uomo”66 e questa consapevolezza deve poter consolidare il suo contribu-

Note

1 Da MÂ- derivano: materia (sostanza definita da un limite), misura (che determina un limite), ma- dre, colei che si occupa dei limiti della vita umana. In latino e in greco il significato della radice

MÂ- si sviluppa nelle forme med/mad, med/mel che esprimono il concetto di occuparsi, curarsi di

(medeor, medéō), medicare (medicus), riflettere, meditare (meditor, meletáō).

2 Sul privilegio naturale della donna di “poter fare” i propri figli, cfr. F. Héritier, Masculin-féminin.

Dissoudre la hiérarchie, Odile Jacob, Parigi 2002.

3 Sul punto G. Salatiello, Verità della differenza sessuale, in A. Molinaro, E. Francisco De Macedo (edd.), Verità del corpo, Ed. Pro Sanctitate, Roma 2008, pp. 113-128. Cfr. anche S. Picone Stella, C. Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Bologna 1996, pp. 12-18; G. Salatiello, Uomo-donna: «dal fenomeno al fondamento», in “Studium”, 2 (2005), pp. 253-264.

4 L. Irigaray, Essere due, Bollati Boringhieri, Torino 1994, p. 43. Perciò, “l’appartenenza a un genere rappresenta, per una persona umana, una destinazione all’altro, più che un destino biologico”. Poiché “l’umanità si compie fra i due generi” (p. 42).

5 Cfr. Hannah Arendt, Maria Zambrano, Michel Henry, Emmanuel Levinas, Jean-Luc Marion, Claude Romano e Peter Sloterdijk. Per una lettura filosofica della nascita, si vedano S. Zucal,

Filosofia della nascita, Morcelliana, Brescia, 2017 e A. Ales Bello, A. M. Pezzella, Nascita e ri-nascita, Intersoggettività - Comunicazione - Educazione, Lateran University Press, Città del Vaticano, 2017.

6 F. Rigotti, M. Veladiano, Venire al mondo, Il Margine, Trento 2015, p. 8.

7 I. Malagrinò, Alterità e relazione nell’esperienza della gravidanza. Dall’ermeneutica all’etica, Orthotes, Napoli-Salerno 2016.

8 T. Schirone, Identità e trasformazioni di identità: la maternità, in “Studi Urbinati B”, Scienze umane e sociali, 2009.

9 Il termine crisi (κρίσις) nell’antichità era utilizzato in riferimento alla trebbiatura, cioè all’attività conclusiva nella raccolta del grano, consistente nella separazione della granella del frumento dal- la paglia e dalla pula, ossia dall’involucro che riveste il chicco di grano. Nel presente contesto allude proprio al suo significato originario di separazione e scelta: separazione dalla propria con- dizione di figlia e scelta di assumere su di sé il proprio ruolo materno.

10 S. Blaffer Hrdy, Istinto materno. Tra natura e cultura, l’ambivalenza del ruolo femminile nella riprodu-

zione della specie, Sperling & Kupfer, Milano 2001.

11 D. N. Stern, Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, Torino 1985; D. W. Winnicott,

Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli, Firenze 1975.

12 H. Deutsch, 1945, Psicologia della donna, vol. 2, La donna adulta e madre, Bollati Boringhieri, Torino 1977, p. 143.

13 A. Votrico, La giustizia di Medea e il doppio volto del materno, Aracne, Roma 2004, pp. 115 ss.

14 Dante, La divina Commedia, Paradiso, Canto XXXIII, vv. 4-6.

15 E. Neumann, Die groβe Mutter. Eine Phänomenologie der weiblichen Gestaltungen des Unbewuβten (1957), Düsseldorf 2003, (tr. it. A. Vitolo, La grande madre, Roma 1981).

17 J. W. Goethe, Faust, II, V, 12110.

18 S. Biancu, voce “Madre”, in Enciclopedia Filosofica, vol. 7, Bompiani, Milano 2006, pp. 6893-6895.

19 J.J. Bachofen, Das Mutterrecht. Eine Untersuchung über die Gynaikokratie der alten Welt nach ihrer

religiösen und rechtlichen Natur (1861), Frankfurt am Main 1997 (tr. it a cura di G. Moretti, Il ma- triarcato: storia e mito tra Oriente e Occidente, Milano 2003).

20 Erri De Luca, In nome della madre, Feltrinelli, Milano 2012.

21 S. Biancu, voce “Madre”, in Enciclopedia filosofica, cit.

22 C.G. Jung, Gli aspetti psicologici dell’archetipo della Madre (1938-1954) in ID. Opere, Gli archetipi e

l’inconscio collettivo, Bollati e Boringhieri, Torino 2002, pp. 77 ss.

23 M. Recalcati, Le mani della madre. Desiderio, fantasmi ed eredità del materno, Feltrinelli, Milano 2015, pp. 57, ss. L’autore, riprendendo Lacan, evidenzia in tal senso la discontinuità psichica che deve essere salvaguardata tra l’essere donna e l’essere madre: la donna eccede la madre ed indica quella parte del desiderio che non si risolve nella “cura dei figli” e che la prepara al tempo della sua prossima separazione dal figlio. Salvaguardando così sia lei che il figlio all’interno di un autentico processo generativo.

24 CG. Jung, Gli aspetti psicologici dell’archetipo della Madre (1938-1954) in ID. Opere, Gli archetipi e

l’inconscio collettivo, Bollati e Boringhieri, Torino 2002, pp. 87-88.

25 M. Recalcati, cit., p. 24.

26 Ivi, p. 26.

27 M.T. Russo, Differenze che contano. Corpo e maternità nelle filosofie femministe, G. Ladolfi Editore, Novara 2013, p. 8.

28 Boltanski, infatti, spiega che quando questo passaggio non avviene e il figlio della carne non di- viene anche il figlio della parola, ciò accade perché la donna - per qualsivoglia motivo - elabora la scelta dell’interruzione volontaria di gravidanza, ossia rifiuta la propria maternità. L. Boltanski,

La condizione fetale. Una sociologia della generazione e dell’aborto, Feltrinelli, Milano 2004, pp. 47 ss.

29 C. Chalier, Le matriarche. Sara, Rebecca, Rachele e Lea, Giuntina, Firenze 2002.

30 È il senso che Silvia Vegetti Finzi vede nell’immagine della madre china sul proprio bambino, mentre lo aiuta a compiere i primi passi: “da una parte lo comprende dentro il suo corpo arcuato e lo sostiene per le fragili braccia, dall’altra guida i suoi passi lontano da lei, verso il mondo”. Il

Bambino della notte. Divenire donna, divenire madre, Mondadori, Milano 1990, p. 254.

31 J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’io, in Scritti, a cura di G.B. Contri, Einaudi, Torino 1976, vol. 1 e D.W. Winnicott, Gioco e realtà, Armando, Roma 1974.

32 J. Lacan, Il complesso familiare, in R. Manovkian (a cura di), Famiglia e matrimonio nel capitalismo

europeo, Bologna, Il Mulino 1974, pp. 456 ss.

33 In questo senso, la Legge del padre, che interdice l’incesto materno, non determina la separa- zione, ma la conferma, perché essa è già annunciata dalla madre. Per questo - spiega Lacan - il valore della parola di un padre dipende da come la madre ha significato il ruolo del padre nella famiglia. Il padre, dunque, come sottolineato dalla critica femminista, non è l’unico strumento di accesso all’ordine simbolico per il bambino. Cfr. L. Muraro, L’ordine simbolico della madre, Ed. Riuniti, Roma 1991.

34 F. D’Agostino, Bioetica e biopolitica, Giappichelli, Torino 2011, pp. 1-9.

35 Cfr. L. Boltanski, La condizione fetale..., cit.

36 M. Recalcati, op. cit., p. 13.

37 M. Bydlowski, 1997, Il debito di vita. Inventario psicoanalitico della maternità, Quattroventi, Urbino 2000.

38 B. Duden, I geni in testa e il feto nel grembo. Sguardo storico sul corpo delle donne, Bollati Boringhieri, Torino 2006.

39 S. Vegetti Finzi, Il mito delle origini. Dalla madre alle madri, un percorso di identità femminili, in S. La- gorio, L. Ravasi, S. Vegetti Finzi, Se noi siamo la terra, Identità femminile e negazione della maternità, Il Saggiatore, Milano 1996, pp. 35-36. Cfr. anche L. Muraro, L’ordine simbolico della madre, cit.

40 S. Firestone, The dialectics of sex. The case for feminist revolution, Morrow, New York 1970.

41 In tal senso M. Recalcati, da psicanalista, si pone la seguente domanda provocatoria: “Cosa resta della madre, quando diventare madre non è più un destino naturale della donna, ma una scelta di libertà che decide i suoi tempi grazie al sostegno della scienza e del diritto?”, cit., p. 14.

42 S. Vegetti Finzi, Volere un figlio. La nuova maternità tra natura e scienza, Milano 1997.

43 L. Muraro, L’ordine simbolico della madre, Roma 2006², p. 100.

44 F. D’Agostino, Una filosofia della famiglia, Giuffrè, Milano 2003.

45 Cfr. J. Lacan, Il complesso familiare, cit. pp. 449-487; e C.G. Jung, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, (Opere), Bollati e Boringhieri, Torino 1997, vol. 9, pp. 77 ss.

46 C. Risé, Il padre, assente inaccettabile, San Paolo, Milano 2013.

47 Cfr. il recente caso di Fay Purdham, un transessuale inglese che prima di diventare donna ha fatto congelare il suo seme, col quale ha ottenuto un bambino per mezzo di una madre surroga- ta. In seguito ha chiesto al tribunale inglese di essere nominato “madre legale” di suo figlio, pur essendone il padre biologico (http://www.dailymail.co.uk).

48 Cfr. S. Lagorio, L. Ravasi, S. Vegetti Finzi, Se noi siamo la terra, Milano 1996.

49 S. Firestone, La dialettica dei sessi: autoritarismo maschile e società tardo-capitalistica (1970), Guaraldi, Firenze 1971.

50 A. Rich, Nato di donna (1976), Garzanti, Milano 1977.

51 S. Firestone, The dialectics of sex. The case for feminist revolution, Morrow, New York 1970, p. 227.

52 N. Chodorow, La funzione materna. Psicoanalisi e sociologia del ruolo materno (1978), La Tartaruga, Milano 1991.

53 S. Ruddick, Il pensiero materno. Pacifismo, antimilitarismo, nonviolenza: il pensiero della differenza per

una nuova politica (1980), Red, Como 1993.

54 Cfr. N. Noddings, Caring. A feminine approach to ethics & moral education, University California Press, 1986.

55 V. Held, Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e famiglia post-patriarcale (1993), Feltrinelli, Milano 1997.

56 L. Irigaray, Essere due, Bollati Boringhieri, 1994.

57 L’espressione è stata usata da Papa Francesco nella sua prima Udienza generale il 27 marzo 2013.

58 Vale in tal senso, ad esempio, la legge italiana sull’astensione obbligatoria di maternità (congedo di maternità), che prevede un periodo molto breve (di tre mesi) di congedo dopo il parto; tale periodo è ancor più breve se considerato in rapporto ai parti gemellari - in vertiginosa crescita con la fecondazione in vitro - rispetto ai quali la legge non prevede alcuna differenza quando i figli partoriti siano due o tre. Il criterio adottato dalla legge, infatti, è quello del parto, che resta uno solo anche in caso di gemellarità, e non è misurato in base al numero di bambini partoriti, sottovalutando le difficoltà della madre - in termini di tempo da dedicare, di organizzazione pra- tica, di relazione psichica che vive - quando deve dedicarsi a due o tre neonati per volta. Si tenga presente che l’astensione obbligatoria è cosa diversa - sotto il profilo del valore costituzionale - dal congedo parentale che, a differenza della prima, infatti, prevede una riduzione dello stipendio della lavoratrice-madre. Cfr. il nuovo testo coordinato del D. Lgs. n. 151 del 26/03/2001 (T. U. sulla maternità) con il D. Lgs. n. 80 del 15/06/2015, in vigore dal 12/08/2015.

59 I. Corti, La maternità per sostituzione, in S. Rodotà, P. Zatti (diretto da), Trattato di Biodiritto, in particolare Il governo del corpo, II, S. Canestrari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà e P. Zatti (a cura di), Giuffrè, Milano 2011, pp. 1479-1496.

60 Tribunale di Roma, 8.8.2014, in “Nuova Giurisprudenza Civile Commentata”, 12/2014, pp. 1110- 1122 (Mater semper certa est? Considerazioni a margine dell’ordinanza sullo scambio di embrioni, Nota di commento di A. Scalera).

61 L. Gόmez-Tatay, J. M. Hernández-Andreu, J. Aznar, Towards an ethically acceptable proposal in the

prevention of mitochondrial DNA-associated diseases, in “Medicina e Morale”, 2016/1, pp. 9-17.

62 E. Roccella, Fine della maternità, Il caso degli embrioni scambiati e la fecondazione eterologa, Cantagalli, Siena 2015.

63 Platone, Alcibiade, I, 133a.

64 Anche nella tradizione cristiana, l’uomo è spiritualmente e moralmente generato dallo Sguardo e dalla Parola di Dio, che è Theós (dal greco theaomai, che significa guardo). Cfr. S. Grygiel, Dolce

guida e cara, Cantagalli, Siena 2008, p. 33.

65 Ivi, p. 49.

Nel documento Identità battesimale (pagine 135-142)