L’identità biologica
MARGHERITA DAVERIO
4. La nozione di vita biologica come bíos
Le problematiche filosofico-giuridiche appena descritte rivelano la tenden- za a riferirsi alla vita biologica come ad un ambito di disponibilità del potere, sia esso pubblico (come nell’esempio del rapporto Théry) sia esso privato (come nel caso del riconoscimento, da parte del diritto californiano, del primato dell’identità giuridica frutto della volontà dei genitori - intended parents - sull’identità biologi- ca di un bambino, in realtà figlio di altri), più che come ad un ambito identitario, ovvero cruciale per l’individuazione dell’humanum. Nell’ottica di avanzare alcu- ne ipotesi di “terapia” filosofica, può servire provare a leggere la nozione di vita biologica attraverso la categoria di bíos, che, come cercheremo di mostrare, può consentire di riempire il vuoto epistemologico - in parole povere, l’assenza di un “accesso” conoscitivo alla vita biologica - lasciato dagli interventi del potere e del diritto, rendendo forse anche più “resiliente”, per così dire, la nozione di vita bio- logica stessa, nella sua identità.
Il concetto di bíos come categoria filosofica, trova già delle conferme sul piano della biologia e della filosofia della biologia. Dal punto di vista delle scienze sperimentali, “il vivente appare come un «sistema aperto» entro il quale si stabili- sce un equilibrio complesso di flussi, dotato di individualità e capace di scambio con l’ambiente”21. Nella prospettiva della biologia, l’organismo vivente presenta
delle caratteristiche e proprietà ben precise: metabolismo, differenziazione specifi- ca della materia vivente, generazione specifica, variabilità e adattabilità, reattività, delimitazione in un ciclo vitale, autoregolazione e coordinamento delle diverse funzioni22. Tale base sperimentale, su un piano successivo, quello della filosofia
della biologia, interroga precisamente sull’identità dell’organismo vivente, ovvero il che cos’è un organismo, al di là delle sue funzioni e proprietà. In proposito, ci viene in aiuto Jonas che conclude che l’identità dell’organismo vivente è l’identità di una forma nel tempo23: il suo specifico è il permanere della forma, a prescin-
parti. In altre parole, l’organismo è superiore alla materia, in virtù appunto della sua “forma vivente”: “In quanto corpo fisico l’organismo presenterebbe gli stessi tratti comuni di altri aggregati […]. Ma al proprio interno ed esterno sarebbero riscontrabili particolari processi che fanno apparire la sua unità fenomenica ancor più discutibile di quella dei corpi comuni e nel corso del tempo eliminano quasi totalmente la sua identità materiale. Parlo del suo metabolismo, del suo scambio di materia con l’ambiente. In questo singolare processo le parti di materia di cui l’or- ganismo in un momento dato consiste, sono, per l’osservatore analitico, contenuti solo momentanei e transitori, la cui identità materiale non coincide con l’identità del tutto attraverso il quale passano, mentre questo tutto conserva la sua propria identità proprio per mezzo del passaggio di materia estranea attraverso il suo si- stema spaziale, attraverso la forma vivente. Esso non è mai materialmente lo stesso e tuttavia in questo sé identico persiste proprio grazie al fatto di non continuare ad essere la medesima materia. Se un giorno giunge a coincidere perfettamente con la somma di materia presente in lui - se due dei suoi «intervalli di tempo» un giorno diventano nel loro contenuto individuale fra loro identici e identici agli intervalli fra loro -, allora esso ha smesso di vivere: è morto (oppure il suo processo vitale è temporaneamente sospeso)”24. Va aggiunto che di recente, nell’ambito della filo-
sofia della biologia, è stato osservato che il concetto di bíos in Aristotele - perché è allo Stagirita il riferimento primario sul tema - è sia quanto permette di ricondurre all’unità dell’essere vivente i diversi modi di agire (praxeis) di ciascun vivente, sia il concetto che spiega la differenza funzionale delle diverse parti all’interno di ogni vivente25.
Il concetto di “forma vivente” a cui si riferisce Jonas può essere collegato a quello di bíos, che stiamo per considerare, e che è un concetto che appartiene al piano propriamente filosofico. È risaputo che in greco “il termine bíos indica il destino del singolo, il corso della vita, e zoé indica qualcosa che ha a che fare con la magnificenza degli esseri viventi. Psyché corrisponde pressappoco al termine ebraico che indica il sangue e può essere a volte tradotto con «anima»”26. Possiamo
continuare, osservando con D’Agostino che “bíos è il termine con cui la lingua gre- ca esprime il vivente nella sua individualità empirica, vincolata ineludibilmente alla temporalità e destinata a strutturarsi tramite il corpo, il soma, anche se con questo non può identificarsi: il soma può alterarsi (ad es. perché mutilato), senza che si alteri la sua realtà vivente (il bíos)”27. Il bíos esprime dunque la realtà vivente,
una forma di vita diversa dalla zoé, la vita in comune con tutti gli esseri viventi; una forma di vita diversa dalla psyché, che è principio di “animazione” del bíos stesso; una forma di vita, però, inscindibilmente legata alle altre due. Dal punto di vista epistemologico, va notato che la nozione di zoé, se da un lato in quanto principio vitale comune unisce tutti gli esseri viventi (costituendo come lo sfondo di cono- scibilità della nozione di vivente), dall’altro è anche il presupposto conoscitivo di una prima, iniziale, distinzione tra vivente e non vivente (chi - o che cosa - possiede tale principio vitale da cosa non lo possiede - in quest’ultimo caso non si dà l’ipo- tesi di un “chi” che non lo possegga) e quindi dell’individuazione del concetto di vita operata dal bíos. Possiamo riassumere come segue i caratteri principali della nozione di bíos. In primo luogo, dal punto di vista fenomenologico, bíos si qualifica
(e, d’altra parte, qualifica la vita) nella sua “fragile singolarità”: è infatti la vita che nasce e che muore, a differenza della zoé, che non muore, poiché è la vita comune ad ogni vivente e che permette appunto di distinguere ciò che è vivo, vitale, da ciò che non lo è; in secondo luogo, bíos non è una realtà univoca, bensì è relazione tra più dimensioni, poiché esprime l’individualità che si compone di corpo - questo corpo - e vitalità, che formano appunto la “realtà vivente” singolare, ma declinabi- le al plurale, nella molteplicità delle vite individuali. In terzo luogo, sul piano delle cause, bíos non ha in sé il suo fondamento, poiché il fondamento della sua vitalità è la zoé (che ne rappresenta al contempo il fondamento epistemologico) e il fonda- mento della sua individualità è la psyché (con la quale possiede un legame di tipo
ontologico). Psyché, infatti, è “ben più che un mero principio animatore di carattere
fisico; la sua è animazione dell’individualità, che nei casi più eccellenti (come è il caso del bíos umano) lo apre all’attuazione di se stesso, gli consente di riconoscersi e affermarsi come un io; è ciò - in linguaggio moderno - che gli offre e gli spalanca la dimensione del senso”28. È il bíos che porta già in sé la cifra dell’io, la psyché, e
pertanto si manifesta nel mondo come dimensione di valore.
In questi termini, letta attraverso la categoria del bíos, la vita biologica non è mai solo (nel senso di meramente) biologica, intesa come semplicemente la somma delle sue parti. A livello epistemologico, la si comprende invece come contenente in sé la traccia di un fondamento, quello della zoè, che è in comune a tutti gli es- seri viventi, a cui si accede nella sua individualità, altrimenti inattingibile. Più in profondità, a livello ontologico, l’identità stessa del bíos è intrinsecamente legata a quella della psyché, che è appunto principio di animazione e di vitalità singolare. Sul piano dell’agire giuridico e politico, la dimensione biologica, pur manifestando le condizioni della fragilità di una vita costitutivamente mortale - per sua essenza e per i rischi di un’esposizione agli interventi di un potere e di un diritto che non la vogliano assumere a riferimento - rimane pur sempre l’unica via per la protezione dell’identità del soggetto. A maggior ragione ciò vale per gli aspetti biologici legati all’origine stessa dell’individuo, come tutto quanto riguarda l’ambito della filiazio- ne e della generazione, che abbiamo richiamato in precedenza.
5. Conclusione
Come abbiamo visto, di fronte agli interventi della biopolitica, la vita bio- logica dell’individuo viene di fatto considerata sempre meno rilevante e, invece, sempre più dipendente dall’identità giuridica, da quanto viene deciso a priori dal diritto, come nell’esempio riportato riguardo alla filiazione. Le conseguenze, per quanto riguarda la definizione dell’humanum, come abbiamo avuto modo di ri- chiamare, sono nient’affatto che felici: il potere politico giunge a (perlomeno ipo- tizzare di) ridefinire quello che è il concetto stesso di filiazione, come nel caso del Rapporto Théry, in una maniera totalmente svincolata dalla procreazione secondo la carne e pertanto dalla dimensione biologica; oppure, come nell’esempio relativo al diritto californiano, l’identità giuridica di “figlio” legale, correlata alla richiesta
degli intended parents, i genitori legali, precede addirittura la nascita del soggetto portato in grembo da una madre definita “gestante” con la quale, però, il nascituro per il periodo della gravidanza ha instaurato una fitta trama di scambi e relazioni dal punto di vista fisico, biologico e fisiologico. Ancora, nel caso delle nuove forme di adozione, tale istituto non viene più ad intervenire nell’ottica dell’imitatio natu-
rae bensì tende a configurarsi come un nuovo vincolo, su base affettiva, fondato
esclusivamente sulla libera elezione, anziché sulla necessità oggettiva di dare dei genitori ad un figlio.
D’altro canto, tale situazione è inscrivibile nella cornice teorica della biopo- litica stessa, che, a partire dalle sue radici foucaultiane, considera la vita biologica come un ambito di disponibilità del potere, priva, di per sé del carattere di riferi- mento per il diritto e per la politica; la vita biologica, all’interno di tale paradigma, rimane svuotata della sua identità, non solo sul piano pratico (ne abbiamo enume- rato alcune conseguenze) ma anche sul - e a partire dal - piano teorico. Pertanto, si rivela uno spazio di “vuoto” epistemologico, che può essere colmato attraverso la categoria di bíos. Si tratta di una categoria che, adeguatamente tematizzata, può consentire di tenere insieme la dimensione biologica con quella identitaria, per- mettendo di vedere nella protezione della vita biologica la via per la protezione della psyché. Per riprendere quanto auspicavamo in apertura, cercando un tenta- tivo di risposta filosofica riguardo al concetto di vita che fosse comunicabile con i tre livelli di domande sulla vita stessa (quelle della biologia, della filosofia della biologia e del diritto e della politica), siamo davanti ad una categoria “sintetica”, che può comprendere il piano biologico in senso stretto (quello delle scienze spe- rimentali, per intenderci), quello della filosofia della biologia (lo abbiamo richia- mato attraverso la definizione di organismo vivente data da Jonas) nonché quello del diritto e della politica, perché offre loro una strada di normatività, basata sul rapporto tra bíos e identità del soggetto. “Il diritto non appartiene all’ordine della natura, ma solo nell’ordine della natura può avere la possibilità di operare. È per questo che la vita che è chiamato a difendere non è il bíos, ma la psyché; ma poiché la psyché non è da esso direttamente attingibile, ecco il bíos […]. La psyché dice di sì a se stessa dicendo di no ad ogni attentato che minacci il bíos”29.
Note
1 Hans Jonas, Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica, tr. it. Einaudi, Torino 1999, p. 7.
2 Cfr. R. Colombo, Vita: dalla biologia all’etica, in A. Scola, Quale vita? La bioetica in questione, Mon- dadori, Milano 1998, pp. 169-195: “Gli attuali dibattiti […] si riferiscono ad un concetto, quello di «vita», e ad una delle sue specificazioni, quella di «vita umana», che non appartiene al solo sapere della biologia. Altre scienze, come la filosofia, la teologia, la psicologia, la sociologia, il diritto e la politica, si occupano di vita e di vita umana, ognuno secondo differenti punti di vista. Ciascuna di esse, tuttavia, si riferisce iuxta propria principia all’identico fenomeno la cui componente empirica - la cosiddetta «vita fisica» o «vita corporea» - sembra già senza dubbio conosciuta grazie a un implicito riferimento a un concetto «bio-logico» di vita, che viene consi- derato come immediatamente evidente”, p. 178. In realtà, il concetto evidente non è, come spiega l’Autore stesso nei paragrafi successivi. Il contributo citato è a nostro avviso una buona sintesi della problematica della questione dell’organismo vivente tra biologia, filosofia ed etica.
3 Sia permesso rimandare a M. Daverio, Biopolitica. Una prospettiva valutativa, in M. Bertolaso, M. Di Bernardo (a cura di), Biodisciplines, in “Scienze e Ricerche” n. 30 (1 giugno 2016), pp. 41-49.
4 L. Melina, Vita, in G. Tanzella-Nitti, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, p. 1519.
5 Una questione che tocca da vicino il tema dell’identità biologica, su vari livelli, è il caso dei c.d. gemelli siamesi, che risultano congiunti in una o più parti del corpo: come noto, possono avere diversi organi in comunicazione tra loro, oppure organi, tessuti e intere parti del corpo condivise (ad es. un unico fegato in comune, un solo tronco, ecc., in relazione alla tipologia di gemelli congiunti alla quale appartengono). Ciò pone il problema di come considerare l’organo o la parte del corpo condivisa (c.d. shared organs), se appartenente ad un solo gemello (in base alla localizzazione) oppure se di entrambi e quindi non attribuibile a nessuno dei due in sede di un’eventuale separazione chirurgica. Approfonditi profili bioetici e biogiuridici della questione in F. D’Amato, Gemelli siamesi: aspetti bioetici e biogiuridici, tesi del Master in II livello in Bioetica e diritti umani, Lumsa-Camillianum, a.a. 2011-2012), pro manuscripto, dove tra l’altro si discute la sentenza della Corte D’Appello inglese, del settembre 2000, con la quale la Corte, contro il consenso dei genitori, autorizzò l’operazione di separazione delle gemelle Mary e Jodie (gemelle ischiopaghe, congiunte nella parte finale del tronco), operazione che portò alla morte della prima durante l’operazione e della seconda pochi mesi dopo.
6 De Anima, II (B) 4, 415 b (sottolineature nostre).
7 F. D’Agostino, Bioetica e biopolitica. Ventuno voci fondamentali, Giappichelli, Torino 2012, p. 52.
8 M. Foucault, Bisogna difendere la società, Feltrinelli, Milano 2009, p. 213.
9 M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 2006, p. 122.
10 I. Thery, A.- M. Leroyer, Filiation, origines, parentalité. Le droit face aux nouvelles valeurs de respon-
sabilité générationnelle, Rapport du groupe de travail Filiation, origines, parentalité, 2014, in http://
www.ladocumentationfrancaise.fr/, tr. it. parziale in “Il Foglio” 16.04.2014, p. 3.
11 Rapporto “Filiazione, origini e genitorialità”, cit., p. 3.
12 Rapporto “Filiazione, origini e genitorialità”, cit., p. 3.
13 Ibidem.
14 Vietata dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40, ma legittimata dalla sentenza della Corte Costituzio- nale 9 aprile 2014-18 giugno 2014, n. 162.
15 Sulla quale il CNB ha di recente preso posizione, affermando, nel comunicato del 18 marzo 2016 che ha preannunciato il documento “Mozione su Maternità surrogata a titolo oneroso”, che “la maternità surrogata sia un contratto lesivo della dignità della donna e del figlio sottoposto come un oggetto a un atto di cessione”.
16 Contro cui muovono istanze anche le femministe, cfr. in particolare Agacinski S., Corps en miettes, Flammarion, Paris 2009.
17 Su Avvenire del 17 marzo (http://www.avvenire.it/Vita/Pagine/agacinski-ora-basta-col-merca- to-dei-figli.aspx).
18 Cfr. C. Cardia, Matrimonio, famiglia, genitorialità. Quale sintesi per il nuovo millennio, intervento al Convegno Nazionale UGCI, Adozione. Passato e futuro di un concetto giuridico, Roma, 5-7 dicembre 2014, pubblicato in www.pensareildiritto.it, p. 2.
19 Cfr. C. Cardia, Matrimonio, famiglia, genitorialità. Quale sintesi per il nuovo millennio, cit., p. 12.
20 G. Dalla Torre, Adozione. Considerazioni introduttive su passato e futuro di un concetto giuridico, inter- vento al Convegno Nazionale UGCI, Adozione. Passato e futuro di un concetto giuridico, Roma, 5-7 dicembre 2014, pubblicato in www.pensareildiritto.it, p. 2.
21 L. Melina, Vita, in G. Tanzella-Nitti, Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, p. 1519.
22 Cfr. ibidem: “Le scienze sperimentali, e in particolare la biologia, studiano quei fenomeni vitali che si svolgono in seno a masse limitate di materia estremamente complessa e incessantemente mutantesi, rilevandone le caratteristiche distintive: il metabolismo, ossia il continuo rinnova- mento mediante assimilazione di materia dall’esterno ed eliminazione di scorie; l’individuali- tà di ciò che vive e che si presenta come un organismo, dotato di organi morfologicamente e funzionalmente diversi, commisurati e coordinati tra di loro; la differenziazione specifica della materia vivente; la generazione specifica, per cui ogni vivente deriva da altro o da altri viventi della stessa specie; […]”.
23 Cfr. H. Jonas, Dalla fede antica all’uomo tecnologico, e la sintesi in L. Melina, Vita, cit., p. 1521.
24 H. Jonas, Dio è un matematico? Sul senso del metabolismo, in Id., Organismo e libertà. Verso una biolo-
gia filosofica, Einaudi, Torino 1999, pp. 95-129, p. 107.
25 Cfr. J. G. Lennox, Bios, Praxis and the Unity of Life, in AA.VV., Was ist ,Leben’? Aristoteles’ An-
schauungen zur Entstehung und Funktionweise von Leben. Akten der 10. Tagung der Karl und Gertrud Abel-Stiftung vom 23.-26. August 2006 in Bamberg, Franz Steiner Verlag Stuttgart, 2010, pp. 239-
257. Chiaramente, tale contributo si inserisce nel dibattito e nella letteratura della filosofia della scienza, che in questa sede non possiamo approfondire, ma che è rilevante richiamare per dare un’idea dell’ampiezza del nostro tema.
26 B. Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri, Torino 1994, p. 117.
27 F. D’Agostino, Bioetica e biopolitica, cit., p. 30.
28 F. D’Agostino, Bioetica e biopolitica, cit., p. 30. Si potrebbe far corrispondere alla distinzione tra i diversi significati di vita la distinzione arendtiana tra lavoro, opera e azione, che vale per il piano sociale e politico (cfr. H. Arendt, Vita activa, tr. it Bompiani, Milano 2003.