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Identità biologica e identità giuridica: cenni su alcune pratiche biopolitiche

Nel documento Identità battesimale (pagine 89-92)

L’identità biologica

MARGHERITA DAVERIO

3. Identità biologica e identità giuridica: cenni su alcune pratiche biopolitiche

In questo paragrafo prenderemo in esame alcune pratiche biopolitiche che riguardano da vicino il concetto di filiazione: in particolare, considereremo il caso delle pratiche di fecondazione eterologa14 e di surrogazione di maternità, con le

quali si moltiplicano di fatto le figure genitoriali, nonché la pratica dell’adozione, che in tempi recenti sta giungendo ad assumere nuove forme, dal carattere espli- citamente biopolitico. Culturalmente e giuridicamente, il concetto (ed il vincolo)

della filiazione tende a diventare esclusivamente affettivo, nella prospettiva attuale della biopolitica. Per quanto riguarda l’istituto giuridico dell’adozione, possiamo da ora osservare che il vincolo di filiazione da sempre prescinde dall’evento na- turale della procreazione e da qualsiasi legame di sangue, giustapponendosi pre- cisamente alla generazione naturale; d’altro canto, sempre nell’istituto giuridico dell’adozione, ciò avviene nell’ottica dell’imitatio naturae, dando per presupposto e pertanto riconoscendo che nell’ordine naturale genitorialità e filiazione si fondano sulla dimensione biologica. Per converso, nelle pratiche sociali che vanno diffon- dendosi - non ultimo il recente tema della stepchild adoption - il vincolo di filiazione tende sempre più ad essere fondato (e rivendicato) sulla semplice base affettiva, non solo di fatto, ma anche di diritto, senza nessun riferimento al bíos che possa es- sere significativo per il diritto, che così facendo tende ad avvicinarsi più alla prassi autoreferenziale che alla cosa giusta, alla giustizia.

Se già con la fecondazione eterologa viene introdotta la distinzione tra ge- nitorialità biologica e genitorialità sociale, con la pratica della maternità surroga- ta15 viene ad aggiungersi un’ulteriore figura, quella della madre gestante, che può

coincidere con la madre biologica, ma non con la madre sociale. Tale moltiplicazio- ne delle figure materne rappresenta un problema per il concetto di filiazione, che viene messo a dura prova nella sua integrità. Oltre ai problemi legati allo sfrutta- mento e alla commercializzazione del corpo umano16, che già di per sé porterebbe-

ro a criticare la pratica della maternità surrogata, in questa sede possiamo mettere in evidenza un aspetto che riguarda direttamente i rapporti tra identità biologica e identità giuridica, come emerge dalla considerazione della legge californiana in materia. Dal 2013, nel Californian Family Code è stata infatti introdotta una nuova sezione all’interno del capitolo “Parent and child relationship”, intitolata “Surrogacy

and donor facilitators, assisted reproduction agreements for gestational carriers, and oocyte donations” (CA FAM, § 7960-7962): si tratta della legge che regola i contratti di ma-

ternità surrogata. Stando alla formulazione del codice, la genitorialità viene attri- buita in anticipo agli intended parents, ovvero i genitori committenti, che stipulano il contratto per essere riconosciuti come genitori legali del bambino, già da prima della nascita. Secondo il § 7962 e), infatti “an action to establish the parent - child

relationship between the intended parent or parents and the child as to a child conceived pursuant to an assisted reproduction agreement for gestational carriers may be filed before the child’s birth […]”. Inoltre, nella pratica, sempre prima della nascita, i genitori

committenti si rivolgono ad un tribunale che decreterà che né la madre gestante né un suo eventuale partner hanno alcun diritto sul bambino (cfr. il § 7962 f), 2: “[…]

the judgement or order may be issued before or after the child’s or children’s birth […]. Subject to proof of compliance with this section, the judgment or order shall establish the parent-child relationship of the intended parent or intended parents identified in the sur- rogacy agreement and shall establish the surrogate, her spouse, or partner is not a parent of, and has no parental right or duties with respect to, the child or children”. La madre

gestante, infatti, con il contratto, si impegna a firmare la cessione di ogni diritto sul figlio generato. In proposito, la nota sociologa francese, Sylviane Agacinski, ha fatto giustamente riferimento a tale situazione come a quella di un “legame fi- liale acquistato”17, espressione che suona ad ossimoro, ma che in questo caso pare

un’adeguata descrizione del fenomeno in atto. Quello che avviene è il prevalere dell’identità giuridica, ovvero dell’attribuzione legale della paternità, su quella biologica, la quale, anziché essere riconosciuta per la sua valenza, per l’appunto identitaria - “essere figlio di” è sempre stato innanzitutto un legame biologico ma fondante e pieno di senso a livello antropologico ed esistenziale - viene facilmente resa addirittura trascurabile e per questo anche cedibile.

Ulteriori notazioni possono essere proposte a partire dall’analisi del concet- to giuridico di adozione, in quanto esso crea un vincolo di filiazione che si giustap- pone alla filiazione naturale. In tempi recenti, il concetto giuridico dell’adozione è stato sottoposto ad una rivisitazione pratica (che possiamo per l’appunto definire biopolitica) in particolare in merito all’emergere delle nuove forme di adozione, come per esempio nel caso della stepchild adoption che di fatto ammetterebbe l’ado- zione anche da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso. Con Carlo Cardia possiamo legittimamente parlare “di un regresso nella linea d’evoluzione storico giuridica della famiglia e della filiazione che, tra l’altro, non è causato da scelte di un regime autoritario, retrivo, ma è frutto di un sommovimento culturale che investe l’antropologia delle relazioni affettive”18. Sullo sfondo del processo di

evoluzione giuridica del concetto, vi è un vero e proprio cambio culturale, di cui è importante evidenziare la relazione con lo svuotamento di significato della di- mensione biologica e corporea dell’essere umano, con conseguenze per l’identità antropologica del soggetto.

L’evoluzione o la stasi dell’adozione va di pari passo con un processo di analisi e critica dei rapporti tra vincoli biologici e giuridici. Nel caso del concetto giuridico di adozione, il vincolo di sangue è assente, mentre il provvedimento giu- diziario stabilisce la creazione del vincolo. L’adozione recide i legami con i genitori biologici e con la sua famiglia naturale (ad eccezione degli impedimenti matri- moniali); è da notare che il fulcro dell’adozione risiede nella tutela degli interessi fondamentali del minore, e soprattutto nella protezione della sua infanzia per uno sviluppo della sua personalità il più possibile corretto. In altre parole, l’istituto dell’adozione è orientato alla tutela e alla protezione del minore. “L’adozione ri- sulta certamente un istituto con una forte valenza antropologica: rimanda a una concezione di famiglia al di là dei vincoli biologici, rinvia all’idea della solidarietà e di un’unica e comune appartenenza umana. Essa inoltre, nella sua interazione strutturale con l’evoluzione della famiglia e della società, porta alla luce i profili e le istanze attuali più critiche, dovute a più fattori: l’avvento della pluralizzazione dei modelli famiglia, nonché la destrutturazione giuridica del nucleo fondamen- tale della famiglia a fronte della tendenza alla ipergiuridificazione di relazioni in- ter-soggettive che emergono dalla società”19. Tutto ciò perché in ultima analisi il

fine dell’adozione non è quello di dare un bambino a dei genitori, quanto piuttosto quello di dare dei genitori ad un bambino, dando per presupposto che il bambino è prima di tutto un soggetto di diritto e non oggetto di un diritto, anche alla luce dei principi ispiratori del nostro impianto legislativo.

Nelle nuove forme di adozione, il paradigma della generatività viene vis- suto in modo completamente svincolato dalla dimensione naturale, sostituita dalla

dimensione vuoi della decisione personale e affettiva (si decide di avere un figlio), vuoi della decisione politico-legislativa. L’assenza del vincolo di sangue, infatti, nella filiazione per adozione non ha mai costituito un problema. Commenta in proposito Giuseppe Dalla Torre: “Il mito del sangue è quello per cui i rapporti af- fettivi tra genitori e figli sono fondati sul sangue, sul rapporto biologico di discen- denza-ascendenza. In realtà l’esperienza storica dimostra più che ampiamente che, se ciò corrisponde all’ordinario svolgersi dei rapporti stessi, tuttavia non sempre e non necessariamente è così; per i minori abbandonati il sangue non ha detto nulla; per i minori adottati e, quindi, sottratti all’abbandono, la mancanza del sangue non ha impedito che il tutto potesse dirsi”20. Ciò che è problematico, giuridicamente e

filosoficamente, è che il legame biologico venga considerato irrilevante e soprat- tutto sia sostituito, nel suo significato profondo, dalla dimensione della decisione (anche della decisione “affettiva”).

Nel documento Identità battesimale (pagine 89-92)