• Non ci sono risultati.

L’identità coniugale

Nel documento Identità battesimale (pagine 197-200)

VALERIA SALA

Robert Spaemann nell’ambito del suo iter teoretico sul concetto di persona, annovera la “promessa” tra gli atti di natura autenticamente personale. Il filosofo tedesco parte dal presupposto secondo cui è possibile promettere, perché “noi non siamo semplicemente la nostra natura, ma abbiamo questa natura e in una cer- ta misura possiamo disporre di essa”1. La promessa, pertanto, costituisce la cifra

della nostra umanità. L’individuo tramite la promessa eleva la propria volontà dal piano della mera contingenza soggettiva a quello della dimensione pubblica, e rendendo la comunità depositaria del proposito della propria volontà, sperimenta l’espressione suprema della libertà nell’esistenza. L’uomo dalla volontà propria, indipendente, duratura, cui è concesso promettere - afferma Nietszsche - è auten- ticamente libero e sovrano2.

Questa premessa teoretica veicola un elemento veritativo ontologicamente presente nella promessa che lega per l’intera durata della vita: quella nuziale, che con la sua costituiva apertura al definitivo costituisce la forma in cui si incanala la libertà di scelta verso un impegno di vita stabile e duraturo. La progettualità, il po- ter decidere oggi ciò che si vorrà domani e, trascendendo questa stessa decisione, trasformarla in una pretesa da parte dell’altro, costituisce una specifica espressione dell’essere persona. Anche l’etimologia del termine coniugio ci conduce con im- mediatezza alla piena comprensione del presupposto teorico dal quale si è partiti, ossia l’inveramento della dimensione di libertà nell’ambito dell’unione tra uomo e donna caratterizzata “dall’unità tra corpo e anima, e dall’unità tra essere e dover essere scelto, tra natura data e potere di disporne in una biografia riuscita”3. Il

termine coniugio, infatti, con la sua non equivoca assimilazione del vincolo matri- moniale a quel giogo che il contadino pone sul collo dei buoi, per farli muovere di pari passo durante l’aratura, ci conduce con immediatezza al senso profondo del- la semantica del matrimonio4. Una visione autenticamente giuridica dell’unione

coniugale presuppone, infatti, che il vincolo matrimoniale sia avulso dalla logica dell’arbitrio soggettivista e dalla contingenza dell’effimero sentimentalismo. Pre- gnante in tale senso è la definizione hegeliana secondo cui “la conclusione del ma- trimonio è dunque la solennità con cui l’essenza di questo legame viene pronun- ciata e constatata come entità etica innalzata sopra l’accidentalità del sentimento e la logica del particolare”5.

Il matrimonio, quindi, non costituisce la mera veste giuridica dell’amore sentimentale tra due persone, ma è un’unione totalizzante, esclusiva, oblativa tra un uomo e una donna nella totalità del loro essere per condividere l’intero pro- getto di vita. Come è stato affermato, “questo dono di sé in tutta la dimensione complementare della donna e dell’uomo, con la volontà di doversi l’uno all’altro in giustizia, si chiama coniugalità e i contraenti si costituiscono quindi in coniugi: questa comunione coniugale affonda le sue radici nella complementarietà che esi- ste tra l’uomo e la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere l’intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò la co- munione è il frutto e il segno di un’esigenza profondamente umana”6.

L’identità coniugale, pertanto, sia dal punto di vista ontologico sia fenome- nologico, ha in sé la radice della natura costitutivamente razionale e relazionale dell’essere umano; o meglio è la cifra dell’identità ontologica dell’uomo, identità “che si definisce in una natura che lo esprime e lo spiega e dalla quale discendono dei diritti e dei doveri fondamentali”7.

L’identità forgiata dall’unione matrimoniale si fonda su un elemento bio- grafico-temporale e su uno biologico-naturale: l’indissolubilità e la complementa- rietà eterosessuale. Entrambi gli elementi costitutivi dell’identità coniugale sono oggi sottoposti ad un processo costante di depotenziamento e destrutturazione; l’attuale cultura giuridica, permeata da una concezione volontaristica del diritto inteso sempre più come strumento per la massimizzazione dell’espansione sog- gettiva, tende infatti a deformare ineludibilmente l’essenza dello status coniugale. Per quanto concerne la prima proprietà essenziale della coniugalità, ossia l’indissolubilità, è opportuno precisare che l’amore diviene autenticamente coniu- gale quando costituisce la cifra dell’impegno stabile e definitivo reciprocamente assunto tra i coniugi per realizzare un progetto comune di vita mediante la reci- proca accettazione e donazione, in modo tale che si dà all’altro la facoltà di esiger- lo. I consorti sono i protagonisti di una comunità di vita e amore, che si costruisce in un percorso “che non raggiunge mai traguardi definitivi, ma progredisce por- tando avanti una graduale identificazione dei coniugi in una cosa sola”8. Come

è stato osservato in una delle più compiute elaborazioni teoretiche sulla filosofia della famiglia, la coniugalità, nella misura in cui dà fondamento alla possibilità di operare una scelta verso la fedeltà e l’impegno, rappresenta l’unica possibilità per la familiarità di esperire la dimensione temporale. I coniugi - infatti - entrano in relazione presupponendo che il loro rapporto naturalistico venga qualificato in termini giuridici: vogliono escludere a priori la duplicazione della loro esperien- za; vogliono che la loro vita privata sia riconosciuta pubblicamente e strutturata secondo le modalità del diritto9. In altri termini, la piena comprensione del ma-

trimonio come status de iure e non mera realtà de facto è possibile solo nella logica della durata.

Nell’ambito dell’attuale contesto culturale, animato da un radicale secola- rismo, il tema dell’indissolubilità è stato confinato nel novero delle problematiche ritenute vetuste e confessionali, retaggio di mere illusioni metafisiche, rese inat-

tuali da un diritto sempre più degradato a mero strumento di legittimazione del volontarismo individuale. Il matrimonio, pertanto, avulso dalla logica della bipo- larità sessuale, viene inteso come mera relazione affettiva per diritto dissolubile, e i suoi fini sono tramutati ineludibilmente in diritti individuali. Tuttavia - come è stato autorevolmente affermato - la logica libertaria della dissolubilità è costitutivamen- te contrastante con quella giuridica del matrimonio. L’indissolubilità al contrario della dissolubilità garantisce pienamente ai coniugi l’esperimento di un autentico spazio di libertà.

Come è stato osservato10, nonostante il giudizio negativo di Hegel che la ri-

teneva “rozza e degradante”, ai fini di un corretto inquadramento del tema dell’in- dissolubilità, si rivela preziosa la definizione kantiana di matrimonio come “unione di due persone di sesso diverso, per il possesso reciproco delle loro facoltà sessuali durante tutta la loro vita”11. Il filosofo tedesco annovera il matrimonio tra i diritti

personali di natura reale, ossia tra quei diritti che consistono “nel possedere un oggetto esterno come una cosa e nell’usarne come una persona”. La regola dell’in- dissolubilità giuridica dell’unione coniugale può essere perfettamente compresa all’interno della logica kantiana, infatti, “solo ciò che si possiede come una cosa resta segnato dal possesso. Lo spirito non può essere posseduto, il corpo sì. […] Ma proprio per evitare la totale oggettualizzazione del corpo, proprio per mantenere viva l’istanza personalistica di cui esso è portatore, ecco la regola dell’indissolu- bilità. Tutto ciò che può essere posseduto e usato è alienabile. Il corpo coniugale no”12. In altri termini, un coniuge potrà pur rivendicare la cessazione dello stato di

unione coniugale, tuttavia la pretesa di ricostituire un’unione con un’altra persona implica inesorabilmente la sua oggettualizzazione nella misura in cui tale unione non potrà mai essere posta sotto il sigillo dell’unicità. La dimensione di libertà vissuta nell’ambito dell’unione coniugale indissolubile è autenticamente giuridica, perché sottoposta ad una regola, e quindi reale ed incarnata, e soprattutto conforme alla verità del vincolo di donazione reciproca. Nella relazione coniugale il riconosci- mento reciproco in virtù della costitutiva indigenza individuale, avviene secondo una regola oggettiva - come osserva Sergio Cotta - che è garanzia di comunicazione stabile e duratura13. Le identità istituite tramite la dinamica familiare sono univer-

salmente riconosciute proiettate nel tempo secondo la logica della definitività. Come premesso, l’identità coniugale è costitutivamente contrassegnata non solo dall’elemento indelebile della durata ma anche da quello della complementa- rietà sessuale, che ne costituisce la condizione di possibilità. La dottrina tomistica sui fini del matrimonio ci offre delle suggestioni importanti ai fini di un corretto approccio ermeneutico al tema. La complementarietà dei sessi costituisce l’a priori dal quale nascono i fini del matrimonio e la conseguente capacità di intraprender- li. Entrambi i fini, ossia il bonum prolis e il muutum obsequium sibi a coniungibus in

rebus domestici impensum14, presuppongono la complementarietà biologica e rela-

zionale tout court, che rappresenta la condizione di possibilità di tutela dell’ordine della sessualità e delle generazioni, nonché il tramite per esperire la concretezza e l’autenticità della reciproca donazione anche nella prospettiva della proiezione sociale. La reciprocità asimmetrica, veicolata dalla differenza sessuale, evidenzia la naturalezza dell’affidamento reciproco che si realizza nel coniugio. La com-

plementarietà dei sessi, maschile e femminile, implica che l’uno non possa fare a meno dell’altro, nell’ambito di una relazione che ha ontologicamente inscritta la possibilità della fecondità15.

L’alterazione del paradigma matrimoniale, veicolata dall’attuale cultura giuridica di matrice libertaria sempre più fluida e permeata dal dogma dell’onni- potenza della volontà individuale, implica che sia enfatizzato il legame affettivo di sostegno reciproco, de-enfatizzata la differenza sessuale, oltre che la durata del legame e la finalità procreativa. La sessualità, quindi, non viene solo scissa dalla procreazione, ma anche dalla normatività eterosessuale con la conseguenza di alte- rare ineludibilmente l’identità minima della coniugalità. Al riguardo, è opportuno constatare come il paradigma eterosessuale, inteso come costitutivo dell’identità coniugale, sia stato messo in discussione anche da alcuni approdi giurisprudenzia- li recenti, in particolare con riferimento alla previsione di cui agli artt. 2 e 4 della legge n. 164/1982 sul mutamento di sesso, secondo cui la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi provoca lo scioglimento del vincolo matrimoniale. È noto il caso del giudizio promosso da una coppia di coniugi per ottenere la cancellazione della annotazione di “cessazione degli effetti del vincolo civile del matrimonio” che l’ufficiale di stato civile aveva apposto in calce all’atto di matrimonio contestualmente all’annotazione, su ordine del tribunale, della rettifi- ca (da “maschile” a “femminile”) del sesso del marito. La Corte di Cassazione adi- ta in sede di impugnazione avverso il decreto di Corte d’Appello che, riformando la sentenza di primo grado, aveva respinto la domanda dei ricorrenti - ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge sul mutamento di sesso16, argomentando nel senso dell’incompatibilità del cd. “divorzio ex lege”

con il diritto di autodeterminazione nelle scelte relative all’identità personale, di cui la sfera sessuale esprime un carattere costitutivo; con il diritto alla conservazio- ne della preesistente dimensione relazionale, quando essa assuma i caratteri della stabilità e continuità propri del vincolo coniugale.

La deformazione della logica giuridica del matrimonio, e la conseguente destrutturazione dell’identità coniugale, costituiscono il frutto di una contamina- zione ideologica del diritto, attuata mediante una modificazione convenzionale di linguaggi che invece hanno origini e storie non sempre malleabili. Com’è stato os- servato, non si tratta di un mero disallineamento semantico, ma di una metamor- fosi delle esistenze di cui l’approssimazione dei linguaggi è solo la spia17.

Si rivela ineludibile, pertanto, lo sforzo ermeneutico di recupero del sen- so oggettivo del diritto come espressione della verità strutturale della coesistenza umana. La tutela dei diritti individuali è ineludibile, ma è necessario che sia pre- ceduta dalla garanzia della relazione e della possibilità di incontro che ci rende pienamente umani. La verità giuridica del matrimonio implica che l’amore sia vin- colato con la giustizia. Quest’ultima è il vero significato del vincolo coniugale e la ragione per definirlo la quidditas del vero matrimonio, in quanto questo vincolo di giustizia è la differenza specifica che distingue, de iure, l’autentica comunione coniugale dal resto delle alternative sessuali possibili de facto18.

Nel documento Identità battesimale (pagine 197-200)