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L’emersione e il rilievo giuridico dell’identità etnica

Nel documento Identità battesimale (pagine 153-156)

L’identità etnica

FABIO MACIOCE

3. L’emersione e il rilievo giuridico dell’identità etnica

Se l’identità etnica è relazionale e situazionale (ovvero, come detto, dipen- dente dalla contingente relazione con un’alterità rispetto alla quale si percepisce, dall’interno, l’importanza della separazione), si rivela allo stesso tempo un elemen- to difficile da definire a priori, in rapporto a determinate caratteristiche e funzioni, e difficile da proteggere (ove lo si voglia fare). Infatti, l’etnia assume importanza in misura direttamente proporzionale a quanto si percepisce l’urgenza della coesione interna fra membri di un gruppo, o addirittura a quanto si ritiene opportuna l’af- fermazione di un’identità di gruppo.

riscoperta dell’identità etnica. Ciò può avvenire in ragione di eventi migratori, di cambiamenti demografici, di mutamenti economici o politici; quale che sia l’ori- gine del mutamento, è in ragione di esso che l’identità di un determinato gruppo comincia a percepirsi come minacciata, ovvero messa a rischio in relazione ad un altro gruppo da cui, invece, ci si vuole distinguere. Ed è per questo che singoli fattori, irrilevanti per molto tempo, possono diventare immensamente significativi laddove servano a distinguere un gruppo da un altro. Così è avvenuto nella ex Iugoslavia, dove la differente identità religiosa tra Serbi e Croati, irrilevante per molti decenni, è divenuta il luogo di una distinzione feroce e radicale, proprio nel momento in cui il contesto politico generale era mutato, e diventava perciò più urgente distinguersi e delimitare i rispettivi gruppi.

Sul piano politico, la questione dell’identità etnica assume rilevanza soprat- tutto - anche se non esclusivamente - laddove determina richieste di autonomia territoriale. Tali richieste si fondano sull’idea che l’identità etnica abbia una par- ticolare relazione con il radicamento su un determinato territorio, e che il rico- noscimento di tale radicamento costituisca il presupposto per il riconoscimento dell’identità etnica sotto ogni altro profilo (culturale, linguistico, religioso, ecc…). L’aspetto caratteristico di tali richieste è che esse, per giustificare la necessità di un riconoscimento territoriale, e di una maggiore o minore autonomia normativa, giurisdizionale e amministrativa all’interno di esso, tendono a dare dell’identità etnica un’immagine statica, anche molto lontana dalla realtà. In altri termini, l’i- dentità etnica, che come ogni altro aspetto dell’identità è soggetto al mutamento nel tempo (Barth 1969), viene invece presentata come legata ad aspetti originari e - in quanto tali - bisognosi di essere preservati al fine di garantire la sopravvivenza di quella particolare identità. Così la lingua, o alcune tradizioni estetiche, o altre pratiche tradizionali, tendono ad essere proposte come fattori identitari bisognosi di essere preservati come tali, proprio al fine di dimostrare la necessità di una mag- giore autonomia sul piano politico e territoriale: si pensi, in Italia, alle minoranze altoatesine, o ladine, che proprio in ragione della loro specificità hanno ottenuto spazi consistenti di autonomia sul territorio, e la preservazioni di tradizioni lingui- stiche e culturali che, altrimenti si sarebbero modificate o perdute.

Sul piano sociale, l’identità etnica assume rilievo per i diversi fattori che ne determinano i contorni e i contenuti. Più precisamente, è sul piano sociale che l’i- dentità etnica si costituisce, ed è pertanto a tale livello che si deve collocare l’analisi se si vogliono comprendere i fattori che contribuiscono a determinarne i contenuti: in tal senso, l’identità etnica di ciascuno è la risultante del modo in cui ciascuno definisce se stesso, e del modo in cui è percepito dagli altri.

Ma quali sono, in concreto, i fattori che sul piano sociale contribuiscono a definire l’immagine che l’individuo ha della propria identità etnica? Certamente, accanto a molti fattori non formalizzabili, e che tuttavia hanno un peso significa- tivo a livello individuale e intersoggettivo (pregiudizi, stereotipi, esperienze pre- gresse), un peso non secondario è svolto dalle categorizzazioni etniche veicolate dalle stesse politiche pubbliche. Le politiche migratorie, o le politiche sociali di sostegno alle minoranze etniche, o ancora le varie forme di affirmative actions su

base etnica, contribuiscono a consolidare e ipostatizzare specifiche identità, spesso in modo indipendente dalla loro effettiva consistenza sociale (J. Nagel 1986). Se ad esempio si utilizzano dei criteri etnici per selezionare gli studenti universitari, o si riservano quote per le minoranze etniche all’interno degli organismi politici e giudiziari, o si destinano risorse pubbliche per la promozione di specifiche tra- dizioni etniche e per la sopravvivenza di specifici gruppi, l’identità etnica diviene - almeno parzialmente - un costrutto dell’azione politica, un suo correlato (Gamson e Modigliani 1987); e ciò in modo non necessariamente corrispondente all’effettiva solidità, compattezza e consistenza numerica di un certo gruppo etnico.

Dal punto di vista più strettamente giuridico il problema dell’identità etnica viene in rilievo sotto vari profili. Gli ordinamenti dei paesi occidentali infatti sono messi di fronte al problema dell’identità sia perché all’interno dei confini sono radicate storicamente una o più minoranze, che condividono una comune lingua e comuni tradizioni, e che sono per lo più concentrate in un determinato territorio; e sia perché i flussi migratori hanno determinato, nel territorio, la presenza di comu- nità più o meno consistenti che condividono una medesima cultura, e che vedono in essa una fonte importante per la loro identità. Nel primo caso - più direttamente politico - ci troviamo di fronte a comunità che pretendono di essere definite come “nazioni” o “popoli” (il popolo basco, catalano, tirolese, franco-canadese, ecc…), e pertanto conferiscono un carattere multi-nazionale allo Stato in cui risiedono, che in esse deve riconoscere delle vere e proprie minoranze nazionali. Quale che sia l’origine di tale carattere multi-nazionale (esperienze coloniali, una volontaria federazione di gruppi nazionali, una guerra) esso rappresenta il versante politico dell’identità etnica.

Nel secondo caso, l’immigrazione non giustifica né sostanzia richieste di tipo nazionalistico, e tuttavia impegna l’ordinamento dello Stato di destinazione nella gestione di un delicato bilanciamento tra esigenze di eguaglianza e tutela della diversità. Se è generalmente ammesso che gli immigrati debbano conformar- si alle norme dello Stato, integrando la loro cultura nelle forme della vita sociale come disciplinate dal legislatore, è anche evidente che molti aspetti della cultura di origine saranno mantenuti, e pretenderanno di essere mantenuti proprio in nome della tutela della loro cultura tradizionale e della loro identità. In tal caso, poi- ché le comunità immigrate tendono a condividere i modelli culturali dominanti (o ibridarli) e non avanzano pretese di autonomia sul piano politico e istituzionale, lo Stato assume un carattere multi-etnico, ma non multi-nazionale: e per conse- guenza, il problema non è più direttamente politico ma giuridico, ovvero la deter- minazione degli spazi all’interno dei quali le comunità etniche possono esprimere la loro cultura particolare, e quale debba essere la risposta dell’ordinamento a tale diversità di prassi e tradizioni (Kymlicka 1991). In altri termini, è un problema di riconoscimento, e di quale sia il ruolo del diritto nel favorire, o ostacolare, il rico- noscimento delle identità culturali.

Nel documento Identità battesimale (pagine 153-156)