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Quali possibili terapie filosofiche?

Nel documento Identità battesimale (pagine 82-86)

L’identità incestuosa

FRANCESCA D’AMATO

4. Quali possibili terapie filosofiche?

In conclusione, dopo aver affermato la natura patologica della personalità

incestuosa, verrebbe logicamente da chiedersi se fosse possibile ipotizzare un ri-

medio terapeutico, di carattere filosofico, in grado di guarire la suddetta malattia dell’identità.

Tale interrogativo, specifico dell’identità incestuosa, in realtà, presupporreb- be un altro quesito fondamentale ed avente carattere preliminare rispetto al discor- so intrapreso, ovvero: la riflessione giusfilosofica potrebbe immaginare dei percorsi di ragionamento capaci di risanare le diverse manifestazioni dell’identità negata, cioè delle non-identità?

Non risulta agevole rispondere ad un tale interrogativo, destinato a rima- nere, ad ogni modo, inevitabilmente aperto.

Volendo, tuttavia, tentare di offrire una risposta a tale quesito si potrebbe immaginare una linea di analisi incentrata sulla disciplina filosofica come “veico- lo” del sapere finalizzato a supportare l’uomo in una riflessione di senso circa la verità strutturale dell’humanum, ovvero in un riconoscimento degli a-priori ontolo-

gici fondamentali, in quanto costituenti dei pre-requisiti costitutivi dell’uomo.

Tra questi antecedenti, una posizione peculiare sarebbe rivestita dalla proibi-

zione dell’incesto e, di conseguenza, dall’identità non incestuosa.

In tal senso, la disciplina filosofica dovrebbe necessariamente approfondire e ribadire l’irrinunciabilità dei paradigmi antropologici costitutivi dell’humanum, al fine di impedire una decostruzione della categoria identitaria (e, di conseguenza, dell’intera società), dovuta alla diffusione di modelli disgregativi della soggettività.

Si tratterebbe, in altre parole, di risalire alle radici antropologiche dell’uo- mo, un tempo intese quali realtà autoevidenti e non bisognose di alcuna ulteriore argomentazione, oggi, invece, paradossalmente messe in discussione, se non, ad- dirittura, contraddette.

Nel riflettere sulle dimensioni costitutive dell’essere umano e, nello spe- cifico, sulla natura strutturale della personalità esogamica, evidentemente, si dovrà necessariamente riconoscere la giuridicità intrinseca delle stesse e, per tali ragioni,

l’imprescindibile funzione antropogenica svolta dal diritto.

Quale regola di relazionalità, invero, il diritto, manifestandosi originaria- mente all’interno di una familiarità organizzata sulla base della regola esogamica, dovrebbe inevitabilmente esprimersi in una forma che “distolga” l’individuo dalla sua autoreferenzialità, consentendo allo stesso di acquisire un’identità compiuta e di andare incontro all’Altro, diverso da sé.

Sotto questo profilo, soltanto un’identità non incestuosa, formatasi all’interno di una comunità familiare organizzata strutturalmente sulla base del divieto di incesto (a prescindere da eventuali mutamenti storico-contingenti), potrebbe consentire all’individuo di sperimentare un reale riconoscimento dell’alterità, tale da spingerlo a ricercare la propria compiuta realizzazione non all’interno del luogo familiare con- traddistinto da ciò che è identico a se stesso, ma nella diversità dello “spazio esterno” (attraverso un matrimonio contratto al di fuori della famiglia originaria).

Il giurista, d’altra parte, nonostante gli innumerevoli ostacoli incontrati lun- go il cammino, non dovrebbe mai stancarsi di ribadire costantemente il fondamen- to costitutivo dell’uomo, rappresentato dalla relazionalità familiare esogamica e da un’identità non incestuosa.

Se tanto la filosofia quanto il diritto non potrebbero di certo pensare di gua- rire, da un punto di vista medico-scientifico, la singola personalità incestuosa, ov- vero la singola negazione dell’identità a livello individuale, dovrebbero, tuttavia, indubbiamente riaffermare con tenacia la verità strutturale o, per meglio dire, meta-

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Note

1 Riprendo liberamente tale espressione dal volume di Salvatore Amato, ove risulta impiegata dall’autore in riferimento al corpo.

2 Come affermato da Salvatore Amato in riferimento alla storia dell’identità (Amato 1985, pag. 135).

3 Sandor Ferenczi utilizza l’espressione “confusione delle lingue” tra adulti e bambini in ambito psicoanalitico, nell’esaminare il trauma riportato dai minori in caso di abuso ed a proposito della differenza esistente tra la sessualità adulta e quella infantile.

4 Riprendo tale espressione dal volume di Davide Sparti, L’importanza di essere umani. Etica del rico-

noscimento, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 2003, pag. 147, attribuendole un significato

differente rispetto a quello formulato dall’autore nell’opera partendo da un’analisi del pensiero di Wittgenstein.

5 Riprendo quest’espressione dal titolo dell’opera di Valerio Valeri, Uno spazio tra sé e sé. L’antropo-

logia come ricerca del soggetto, (a cura di) Martha Feldman e Janet Hoskins, tr. di Bianca Lazzaro,

Donzelli editore, Roma 1999, argomentata dall’autore, in particolare, alle pp. 117 e ss., operando una personale rielaborazione del concetto.

6 All’interno di tale dinamica riconoscitiva un ruolo peculiare sarebbe rivestito dalla dimensio- ne della reciprocità, quale “elemento specifico che si può cogliere come proprio dell’ingresso e dell’incidenza della famiglia nella qualità dell’esistenza del singolo e dei rapporti tra i singoli” (Romano 1983, 57).

7 Bruno Romano, nell’affrontare il tema del riconoscimento come relazione giuridica fondamentale, afferma che “il diritto è la ‘relazione riconoscente’, secondo una reciprocità universale” (Romano 1983, 65).

8 Dai contributi citati, in particolare, emerge chiaramente come la rilevanza antropologica della famiglia si esprima essenzialmente attraverso due dimensioni fondamentali: l’ordine scaturante da una sessualità avente carattere esogamico e quello relativo alle generazioni, realizzato mediante l’articolazione e l’assunzione di ruoli familiari definiti e scaturenti dall’unione matrimoniale ete- rosessuale posta a fondamento della famiglia (Gambino 2013a, 127). La condizione filiale, infatti, “strutturalmente legata al fluire del tempo tra le generazioni, (…) inserisce ogni uomo all’interno di una

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