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MATTEO POMPE

Nel documento Identità battesimale (pagine 171-178)

L’identità giuridica dei soggetti collett

MATTEO POMPE

Il diritto è considerato in genere come un insieme di regole volte a discipli- nare i rapporti tra gli uomini, o meglio, le relazioni che si vengono ad instaurare tra gli individui. Talvolta però è inevitabile fare riferimento a situazioni che non possono essere riferite specificamente a delle persone fisiche, sicché è opportuno ricorrere a strumenti che consentano di perfezionare la disciplina generale, sosti- tuendo alla persona fisica un altro centro di interessi cui riferire le situazioni giu- ridiche1.

Ciò avviene allorché una pluralità di soggetti si riunisca per il persegui- mento di scopi comuni e, in tale ottica, l’interesse del gruppo finisca per presentar- si diverso ed autonomo rispetto a quello di ciascun componente in sé considerato. In questo modo l’attività comune può essere esaminata in quanto tale e lo stesso gruppo diventa punto di riferimento per l’imputazione di situazioni giuridiche soggettive2.

Il diritto positivo attribuisce, dunque, a questi gruppi la qualifica di persone o soggetti giuridici. Ma quali sono i criteri alla radice di ciascuna attribuzione? Vi è una scelta formalistica, finalizzata solo ad ordinare gruppi di persone e a ridurre il riconoscimento giuridico sulla base di norme tecniche, o può esistere un ricono- scimento ontologico dei soggetti collettivi, tale da individuare una loro identità giuridica?

Non è agevole definire univocamente un’identità giuridica attribuibile ai soggetti collettivi, proprio perché essi sono il frutto di lente elaborazioni culturali nelle quali si riverbera tutta la storia dell’esperienza giuridica medievale e moder- na. Fra le numerose nozioni correnti, si può annoverare la “personalità giuridica”, la “soggettività giuridica”, la “capacità giuridica”: tutte nozioni di cui si continua però a discutere la portata, dando evidenza della loro fragile struttura che forse è ontologicamente patologica, in quanto non è declinata sotto un profilo sostanziale, ma appartiene ad un ordine formale eteronomo, posto di volta in volta dal legisla- tore o dall’interprete del diritto.

Proprio in virtù di questa considerazione, non si intende in questa sede discernere gli enti aventi personalità giuridica da quelli a cui tale personalità non è riconosciuta, in quanto si preferisce evitare un approccio di stampo eminentemen-

te legalistico. Si cerca pertanto di inquadrare la questione nella cornice più ampia della soggettività giuridica, considerando soggetto collettivo qualunque centro di interessi cui possano essere riferiti diritti ed obblighi, come ad esempio un ente non riconosciuto3.

Ciò anche seguendo la scia dei recenti orientamenti giurisprudenziali, che non si sono tanto focalizzati sul riconoscimento della personalità giuridica in capo agli enti, ma si sono concentrati, piuttosto, sulla sussistenza o meno di una sogget- tività che individui un’identità separata di un gruppo rispetto ai singoli compo- nenti.

Occorre riflettere, dunque, su quali possano essere i canoni per definire l’i- dentità giuridica dei soggetti collettivi e se tale identità possa essere tutelata dagli organi giurisdizionali, così da essere qualificata come identità giuridica.

Un’interessante sponda ci è offerta da una sentenza del Tribunale Civile di Roma in occasione dell’arresto di un avvocato romano nell’ambito di vicende di corruzione e di intrecci politico-affaristici. In tale circostanza, molti organi di informazione avevano attribuito all’avvocato capitolino la qualifica di “commer- cialista”, cosicché il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e l’Ordine dei dottori commercialisti di Roma avevano notificato un atto di citazione agli organi di informazione, lamentando che l’uso improprio dell’attribuzione della qualifica di commercialista ad un soggetto sottoposto a misure cautelari creasse nocumento all’onorabilità collettiva dell’intera categoria dei commercialisti.

La sentenza susseguente ha condannato i convenuti, ancorandosi all’orien- tamento giurisprudenziale che riconosce il diritto alla tutela dell’identità persona- le degli enti, intesi non come i soggetti collettivi aventi personalità giuridica, ma come i gruppi in cui è possibile individuare una soggettività - e quindi un’identità - separata da quella dei singoli componenti4.

Tale ragionamento muove da un’interpretazione costituzionalmente orien- tata sulla base dell’art. 2 Cost. che, com’è noto, tutela i diritti inviolabili dell’uo- mo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Dal momento che gli enti collettivi (anche sprovvisti di personalità giuridica) sono qualificabili come “formazioni sociali” è opportuno che vengano tutelati tutti i di- ritti inviolabili della personalità, compresa l’identità5.

Si osservi che il diritto all’identità personale è il frutto di una vivace attivi- tà giurisprudenziale iniziata negli anni settanta6, in un moto di approfondimento

rispetto al diritto al nome e al diritto all’immagine, mentre il richiamo alle forma- zioni sociali, dette anche società intermedie, scaturisce dalla cultura giuridica degli anni sessanta, perlopiù influenzata dal corporativismo e dal solidarismo cattolico. In tale prospettiva, il soggetto collettivo deve agire per perseguire fini suoi propri, dal momento che i singoli partecipanti beneficiano della tutela accordata all’ente collettivo solo in via indiretta.

Tra le formazioni sociali, di cui all’art. 2 Cost., sembra possibile annoverare gli ordini professionali, che sono anch’essi titolari di diritti inviolabili, tra i quali

spicca il diritto all’identità. È evidente, quindi, che vi sia una temperie tendente alla superfetazione dei diritti della personalità, che ormai sembrano avere piena cittadinanza nella nostra Carta costituzionale.

Dato per certo che un ordine professionale sia titolare di un proprio diritto all’identità personale, si pone l’interrogativo se tale diritto comprenda anche il di- ritto all’identità personale dell’intera categoria professionale, o meglio, dell’insie- me indistinto di individui che esercitano la medesima professione.

Il Tribunale romano ha risposto affermativamente alla questione, ponendo le basi per alcune considerazioni.

Anzitutto, l’identità collettiva non si limita a un mero riconoscimento giuri- dico di una formazione collettiva, bensì ha in re ipsa il diritto alla onorabilità dell’in- tero soggetto collettivo. In altri termini, l’identità dei commercialisti non scaturisce dalla loro iscrizione all’albo professionale, bensì dalla loro appartenenza a quella categoria professionale che condivide determinati valori ed obblighi deontologici qualificanti la loro identità collettiva. Si potrebbe sostenere, quindi, che un uomo non fa il commercialista ma è commercialista.

Tale aspetto della sentenza sembra condivisibile, perché eradica quella vi- sione fredda e formalistica dei corpi intermedi a vantaggio di una loro risemantiz- zazione, che cerchi di guardare oltre la riduzione volontaristica imposta dal legi- slatore.

Un profilo rischioso della sentenza in esame pertiene, invece, alla sovrapro- tezione dei diritti della personalità dei soggetti collettivi, i quali potrebbero abusa- re degli strumenti giuridici preposti alla loro tutela7, come accade negli Stati Uniti

d’America, ove c’è un continuo incremento delle cause di diffamazione da parte degli enti collettivi8.

Non sembra, infatti, che i tribunali nazionali tutelino con lo stesso zelo tutte le categorie professionali, allorché sia messa in discussione l’onorabilità dei di- pendenti pubblici, degli operai o dei rappresentanti delle Istituzioni, che molto spesso sono oggetto di contestazioni generaliste e poco circoscritte. O, ancora, sem- bra improbabile che gli studenti universitari possano organizzare una class action contro chi li definisce immaturi e poco inclini al sacrificio. L’assenza di parametri oggettivi e validi per tutte le categorie fa sì che siano i giudici - forse anche sulla base della loro “sensibilità sociale” e quindi in antitesi con il principio di una cieca giustizia - di volta in volta a stabilire quali siano le categorie che meritino maggior tutela a discapito di altre.

Tali considerazioni potrebbero essere traslate verso l’identità etnica, che, almeno in Italia, sembra essere più permeabile alle critiche in tema di identità col- lettiva. Gli unici giudici che hanno avuto intenzione di tutelare l’identità etnica sembrano essere stati quelli sportivi, che hanno punito i c.d. “cori di discrimina- zione territoriale” ripetuti negli stadi italiani durante le partite di calcio, in ottem- peranza all’articolo 14 delle Regole disciplinari dell’Uefa che punisce «chi insulta la dignità umana di una persona o di un gruppo di persone in qualsiasi modo, inclusi

il colore della pelle, la razza, la religione o l’etnia».

Ma in questi casi, non viene tanto tutelata l’identità propria dei soggetti collettivi, quanto la loro identità mediatica, che è salvaguardata soprattutto nelle nazioni in cui vi sono molteplici gruppi etnici. Paradigmatico è il caso del tea- tro Metropolitan di New York, che ha recentemente interrotto la tradizione lirica dell’Otello, in cui la parte del Moro era sempre rappresentata da un attore bianco truccato da «blackface»9. In seguito alla pressione mediatica, infatti, il teatro dell’o-

pera americano ha deciso di non truccare più il volto del Moro veneziano, poiché ritenuto offensivo per l’identità collettiva degli afro-americani.

Sarebbe interessante sapere se quest’aspra polemica avrebbe avuto la stessa risonanza se l’Otello verdiano, anziché essere un uomo ai margini della società veneziana, dominato dalla gelosia che lo spinge sino al tragico epilogo, fosse stato un’icona eroica e valorosa, un esempio tale da accrescere l’orgoglio e il senso di identità collettiva di tutti gli afro-americani degli Stati Uniti.

Al di là dei profili descrittivi, la considerazione più importante che scatu- risce da queste riflessioni pertiene al fatto che l’identità dei soggetti collettivi si palesa in modo multiforme. Ed infatti, si scopre che il soggetto collettivo non è portatore di una mera identità ontologica o, tuttalpiù, sociologica. Nell’epoca con- temporanea ai soggetti collettivi è riconosciuta soprattutto un’identità mediatica.

Come nel mito platonico della caverna, ciò che sembra significativo riguar- da l’opinione (la doxa) che circonda i soggetti collettivi, anziché la loro identità vera (aletheia). L’identità mediatica dell’epoca postmoderna, quindi, permette tanto alle persone fisiche quanto alle persone giuridiche - rectius soggetti di diritto - di por- re una “maschera” dinanzi alla propria identità ontologica, al fine di comunicare non ciò che si è, ma ciò che si vorrebbe essere. La dicotomia tra essere e dover essere, sembra essere superata da quella tra essere e voler essere.

Ed è proprio la maschera che evoca il significato del termine persona che, com’è noto, trae origine dal sostantivo latino usato in epoca classica, con cui veniva chiamata la maschera indossata dagli attori sul palcoscenico, cosicché risuonasse meglio la loro voce10. Volendo compiere un breve excursus storico, senza pretese di

completezza, si osservi, tuttavia, che solo nel tredicesimo secolo è stato usato il ter- mine persona per delineare entità unitarie ed astratte, distinte dalle persone fisiche, sicché il primo che ha elaborato il concetto di persona giuridica fu probabilmente Sinibaldo dei Fieschi, poi Papa Innocenzo IV11.

Va considerato che l’insigne canonista, individuando con lucidità l’unità d’imputazione dell’universitas12, non ha ritenuto di formulare una teoria organica,

ma si è limitato a dare una soluzione concreta a un’esigenza di carattere pratico13.

In altri termini, l’espediente tecnico utilizzato non ha mai messo in discussione la saldezza metafisica del contesto in cui si sviluppava14.

Il concetto di persona giuridica era quindi il frutto di una costruzione in- tellettuale, per effetto della quale le personae fictae potevano essere centri di im- putazione di diritti e obblighi giuridici, prescindendo dall’elemento naturalistico

dell’uomo in quanto entità fisica reale15. Tale soggettività, tuttavia, era sempre

declinata secondo un principio pluralistico, sicché l’insieme delle persone veniva considerato come unità o molteplicità a seconda dei casi.

Si può ritenere, dunque, che la scienza del diritto non abbia mai riconosciu- to il sintagma persona giuridica come una figura definibile di per sé in termini validi per qualsiasi ordinamento, tempo e luogo. Non avendo vera e propria struttura ontologica e non essendo caratterizzato da elementi “naturali”, il concetto di per- sona giuridica è variato a seconda degli ordinamenti in cui si è sviluppato entro i limiti e i caratteri definiti dalla regolamentazione positiva.

È stata probabilmente la pandettistica che ha tracciato il sentiero che ha separato il contenuto giuridico da quello ontologico16, fino a quando la prospettiva

economicistica e immanentistica dell’epoca moderna ha scalfito l’univocità onto- logica dell’individuo, prospettando la coincidenza tra personalità e soggettività giuridica, che è sfociata nella persona civilis di matrice hobbesiana con la riduzione della personalità a un concetto eminentemente giuridico17.

Non avendo la pretesa di essere in grado di esaminare in questa sede que- stioni filosofiche di notevole difficoltà teoretica, ci si limita ad osservare che, nono- stante il concetto di persona giuridica sia stato introdotto in epoca medievale, non sia possibile associare Sinibaldo dei Fieschi a Savigny, giacché solo dalla pandetti- stica in poi la struttura ontologica della personalità è stata sostituita con il forma- lismo e il logicismo legale.

Tale formalismo ha probabilmente creato una nozione intrinsecamente ina- deguata ad individuare un insieme organizzato di individui. Nonostante la citata etimologia del termine, infatti, la personalità giuridica non può essere una masche- ra o uno schermo per interpretare la realtà, in quanto lo statuto ontologico della persona dovrebbe essere fonte di giuridicità e non viceversa18. Si rischia altrimenti

una dissociazione tra essere e dover essere, sulla scorta del ragionamento che la per- sona è sempre giuridica mentre l’ente giuridico non è sempre persona.

Questa dissociazione è stata corroborata dal sistema mercantilistico, che, connotato da uno spiccato volontarismo, è arrivato ad identificare la personalità con la soggettività, ove quest’ultima veniva ricondotta alla capacità di volere e di disporre. In tal modo, il concetto di universitas è stato svuotato del riconoscimento dell’unitarietà di un complesso di relazioni, assumendo l’attribuzione di una spe- cifica qualifica esteriore astratta, dipendendo esclusivamente dai requisiti stabiliti dal legislatore. È assente, così, un’imputazione unitaria di atti e di rapporti a van- taggio di una creazione del soggetto del diritto di matrice giuspositivistica.

La qualificazione delle persone giuridiche e dei soggetti collettivi, infatti, è divenuta problematica soprattutto nel diciannovesimo secolo, in un’epoca che è iniziata ad essere permeata quasi totalmente dal positivismo giuridico19, sino ad

approdare alla categoria del soggetto di diritto, nomenclatura - questa - così infar- cita di concettualismo giuridico e di economicismo, che ha probabilmente finito per deformare la categoria di persona20.

Ma come sosteneva Foucault, la modernità non saprà più cosa farsene delle persone (in senso morale) e dei soggetti (in senso giuridico, ossia dei soggetti di di- ritto) una volta che l’identità non sia più ritenuta un presupposto ma un prodotto.

Sembra, invero, che alla base della costruzione della persona giuridica o dei soggetti di diritto attuali non vi sia la ricerca della loro identità strutturale, ma solo la volontà creativa del legislatore o dell’interprete del diritto. L’auspicio è che la priorità delle persone o dei soggetti giuridici non sia più logica o deontologica, bensì ontologica e sostanziale.

Note

1 P. M. Vecchi, Le persone giuridiche: uno sguardo al diritto, 2004.

2 M.V. De Giorgi, Le persone giuridiche in generale. Le associazioni riconosciute e le fondazioni, in Tratta-

to di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 1999.

3 F. Galgano, Delle associazioni non riconosciute e dei comitati, in Commentario del Codice Civile, 1976.

4 G. Pino, Sul diritto all’identità personale degli enti collettivi, in Il diritto dell’informazione e dell’informa-

tica, 2001.

5 G. Giacobbe, Il diritto all’identità personale di gruppi organizzati: riflessioni sulla elaborazione giuri-

sprudenziale, in Il diritto alla identità personale a cura di G. Alpa, M. Bessone, L. Boneschi, Padova,

1981.

6 V. Zeno Zencovich, Onore, reputazione e identità personale, in La responsabilità civile a cura di G. Alpa, M. Bessone, 1987.

7 A. Zoppini, I diritti della personalità delle persone giuridiche, 2002.

8 Fenomeno che viene definito SLAPS (Strategic Litigation Against Public Participation).

9 Tecnicamente, si intende il trucco di un attore finalizzato ad assumere le sembianze stilizzate di una persona di pelle nera, con, ad esempio, sughero bruciato, cerone nero o lucido per scarpe.

10 F. D’Agostino, Corso breve di filosofia del diritto, 2011.

11 R. Orestano, Il “Problema delle persone giuridiche” in diritto romano, 1968.

12 <<Nomina sunt iuris et non personarum>>.

13 M. Del Pozzo, Ius Ecclesiae, 2013.

14 La persona ficta di Sinibaldo dei Fieschi permette di considerare unitariamente l’insieme collegia- le, discernendo l’agire del rappresentante e la responsabilità individuale o comune nella totalità.

15 “Universitas est persona” e “Universitas est quoddam individuum”, in F. Ruffini, La classificazione delle

persone giuridiche in Sinibaldo dei Fieschi, 1939.

16 Le personalità più eminenti furono Savigny e von Gierke, secondo i quali la personalità era ri- condotta al soggetto di diritto creato artificialmente dall’ordinamento e abilitato ad operare nelle relazioni giuridiche.

17 T. Hobbes, Elementi di filosofia. Il corpo - L’uomo, 1986.

18 M. Del Pozzo, Ius Ecclesiae, 2013.

19 G. Perticone, Concezione dommatica e concezione speculativa della “persona giuridica”, in Studi Ferrara, 1943.

Nel documento Identità battesimale (pagine 171-178)