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La logica dello pseudonimo letterario, giuridico e filosofico

Nel documento Identità battesimale (pagine 103-106)

Lo pseudonimo: l’identità nascosta

ARGENTINA DE ANGELIS

3. La logica dello pseudonimo letterario, giuridico e filosofico

L’ambiguità dello specchio nello pseudonimo apre la porta a diversi e brevi spunti di riflessione. Lo pseudonimo letterario assolve alla funzione di nascondi- mento dell’identità, come nel caso dell’artista che usa un nome d’arte per avere notorietà, ed esprime così quel voler “Essere altrimenti sulla scena” di un soggetto che si cela o che vi si rivela.

Ma questo narcisistico “gioco delle parti” sul versante giuridico trasla in un “gioco di parole”. Con l’uso di un falso nome il soggetto può rivendicare la sua identità. La legge, infatti, tutela lo pseudonimo perché segno distintivo dell’i- dentità personale, ossia di colui che realmente è. Ma l’identità pseudonimica non coincide con l’“essere” ontologico.

In questi termini potremmo ritenere che nello pseudonimo giuridico il ri- conoscimento di sé va a discapito dell’identificazione dell’Io e porta allo sdoppia- mento tra il soggetto reale e la sua immagine ideale.

Tra psicoanalisi e filosofia, questo aspetto tra realtà e immagine fu teoriz- zato da Jacques Lacan con “Lo Stadio dello Specchio”6, che a partire dal pensiero

freudiano formula una genesi della psiche umana. L’immagine riflessa del sogget- to, se da un lato costituisce il luogo in cui si genera l’Io, dall’altro configura solo un riconoscimento7 (J. Lacan, 1974).

In altri termini, la conoscenza di Sé passa anche attraverso l’immagine, non designando perciò, necessariamente, un narcisismo patologico del soggetto, poiché l’individuo è anche ciò che dice di essere, purché non richiuda la propria soggettività nell’immagine stessa, facendo di sé una sorta di idolo. Sfocia inve- ce nella patologia qualora il soggetto consapevolmente resti chiuso nella propria immagine e si riconosca in essa costruendo una identità diversa. È questo il caso dell’insidia che, anticipando quanto a breve si dirà, traccia il confine nell’identità pseudonimica tra la consapevolezza di nascondersi per non perdersi e la mancata consapevolezza di riconoscersi in una immagine riflessa, continuando ad amarsi come Narciso “fino alla completa consunzione”.

Lo pseudonimo come enigma del Sé e dell’Altro ci porta a riflettere su un’al- tra figura filosofica che si associa alla metafora dello specchio, quella dell’Identità e della Differenza.

Celarsi dietro un falso nome potrebbe essere per l’individuo una masche- ra di finzione del proprio Io8 ossia di quella contraddizione derivante dal fragile

rapporto tra l’Io e l’apparenza in una situazione limite di deriva identitaria o di narcisismo patologico.

In altri termini, dietro questa maschera potrebbe celarsi sia un individuo consapevole, che vuole prendersi gioco di sé, dando vita ad uno sdoppiamento positivo di un’identità duplicata, ma che non diviene sostitutiva del proprio Io; sia un soggetto che per sfuggire alla morsa del propria identità arrivi a falsificarla fino a smarrire la consapevolezza di Essere altro da Sé e dar vita ad un’altra identità distinta e separata, come accade al fanciullo del mito.

Ciò significa che l’identità pseudonimica, se da un lato può essere figlia dei tempi, un prodotto narcisistico del sociale,9 dall’altro può arrivare a celare un

narcisismo patologico.

Significativi in questo senso sono stati gli studi effettuati in chiave socio- logica sul concetto psicologico di narcisismo, del quale possono esistere diverse declinazioni, che vanno dalla tendenza identitaria fino ad una vera e propria ma- nifestazione patologica.

L’identità di un individuo si definisce e si modifica continuamente nel cor- so della vita attraverso le relazioni sociali (Mead, G.H., 1934). Pertanto, anche l’uso dello pseudonimo può risentire della logica sociale ed essere frutto di una costru- zione sociale, oppure rivelare una personalità narcisistica condizionata da forme sociali che, di volta in volta, si affermano (Lasch C., 2001).

Non è un caso, secondo quest’ultimo autore, che il narcisismo sia ritenuto il “ritratto accurato della personalità liberata del nostro tempo e sembra rappresentare reali-

sticamente il modo migliore di tener testa alle tensioni e alle ansie della vita moderna, e le condizioni sociali prevalenti tendono perciò a far affiorare i tratti narcisistici che, in gradi diversi, sono presenti in ciascuno”.

tecnologia digitale ha intercettato la crisi di identità già esistente da tempo e ne ha accelerato lo sviluppo, facendo esplodere in internet le debolezze e le fragilità dell’uomo postmoderno.

Non stupisce che si parli di “nomadi digitali”: quei soggetti che, attraverso la rete, conducono stili di vita nomadi, alla ricerca continua della propria identità (lavorativa e non solo) che, smarrita, si fa itinerante senza dimora e senza meta.

Lo si può osservare nella comunicazione virtuale caratterizzata da un so- stanziale anonimato, compensato da uno pseudonimato virtuale, in un cyberspa- zio capace di rideterminare la costruzione dell’identità stessa e delle relazioni vir- tuali.

Dall’altro lato, il mascheramento della propria identità può andare oltre la tendenza identitaria fin qui esaminata, e presentare degli aspetti patologici latenti. Questa connotazione patologica indurrebbe a considerare lo pseudonimo, pari- menti al mito, una identità statica, caratterizzata da quei tratti tipici che secondo l’interpretazione di alcuni studiosi rappresentano gli elementi distintivi del Narci- sismo ( Cesareo V., Vaccarini I.,2012).

Tra questi elementi costitutivi che lasciano affiorare delle affinità con l’i- dentità pseudonimica, si riconoscono l’attaccamento all’immagine, definito come

dominio dell’apparenza, l’autoreferenzialità e l’entropia, ossia la progressiva perdita

di energia che porterà l’individuo allo smarrimento della propria identità.

Insomma, l’identità pseudonimica sta al confine tra un narcisismo minima- lista e un narcisismo patologico. Il concetto di narcisismo minimalista designa sul piano sociologico, “quella deriva minimalista della soggettività che chiude la persona nel-

la propria autoreferenzialità, privandola di conseguenza della capacità di costruire relazio- ni fondate sull’autentico riconoscimento di alter e di pensare e di agire in ottica progettuale. Il Sé, in altri termini, rimane confinato entro un orizzonte temporale chiuso al solo presente ed entro un orizzonte relazionale angusto, in cui i rapporti con gli altri sono illusori e, se esistenti, del tutto strumentali.”

Il narcisismo patologico rappresenta quella dimensione identitaria che, pur contenendo in forma minima i tratti di quello minimalista, se ne differenzia poiché il soggetto resta chiuso nella propria soggettività.10

La chiusura narcisistica nega l’aspetto antropologico perché l’identità dipende dalla relazione che si instaura con l’Altro, con la diversità. Ciò sta a si- gnificare che è la relazione con l’Altro che rende possibile l’auto-riconoscimento indispensabile alla costituzione dell’identità e che impedisce lo sviluppo di una personalità narcisistica.

La mancata apertura all’Altro, dunque, ci fa pensare all’identità pseudoni- mica, parimenti a quella narcisistica, come ad una identità senza alterità, che nega la differenza e, dunque, nasce dal rifiuto della relazione.

Questo tratto narcisistico lo ritroviamo ben descritto da un autorevole stu- dioso: “Narciso è espressione della pura identità, o più esattamente di una natura incapace

di cogliere fuori di sé altro se non se stesso, e dunque impossibilitata a concepire l’alterità, se non come proiezione della propria identità” (U. Curi, 2000).

Nel documento Identità battesimale (pagine 103-106)