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Segue Il contraddittorio delle parti rispetto alla rilevazione officiosa di una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito 478 nella disciplina ex art

CAPITOLO 3) IL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI RISPETTO ALL' INIZIATIVA DEL GIUDICE NELLA FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO DEL LAVORO (E

2. Segue Il contraddittorio delle parti rispetto alla rilevazione officiosa di una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito 478 nella disciplina ex art

comma 4° c.p.c..

In base all' art. 420 comma 4° c.p.c., nel caso in cui sorgano questioni attinenti alla giurisdizione, alla competenza o altre pregiudiziali, in modo tale che tali questioni possano definire il giudizio, il giudice invita le parti alla discussione479.

Il giudice avendo il potere-dovere di controllare la sussistenza delle condizioni affinchè possa essere deciso il merito della causa, nel caso in cui ravvisi un vizio che a suo avviso è quantomeno probabilmente impediente alla decisione del merito, si avrà nel processo il sorgere di una questione di rito rilevata officiosamente, che il giudice indicherà alle parti adempiendo alla disciplina dell' art. 183 comma 4° c.p.c., in modo tale da sollecitare il contraddittorio dei contendenti su tale rilievo officioso480. Perciò se le questioni di rito sollevate dalle

parti possono essere ritenute fondate o infondate, le questioni di rito rilevate officiosamente sono almeno a suo avviso, fondate, altrimenti non le avrebbe rilevate481.

476 ID., Il processo del lavoro, loc. cit.. 477 ID., Il processo del lavoro, cit., 119.

478 Per approfondimenti sulle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito, si veda il par. 4, del cap. 1, della seconda parte, della presente indagine.

479 Per ulteriori dettagli, vedasi quanto precisato riguardo al rito ordinario, nel par. 7, cap. 2, parte 2.

480 LUISO, Il processo del lavoro, cit., 231. 481 ID., Il processo del lavoro, loc. cit..

L' art. 420 comma 4° ha una disciplina analoga a quella prevista nel rito ordinario negli' artt. 187 comma 3° c.p.c. e 279 comma 2° n. 2) c.p.c., ove vengono menzionate le questioni pregiudiziali, cioè le questioni pregiudiziali di rito attinenti alle condizioni per la decisioni del merito, non solamente riferite ristrettivamente alla giurisdizione e competenza, ma pure a tutte le altre questioni pregiudiziali482 che rappresentano presupposti necessari per la decisione del

merito della causa483.

Il giudice, come nel rito ordinario, nel caso in cui sorga una questione pregiudiziale, ha il potere di deciderla immediatamente, prima di istruire il merito della causa, oppure può accantonarla e deciderla insieme al merito, avendo l' art. 420 comma 4° c.p.c. la stessa portata dell' art. 187 comma 3° c.p.c.484. La facoltà del

giudice di decidere immediatamente la questione sorta nel processo è dettata da esigenze di economia processuale volte ad evitare il compimento di attività inutili, dato che se la questione è fondata, si renderebbe impossibile la decisione sul merito; dal lato opposto decidere immediatamente la questione, nel caso risulti poi infondata, comporterebbe l' inconveniente che la decisione non sarà definitiva ed il processo dovrà tornare alla fase istruttoria affinchè si possa procedere alla decisione del merito. La strada da intraprendere è lasciata al giudice in base al caso concreto, alla sua delibazione riguardo la questione rilevata officiosamente o sollevata dalle parti, se la riterrà verosimilmente fondata deciderà immediatamente la questione, al contrario se la riterrà verosimilmente infondata eviterà di deciderla immediatamente e la deciderà in seguito insieme la merito485.

A mio parere è il caso di evidenziare che se la questione di rito è rilevata officiosamente, è altamente probabile che il giudice proceda immediatamente alla decisione, dato che è presumibile che ritenga la questione fondata, altrimenti non l' avrebbe rilevata.

Differentemente al rito ordinario, nel rito del lavoro non si ha l' applicazione della disciplina dell'art. 189 c.p.c.; cioè nel rito del lavoro la rimessione in decisione non 482 Di queste altre questioni pregiudiziali possono ad esempio essere rilevate anche officiosamente: l' eccezione di carenza di legittimazione processuale (Cass. Civ. , sez. III, 13 dicembre 2005, n.27450), l' eccezione di giudicato materiale (Cass. civ., Sez. Unite, 25 maggio 2001, n. 226) ecc..

483 LUISO, Il processo del lavoro, cit., 232.

484 ID., Il processo del lavoro, loc. cit.; FABBRINI, Diritto processuale, cit. 123. 485 LUISO, Il processo del lavoro, cit., 233.

riguarda tutta la causa, cioè non investe il giudice del potere decidere la causa anche sotto profili diversi da quelli relativi alla questione di rito che ha provocato la rimessione in decisione; in base all' art. 420 comma 4° c.p.c., il giudice invita le parti a far discutere la causa solo relativamente alla questione determinata486,

perciò oggetto della decisione è necessariamente la sola questione pregiudiziale487.

Qualora ciò accadesse, rappresenterebbe una vera e propria violazione del contraddittorio, visto che la decisione prenderebbe in esame questioni diverse su cui il contraddittorio delle parti non è stato previamente sollevato488. Attualmente,

la previsione dell' art. 101 comma 2° c.p.c., introdotto con la riforma del 2009 che prevede la nullità della decisione come sanzione nel caso in cui questa si fondi su un rilievo officioso non sottoposto al previo contraddittorio delle parti, rappresenterebbe a mio parere un rimedio a questa eventuale violazione del contraddittorio. Nel rito ordinario, il giudice, una volta rimessa la causa in decisione, qualora si accorgesse che la questione sia infondata, potrebbe emettere la sentenza definitiva, nel caso in cui la causa sia matura per una ragione diversa, fondando dunque la sentenza su una questione diversa da quella pregiudiziale. Però nel rito ordinario ex art. 189 comma 1° c.p.c., le parti hanno il dovere di precisare le loro conclusioni anche sul merito e quindi discutere del merito nelle loro comparse conclusionali, (“le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dall' art. 187 secondo e terzo comma”), quindi il giudice in sede di decisione può ritenere che il merito sia stato già sufficientemente istruito, mentre nel rito del lavoro il giudice non può emettere una sentenza definitiva sul merito poiché la discussione è stata svolta unicamente sulla questione pregiudiziale, perciò dovrà rimettere le parti in trattazione in modo che possano discutere sul merito489.

Come anticipato il giudice qualora rilevi officiosamente questioni pregiudiziali, che ritiene come impedimenti alla decisione sul merito, e in base a ciò dovrà applicare la disciplina prevista dall' art. 420 comma 4° c.p.c., ha il dovere imposto dall' art. 183 comma 4° c.p.c. di indicare alle parti tali questioni istaurando il contraddittorio; con l' introduzione dell' art 101 comma 2° c.p.c. tale dovere è 486 ID. Il processo del lavoro, cit. 234.

487 ID., Diritto processuale civile IV, cit., 74. 488 ID., Il processo del lavoro, cit., 234. 489 ID., Diritto processuale civile IV, cit.,75.

rinforzato al punto tale che nel caso in cui il giudice fondi la propria decisione su una questione (la questione pregiudiziale in questo caso) rilevata d' ufficio, senza aver assegnato ai contendenti un termine compreso tra i venti e i quaranta giorni per replicare su tale questione, la decisione viene sanzionata con la nullità.

La medesima disciplina prevista per le questioni pregiudiziali di rito si applica anche per le questioni preliminari di merito che sono accomunate alle prime secondo le disposizioni degli artt. 187 e 279 c.p.c.490. Il fatto che nell' art. 420

comma 4° c.p.c. non si faccia esplicito riferimento alle questioni preliminari di merito ha provocato la negazione di parte della dottrina, che il giudice possa emettere decisioni non definitive di merito, ma bensì solo una semplice ordinanza di rimessione in istruttoria accantonando la questione preliminare; ciò si desume oltre al riferimento alle sole questioni pregiudiziali nell' art. 420 comma 4° c.p.c., anche nell' art. 429 comma 1° c.p.c. secondo cui il giudice emette sentenza con cui definisce il giudizio491. Perciò una volta svoltasi la fase decisoria sulla questione

preliminare di merito, nel caso in cui il giudice la ritenga infondata, non deve deciderla con sentenza non definitiva, ma deve accantonarla, revocando la precedente ordinanza, rimettendo la causa in istruttoria e decidere la questione riprendendola in esame al momento della decisione definitiva della causa, quando appunto la causa tornerà in decisione dopo aver completato l' istruttoria; per cui nel rito del lavoro secondo questo orientamento dottrinale non esisterebbero sentenze non definitive di merito, ma solo di rito492.

Questa è la posizione espressa da parte della dottrina, mentre invece per la giurisprudenza non sussiste differenza tra rito ordinario e rito del lavoro per la disciplina delle sentenze non definitive, perciò pure le sentenze non definitive sarebbero ammissibili nel rito del lavoro493. Difatti le questioni pregiudiziali di rito

e preliminari di merito non hanno un fondamento intrinsecamente diverso; il

490 LUISO, Il processo del lavoro, cit., 235.

491 FABBRINI, Diritto processuale, cit., 179-181; DENTI-SIMONESCHI, Il nuovo processo del lavoro, Milano, 1974, 116 e ss.; PEZZANO, in ANDRIOLI, BARONE; PEZZANO; PROTO

PISANI, Le controversie, cit., 668 e ss..; in senso favorevole all' ammissibilità delle sentenze non definitive di merito: FAZZALARI, Appunti sul rito del lavoro, in Giur. it., 1974, IV, 8; PROTO PISANI, Lavoro (controversie individuali in materia di), Torino, 1983, 129.

492 LUISO, Diritto processuale civile IV, cit., 75. 493 ID., Diritto processuale civile IV, cit. 76.

principio a base del fondamento del modus procedendi è sempre quello dell' economia processuale, al fine di evitare attività che sarebbero inutili494.

3. Segue. Il contraddittorio delle parti rispetto al rilievo officioso di una questione

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