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CAPITOLO 2) IL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI RISPETTO ALL'INIZIATIVA DEL GIUDICE NELLA FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO ORDINARIO DI COGNIZIONE (E

13. Segue Il contraddittorio delle parti nella C.T.U

Un particolare aspetto della consulenza tecnica di diritto comune da prendere in considerazione, è quello del contraddittorio delle parti, in atto in ogni fase del suo svolgimento, tanto da poter essere ammessa solo nel caso in cui venga concesso ai contendenti il termine previsto ex art. 183 comma 8° c.p.c., per le eventuali controdeduzioni necessarie rispetto a tale rilievo istruttorio officioso341. A tal fine

è opportuno mettere in risalto gli spunti che il diritto positivo offre riguardo l'aspetto del contraddittorio nella C.T.U., in base ad una dettagliata analisi delle disposizioni codicistiche.

Sin dalla progettazione codicistica, uno degli intenti del codice del '42 relativamente alla consulenza tecnica, è stato quello di assicurare che "la collaborazione del perito col giudice, operi mediante il loro contatto diretto e 340 Cass. Civ. 3 agosto 2004, n. 14849.

341 CECCHELLA, La cornice della consulenza tecnica. Il punto di vista dell' avvocato, Relazione al Convegno "La consulenza tecnica nelle crisi familiari: la cornice, il metodo, l'etica, Verona, 7-9 giugno 2007, par. 3.

costante nel corso dell'istruttoria del processo"342. Ciò era diretto all'espresso fine

di consentire al giudice di ricorrere all'ausilio dell'esperto "in qualsiasi istante e su ogni particolare fatto", al fine di configurare la consulenza come "uno strumento efficace nelle mani del giudice"343, per rendere “il più possibile intenso il legame

tra giudice e perito “, dato che nel codice previgente l’ istituto della perizia (che corrisponde all’ attuale consulenza tecnica) era caratterizzato da una relazione scritta formata senza la partecipazione del giudice, considerata "quasi sempre non aderente alle concrete esigenze del giudizio, molto spesso ermetica e abbondantemente infarcita di vaporose elucubrazioni scientifiche o pseudoscientifiche344, al punto da essere percepita come motivo di soggezione per

il giudice, tanto che “la regola che il giudice è il perito dei periti rimane nel campo delle astrazioni”345. Nell'espletamento dell'incarico, quindi, secondo quanto

previsto dall'art. 62 c.p.c., il consulente tecnico deve innanzitutto limitarsi al compimento di quelle attività che gli sono espressamente affidate mediante la formulazione del quesito giudiziale346. L'utilizzazione del termine "indagini" non

deve far pensare all'attribuzione al consulente tecnico di una generica funzione inquirente, dato che l'attività del consulente è circoscritta dal giudice per il tramite della formulazione dei quesiti nonché, più in generale, dall'oggetto della controversia347. In altri termini, il consulente tecnico "deve limitarsi ad attuare la

delega tecnica che gli è stata conferita, perché il suo incarico ed i limiti di espletamento dipendono appunto dal provvedimento di designazione"348.

Coerentemente con tale impostazione programmatica, la disciplina positiva prevede che il consulente compia di regola insieme con il giudice le attività necessarie per l'assolvimento dell'incarico delineate nella duplice prospettiva, sinteticamente descritta dall'art. 62 c.p.c., di effettuazione delle indagini affidategli

342 ANSANELLI, La consulenza tecnica nel processo civile. Problemi e funzionalità., Milano, 2011, 238.

343 LUGO-BERRI, Codice di procedura civile illustrato con i lavori preparatori e note di commento, Milano, 1940, 96-97.

344 ID., Codice, loc. cit. 345 ID., Codice, loc. cit.

346 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 239. 347 ID., La consulenza tecnica, loc. cit..

348 BESSO, La consulenza tecnica d' ufficio e l' accertamento tecnico preventivo dopo le riforme processuali del 2005, in Giur. it., 2007, 2056.

dal giudice e di risposte (da fornire in udienza o in camera di consiglio) ai chiarimenti richiesti349.

In questo senso, infatti, l'art. 194 c.p.c. configura come del tutto eccezionale l'ipotesi che il consulente venga autorizzato dal giudice a compiere le indagini e gli accertamenti assegnatigli anche in sua assenza.

Si registra, in effetti, la presenza di una disciplina del tutto articolata per la regolamentazione dell'ipotesi eccezionale, divenuta la modalità pressocché esclusiva nella prassi, di svolgimento delle indagini peritali senza la presenza del giudice350. In questi casi, da considerarsi straordinari, il consulente tecnico è

innanzitutto tenuto a redigere una relazione scritta, nella quale devono essere inserite tutte le istanze e le osservazioni che, ai sensi dell'art. 194 comma 2° c.p.c., le parti hanno diritto di proporre al consulente per iscritto o a voce ex art. 195, comma 2° c.p.c.351. Pare si tratti di una disposizione che sembra dettata dalla

necessità di colmare il deficit di garanzie che le parti scontano in ragione dell'eccezionale assenza del giudice352.

Nella stessa ottica, anche, per evidenti ragioni di celerità ed economia, il legislatore tenta di regolare le ipotesi in cui (anche a seguito delle istanze e delle osservazioni presentate dalle parti), nel corso delle indagini svolte dal consulente "da sé solo" si presentino "questioni sui suoi poteri o sui limiti dell'incarico conferitogli" ex art. 92 disp. att. c.p.c.353.

Si prevede, in relazione a questi casi, che, su richiesta del consulente o su istanza delle parti, il giudice intervenga alle operazioni peritali; e, in tale sede, provveda, sentite le parti, a dirimere la questione insorte, adottando i provvedimenti ritenuti più opportuni per la continuazione delle operazioni peritali354. Generalmente

l'intervento del giudice viene richiesto per risolvere contrasti che hanno ad oggetto i poteri di indagine effettivamente attribuiti al consulente, ovvero l'esatta delimitazione dell'incarico conferitogli (ossia una precisa interpretazione del 349 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit.,239.

350 COMOGLIO, Le prove civili, Torino, 2004, 880. 351 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 240.

352 L' art. 195 c.p.c. , nel disciplinare l' ipotesi in cui il giudice sia presente allo svolgimento delle operazioni peritali, dispone che “ delle indagini del consulente si forma processo verbale , ma (il giudice) può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta”.

353 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 240. 354 ID., La consulenza tecnica, loc. cit..

contenuto dei quesiti formulati)355. Il giudice può essere investito del contrasto o

su istanza della parte (formulata personalmente, quando le parti possono stare in giudizio senza il ministero di un difensore, o per il tramite del proprio procuratore), ovvero per mezzo della comunicazione dello stesso consulente. È del resto auspicabile che il consulente, qualora nutra perplessità sull'esatta determinazione dell'incarico conferitogli, si rivolga ai giudice. Ciò diretto al fine di evitare errori di forma o di merito che potrebbero tradursi in cause di nullità della consulenza o, comunque, in una sostanziale inefficacia della stessa356.

E' però ampiamente noto che nella prassi i tempi per la risoluzione delle questioni sorte nel corso delle indagini peritali tendano a dilungarsi ben oltre la immediata risoluzione immaginata dal legislatore, non fosse altro che per la ragione che presupposto per il provvedimento giudiziale risulta essere il deposito di una apposita istanza (della parte o del consulente), nonché lo svolgimento di un'apposita udienza per sentire le parti357 .

Del resto, ove sorgano contrasti sull'esatta delimitazione dell'incarico conferito al consulente o sui poteri d'indagine allo stesso attribuiti, l'intervento del giudice si palesa evidentemente come insostituibile, essendo il consulente, nella sua qualità meramente ausiliaria, privo di autonomi poteri decisori358.

Esistono, inoltre, sempre con specifico riferimento alle ipotesi di indagini condotte dal consulente in assenza del giudice, ulteriori disposizioni espressamente finalizzate alla salvaguardia del contraddìttorio e del diritto di difesa359. In questo

senso è indirizzata quella che prevede che il consulente debba avvertire le parti del giorno, del luogo e dell'ora di inizio delle operazioni peritali ex art. 90 comma 1° disp. att. c.p.c.. In effetti, specie ove le indagini si svolgano in assenza del giudice, deve essere consentito alle parti di intervenire alle operazioni peritali, personalmente o per mezzo dei loro difensori, ed anche mediante propri consulenti tecnici di parte360. Si tratta di soggetti, questi ultimi, professionalmente

355 ID., La consulenza tecnica, cit., 240-241.

356 CATALDI, Rapporti tra giudice e consulente tecnico nel processo civile: esecuzione dell'incarico, in Giur. mer., XII, 2007, 3089-3090; BRONZINI, L'attività del consulente tecnico d' ufficio, in Nuovo dir., 1988, 848 ss,

357 CATALDI, Rapporti, loc. cit..

358 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 241. 359 ID., La consulenza tecnica, cit., 242.

qualificati nella materia oggetto della consulenza tecnica d'ufficio, considerati alla stregua di "difensori tecnici", con la specifica funzione di assistere le parti nell'integrazione, sotto il profilo tecnico-specialistico, delle proprie attività di difesa 361362.

È peraltro chiaro anche l'intento di favorire in tal modo il raggiungimento di un risultato ulteriore, considerato di estremo rilievo anche per il giudice; ossia, di garantire il contraddittorio proprio in fase di acquisizione delle conoscenze tecnico-scientifiche essenziali, in funzione conoscitivo-valutativa, per la risoluzione della controversia363. Mediante l'introduzione di tale figura, il legislatore ha molto

probabilmente inteso stabilire una significativa analogia con il ruolo svolto dal consulente tecnico d'ufficio in favore del giudice; la funzione di entrambi i soggetti essendo quella di integrare le specifiche attività rispettivamente di giudice e parti mediante l'apporto delle conoscenze specialistiche necessario in relazione alle caratteristiche della controversia364.

Inoltre (a prescindere dalla partecipazione del giudice alle operazioni peritali), l'art. 201 c.p.c. prevede che, con la stessa ordinanza ammissiva della consulenza tecnica, il giudice debba assegnare alle parti un termine entro il quale procedere alla nomina di un proprio consulente tecnico di parte365. Tale soggetto avrà la

possibilità di partecipare alle operazioni peritali, per ivi svolgere tutte le osservazioni o le richieste ritenute più opportune (art. 194 c.p.c.); a tal fine il cancelliere è tenuto a comunicare ai consulenti tecnici di parte, mediante biglietto di cancelleria, le indagini predisposte dal consulente ex art. 91, comma 2° disp. att. c.p.c.366. Per parte sua, e sempre nell'ottica del rispetto del principio del

contraddittorio, il consulente tecnico d'ufficio sarà obbligato, ex art. 90, 2° e 3° 361 Art. 194 c.p.c. ove prevede che “anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei loro consulenti tecnici e difensori.

362 GRASSELLI, L' istruzione probatoria nel processo civile riformato, Padova, 2000, 464, sostanzialmente, il consulente di parte svolge un ruolo che lo avvicina a quello del difensore: ha cioè la funzione di assistere la parte fornendo le proprie cognizioni tecniche sui fatti, per l'accertamento dei quali, il giudice ha nominato un consulente d'ufficio. Si può quindi definire un difensore tecnico, in contrapposto all'avvocato, difensore giurista

363 DENTI, Perizie, nullità processuali e contraddittorio, in Riv. Dir proc. 1967, 404 ss.; ID, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. Dir. Proc., 1972, 414 ss.

364 CARNELUTTI, Intorno al progetto preliminare del codice di procedura civile, Milano, 1937, 49.

365 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 243. 366 ID., La consulenza tecnica, loc. cit..

comma c.p.c., a trasmettere alle controparti copia delle memorie contenenti le osservazioni e le istanze consentite dall'art. 194 c.p.c.367. Su altro versante, il

consulente tecnico di parte potrà partecipare all'udienza di discussione o alla camera di consiglio (ivi con esclusivo riferimento alla fase antecedente a quella di emissione della decisione), tutte le volte che il giudice vi ordinerà la partecipazione del consulente tecnico d'ufficio. In quelle sedi, previa autorizzazione del giudice, il tecnico di parte potrà svolgere le sue osservazioni "sui risultati delle indagini tecniche" ex art. 201, 1° e 2° comma c.p.c.)368.

Secondo parte della dottrina sarebbe possibile rinvenire una sostanziale bipartizione fra le attività affidate al consulente, a cui corrisponderebbe uno spettro differenziato dei diritti delle parti. In particolare è stato ravvisato nell'espletamento dell'incarico del consulente tecnico d'ufficio la composizione di due attività distinte e separate369. La prima, quella delle "indagini", si

sostanzierebbe nella raccolta del materiale probatorio necessario per la risposta al quesito, comprendendo gli eventuali sopralluoghi, l'acquisizione e l' esame dei documenti, la raccolta di informazioni da terzi o dalle parti, il compimento di calchi, rilievi o di altre attività di indagine variamente classificabili370. La seconda

tipologia di attività consisterebbe, invece, nella organizzazione ed elaborazione del materiale raccolto per la formazione della risposta ai quesiti371. Tale

distinzione,che sembra in qualche misura richiamare la tradizionale distinzione funzionale fra consulente percipiente e consulente deducente, esplicherebbe, come appena detto, i suoi effetti anche sulla configurazione dei diritti delle parti e, in particolare, sull'individuazione delle tipologie di attività del consulente da svolgersi necessariamente in contraddittorio372. La dottrina maggioritaria ritiene,

infatti, che il legislatore abbia inteso circoscrivere la partecipazione dei consulenti tecnici di parte, alle sole "indagini" compiute dal consulente, in quanto soltanto tale attività di "percezione" e acquisizione diretta del materiale rilevante per la risposta al quesito, andrebbe qualificata come essenzialmente probatoria. Tale attività costituirebbe, dunque, il limite dei diritti delle parti (e dei loro consulenti) 367 ID., La consulenza tecnica, loc. cit..

368 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 369 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 370 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 371 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 372 BESSO, La consulenza, cit, 2526 e ss..

rispetto alla partecipazione alle relative attività e al controllo dell'operato del consulente tecnico d'ufficio373.

Su altro versante, ma sempre in coerenza con i principi alla base della sistemazione realizzata dal codice rispetto alla consulenza tecnica d'ufficio (intesa quale strumento ausiliario del giudice), si configura la disciplina codicistica riguardo alla circostanza che "normalmente" il consulente dovrebbe esplicare il proprio incarico fornendo al giudice il proprio apporto "in forma semplice e pratica"374. In ossequio ai principi di oralità, immediatezza ed economia

processuale, il contributo dell'esperto appare da realizzarsi "rispondendo direttamente ai quesiti che gli vengono posti"; il tutto evitando di ricorrere al deposito "di una ingombrante e a volte inutile relazione scritta"375. Tuttavia, questa

modalità di espletamento dell'incarico, prospettata dal legislatore del '42 come usuale, è rimasta per ragioni agevolmente intuibili (e comunque connesse alle carenze strutturali dell'organizzazione giudiziaria italiana) sostanzialmente inapplicata376. Infatti, nella prassi giudiziaria risultano del tutto infrequenti, anzi

statisticamente irrilevanti, i casi in cui il consulente tecnico risponda ai quesiti formulati dal giudice con modalità diverse da quella consistente nel deposito della relazione peritale scritta377.

In altri termini, il rapporto fra giudice e consulente è venuto configurandosi, in maniera pressocché esclusiva, nell'attribuzione a quest'ultimo di uno specifico incarico circoscritto per il tramite della formulazione dei quesiti, a cui il consulente risponde, dopo aver autonomamente svolto le operazioni necessarìe, mediante il deposito di una relazione scritta378.

A tale proposito sembra anzi possibile ritenere che la recente trasformazione della disciplina dell'art. 195 c.p.c. realizzata con la l. n. 69 del 2009, abbia indirettamente sancito questa come l'unica modalità operativa di formazione dei risultati peritali379. Per altro verso, è possibile anche ritenere che, con tale trasformazione,

373 ID., La consulenza, loc. cit..

374 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 244.

375 Relazione al re, presentata dal guardasigilli Grandi il 18 dicembre 1941 per l' approvazione delle Disposizioni di Attuazione .

376 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 244. 377 ID., La consulenza tecnica, cit.,245.

378 CATALDI, Rapporti, cit., 3087.

si siano superate alcune discrasie funzionali presenti a questo riguardo, derivanti da impostazioni giurisprudenziali non propriamente informate a un rigoroso garantismo: ad esempio, quegli indirizzi giurisprudenziali che consideravano valida, ossia non affetta da nullità, la relazione peritale nella quale il consulente avesse omesso di riportare le critiche e le osservazioni delle parti o dei loro consulenti380.

In altri termini, il legislatore del 2009 ha inciso sulla relativa disciplina in modo da rendere obbligato il coinvolgimento dei consulenti tecnici di parte, nonché il contraddittorio fra tali soggetti e il consulente tecnico d'ufficio (tenuto a inserire nella relazione peritale le "risposte" alle critiche e alle osservazioni delle parti)381.

I maggiori problemi connessi alla fase di svolgimento delle operazioni peritali si sostanziano essenzialmente nella verifica del rispetto del principio del contraddittorio, nonché nella esatta individuazione dei limiti entro i quali il consulente può validamente acquisire (eventualmente anche "oltre i limiti del mandato") il materiale probatorio utilizzabile dal giudice per la risoluzione della controversia382. Tali questioni impongono alcune brevi considerazioni sulle prassi

giurisprudenziali concernenti lo svolgimento delle attività del consulente.

Come anticipato, a tale riguardo si manifestano particolari problemi interpretativi, relativi, per un verso, alla effettività delle "garanzie di difesa e di contraddittorio delle parti e, per altro verso, alla individuazione dei limiti oggettivi entro i quali il consulente può validamente acquisire (e il giudice può, quindi, validamente utilizzare ai fini della decisione della controversia) dati o elementi conoscitivi di rilevanza probatoria383.

Relativamente ad entrambi gli aspetti, in giurisprudenza si sono consolidati indirizzi "non certo improntati ad un corretto rigore garantistico” e anzi sostanzialmente miranti “ a privilegiare l’ economia dette risorse probatorie e la salvaguardia tendenziale del fatto compiuto"384.

Con riferimento al primo degli aspetti segnalati, in giurisprudenza appare stabilmente assestata l'idea secondo la quale "le consulenze di parte non 380 ID., La consulenza tecnica, loc. cit..

381 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 382 ID., La consulenza tecnica, loc. cit.. 383 ID., La consulenza tecnica, cit., 246. 384 COMOGLIO, Le prove civili, cit. 874.

costituiscono mezzi di prova, ma semplici allegazioni difensive prive di autonomo valore probatorio". Ne consegue che "il giudice di merito non sia tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle argomentazioni in esse contenute", e che, pertanto, sia libero di disattendere le relative conclusioni, senza alcun obbligo di analizzarle e confutarle espressamente385. Si registra però l'emersione di un

orientamento significativamente differente, in quanto caratterizzato da un maggiore rigore verso gli obblighi motivazionali del giudice, oltre che da un atteggiamento complessivamente più garantistico per i diritti delle parti, secondo il quale "quando i rilievi alla consulenza tecnica siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d'ufficio ed adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia386.

Ma anche sul versante del rispetto formale del principio del contraddittorio (inteso in questo contesto come rispetto della facoltà di assistere alle operazioni peritali), sembrano manifestarsi orientamenti giurisprudenziali caratterizzati da scarsa attenzione verso i diritti della parti387. La giurisprudenza mostra di ritenere che il

consulente abbia l'obbligo di comunicare alle parti esclusivamente l'inizio delle operazioni peritali ex art. 90 disp att. c.p.c.388. Ciò nel senso che per quanto

concerne la loro prosecuzione (e con riguardo a ogni singola operazione da compiersi) non sussisterebbe alcun obbligo per il consulente di effettuare ulteriori 385 Cass. Civ. 26 settembre 2006, n. 20821, in Rep. Foro it., 2006, voce prova civile in genere, n. 56; Cass civ.8 marzo 2001, n. 3371, Rep. Foro it. 2001, voce consulente tecnico n. 19.

386 Cass. Civ. 24 aprile 2008, n. 10688, in Rep. Foro it. , 2008, voce consulente tecnico n. 15; Cass. Civ. 1 marzo 2007, n. 4797, in Rep. Foro it.., 2007, voce consulente tecnico n.,23; Cass. Civ. 16 giugno 2001, n. 8165, Rep. Foro it. , 2001, voce consulente tecnico n. 23.

387 ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., 247.

388 Analogo avviso deve essere dato, ai sensi dell'alt. 91 comma 2 delle disp. att. c.p.c.. dal cancelliere ai consulenti tecnici di parte. Con il termice "parti" devono intendersi i difensori tecnici e noti le parti personalmente. La comunicazione alla sola parte personalmente comporta

nullità della consulenza ( Cass., 27 settembre 2000, n. 12785, in Rep. Foro it., 2000, voce consulente tecnico, n. 28). Nessuna comunicazione deve essere data alla parte contumace. (Cass., 22 novembre 1991, n. 12578, 1991, in Rep. Foro it., 2000, voce consulente tecnico n. 9).

Alle parti costituite la comunicazione di inìzio delle operazioni peritali può «sere data mediante indicazione nel verbale dell'udienza fissata per il conferimento dell'incarico, ovvero per il tramite di biglietto di cancelleria poi comunicato alle parti stesse ad opera del cancelliere. Invero, è invalsa la prassi di comunicare l'inizio delle operazioni peritali mediante qualsiasi forma di comunicazione idonea al raggiungimento dello scopo ( Cass.. 19 febbraio 1986. n. 978, in in Rep. Foro it., 1986, voce consulente tecnico, n. 13; Cass.. 14 giugno 1982, n. 3610,in Rep.

comunicazioni, ritenendosi le parti comunque onerate di seguire il successivo svolgimento delle attività peritali389. Solo qualora "le operazioni siano state

rinviate a data da destinarsi", ovvero non sia stata fissata alcuna data per la prosecuzione delle operazioni, il consulente tecnico d'ufficio avrà l'obbligo di avvertire nuovamente le parti della data e del luogo di ripresa delle operazioni peritali. E ciò a pena di nullità dell'intera relazione peritale390.

Riguardo, invece, all'ipotesi più ampia in cui venga omessa la comunicazione iniziale di avvio delle operazioni peritali, e la parte risulti aver subito un effettivo pregiudizio del diritto di difesa in ragione della concreta impossibilità di partecipare alle operazioni peritali, si determina una nullità relativa dell'intera consulenza tecnica d'ufficio: nullità che, quindi, se non viene tempestivamente eccepita nella prima udienza successiva al deposito della relazione peritale, si

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