CAPITOLO 2) IL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI RISPETTO ALL'INIZIATIVA DEL GIUDICE NELLA FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO ORDINARIO DI COGNIZIONE (E
6. La rilevazione di questioni officiose dopo la trattazione e il rispetto del contraddittorio.
Come accenato nel paragrafo precedente, qualora il giudice si avveda di una questione dopo l’udienza di trattazione, ovviamente può, o meglio deve, stimolare il contraddittorio, in ogni fase, senza attendere il momento della decisione per poter applicare l' art. 101 comma 2° c.p.c., perciò il testo dell' art. 183 c.p.c. apparentemente non preclude al giudice di esercitare tale rilevazione officiosa nel prosieguo della causa.
Nel regime vigente è attualmente e espressamente disposta con l' introduzione dell' art. 101 comma 2°, la nullità delle pronunce di “terza via” (basate su questioni rilevate officiosamente in difetto di previa sottoposizione al contraddittorio delle parti), ove il giudice in fase decisoria, nel caso in cui intenda porre a fondamento della decisione una questione rilevata d' ufficio, non assegni un termine per favorire il contraddittorio delle parti su tale questione. Precedentemente alla riforma del 2009 che ha novellato l' art. 101 comma 2° c.p.c., e precedentemente alla riforma del 2005 che ha novellato l' art. 183 c.p.c., erano però emersi dei dibattiti in dottrina riguardo la modalità con cui il giudice potesse espletare l' attività di tardiva rilevazione officiosa su una non dibattuta questione, successivamente all' udienza di trattazione. In quel contesto, il punto determinante non consiste tanto nello stabilire se il giudice, individuata tardivamente la questione officiosa, debba sottoporla o meno al contraddittorio delle parti (poiché il dovere di collaborazione, finalizzato alla leale e corretta definizione del processo anche su di lui incombente, comunque gli fa carico di sollecitare le parti ad affrontare la questione, se non è stato possibile farlo prima274), ma consiste
piuttosto nel prospettare quali conseguenze possa comportare detta suppletiva attività sollecitatoria; cioè se essa si risolva consentendo alle parti di svolgere 274 GRASSO, Note sui poteri del giudice nel nuovo processo di cognizione in primo grado, in Riv. dir. proc., 1992, 728-729. Secondo MONTESANO-ARIETA, Diritto processuale civile, II,
Torino, 1997, 60-61, la garanzia di difesa di cui all’art. 24 Cost. impone al giudice di sottoporre alle parti, prima di poter decidere in base ad essa, anche la questione dell’applicabilità di norma da lui individuata sulla base del principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c., in quanto le possibili soluzioni di ogni questione “devono poter essere incluse tra quelle “ragioni” (art. 163, n. 4, c.p.c.) delle domande o delle difese delle parti che, proposte negli atti introduttivi, vengono svolte ed integrate nella successiva trattazione della causa”.
(soltanto) le loro difese sulla nuova questione fermo restando il processo nello
status quo oppure se essa comporti di per sé il superamento delle preclusioni
assertive ed istruttorie verificatesi.
In dottrina, pur considerando, il carattere dell’attività del giudice di indicazione delle questioni officiose, con ordinaria necessità di attribuzione di un termine alle parti per le integrazioni delle difese, si è ritenuto che, qualora il rilievo della questione si esaurisca nell’estrinsecazione di implicazioni giuridiche che muovono da fatti già allegati, le preclusioni già maturate non possano essere piegate alle esigenze sopravvenute in virtù dell’emersione della questione, “essendo onere della parte conoscere tutte le implicazioni giuridiche che scaturiscono dal fatto”275.
Tale opzione era stata prospettata, anche da chi, operando il parallelo con l’elaborazione giurisprudenziale in tema di nova acquisibili nel giudizio di rinvio (ex art. 394 c.p.c., ultimo comma, c.p.c.), quando la Cassazione, dopo aver fissato un principio di diritto difforme da quelli sostenuti da tutte le parti della causa, perviene alla conclusione che, quando il giudice abbia tardato nel rilievo officioso poi formalizzandolo, sia da attenuarsi il principio di eventualità e sia da consentirsi ai contendenti di intervenire nuovamente sulla conformazione delle allegazioni fattuali nonché sulle istanze istruttorie in dipendenza della segnalazione del giudice della nuova questione276.
Quello che, però, è stato oggetto di critiche in questa interpretazione sono le modalità con cui, ossia attraverso l’applicazione di quale principio, una rilevazione intervenuta in ritardo possa generare un’attenuazione di decadenze già intervenute; ciò, sia che si ritenga necessario una rimessione in termini da parte del giudice, sia che si consideri il suppletivo potere assertivo ed istruttorio indipendentemente da un espresso provvedimento del giudice. La rimessione è consentita a favore della parte che dimostri essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile; dunque, al fine di pervenire alla conclusione prospettata dalla dottrina, deve sostenersi che il rilievo tardivo del giudice sia, ex se, causa di giustificazione della condotta della parte. In questa prospettiva è stato oggetto di 275 CECCHELLA, Contraddittorio e preclusioni (note intorno alla novella sul processo civile), in Giust. civ., 1991, II, 457-458.
276 In tal senso ATTARDI, Le preclusioni nel giudizio di primo grado, in Foro it., 1991, V, 393, e LUISO, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, Commentario alla riforma del processo civile, Milano, 1996, 147-148.
accesa discussione la possibilità di individuare il (pure necessario) nesso di causalità fra mancata attivazione dei poteri di rilevazione ufficiosi da parte del giudice e carenza di tempestive deduzioni sul punto ad opera della parte interessata277.
Per il superamento di tale ostacolo logico è stata proposta l'individuazione di un’ipotesi di rimessione in termini di entrambe le parti “che prescinde eccezionalmente da un concreto accertamento della loro diligenza, che prescinde cioè da una difficile indagine diretta a chiarire se era esigibile che le parti sollevassero tempestivamente la questione che è stata poi rilevata tardivamente dal giudice”278. Conseguentemente alla posizione appena esposta sarebbe
necessario consentire, poi, la proponibilità in secondo grado delle eccezioni imposte dalla situazione di fatto e/o di diritto scaturenti dalla decisione di “terza via”; è stato al riguardo sostenuto che, nei casi in cui la decisione di primo grado percorra una “terza via” rispetto a quelle indicate dalle parti, non potrebbe non permettersi alle parti la deduzione delle nuove eccezioni dipendenti dalla situazione posta a base della sentenza279.
Inoltre, qualora si concluda per la sussistenza dell’error in procedendo consistente nella vera e propria negazione implicita della rimessione in termini280, o del
riconoscimento tout-court del potere di controdedurre con allegazioni e deduzioni 277 PAPPALARDO, La prima udienza di trattazione (Relazione tenuta nel corso dell’incontro di studio del C.S.M. in data 29-31 gennaio 1998 sul tema “Il punto sul nuovo rito civile
ordinario”), p.19 del dattiloscritto , secondo cui non sembra ammissibile, soltanto perché vi è
stata la rilevazione officiosa tardiva di una eccezione di merito in senso lato, fondata su un fatto tempestivamente allegato e provato, che la parte rimasta sino ad allora inerte possa godere di una quasi automatica rimessione in termini in ordine alle deduzioni istruttorie.
278 CAPONI, La causa non imputabile alla parte nella disciplina della rimessione in termini nel processo civile (Relazione tenuta all’incontro di studio del C.S.M. in data 7-9 maggio 1998 sul
tema “Approfondimenti sull’attuazione del nuovo rito civile”), p. 38-39 del dattiloscritto. Dubita invece della utilizzabilità dell’istituto della rimessione ancora CHIARLONI, Giudice e parti
nella fase introduttiva del processo civile di cognizione, in Riv. trim. dir. e proc. Civ., 1999, 410,
il quale conclude nel senso che nella situazione ordinamentale data “occorrerà inventare, stiracchiando la normativa oltre i suoi limiti di elasticità ovvero confidare in un intervento manipolatorio della Corte Costituzionale”.
279 SASSANI, in CONSOLO-LUISO-SASSANI, Commentario, cit., 385-387, il quale sottolinea che, in casi del genere, “sostenere l’indeducibilità di nuove eccezioni significherebbe obbligare le parti a conformarsi in primo grado ad una rigida regola di eventualità che (giustamente edulcorata per le esigenze di quel grado di giudizio …) sarebbe riportata alla sua primitiva crudezza dalle esigenze di appello. Con ciò si contraddirebbero insieme il principio di aderenza del contraddittorio alle nuove situazioni imposte dalle pronunce nel frattempo intervenute (principio scolpito dall’art. 394, comma 3) e, ciò che più conta, il buon senso”.
istruttorie, la decisione di primo grado sarà impugnabile per il relativo vizio. Ciò comunque non comporterà, con l’annullamento della sentenza, la rimessione della causa al primo giudice, stante la tassatività delle ipotesi risultanti dagli artt. 353 e 354 c.p.c., di conseguenza il giudice d’appello dovrebbe operare la rimessione in termini od attribuire comunque il potere di controdedurre prima di decidere la lite. Per quanto riguarda una pronuncia di appello fondata su un rilievo offıcioso, senza il previo contraddittorio delle parti, la conclusione dovrebbe essere nel senso della cassazione della decisione 281.
Nel nuovo regime , con la riforma dell'art. 183 c.p.c. del 2006, la dottrina già precedentemente sostenitrice della facoltà di allegazioni delle parti a seguito di rilievi officiosi oltre l'udienza di trattazione, ha continuato ad escludere qualsiasi decadenza a loro carico, anche a seguito della memoria prevista dall'art. 183 comma 6° n. 2 c.p.c. e finanche in appello282.
Secondo però una più restrittiva interpretazione, recepita dalla più recente giurisprudenza di legittimità283 284, non sussisterebbe una facoltà illimitata delle
parti all'introduzione nel processo di nuovi fatti corrispondenti al rilievo di questioni officiose; la parte sarebbe tenuta all'allegazione entro la memoria prevista dall'art. 183 comma 6° n. 1, con il contestuale onere (posticipato al massimo alla memoria del 183 comma 6° n. 2) di produrre i documenti all'uopo probanti285. Secondo Cavallini invece nessuna preclusione colpisce i fatti operanti
ipso iure da parte del convenuto, anche se direttamente riferibili agli stessi fatti
281 ORIANI, L’eccezione, cit., 24; CHIARLONI, Le riforme, cit., 183-184; quest’ultimo, con riguardo all’impugnazione di sentenza d’appello, formulando l’ipotesi di una decisione di secondo grado che abbia negato la giurisdizione ordinaria “a sorpresa”, segnala come paradossale effetto della non (del tutto) condivisa tesi il fatto che la Cassazione debba, su pedissequo motivo, annullare la decisione stessa ma con rinvio, quindi senza decidere sull’altro eventuale motivo inerente alla sussistenza della giurisdizione, benché (anche) sull’argomento si sia sviluppato il contraddittorio negli atti introduttivi e nella discussione in udienza proprio innanzi al giudice regolatore della giurisdizione.
282 BALENA, Le preclusioni nel processo di primo grado, in Giur. it., 2006, IV, 77.
283 VELLANI, Le preclusioni nella fase introduttiva del processo ordinario, in Riv. Trim. dir proc., 2008, 153.
284 Cass. Civ. 7 aprile 2000, n. 4392; Cass. Civ. 10 gennaio 2008, n. 332; Cass. Civ. 22 giugno 2007, n. 14581.
285 CONSOLO, La trattazione della causa : gli artt. 167, 180 , 183 e 184 - e altre disposizioni sul processo di cognizione- così come novellati dalle l. 80 e 263 del 2005, in CONSOLO,
LUISO, MENCHINI, SALVANESCHI, Il processo civile di riforma in riforma, Milano, 2006, 34 e 51.
costitutivi allegati dall'attore nella domanda giudiziale286. Tali fatti potranno essere
introdotti contestualmente alle deduzioni istruttorie fino alla memoria dell'art. 183 comma 6° n. 2 c.p.c., dato che l'attore potrà ancora dedurre prove contrarie nei venti giorni successivi con l'ultima memoria dell'art. 183 comma 6° n. 3 c.p.c..
7. Il contraddittorio delle parti rispetto alla rilevazione officiosa di una questione