CAPITOLO 2) LE GARANZIE COSTITUZIONALI DEL CONTRADDITTORIO E L'IMPATTO DELLA RIFORMA DEL “GIUSTO PROCESSO” SUI GIUDIZI DI “TERZA VIA”.
6. La contrapposizione della teoria sostanzialista 119
L’ art. 111 Cost. consente, o forse impone, letture diverse. Secondo il principale sostenitore della teoria sostanzialista Chiarloni : “il processo è giusto nella misura in cui sia strutturato in modo da garantire nei limiti del possibile la giustizia del risultato”120.. Dunque il “giusto processo” è quello che tende alla sentenza “giusta”.
Del resto anche il principio della ragionevole durata ha a che fare con la giustizia della decisione121, ed impone al giudice di non porre in essere comportamenti
contrari ad una sollecita definizione del processo, tra i quali quelli che comportano un inutile dispendio di energie processuali e formalità superflue, in quanto non giustificate dalla struttura dialettica del processo e dall’ effettivo rispetto del principio del contraddittorio a garanzia del diritto di difesa ex art. 24 Cost., e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità ex art. 111 Cost. . Da qui nasce certamente la necessità di una rilettura degli istituti che riguardano il processo, per verificarne la coerenza con la direzione tracciata dal costituente, del principio del contraddittorio, ma anche della ragionevole durata e della “decisione giusta”. Il rispetto dei suddetti principi impone una verifica della ragionevolezza della procedura, della sua coerenza a criteri di efficacia dello iurisdicere, evitando interpretazioni che giustifichino formalismi inutili in relazione alle effettive garanzie di difesa.
Prendendo in considerazione il problema delle sentenze “di terza via” e attribuendo assoluta preminenza ai connotati di giustizia della decisione, il modello ermeneutico che impone di ricercare la giustizia dell'attività giurisdizionale nella “sentenza giusta” sembra rimandare ad una concezione 118 COMOGLIO, Terza via e processo giusto, in Riv. Dir. Proc. 2006 , 762.
119 Le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali antecedenti alle riforme dell' art 384 comma 3° e 101 comma 2° c.p.c. saranno ampiamente analizzate nella terza parte della presente indagine, in questa sede vengono trattate solo alcune elaborazioni dottrinali esemplificative dell' impatto tra “giusto processo” e decisioni a sorpresa.
120 CHIARLONI, Giusto processo, garanzie processuali , giustizia della decisione, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ. 2008, 145.
sostanzialista dell'idea di giustizia, caratterizzata dall’ assenza di principi di giustizia procedurale e dal convincimento che la qualità di un procedimento dipenda esclusivamente dalla bontà del suo risultato. Il paradigma in questione, infatti, assume che esiste un’ equa soluzione della controversia che, nel caso concreto, può essere considerata “giusta” e che sia compito del giudice arrivare ad adottarla, anche indipendentemente dal formale rispetto di un procedimento razionale predeterminato, che ha senso solo in quanto “viatico tendenziale” per il raggiungimento di quel concreto risultato “giusto”. In questa prospettiva, le condizioni di giustizia dell'agire del giudice riposano, eminentemente, nel suo risultato finale. Dunque questa concezione esclusivamente sostanzialista della giustizia pone l'accento sulla “giustizia della decisione”, prescindendo dal fatto che l'attuazione piena del contraddittorio sulle questioni che costituiscono il fondamento della decisione sia o meno avvenuto, e considera la questione delle sentenze di “terza via” come elemento rilevante solo ed esclusivamente nella misura in cui determinano un’ ingiustizia della decisione. Difatti secondo la teoria sostanzialista, pur dovendosi riconoscere l’ obbligo del giudice di sottoporre al contraddittorio delle parti le questioni rilevate d’ufficio, non si avrebbe la nullità della sentenza in caso del suo inadempimento; si dovrebbe optare per la nullità solo nel caso in cui il rilievo “a sorpresa” abbia determinato l’ apertura a sviluppi della lite fino a quel momento non considerati, impedendo effettivamente alle parti l’ esercizio del diritto di difesa122. Qualora la questione non dibattuta sia stata
correttamente decisa dal giudice, appare criticabile la prospettiva di consentirne l’ annullamento per violazione del contraddittorio, poiché costituirebbe indice di un atteggiamento formalistico nell’interpretazione delle garanzie costituzionali, che finirebbe per premiare gli intenti dilatori della parte che ha torto123, andando
in tal modo a contrastare il principio costituzionale della ragionevole durata del processo contenuto nell’ art. 111 comma 2° Cost..
L’inosservanza del giudice del dovere di stimolare la previa discussione delle parti su questioni rilevabili officiosamente, coinvolgendo soltanto profili appartenenti “al patrimonio del comune sapere di tutti i soggetti del processo”, non coinvolge il 122 CHIARLONI, Questioni rilevabili d' ufficio, diritto di difesa e “formalismo delle garanzie”, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1987, 575.
principio del contraddittorio ma solo il principio di reciproca collaborazione del giudice con le parti per garantire una leale condotta processuale e dunque di per sé non può produrre l’ automatica sanzione di nullità della sentenza124125.
Secondo Ricci126 la questione rilevabile d’ ufficio su cui si fonda la sentenza di
“terza via” non riguarda la validità o la nullità della decisione, ma la sua giustizia o ingiustizia. La segnalazione, da parte del giudice, delle questioni rilevabili d’ufficio è correlata ad un dovere di collaborazione con le parti, concretizzandosi in un’attività di stimolo nei confronti dei difensori. Ricci propone dunque, un’interpretazione del contraddittorio in termini diversi da quelli di garanzia del diritto di difesa: “Il contraddittorio è anche lo strumento, mediante il quale – attraverso la composizione dialettica tra tesi diverse – si persegue il fine di una decisione fondata sulla più plausibile ricostruzione dei fatti e su una corretta diagnosi in iure; ed in tanto il contraddittorio adempie la sua funzione in quanto le parti esercitino effettivamente la loro facoltà di interloquire. Avendosi di mira la giustizia della futura decisione , il contraddittorio come garanzia non basta più: occorre che le parti si avvalgano delle loro facoltà; e proprio per questo la legge prevede che il giudice, prima di rassegnarsi ad affrontare e risolvere da solo la questione rilevabile d’ufficio, faccia il possibile per stimolare il dibattito”127. In
questo modo la sanzione della nullità, qualora il giudice non stimolasse il contraddittorio sulle questioni rilevabili d’ufficio, sarebbe certamente eccessiva perché non assisteremmo ad una lesione del contraddittorio, inteso come garanzia
124 ID., Questioni rilevabili d' ufficio, cit., 578.
125 Lungo la direttrice della teoria sostanzialista sembra collocarsi la giurisprudenza della Corte costituzionale, che con la sent. n.321/2007 precisa che “il sistema processuale, posto che l’esigenza di soddisfare il contraddittorio attiene alla tutela di diritti fondamentali, modella il diritto di replica in funzione di tale esigenza, avendo presente non un contraddittorio astratto e puramente ipotetico ma quello che attraverso le deduzioni delle parti viene in concreto a delinearsi come correlativo allo specifico oggetto della controversia”. Questa linea interpretativa consente già di anticipare qualche riflessione sulla rilevanza dell’omesso contraddittorio, se il principio del contraddittorio tutela il diritto delle parti di concorrere con la loro attività difensiva alla decisione della lite che sia anche una decisione giusta, partecipata, ossia fondata sul dialogo trilaterale tra attore, convenuto e giudice, la carenza del contraddittorio rileverà quando sussista la “causalità del vizio”, ossia il concreto pregiudizio per la parte soccombente. Viceversa, la mancata attuazione del contraddittorio sarà inutilmente invocata quando la parte non riesca a dimostrare quali istanze istruttorie e allegazioni difensive non ha avuto modo di sviluppare, per la mancata attivazione del dialogo .
126 RICCI, La sentenza della “terza via” e il contraddittorio, in Riv. Dir. Proc., 2006, 750 e ss.. 127 ID, La sentenza della “ terza via”, cit., 752.
di difesa, ma del contraddittorio inteso come strumento per giungere ad una più plausibile ricostruzione dei fatti e una corretta diagnosi de iure128.
La dottrina e la giurisprudenza hanno subito colto le implicazioni che la garanzia costituzionale del “giusto processo” ed in particolare dei principi del contraddittorio e dell’imparzialità del giudice pongono in relazione alle decisioni “a sorpresa”, ma non assumono posizioni univoche nel trarne le conseguenze, in particolare le posizioni della dottrina prevalente richiamandosi , da una parte al “giusto procedimento in contraddittorio” e, dall’altra alla “sentenza giusta”, lasciano intravedere diverse distinte concezioni dell'idea di giustizia che a ciascuna di esse è sottesa.