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I poteri istruttori officiosi ex art 421 comma 2° c.p.c.: dovere o discrezionalità insindacabile nell'esercizio del potere.

CAPITOLO 3) IL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI RISPETTO ALL' INIZIATIVA DEL GIUDICE NELLA FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO DEL LAVORO (E

5. I poteri istruttori officiosi ex art 421 comma 2° c.p.c.: dovere o discrezionalità insindacabile nell'esercizio del potere.

Già in base ad una disposizione già esìstente nel regime processuale precedente (art. 439), il legislatore del 1973 ha conferito al giudice del lavoro il potere di ammettere di ufficio i mezzi istruttori, che ritenga utili per decidere nel merito la controversia.

In base all'art. 421 c.p.c. Il giudice "può altresì disporre d'ufficio in qualsiasi momento l'ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dei limiti stabiliti dal 504 LUSO, Il processo del lavoro, cit., 170.

505 ID, Il processo del lavoro, cit., 171. 506 ID., Il processo del lavoro, loc. cit.. 507 ID., Il processo del lavoro, loc.cit..

508 Per approfondimenti su quest' ultimo punto, vedasi quanto stabilito per l' interrogatorio formale nel rito ordinario, trattato nel capitolo precedente.

codice civile, ad eccezione del giuramento decisorio, nonché la richiesta d'informazioni e osservazioni, sia scritte che orali, alle associazioni sindacali indicate dalle parti..."

La norma ha suscitato una miriade di problemi; alcuni hanno avuto una risposta univoca, altri hanno dato luogo a contrasti, che a distanza di alcuni decenni non sono ancora stati risolti.

In primo luogo è necessario evidenziare che il termine “può”, delinea una mera discrezionalità dell'iniziativa del giudice, del resto sarebbe difficilmente tipizzabile un potere di questo tipo da circoscrivere entro canoni di comportamento determinati. Tuttavia il buon giudice non deve decidere arbitrariamente e, quindi, anche se non vincolante, può e deve tentarsi l'analisi di una linea guida oggettiva. Il rito del lavoro tende a contemperare il principio dispositivo (che obbedisce, nella sua originaria configurazione, al criterio formale di giudizio fondato sull'onere della prova) con quello della ricerca della verità materiale, mediante una rilevante ed efficace azione del giudice nel processo.

Pertanto, quando le risultanze di causa offrono significativi dati e spunti di prova, il giudice non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola dell'onere della prova, ove reputi insufficienti le precisazioni e le prove già acquisite, ma ha il potere-dovere (dovere anche se, al limite, solo di carattere deontologico e non strettamente giuridico) di provvedere d'ufficio agli atti istruttori, emergenti dal materiale di causa, ed idonei a superare l'incertezza sui fatti dedotti, senza che a ciò sia d'ostacolo il verificarsi di decadenze o preclusioni in danno delle parti509. Se

509 È questa la tesi che si è consolidata in Cassazione: Cass. S.U. 17 giugno 2004, n. 11353; Cass. 10 dicembre 2008, n. 29006: "Nel rito lavoro, il giudice, ove si verti in situazione di

semiplena probatio ha il potere dovere di provvedere d'ufficio agli atti istruttori idonei a

superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti, dovendo quindi motivare sulla mancata attivazione dei poteri officiosi, là dove sollecitato dalla parte ad integrare la lacuna istruttoria"; Cass. 12 marzo 2004, n. 5152; Cass. 29 agosto 2003, n. 12666; Cass. 14 giugno 2003, n. 9541; Cass. 20.aprile 1998, n. 4011; Cass. 25 ottobre 1997, n. 10522; Cass. 12 febbraio 1997, n. 1304. Queste decisioni però considerano un vero e proprio dovere del giudice (censurabile in Cassazione) nell' 'esercizio dei poteri d'ufficio; tuttavia il tenore letterale dell' art. 421, comma 2, c.p.c. ("Può...") non consente di seguire totalmente questa tesi, che comunque è stata avallata dalla dottrina, ANDRIOLI - BARONE - PEZZANO -PROTO PISANI, Le

controversie in materia di lavoro, Bologna 1987, 714: "è auspicabile che la Corte di Cassazione

abbandoni il comodo andazzo di dichiarare incensurabile in Cassazione il mancato esercizio dei poteri istruttori d'ufficio". Contro, per la tesi della non utilizzabilità dei poteri d'ufficio quando c'è la carenza probatoria della parte, da ultimo Cass. 21 maggio 2009, n. 11847: "Nel rito del lavoro, i poteri istruttori officiosi di cui all'ari. 421 c.p.c. non possono sopperire alle carenze

al giudice del lavoro si attribuisse un dovere giuridico nell'esercizio dei poteri d'ufficio, sostanzialmente si avrebbe un sindacato di legittimità in Cassazione. La conseguenza pratica sarebbe nell'attribuire di fatto alla Cassazione il potere di decidere sull'esercizio dei poteri d'ufficio. A questa conseguenza porta l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale che ritiene sindacabile in Cassazione il potere ex art. 421 c.p.c.510. In altre parole la Corte di Cassazione diventerebbe

arbitro assoluto del potere del giudice di merito, sostanzialmente decidendo se nel processo doveva o non doveva ammettersi una prova d'ufficio, e quale prova doveva ammettersi511. Sarebbe quindi assurdo, poiché i poteri ex art. 421 c.p.c. non

probatorie delle parti (nella specie, mancata indicazione nel ricorso dei capitoli di prova testimoniale), cosi da porre il giudice in funzione sostitutiva degli oneri delle parti medesime e da tradurre i poteri officiosi anzidetto in poteri di indagine e di acquisizione del tipo di quelli del processo penale"; Cass. 27 luglio 2004, n. 14404; Cass. 22 luglio 2009, n. 17102 Però, per ripensamento Cass. 25 maggio 2010. n. 12717, che considera meramente discrezionali i poteri dell' art. 421 c.p.c., sindacabili solo per vizio di motivazione

510 Sostiene l'insindacabilità in Cassazione del mancato esercizio Cass. 12 marzo 2009, n. 6023: "Nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri officiosi ex art, 421 c.p.c. preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola del giudizio fondata sull'onere dlella prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori"; Cass. 15 gennaio 1998, n. 310: "Nel rito del lavoro, dove, per la particolare natura dei rapporti controversi il principio dispositivo va contemperato con quello della ricerca della verità materiale mediante una rilevante ed efficace azione del giudice nel processo, quando le risultanze di causa offrono significativi dati di indagine, non può farsi meccanica applicazione della regola formale di giudizio fondata sull'onere della prova ma occorre che il giudice, ove reputi insufficienti le prove già acquisite, eserciti il potere-dovere di provvedere d'ufficio agli atti istruttori sollecitati da tale materiale e idonei a superare l'incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione, senza che a ciò sia d'ostacolo il verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti. Il mancato esercizio di tale potere-dovere non è direttamente denunziabile in sede di legittimità anche in assenza di espressa motivazione sul punto, ma può tradursi in un vizio di illogicità della decisione, in particolare quando questa si fondi su di un elemento probatorio offerto da una delle parti ma contrastato dall'altra e per sé non dotato di sicura affidabilità, senza la necessaria verifica e senza che dal contesto del provvedimento possano desumersi le ragioni che hanno indotto ad ometterla".

511 Cass. 10 dicembre 2008, n. 29006, che ha sostanzialmente disposto di acquisire gli atti di un processo penale ex art. 421 c.p.c.; Cass. 25 ottobre 1997, n. 10522 e Cass. 12 febbraio 1997, n. 1304; Cass. 25 maggio 2010, n, 12717

sono compatibili con il giudizio in Cassazione512, ma sono tipici del giudizio di

merito.

Strettamente connesso è l'argomento della motivazione, o non motivazione, dell'esercizio dei poteri d'ufficio. Se si segue l'opinione della sindacabilità in Cassazione, l'esercizio o il mancato esercizio dovrebbe essere motivato. Viceversa se si segue la lettera della legge che prevede la discrezionalità dell'esercizio dei poteri ex art. 421 comma 2°, c.p.c., nessuna motivazione può richiedersi, anche se i poteri venissero sollecitati dalle parti513.

Il giudice risponde secondo sua scienza e coscienza nell'esercizio di questo potere straordinario, e il suo mancato esercizio (o il suo esercizio) non deve motivarsi e non è direttamente denunciabile in Cassazione, tranne che non integri, unitamente ad altri elementi, un vizio di illogicità della decisione514. In altre parole la parte che

non ha adempiuto all'onere della prova (o la parte che soccombe in esito alla prova ammessa d'ufficio) non può sostenere direttamente, in sede di legittimità, l'ingiustizia della decisione per il mancato esercizio dei poteri d'ufficio (o per il loro esercizio). Tuttavia qualora il giudice abbia esercitato i poteri d'ufficio sulla base del proprio sapere privato, con riferimento a fatti non allegati in modo rituale, il provvedimento è suscettibile di ricorso in cassazione per violazione di legge (art. 360, n. 3, c.p.c.)515.

512 Cass. 16 marzo 1992, n. 3211: "In ipotesi di annullamento per omesso esame di un punto decisivo della controversia, il giudice di rinvio, mentre può valutare liberamente i fatti già accertati e indagare anche su altre circostanze ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata deve, tuttavia, tener conto delle preclusioni e decadenze già verificatesi, senza che il divieto di assumere nuove prove, non necessitate dalla sentenza di annullamento, sia superabile, nel rito del lavoro, con l'esercizio dei poteri ufficiosi cui agli arti. 421 e 437 c.p.c., in quanto tali poteri concernono solo i primi due gradi del giudizio e non si estendono alla fase di cassazione, di cui il giudizio di rinvio costituisce uno stadio".

513 Contro Cass. S.U. 17 giugno 2004, n. 11353; Cass. 22 agosto 1997, n. 7881: "Nel rito del lavoro, la mancanza di documenti o la loro inidoneità a rappresentare i fatti allegati può indurre il giudice ad ammettere d'ufficio in qualsiasi momento ogni altro mezzo di prova ai sensi dell'art. 421 c.p.c., ma tale ammissione costituisce oggetto di una facoltà discrezionale, incensurabile in sede di legittimità, che deve essere espressamente motivata solo se la parte la solleciti specificamente".

514 Espressamente Cass. Civ. 10 maggio 2001, n. 6531. 515 Espressamente Cass. Civ. S.U. 17 giugno 2004, n. 11353.

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