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Il “giusto processo” come presupposto al divieto dei giudizi di “terza via”: la teoria garantista 112

CAPITOLO 2) LE GARANZIE COSTITUZIONALI DEL CONTRADDITTORIO E L'IMPATTO DELLA RIFORMA DEL “GIUSTO PROCESSO” SUI GIUDIZI DI “TERZA VIA”.

5. Il “giusto processo” come presupposto al divieto dei giudizi di “terza via”: la teoria garantista 112

Il “ giusto processo” ha posto nel contesto del processo civile alcune riflessioni relativamente alla garanzia del contraddittorio e i poteri istruttori del giudice e più precisamente nell’ attuazione del principio del contraddittorio, in relazione alle questioni rilevabili d’ ufficio. Pur trattandosi di una problematica che da molti anni attrae l’attenzione di giurisprudenza e dottrina, in riferimento alla riforma costituzionale dell’ art. 111 Cost. è stata evidenziata la necessità (accolta già in precedenza da diversi autori) che la garanzia del contraddittorio sia intesa, non soltanto come regola tra le parti in causa, ma anche tra queste e il giudice, così come già avviene nel processo civile francese. Nell’ampia produzione scientifica che si è sviluppata sul tema della garanzia costituzionale del contraddittorio, Montesano113 affronta la tematica del rapporto tra il suddetto canone

costituzionale e le sentenze di “terza via”. Innanzitutto per sentenze di “ terza via” (definite anche di “terza opinione” o “a sorpresa” o “sentenze solitarie” o “solipsisticamente adottate”), si intende quel fenomeno in cui il giudice decide la causa, basandosi in tutto o in parte su un punto di fatto o di diritto sul quale le parti non hanno potuto anteriormente difendersi e contraddire, la “terza via” è l’ iter che il giudice decide di percorrere nella risoluzione della controversia, lasciandosi alle spalle le prospettazioni dell’ attore e del convenuto (prima e seconda via). Il classico caso esemplificativo in cui si verifica tale tipologia di sentenze è la rilevazione officiosa da parte del giudice della nullità del contratto nel contesto del processo, il cui oggetto è una domanda di adempimento proposta da una delle parti, il giudice non estende l’ oggetto del processo (che solo le parti possono determinare), ma ne allarga lo spettro cognitivo senza la loro condivisione114: sovrappone al dibattito processuale una decisione fondata su una

questione mai sottoposta al controllo e alla discussione delle parti. Secondo 112 Le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali antecedenti alle riforme dell' art 384 comma 3° e 101 comma 2° c.p.c. saranno ampiamente analizzate nella terza parte della presente indagine, in questa sede vengono trattate solo alcune elaborazioni dottrinali esemplificative dell' impatto tra “giusto processo” e decisioni a sorpresa.

113 MONTESANO, La garanzia costituzionale del contraddittorio e i giudizi civili di “terza via”, in Riv. Dir. Proc. 2000, 929 e ss..

Montesano115 dall’ art 111 Cost., come riformato dalla legge costituzionale 23

novembre 1999 n. 2, si desume chiaramente il divieto dei giudizi civili di “terza via”. Dall’essenzialità della garanzia del contraddittorio e del principio di difesa (art. 24 Cost.), si deduce l’invalidità degli atti in contrasto con il loro scopo normativo e la conseguente invalidità del provvedimento conclusivo in quanto dipendente dall’atto invalido: l’autore si colloca dunque nella corrente dottrinaria c.d. “garantista”.

Difatti nel nostro sistema processuale l’attuazione della garanzia del contraddittorio oscilla secondo l’interpretazione giurisdizionale e dottrinale tra un modello “garantista”, che valorizza la funzione di garanzia del contraddittorio nella sua biunivoca correlazione con la garanzia della difesa, ed un modello contrapposto definito “sostanzialista”, nel quale è posta in primo piano la correttezza sostanziale della decisione. Dalla progressiva costruzione della tesi garantista sono derivati gli sviluppi successivi che ne hanno caratterizzato la massima espansione, portati a compimento mediante la valorizzazione della modifica dell’ art. 111 Cost. sul “giusto processo” (come appunto la teoria di Montesano), sia le contrapposte tesi di stampo sostanzialista.

Le opinioni di Montesano prefigurano la seguente conseguenza: l’invalidità della sentenza implicante un’ impostazione giuridica rimasta estranea al precedente dibattito tra le parti, conferisce facoltà al soccombente di far valere in appello tale invalidità ex art. 161 c.p.c.. Il giudice di secondo grado, se riterrà applicabile tale norma, dovrà consentire il contraddittorio impedito in primo grado e dare così alle parti la possibilità di difendersi e proporre nuove prove. La violazione di tale norma potrà essere motivo di cassazione “per nullità della sentenza” e/o per difetto di motivazione sulla predetta “indispensabilità” o non, di nuove prove e quindi il rinvio della Corte suprema al giudice di secondo grado, perché provveda a sanare il vizio.

Inoltre al fine di coniugare il principio della ragionevole durata del processo e la garanzia del contraddittorio, è necessario, secondo l’Autore, impedire al giudice di porre la questione della norma estranea al precedente dibattito tra le parti, o di recepire sollecitazioni di parte in tal senso, al di là dell’udienza prevista dall’art.

184 c.p.c., cioè della fase processuale durante la quale sono inibite alle parti richieste di nuovi mezzi di prova. E’ curioso notare come il legislatore abbia seguito, nella riforma dell’art. 183 c.p.c. del 2005 ( quando era dunque già vigente il nuovo testo dell’art. 111 della Costituzione) la prima prospettazione (facendo riferimento, però, all’udienza di trattazione o eventualmente a quella fissata per la conciliazione), senza però configurare come obbligo il rilievo d’ufficio del giudice e non sanzionandone perciò in alcun modo, l’inosservanza.

Si impone dunque ad avviso di Montesano, dopo la riforma dell’art. 111 della Costituzione, la necessità di un intervento adeguatore della legge alla Costituzione, e si augura che sempre alla luce di tale riforma costituzionale, la giurisprudenza modifichi il proprio orientamento incline a decidere le controversie applicando in totale libertà norme del tutto estranee al dibattito tra le parti, se ciò non avverrà, la Corte Costituzionale dovrà intervenire in materia con una sentenza interpretativa d’accoglimento, eliminando l’incostituzionalità.

Gli approfondimenti compiuti da Comoglio, riguardo le garanzie costituzionali del processo, hanno prodotto un rafforzamento del nucleo originario della teoria garantista: secondo l’ autore “il contraddittorio sulle questiones iuris, e l’esigenza di qualsiasi sentenza a sorpresa o della terza via trovano nella garanzia del “giusto processo”, relativamente all’art. 111 Cost. un autorevole e perentorio suggello”116.

Dunque nella prospettiva delle garanzie costituzionali del “giusto processo” e dall’ affermata inviolabilità del contraddittorio preventivo, sono derivate secondo Comoglio conseguenze di notevole risalto sistematico, tali da investire il giudice di un dovere costituzionale di osservanza diretta del contraddittorio e di responsabilità nella prevenzione delle decisioni a sorpresa117.

In sintesi il fondamento della teoria garantista è la sanzione di nullità del provvedimento, in caso di inadempimento del giudice del rilievo e dell’ indicazione immediata alle parti delle questioni rilevate d’ufficio affinchè diventino oggetto del loro contraddittorio, dunque il mancato rispetto di tale rilievo, rappresentando un obbligo necessitato, o meglio un potere-dovere del

116 COMOGLIO, Etica e tecnica del giusto processo, Torino 2004, 71 e ss..

giudice che scaturisce direttamente da norme costituzionali, comporterebbe la nullità della decisione118.

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