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Segue La richiesta dei chiarimenti alle parti ex art 183 comma 4° c.p.c

CAPITOLO 2) IL CONTRADDITTORIO DELLE PARTI RISPETTO ALL'INIZIATIVA DEL GIUDICE NELLA FASE ISTRUTTORIA DEL PROCESSO ORDINARIO DI COGNIZIONE (E

2. Segue La richiesta dei chiarimenti alle parti ex art 183 comma 4° c.p.c

La richiesta di chiarimenti (il c.d. interrogatorio dei difensori), avendo ad oggetto tutti i punti oscuri o non sufficientemente nitidi, che in relazione ai fatti allegati il giudice ritenga di sottoporre all'attenzione delle parti, è suscettibile di essere svolta, in ordine ai fatti allegati, anche mano a mano che le domande ed eccezioni nuove, nonché le precisazioni e modificazioni delle stesse, abbiano evidenziato l’emersione (per quanto ammissibile) di nuovi fatti o di nuovi elementi di fatti già dedotti necessitanti delucidazioni. Questo esercizio del potere sollecitatorio, da svolgersi nel corso della trattazione, ben potrà suscitare una questione rilevabile d’ufficio, assorbente rispetto a tutto o a parte della materia controversa, da sottoporsi anch’essa ai contendenti.

Quanto al limite di prospettiva che impegna il giudice nella richiesta dei chiarimenti (sulla base dei fatti allegati), esso, se riguarda con certezza i fatti principali, non è detto inerisca anche ai fatti secondari, quanto meno a quelli che non abbiano inferenza con la determinazione del tema d’indagine,

ma attengano alle circostanze rilevanti sotto il profilo probatorio. Va anche dato atto che, sebbene la norma non sembra costruita dal punto di vista letterale (“Il giudice richiede …”) e da quello funzionale (i chiarimenti da richiedere sono quelli “necessari”) per favorire tale interpretazione, la giurisprudenza ha in passato ritenuto la detta attività come squisitamente discrezionale, ed ha considerato che il suo mancato espletamento, lungi dal poter formare oggetto di un motivo d’impugnazione, comportasse soltanto una maggiore attivazione probatoria della parte che avrebbe avuto interesse a rendere i chiarimenti stessi 251. Per altro verso,

il detto compito è stato considerato rientrare, oltre che nelle competenze dell’istruttore, anche in quelle del collegio, siccome investito, quale organo della 249 GILARDI, Udienza di trattazione e preclusioni nel nuovo processo civile, in Questione Giustizia, 1993, 639

250 CIVININI, Poteri del giudice e poteri delle parti nel processo ordinario di cognizione. Rilievo ufficioso delle questioni e contraddittorio, in Foro it., 1999, V, 5-6.

decisione, di un potere di controllo e supervisione su tutto quanto compete all’istruttore 252.

Per oltre un quarantennio la previsione sugli “schiarimenti” e sulle questioni rilevabili d'ufficio è passata quasi completamente sotto silenzio nel disinteresse degli studiosi che ne hanno, in genere, fornito una lettura riduttiva e marginalizzante. La nomofilachia ribadiva che la previsione codicistica facente riferimento all'obbligo del giudice di indicare alle parti le questioni rilevabili d' ufficio fosse in realtà l'espressione di una facoltà discrezionale del magistrato, cosicchè il mancato esercizio di essa non poteva formare oggetto di ricorso in cassazione253. Tale principio è stato ribadito anche recentemente: “la richiesta alle

parti, ad opera del giudice istruttore, dei chiarimenti necessari (applicabile anche al giudice collegiale e, attraverso il richiamo dell'art. 359 c.p.c. anche in appello), costituisce un' attività squisitamente discrezionale, il cui mancato uso, lungi dal poter formare giudizio di impugnazione per violazione della legge processuale, comporta soltanto una maggior attivazione probatoria della parte che avrebbe avuto interesse a rendere i chiarimenti stessi”254255.

Solo in anni più recenti è emersa una maggior sensibilità e consapevolezza della rilevanza del contraddittorio, esplicabile dalle parti su questioni rilevate d' ufficio dal giudice, sostenendo la nullità delle pronuncie di “terza via” basate su questioni rilevate officiosamente, (non sottoposte al previo contraddittorio delle parti e 252 Cass. 2 giugno 1997, n. 4886, che ha pertanto considerato legittima l’ordinanza con il quale il collegio abbia rimesso le parti innanzi all’istruttore per l’acquisizione dei suddetti chiarimenti. 253 Cass.,10 agosto 1953, n. 2694, in Foro it., 1954, I, 1276.

254 Cass. 29 aprile 1982, n. 2712; Cass. 28 gennaio 2004, n. 1572 in Dir. e giur. Agr., 2005, 358, nota di TOMMASINI ; Cass. 27 luglio, n. 15705, la Suprema Corte ritiene infondato il motivo del ricorso perchè la sent. non è affetta da nullità, poiché non èuò essser pronunciata la nullità dia tti del processo se la nullità non è comminata dalla legge e una disposizione in tal senso manca nell' art. 183 c.p.c.; Cass. Civ. Sez. un. n. 18128/2005; Cons. St. 24 giugno 2006, n.

4041; Cass. Civ. Sez. un. 30 settembre 2009, n. 20935, che pone alcuni distinguo, difatti censura

l’argomentazione della mancata previsione espressa della nullità su cui si fonda la sentenza della

Cassazione, sez.II, 27 luglio 2005, n.15705. Il Collegio, infatti, in linea con analoghe critiche

formulate dalla dottrina, afferma che “Il principio della tassatività delle nullità non trova applicazione per le nullità extraformali qual è appunto quella derivante dalla violazione del principio del contraddittorio”.

255 Per una dettagliata analisi degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali garantisti (che riconoscono la nullità della sentenza della “terza via”, cioè quelle pronunce dove il giudice decide in base a questioni rilevate d' ufficio, non indicate alle parti in fase di contraddittorio) e sostanzialisti ( che argomentano la validità delle pronunce della “terza via” sulla base dell' assenza di una previsione normativa espressa che ne sancisca la nullità), si veda la parte terza della presente indagine.

tendenzialmente basate su fatti che esse non hanno allegato ma che sono emersi dagli atti, senza che i contendenti potessero controdedurre a questi fatti dedotti officiosamente,) per violazione del principio del contraddittorio come era al tempo desumibile dall'art. 183 c.p.c. in relazione all'art. 101 c.p.c ed alla luce dell'art. 24 Cost., censurando la nullità con prescritti mezzi d' impugnazione256, tale

impostazione è stata ulteriormente rafforzata grazie all' introduzione dell'art. 111 comma 2° Cost. sul “giusto processo”257 secondo cui “ogni processo si svolge in

contraddittorio delle parti, in condizione di parità...”. La svolta si è avuta però solo grazie ad alcune pronunce“rivoluzionarie”258259 della Cassazione, ma soprattutto

grazie all'introduzione nel 2006 dell'art. 384 comma 3° c.p.c., nel giudizio di cassazione: “Se (il giudice) ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, la Corte riserva la decisione, assegnando con ordinanza al pubblico ministero e alle parti un termine non inferiore a venti e non superiore a sessanta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di osservazioni sulla medesima questione”, e nel 2009 dell'art. 101 comma 2° c.p.c., nelle

256 TARZIA, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1996 , 85; fra gli altri, anche FERRI, Sull’effettività del contraddittorio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 783 e ss., il quale, dopo aver richiamato il suo precedente scritto sul tema Contraddittorio e poteri decisori

del giudice, in Studi Urbinati, 1984, 5 e ss., da un lato, ribadisce il suo convincimento secondo

cui la quaestio rilevata dal giudice non necessariamente appartiene al comune sapere delle parti e, dall’altro, sottolinea che la sanzione di nullità della decisione dovrebbe comunque inerire alle sole violazioni “che abbiano effettivamente privato le parti della facoltà di difendersi, rispetto ad elementi di fatto e di diritto rilevanti per la decisione”; MARELLI, La trattazione della causa

nel regime delle preclusioni, Padova, 1996, 44, 55, aderendo a detto filone interpretativo,

formula anche il parallelo con l’attuale testo dell’art. 829 c.p.c. il quale prescrive la nullità del lodo arbitrale se non è stato osservato il principio del contraddittorio

257 Per un' analisi puntuale sul contraddittorio alla luce del “giusto processo” si veda la parte prima della presente indagine.

258 Cass. Civ. 21 novembre 2001, n. 14637, per la prima volta riconosce la nullità della sentenza di “terza via” (dando via ad un filone interpretativo definito “garantista” ), è il frutto della riflessione avviata dalla giurisprudenza e dalla dottrina sul nuovo testo dell’art. 111, la Corte ritiene che il comma 4° dell’art 183 c.p.c., che impone al giudice di richiedere alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e di indicare le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, sia espressione piena del principio del contraddittorio che governa il processo. E’ un principio “che il giudice deve far osservare e deve osservare egli per primo, tant’è che deve significare alle parti le questioni che ritiene rilevino, cosicché esse non possano trovarsi di fronte ad una decisione a sorpresa, adottata sulla base di una terza via rispetto a quelle alternativamente da esse sostenute”, LUISO, Questioni rilevate d' ufficio e

contraddittorio: una sentenza “rivoluzionaria”?, in Giust. Civ., 2002, I, 1611-1615, e in www.judicium.it; Cass. Civ. 27 luglio 2005, n. 15705; Cass. Civ. 5 agosto 2005, n. 16577; Cass. Civ. 31 ottobre 2005, n. 21108; Cass. Civ. 9 giugno 2008, n. 15194.

259 Per una dettagliata analisi sugli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali garantisti si veda la parte terza della presente indagine.

disposizioni generali del codice: “Se (il giudice) ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”260. Tali previsioni

tendono a bandire le pronunce di “terza via” imponendo il contraddittorio ex ante delle parti sulla questione officiosamente sollevata mediante la concessione di un termine alle parti per il deposito di osservazioni sulla medesima questione e nel caso dell'art. 101 comma 2° c.p.c. la pena della nullità della pronuncia; in pratica è regola fondamentale del processo civile il principio dispositivo in base al quale è vietato al giudice di porre a base della propria decisione fatti non dedotti dalle parti, o comunque non risultanti dagli atti di causa. Il giudice non può quindi basare la propria decisione su un fatto che nessuna delle parti abbia mai in alcun modo dedotto in causa; se i fatti posti a fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio emergessero pure dalle cosiddette allegazioni "silenti"261, di cui le parti non

abbiano avuto piena consapevolezza (ad esempio, perchè risultanti da documenti prodotti per dimostrare fatti del tutto diversi), verrebbe compromesso il diritto di difesa della parte precludendole una reazione efficace e pronta262.

Sulla base di una lettura correlata dell’art. 183 comma 4° c.p.c. con l’art 101 comma 2° c.p.c., si deduce che a norma dell’art. 183 comma 4° c.p.c. il giudice deve indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, se tuttavia però ciò non avvenga in quella sede, il giudice può, a norma dell’art. 101 comma 2° c.p.c., al momento della decisione, assegnare alle parti un termine da venti a quaranta giorni, per permettere loro di contraddire e difendersi, sulla questione rilevata officiosamente263; una sanzione di nullità, consacra

definitivamente l’obbligatorietà del previo contraddittorio delle parti su qualsiasi “questione rilevata d’ ufficio mai sottoposta al contraddittorio e che il giudice 260 Tali disposizioni costituenti il fondamento della presente indagine saranno approfonditamente affrontate nella terza parte della presente indagine.

261 I c.d. fatti avventizi, per maggiori dettagli si veda il primo capitolo della seconda parte della presente indagine.

262 Cass. 22 giugno 2007, n. 14581.

263 Ovviamente qualora il giudice si avveda di una questione dopo l’udienza di trattazione può, o meglio deve, stimolare il contraddittorio, in ogni fase, senza attendere il momento della decisione.

intenda porre a fondamento della pronuncia finale. In pratica il rilievo delle questioni officiose deve intervenire di regola nell’ udienza di prima comparizione/trattazione ex art. 183 comma 4°, ma nel caso un cui ciò non avvenga il giudice può rimediare in decisione con lo strumento sanante del novellato art. 101 comma 2° c.p.c. che ha dunque natura sussidiaria ed auspicabilmente eccezionale, in quanto è destinato ad operare solo in caso di tardiva rilevazione da parte del giudice della questione officiosa, favorendo la collaborazione tra giudice e parti.

In ogni caso l’esercizio diligente della richiesta di chiarimenti, come disposta dall'art. 183 comma 4° c.p.c. si appalesa di notevole utilità per l’ordinato e coerente sviluppo del procedimento, poiché, a parte le ripercussioni dei chiarimenti resi sulla definizione del tema d’indagine e sull’evenienza di questioni a rilevazione ufficiosa, l’attivazione di questo potere di sollecitazione da parte del giudice (il quale già può formulare nel foro interno una previsione provvisoria di congruenza fra domande ed eccezioni, da un lato, e fatti allegati nonché, ove indicati, strumenti probatori prospettati a loro rispettivo sostegno, dall’altro) contribuisce ad orientare l’attenzione delle parti sugli snodi effettivamente influenti della controversia e, se esige un costo in termini di impegno da parte dell’istruttore, promette vantaggi processuali, in termini di maggiore celerità e di deflazione delle controversie da non sottovalutare264.

3. Segue. L'indicazione alle parti delle questioni rilevabili d' ufficio ex art. 183

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