II. Trattamento o punizione inumano e tortura
2.1.10. La Convenzione europea per la prevenzione della tortura ed il Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura
La Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti è stata adottata, nell’ambito del Consiglio d’Europa, il 26 novembre 1987 ed è entrata in vigore il 1 febbraio 1989. Questa, a differenza della Convenzione ONU del 1984, non contiene una definizione di tortura e non individua una serie di obblighi per la prevenzione e la repressione della stessa, ma si concentra
323 Si possono citare, fra tutti, i casi più recenti e più tragici, sfociati nella morte delle vittime, come il
caso Aldrovandi, il caso Uva e il caso Cucchi, di cui infra Capitolo IV.
324 Cfr. T. PADOVANI, Lezione II sulla tortura alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa, 5 febbraio
2007, dattiloscritto; A. MARCHESI, L’attuazione in Italia degli obblighi internazionali di
sull’istituzione e la disciplina del Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura325.
La sua nascita deve essere ricollegata all’idea di Jean-Jacques Gautier, espressa prima in seno alle Nazioni Unite, dove questa è naufragata, e poi presso il Consiglio d’Europa, di creare un comitato, che avesse poteri più ampi del Comitato Internazionale della Croce Rossa, potendo visitare tutti i luoghi di privazione della libertà personale anche in tempo di pace ed in maniera periodica326.
Gli sforzi di Gautier furono ripagati con l’approvazione nel 1987 della Convenzione europea per la prevenzione della tortura, il cui art. 1 prevede la creazione del Comitato europeo (CPT)327.
La finalità dell’attività del Comitato non è quella di proteggere i singoli o di condannare i colpevoli degli abusi: la sua funzione non ha infatti natura giurisdizionale, bensì preventiva. Nel racconto della propria esperienza come membro del CPT, Antonio Cassese, insigne giurista italiano, che per quattro anni lo ha presieduto, definisce gli ispettori di Strasburgo “– più che come pompieri o come medici che si precipitano a curare un paziente affetto da un morbo – come quegli specialisti della profilassi che ricercano e individuano i “fattori di rischio” suscettibili di far nascere e diffondere epidemie, e mettono in atto tutte le misure per stroncare pericolosi focolai di virus”328.
Queste parole ben descrivono la funzione del CPT, che questo condivide con il Comitato ONU per la prevenzione della tortura ed in parte con il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Da quest’ultimo il Comitato europeo si differenzia, però, oltre che per il più vasto ambito di azione, non limitato alle situazioni di conflitto armato o alla protezione di detenuti politici, anche per il fatto di non avere come scopo la protezione dei singoli, bensì l’individuazione e l’eliminazione di quelle situazioni e
325 Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, cit., p. 193
326 Gautier era un banchiere svizzero, rimasto profondamente segnato dalla sua collaborazione con il
CICR, tanto che, prima di spendersi per l’istituzione del Comitato europeo, aveva fondato personalmente il Comitato svizzero per la Prevenzione della Tortura, un’associazione privata con il medesimo scopo. Cfr. A. CASSESE, Umano-Disumano, cit., p. 7 e M.D. EVANS, R. MORGAN, Preventing Torture, cit., p. 106
327 Questo organo, che ha sede a Strasburgo, è costituito da un numero di membri pari agli Stati firmatari
della Convenzione, che vengono eletti dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e di cui si garantisce l’imparzialità e l’indipendenza. Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, cit., p. 193 e R. MORGAN, M. EVANS, Combating torture in Europe, Council of Europe Publishing, 2001, pp. 23 ss.
di tutti quei fattori propri di un determinato sistema, che favoriscono il verificarsi di episodi di maltrattamenti o tortura329.
Lo strumento, che permette lo svolgimento di questo importante ruolo, consiste in un sistema di visite presso gli Stati da parte di un gruppo di ispettori, del quale non può fare parte il membro del Paese visitato, a garanzia dell’imparzialità dell’operato del Comitato330.
Le visite del Comitato si distinguono in due tipologie: quelle ordinarie, che avvengono in maniera periodica, e quelle ad hoc, che seguono a reiterate denunce di casi di tortura o trattamenti inumani o degradanti.
In entrambi i casi, tuttavia, la procedura della visita ed il regime di pubblicità dei risultati sono identici e rappresentano il frutto del compromesso raggiunto con gli Stati, per indurli ad accettare un’ingerenza tanto forte, quanto è quella del Comitato.
L’art. 8 della Convenzione impone innanzitutto agli ispettori di fornire, al Paese prescelto per la visita, un preavviso, che non è, tuttavia, paragonabile ad un’autorizzazione, ma risponde ad un’esigenza solamente organizzativa, intesa a consentire agli Stati di predisporre le misure idonee a prepararsi all’arrivo degli ispettori331.
Nell’espletamento delle loro funzioni, i membri del Comitato possono ispezionare i luoghi di detenzione, parlare, senza la presenza delle autorità statali, con i detenuti,
329 Cfr. Ivi, p. 17
330 Oltre ai membri del Comitato, del gruppo fanno parte anche esperti, come interpreti, medici,
psichiatri, psicologi, esperti in medicina legale e in sistemi penitenziari, che coadiuvano gli ispettori grazie alle proprie competenze specifiche.
Le visite del Comitato si distinguono in due tipologie: quelle ordinarie e quelle ad hoc. La prima tipologia di visite si caratterizza per il fatto di svolgersi in maniera periodica in tutti i Paesi firmatari della Convenzione e di essere volta ad ispezionare, di volta in volta, tutti i luoghi di detenzione che rientrano nella competenza del Comitato. Di questi fanno parte tutti quegli spazi ove vi siano soggetti privati della libertà personale da parte di un’autorità pubblica (caserme, carceri, centri di identificazione per stranieri, ospedali psichiatrici…), fatta eccezione per quei luoghi che possono essere controllati dal CICR, come i campi di prigionia durante i conflitti armati.
Il secondo tipo di visite, invece, può svolgersi solo se sussistono motivi di gravità e urgenza, vale a dire nei casi in cui il Comitato riceva reiterate denunce, affidabili e preoccupanti, circa la sussistenza di tortura o trattamenti inumani e degradanti in determinati istituti di un certo Paese. Cfr. A. CASSESE,
Umano-Disumano, cit., p. 15 e R. MORGAN, M. EVANS, Combating torture in Europe, cit., p. 26
331 Lo Stato preavvisato ha la possibilità di opporsi alla visita per motivi di difesa nazionale, di sicurezza
pubblica o di gravi disordini nei luoghi che possono essere oggetto della visita, ovvero ancora per lo stato di salute di una persona detenuta o per la necessità di svolgere un interrogatorio urgente, legato ad indagini per un grave reato. Tutte queste obiezioni non costituiscono un veto all’ingresso degli ispettori, ma semplicemente hanno come conseguenza l’apertura di consultazioni fra il Comitato e lo Stato per raggiungere un accordo circa le misure eccezionali da prendere, vista la situazione, per permettere lo svolgimento della visita. Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, cit., p. 194
visitarli, consultare le autorità del Paese e le associazioni non-governative attive nel campo della tutela dei diritti dei soggetti privati della libertà personale.
Una volta che la visita si è conclusa, gli ispettori stendono un rapporto, in cui presentano i risultati della stessa, esponendo gli accertamenti effettuati, evidenziando le situazioni critiche riscontrate ed esprimendo le proprie raccomandazioni sulle misure da adottare per migliorare la situazione dei luoghi di detenzione. Questo rapporto rimane confidenziale, a meno che lo Stato non chieda la sua pubblicazione. A differenza di quanto si potrebbe pensare, con il passare del tempo, è notevolmente aumentato il numero dei Paesi, che accetta che il rapporto venga reso pubblico332. Se, invece, per volontà dello Stato, il rapporto mantiene il regime di riservatezza, l’unico modo per il Comitato di rendere pubbliche le violazioni consiste nella pubblicazione di una dichiarazione, approvata dai due terzi dei membri, che denuncia la mancata collaborazione o il rifiuto delle autorità nazionali di dare seguito alle raccomandazioni del Comitato stesso. Si deve dire che l’obiettivo del Comitato non consiste tanto nel rendere pubblico il rapporto o la dichiarazione, quanto nell’instaurare un dialogo con lo Stato in questione, perché questi modifichi o ponga fine alle situazioni critiche esistenti nel proprio Paese. È ovvio, tuttavia, che se la pubblicazione del rapporto non è l’obiettivo degli ispettori, questa rappresenta certamente un ottimo mezzo di pressione sugli Stati333.
Il CPT redige, infine, una relazione annuale sulla propria attività per il Comitato dei Ministri e per l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che ha carattere pubblico. All’interno di queste relazioni vengono resi noti anche i c.d. standard del CPT, che individuano una serie di regole e misure su cui lo stesso si basa nel valutare le condizioni di detenzione nei diversi Paesi. Questi parametri hanno assunto un’importanza sempre maggiore, fino ad essere utilizzati dai giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nelle loro decisioni relative all’art. 3. Il rapporto fra i due organi di Strasburgo può in realtà dirsi biunivoco, dato che, se è vero che la Corte prende in considerazione gli standard elaborati dal Comitato, è altrettanto vero che il
332 Al 18 febbraio 2014, sono state svolte 354 visite di cui 212 periodiche e 142 ad hoc e ben 302
rapporti sono stati pubblicati. Cfr. http://www.cpt.coe.int/en/about.htm
333 Cfr. A. CASSESE, Umano-Disumano, cit., pp. 19 ss.; J. MURDOCH, The Treatment of Prisoners,
cit., pp. 40 ss.; M.D. EVANS, R. MORGAN, Preventing Torture, cit., pp. 106 ss. e A. SACCUCCI,
Comitato presta grande attenzione alla giurisprudenza di Strasburgo nell’elaborazione degli stessi334.
Questi standard sono andati formandosi con il tempo attraverso l’esperienza accumulata durante le visite, dato che, al momento della firma della Convenzione, non si era riusciti a trovare un accordo né sull’opportunità di legare gli ispettori a parametri e definizioni, né sull’eventuale contenuto degli stessi. Per comprendere come il Comitato abbia potuto lavorare, almeno in un momento iniziale, senza criteri prefissati, si deve tenere conto della diversa filosofia, che ispira questo organo rispetto a quella propria di altre istituzioni, come ad esempio la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Lo scopo del Comitato, che non è un organo giurisdizionale, è la prevenzione: la sua necessità di individuare definizioni non è legata alla scelta, necessariamente secca, fra il condannare o meno uno Stato per tortura o trattamenti inumani e degradanti, bensì alla ricerca di tutte quelle situazioni icto oculi inaccettabili e di quelle che si collocano al confine fra tollerabilità e intollerabilità che, di per sé e all’apparenza, non appaiono contrarie al senso di umanità.
Si deve, inoltre, considerare che difficilmente gli ispettori di Strasburgo trovano le autorità dello Stato nell’atto di maltrattare o torturare i detenuti. I membri del Comitato devono, perciò, necessariamente basarsi soprattutto sugli indizi che gli abusi lasciano sul corpo e sulla psiche, sulle parole di accusa delle vittime e di giustificazione delle autorità o sulle tracce dell’uso della violenza lasciate all’interno dei luoghi (sangue sulle pareti, ganci attaccati al soffitto, strumenti come bastoni elettrici, ali nascoste dei commissariati…). In questo senso, l’esistenza di definizioni e parametri rigidi e prefissati avrebbe potuto imbrigliare l’operato degli ispettori335.
In ogni caso, sulla base delle proprie conoscenze pregresse, dell’esperienza all’interno del Comitato e con uno sguardo attento alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, gli ispettori hanno elaborato degli standard dinamici (suscettibili cioè di modificarsi nel tempo) di prevenzione della tortura, validi per tutti i Paesi firmatari della Convenzione336.
334 Cfr. A. CASSESE, Umano-Disumano, cit., pp. 53 ss. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti
umani, cit., p. 194; M.D. EVANS, R. MORGAN, Preventing Torture, cit., pp. 106 ss. e J.
MURDOCH, The Treatment of Prisoners, cit., p. 45
335 Cfr. A. CASSESE, Umano-Disumano, cit., pp. 53 ss.
336 Gli standard del CPT, così come tutti i rapporti pubblicati, possono essere consultati sul sito:
Il lavoro del Comitato non è semplice, come testimoniano le pagine di Umano-
Disumano di Antonio Cassese, in cui, come si è già detto, l’autore racconta della
propria esperienza come membro dello stesso. Oltre ad essere umanamente molto impegnativa, l’opera del Comitato si scontra spesso contro le resistenze e i tentativi di nascondere le situazioni incresciose da parte delle autorità statali. Allo stesso tempo quest’attività è molto importante: da un lato, essa mette in luce, anche grazie al numero sempre crescente di Stati che accettano la pubblicazione dei rapporti del CPT, che la tortura e i trattamenti inumani e degradanti non sono scomparsi in Europa e, dall’altro lato, svolge, attraverso il sistema di visite ed il dialogo instaurato con gli Stati, una forte pressione sugli stessi, affinché adottino le misure legislative, amministrative e giudiziarie, idonee a prevenirli.
2.1.11. Le nozioni di tortura e di trattamenti inumani e degradanti elaborate dal