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La definizione di tortura dell’art 7 StCP

IV. L’elemento negativo: l’esclusione delle sanzioni legittime

1.5. Lo Statuto della Corte Penale Internazionale

1.5.2. La definizione di tortura dell’art 7 StCP

Se, come si è visto, la tortura può essere rilevante per il crimine di genocidio, per i crimini di guerra e per i crimini contro l’umanità, solo in quest’ultimo caso se ne trova una definizione nello Statuto.

L’art. 7, comma 2, lettera e), stabilisce, infatti, che “"Torture" means the

intentional infliction of severe pain or suffering, whether physical or mental, upon a person in the custody or under the control of the accused; except that torture shall not include pain or suffering arising only from, inherent in or incidental to, lawful sanctions”.

Lo Statuto individua tre elementi positivi ed un elemento negativo come costitutivi della tortura, a cui si deve aggiungere il c.d. elemento di contesto, costituito dal sistematico attacco alle popolazioni civili, di cui l’autore deve essere consapevole. Le somiglianze fra le definizioni dell’art. 1 della Convenzione contro la tortura del 1984 e dell’art. 7 dello Statuto sono evidenti, tanto quanto le loro differenze.

competenza della Corte. Cfr. E. AMATI, V. CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI,

Introduzione al diritto penale internazionale, cit., p. 2

211 Cfr. E. AMATI, V. CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI, Introduzione al diritto

penale internazionale, cit., pp. 315 ss. e H. SATZGER, Internationales und Europäisches Strafrecht,

I primi due elementi positivi, l’inflizione di un grave dolore fisico o psichico e la volontarietà del comportamento, sono addirittura espressi quasi con le stesse parole, così come l’elemento negativo, che comporta l’esclusione dal concetto di tortura di quelle sofferenze derivanti solamente, inerenti o incidentalmente occasionate da sanzioni legittime212.

Per il resto, la definizione dello Statuto di Roma si distacca da quella della Convenzione. In primo luogo, per la commissione della tortura, l’art 7 StCPI non prevede alcun obiettivo o scopo specifico dell’agire, mentre la Convenzione elencava le finalità che questa poteva assumere. In secondo luogo, ai sensi di quest’ultima, risulta rilevante il soggetto attivo della condotta, individuato in un agente pubblico, mentre l’art. 7 StCPI pone l’accento sul soggetto passivo, descritto come una persona nella custodia o sotto il controllo dell’accusato.

Con questo rovesciamento del punto di vista, all’apparenza, quindi, lo Statuto definisce, secondo alcuni opportunamente, la tortura come un reato che può essere commesso da chiunque e non necessariamente da un soggetto ammantato di ufficialità, sempre che sussista un rapporto di custodia o controllo con la vittima. La scelta dello Statuto si comprende soprattutto se si considera la volontà di includere fra i soggetti punibili gli appartenenti a forze paramilitari, gruppi di opposizione, o mercenari, che di solito non agiscono in veste ufficiale e non hanno un riconoscimento internazionale, ma si macchiano allo stesso modo di gravi crimini213. Non è, invece, possibile far rientrare nell’ambito della norma i singoli soggetti privati, che pur possono essere dotati di un potere di controllo e custodia, come ad esempio i datori di lavoro. Ciò è lampante, se si considera il c.d. elemento di contesto, secondo cui la fattispecie dei crimini contro l’umanità è integrata solo se gli atti si collocano nell’ambito di un attacco esteso o sistematico contro le popolazioni civili e se vi sia la consapevolezza nel soggetto agente di questa aggressione.

Questo elemento è necessario per individuare la soglia oltre la quale determinati fatti assumono un rilievo internazionale e sono qualificabili come crimini contro

212 Cfr. T. PADOVANI, Lezione I sulla tortura alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa, 30 gennaio

2007, dattiloscritto

213 Cfr. R. ARNÒ, A. CALIGIURI, I crimini contro l’umanità, in G. CARLIZZI, G. DELLA

MORTE, S. LAURENTI, A. MARCHESI (a cura di), La Corte Penale Internazionale, cit., pp. 105 ss.; T. PADOVANI, Lezione I sulla tortura alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa, 30 gennaio 2007, dattiloscritto; D. MCGOLDRICK, P. ROWE, E. DONNELLY, The Permanent International

l’umanità. Devono, quindi, sussistere due ulteriori requisiti perché per un atto di tortura possa essere competente la Corte Penale Internazionale: un attacco contro la popolazione civile e la consapevolezza dell’attacco da parte dell’agente214.

Il primo di questi due elementi è definito dall’art. 7, comma 2, lettera a), StCPI, come “a course of conduct involving the multiple commission of acts referred to in

paragraph 1 against any civilian population, pursuant to or in furtherance of a State or organizational policy to commit such attack”. Alla luce di questa definizione,

deve trattarsi, perciò, di una serie reiterata di atti, non necessariamente violenti o inseriti nell’ambito di un conflitto armato215, ma espressione di un disegno politico di uno Stato o di un’organizzazione, volto alla realizzazione di un attacco contro la popolazione civile, definibile come l’insieme di soggetti che non hanno preso le armi, che le hanno deposte, o che sono hors de combat, perché feriti o prigionieri216. Se questo non bastasse a dimostrare la connessione fra l’attacco ed un’organizzazione, che se non deve essere propriamente statuale, deve comunque agire secondo moduli pubblicistici (esistenza di organi, gerarchia…), si può fare riferimento al fatto che l’attacco è qualificato attraverso due aggettivi, “esteso” e “sistematico”, che confermano questa lettura.

Con “esteso” si indica un dato quantitativo-spaziale, vale a dire l’ampiezza dell’attacco e il numero delle vittime, mentre l’attributo “sistematico” rimanda ad un dato qualitativo-temporale, poiché esso richiama l’esistenza di un accordo o di una pianificazione duratura nel tempo217. Sebbene i due aggettivi siano connessi da una disgiunzione e non sia, quindi, necessario dimostrarne la contemporanea presenza,

214 Cfr. R. ARNÒ, A. CALIGIURI, I crimini contro l’umanità, cit., p. 101; T. PADOVANI, Lezione I

sulla tortura alla Scuola Superiore S. Anna di Pisa, 30 gennaio 2007, dattiloscritto e E. AMATI, V.

CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI, Introduzione al diritto penale internazionale, cit., pp. 339 ss.

215 Questo a differenza di quanto si era previsto nello Statuto del Tribunale di Norimberga o di quanto

hanno stabilito lo Statuto e la giurisprudenza del Tribunale ad hoc per la ex Jugoslavia. Come nello Statuto di Roma, invece, la connessione con il conflitto armato non è rilevante per il Tribunale ad hoc per il Ruanda. Cfr. E. AMATI, V. CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI, Introduzione

al diritto penale internazionale, cit., pp. 347 ss. e R. ARNÒ, A. CALIGIURI, I crimini contro l’umanità, cit., pp. 105 ss.

216 Cfr. R. ARNÒ, A. CALIGIURI, I crimini contro l’umanità, cit., pp. 101 ss.; E. AMATI, V.

CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI, Introduzione al diritto penale internazionale, cit., pp. 339 ss. e H. SATZGER, Internationales und Europäisches Strafrecht, cit., pp. 329 ss.

217 Cfr. E. AMATI, V. CACCAMO, M. COSTI, E. FRONZA, A. VALLINI, Introduzione al diritto

ciascuno di essi sottende una dimensione collettiva, che trascende l’agire dei singoli in ambito privato218.

L’altro elemento, che qualifica il contesto in cui possono essere commessi crimini contro l’umanità, è la consapevolezza del soggetto agente circa l’esistenza dell’attacco contro la popolazione civile e circa il fatto che la propria condotta, che può essere anche costituita da un singolo atto, è parte integrante di essa, sebbene non sia necessario che questi conosca nei dettagli ed in maniera approfondita la politica posta in essere dallo Stato o dal gruppo organizzato219.

In conclusione, ai sensi dell’art. 7 StCPI, la tortura è una delle condotte rilevanti per i crimini contro l’umanità, laddove essa si inserisca in un attacco contro la popolazione civile ed il soggetto agente abbia la consapevolezza dello stesso, e si definisce come l’inflizione di sofferenze gravi nei confronti di una persona di cui si abbia il controllo o la custodia, sempre che queste non siano connesse all’esecuzione di sanzioni legittime.

1.5.3. Cenni alla questione delle cause di esclusione della responsabilità penale

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