1. Il divieto di tortura a livello universale
1.4. La Dichiarazione sulla protezione contro la tortura del 1975 e la Convenzione contro la Tortura del 1984: definizione di tortura, obbligo di criminalizzazione e
creazione del Comitato contro la tortura
1.4.1. Gli strumenti internazionali ad hoc contro la tortura
La Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti è stata adottata con la risoluzione 3452 (XXX) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1975159. Essa è un atto di notevole valore politico, essendo il primo documento internazionale ad occuparsi in maniera specifica della tortura e a darne una definizione, sebbene, come tutte le dichiarazioni, non abbia carattere vincolante. Come spesso accade per le dichiarazioni delle Nazioni Unite, essa ha costituito il punto di partenza per la stesura e l’adozione, circa dieci anni dopo, della Convenzione contro la tortura, lo strumento più importante dell’ONU contro la tortura, che è stata approvata il 10 dicembre 1984 ed è entrata in vigore il 26 giugno 1987. Lo stretto rapporto fra questi due atti si può ricavare anche dalla semplice lettura del testo dei due documenti, il cui contenuto è in buona parte sovrapponibile, anche se la Convenzione è in molti punti ben più specifica ed ha una struttura più articolata160.
Sia la Dichiarazione del 1975 che la Convenzione del 1984 si aprono con le definizioni del concetto di tortura (art. 1, Dichiarazione; art. 1, Convenzione), che risultano quasi identiche nei due atti con poche, anche se significative, differenze. Entrambe ribadiscono poi l’assolutezza del divieto di tortura, escludendo qualsiasi possibilità di giustificazione della stessa. La Dichiarazione, all’art. 2, descrive la tortura e gli atti inumani o degradanti come offese alla dignità umana, li condanna come contrari agli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite e come violazioni dei diritti umani sanciti nella Dichiarazione universale del 1948. All’art. 3 afferma che nessuno Stato deve permettere o tollerare questo tipo di atti, specificando che neppure circostanze eccezionali, come lo stato o la minaccia di guerra e l’instabilità politica interna, permettono di legittimare il ricorso a tali abusi. Del medesimo tenore è l’art. 2 della Convenzione contro la tortura, che, da un lato, specifica che il mezzo per prevenirla è l’adozione di effettive misure legislative, amministrative e
159 Cfr. GA, res. 3452, 9 Dec. 1975
160 Cfr. C. DEFILIPPI, D. BOSI, Il sistema europeo di tutela del detenuto, cit., pp. 89 ss. e C.
giudiziarie e, dall’altro, esclude che l’ordine di un superiore o di un pubblico ufficiale possano essere invocati a giustificazione della tortura.
I due atti individuano, poi, una serie di obblighi, che sono posti in capo agli Stati: alcuni di essi sono di natura preventiva, come l’attenzione alla formazione del personale e alla sua sensibilizzazione verso la gravità delle violazioni dei diritti umani in materia di tortura o di atti inumani e degradanti (art. 5, Dichiarazione; art. 10, Convenzione), o il controllo periodico dei metodi di interrogatorio e delle condizioni di detenzione (art. 6, Dichiarazione; art. 11, Convenzione); altri obblighi sono di natura successiva o repressiva, come ad esempio il dovere di criminalizzazione della tortura, contenuto all’art. 7 della Dichiarazione e all’art. 4 della Convenzione, o il divieto di utilizzazione delle informazioni estorte per mezzo della tortura (art. 12, Dichiarazione; art. 15, Convenzione)161.
Questo è il contenuto comune ai due documenti: la Convenzione, però, oltre al divieto di espulsione ed estradizione di quei soggetti che potrebbero essere sottoposti a tortura nel Paese di destinazione (art. 3), contiene altre due previsioni di fondamentale importanza. In primo luogo, l’art. 8 sancisce il principio dell’universalità della giurisdizione, secondo cui gli Stati devono aut dedere aut
judicare, vale a dire estradare o giudicare, coloro che sono sospettati di aver
commesso un crimine di tortura, qualunque sia la loro nazionalità o quella della vittima e ovunque l’atto sia stato commesso162.
In secondo luogo, la Convenzione, all’art. 17, istituisce un importantissimo strumento di monitoraggio dell’applicazione della stessa: il Committee against
Torture (CAT), un organismo formato da esperti di alto valore morale e riconosciuta
competenza in materia di diritti umani, che nasce con struttura e meccanismi simili a quelli del Comitato per i diritti umani, ma che è stato riformato in maniera significativa con il recente Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la tortura, adottato il 18 dicembre 2002 ed entrato il vigore il 22 giugno 2006.
La Convenzione del 1984, insieme alla Dichiarazione del 1975, rappresenta senza dubbio il punto più alto, nonché, fino a questo momento, il punto di arrivo
161 Cfr. C. DEFILIPPI, D. BOSI, Il sistema europeo di tutela del detenuto, cit., pp. 89 ss. e C.
ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, cit., p. 363
162 Cfr. A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., p. 179; C. DEFILIPPI, D. BOSI, Il sistema europeo di
tutela del detenuto, cit., p. 92 e C. ZANGHÌ, La protezione internazionale dei diritti dell’uomo, cit., p.
dell’azione contro la tortura della comunità internazionale, a livello universale, nell’ambito del diritto dei diritti umani. A questo proposito, sono tre gli aspetti che più preme sottolineare e che saranno analizzati nei paragrafi seguenti.
Innanzitutto in questi due atti si trova una definizione specifica di tortura, che permette di individuare quali sono gli elementi costitutivi della stessa su cui sussiste un accordo a livello internazionale. Nessuno Stato – sempre che abbia firmato la Convenzione – potrà negare che sul proprio territorio sono stati commessi e tollerati atti di tortura o dissimularli, pretendendo di chiamarli altrimenti, laddove i fatti avvenuti possano essere sussunti nella fattispecie di cui all’art. 1 della Convenzione163. Nel testo della Convenzione, inoltre, sono individuati una serie di obblighi specifici, che non possono essere elusi da chi l’ha ratificata, poiché un trattato è fonte di obbligazioni legali per gli Stati. Infine, attraverso la Convenzione ed il suo Protocollo Opzionale, viene costituito un sistema di controllo fortemente incisivo che, come si vedrà, non individua più solo meccanismi di ricorsi interstatali o individuali ma, dal 2002, prevede la possibilità di visite all’interno dei luoghi di detenzione da parte di un Sottocomitato del Comitato, nonché l’istituzione di Meccanismi Nazionali di Prevenzione con gli stessi poteri164.
Quest’ultimo aspetto mette in luce il punto di maggiore forza e, allo stesso tempo, di maggiore debolezza della tutela universale contro la tortura: se, infatti, questo sistema di controllo si presenta come decisamente innovativo e potenzialmente incisivo, tuttavia, esso è facoltativo, nel senso che, per esservi sottoposti, gli Stati devono non solo aver firmato la Convenzione, ma avere anche accettato il meccanismo di controllo ed avere ratificato il Protocollo Opzionale165. Se quasi la totalità degli Stati del mondo ha firmato la Convenzione, molti, fra cui Cina e Stati Uniti, non hanno accettato il meccanismo dei ricorsi individuali e solo pochi hanno ratificato il Protocollo Opzionale, impedendo per ora di affermare che esiste un sistema mondiale di effettiva prevenzione della tortura166.
163 Cfr. A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., p. 179
164 Cfr. A. SACCUCCI, Profili di tutela dei diritti umani, cit., pp. 121 ss.; C. DANISI, Divieto e
definizione di tortura nella normativa internazionale dei diritti dell’uomo, Rivista giuridica on-line
Diritto.it (sezioni Europeo e Internazionale), 29 ottobre 2009, pp. 1 ss.
165 In questo il CAT si differenzia dallo Special Rapporteur, che pur avendo poteri meno incisivi,
agisce nei confronti di tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite.
166 Cfr.A. CASSESE, I diritti umani oggi, cit., p. 179 e per visualizzare lo stato delle ratifiche della
Si deve, in ultimo, ricordare che neppure i meccanismi istituiti dalla Convenzione permettono di sanzionare gli Stati e i responsabili o di risarcire le vittime delle violenze.
1.4.2. La definizione di tortura nella Dichiarazione per la protezione contro la tortura e nella Convenzione ONU contro la tortura
L’art. 1, sia della Dichiarazione del 1975 che della Convenzione del 1984, contiene una definizione di tortura piuttosto complessa e particolarmente importante, dato che costituisce ciò che nell’ambito del diritto dei diritti umani è considerato tortura167. Le due definizioni sono, pur presentando alcune differenze significative, molto simili e permettono di individuare la tortura sulla base di quattro elementi costitutivi positivi ed uno negativo: fra i primi si annoverano l’inflizione di una grave sofferenza fisica o psichica, la volontarietà del comportamento, l’obiettivo dell’atto e l’ufficialità dell’azione, mentre il secondo consiste nel fatto che la sofferenza non deve derivare dall’applicazione di sanzioni legittime168.